Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbattuto

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Senso

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Boito, Camillo 1 occorrenze

Lì m'ero posto a sedere tante volte sopra un tronco abbattuto, studiando le formiche, ammirando gl'insetti gialli d'oro, rossi di rubino, verdi di smeraldo, leggendo un bel libro o fantasticando alle cose gaie nella vacuità della vita. Poco lontano, dove il viottolo costeggia un campo di magre pannocchie, m'ero sdraiato una mattina a guardare per un'ora di seguito tre giovani donne, che raccoglievano le noci, le quali, scosse da un ragazzo sull'albero, cadevano nel fiume, e le tre donne, ridendo, mostravano le grosse gambe fin sopra il ginocchio, con le gonne legate ai fianchi. La macchia grigia era andata ad arenarsi sopra un banco di ghiaia, accanto alla riva. Mi tolsi le scarpe e le calze, mi arrotolai i calzoni alle cosce, e camminai tra le onde. Non mi reggevo in piedi. Il fiume mi tirava giù con una violenza invincibile. Sentii la piccolezza dell'uomo in faccia alla volontà delle cose insensate. In quell'istante il Chiese dovette chiamare in aiuto tutte le forze de' suoi abissi: coperse il banco di ghiaia con un'ondata impetuosa e, avvoltolando l'orrido oggetto biancastro, lo portò via inesorabilmente. Mi sentii vinto. Rientrando nella mia camera di Garbe ero inzuppato d'acqua e di sudore, sfinito; avevo gli occhi gonfi, la testa in fiamme; i polsi martellavano. Non potei chiudere occhio. Appena giorno mi alzai barcollando, e sulla sinistra del Chiese, lungo la via postale, andai a Sabbio. Ora le mie membra erano tutte ghiacciate, ora dovevo asciugarmi la fronte. A Sabbio, dove spesso andavo a far colazione, l'idalgo e la sua moglie ostessa m'accolsero con un mondo di cortesie, chiedendomi venti volte se stavo male. - Non è niente, - rispondevo, - l'aria fresca, la passeggiata e la colazione mi rimetteranno -. Non mangiai nulla. Guardavo come in sogno il largo portico adorno di ragnateli, le chioccie che venivano a beccheggiare i minuzzoli di polenta per portarli a' pulcini, la chiesa della Madonna, la quale, alta com'è sul colle e posta lì proprio accanto, pareva piantata sopra i tetti dell'osteria. Mentre io stavo immerso in queste visioni, entra uno dei figliuoli dell'ostessa, Pierino, bel ragazzotto di sette anni, saltando, e si mette a gridare: - Mamma, l'ho visto, sai? - Chi? - L'uomo che hanno trovato nel fiume stamattina. - È bello? - No, è tanto brutto. Domandalo alla Nina. La Nina era entrata insieme col fratello, ma s'era tosto rincantucciata in un angolo del portico, con le mani giunte, mormorando qualcosa sotto voce. Si sentiva a intervalli la parola Requiem , flebile, soffocata. - È giovine o vecchio? - ripigliò la madre. La Nina non rispose. Rispose Pierino: - È vecchio, ha la barba bianca, lunga lunga. Ha gli occhi stralunati. - Dov'è? Voglio vederlo - gridai scattando in piedi. L'ostessa mi sbirciò, e bisbigliando: - Dio, che gusti! - ordinò a Pierino di accompagnarmi. In quattro salti fui alla chiesa, quella del paese basso. In una stanza umida annessa alla sagrestia avevano esposto il corpo dell'annegato. La stanza era piena zeppa di contadini. Uno diceva: - Chi lo deve conoscere? Si vede bene da' panni che non è del paese. Un altro soggiungeva: - Io dico che è tedesco. - No, è di Milano. - Indosso non gli hanno trovato niente? - chiedeva un giovinotto. - Niente: né una carta, né un soldo. - Si sarà affogato per la miseria. - Io dico che è cascato nel fiume. - Io dico che ve l'hanno gettato. - L'occhio è da demonio. - Con quella bocca aperta sembra che ci voglia mangiare vivi. Una bambina si nascondeva, tremando, dietro al corpo del padre, e ripeteva: - Ho paura, ho paura; andiamo via. Il padre intanto esaminava da vicino l'abito dell'annegato, lo toccava e sentenziava: - Bel fustagno! Dev'essergli costato caro. M'ero cacciato innanzi tra la folla. Il vecchio del Ponte dei Re fissava gli occhi nel mio volto, sinistri, minacciosi. Sentivo in quello sguardo immobile un supremo rimprovero. Alle orecchie mi ronzava un soffio da tomba, che diceva: - Tu mi hai lasciato morire: sii maledetto. Tu potevi salvarmi, tu mi hai lasciato morire: sii maledetto. Tu avevi indovinato quel che io stavo per compiere, tu mi hai lasciato morire: sii maledetto. Il soffitto della stanza mi crollava sul capo; la folla mi stritolava. Credevo di essere nell'inferno, in mezzo ai diavoli, giudicato dalla voce cavernosa e dagli occhi implacabili di un cadavere grigio. Entrò un contadino, che avevo visto a Idro. Guardando l'annegato, esclamò: - Povero vecchio, le voleva tanto bene! Due giorni soli ha potuto vivere dopo morta la sua Teresa! * * * Mi posero a letto con una febbre da cavallo. Le impressioni di quella mattina, le fatiche della sera precedente, i rimorsi, produssero il loro effetto: avevo delle allucinazioni spaventose. Gli occhi infiammati mi dolevano assai. Il mio buon sindaco veniva a visitarmi due volte al giorno, e mi stava accanto delle lunghe ore, porgendomi egli stesso le medicine e raccontandomi piano, quando gli sembravo un po' quieto, qualche storiella, che non mi faceva sorridere. D'allora in poi la febbre s'è mitigata, ma, ad onta del chinino, non m'ha voluto lasciare. I medici dicono che è di quelle periodiche, le quali si pigliano facilmente con l'umidità e con gli strapazzi. Io la sopporto in pace; ma non posso tollerare in nessun modo questa maledetta macchia negli occhi. Appena uscito dai vaneggiamenti, me la son vista dinanzi, e continuo a vederla, come vi ho descritto, ostinata, abbominevole ... Ecco, anche in questo momento uno spettro scialbo e confuso mi balla di contro, ecco che insudicia il foglio bianco. Il sole è già tramontato, e la scrivania rimane in una penombra, che mi basta a gettare sulla carta in furia queste parole, ma che non mi lascerebbe rileggerle. Volevo finire prima di accendere il lume, e la macchia si giova della mezza oscurità per lacerarmi il cervello ... La macchia cresce, la macchia - cosa nuova! - prende una forma d'uomo Le spuntano le braccia, le spuntano le gambe, le nasce il capo. È il mio vecchio, il mio terribile vecchio! Parto stasera; vi consegnerò io stesso domani questo manoscritto. O guarisco o mi strappo gli occhi.

IN RISAIA

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Marchesa Colombi 1 occorrenze

Pensava forse tutte le angoscie sofferte; era ancora abbattuto, ma era calmo. Nella rettitudine del suo cuore non poteva sospettare che la sorella giurasse il falso; e dopo quel giuramento non dubitava piú. Considerava la cosa sotto un aspetto diverso. Dacché Gaudenzio era innamorato di Lucia, tutte le sue confidenze a Rosetta si spiegavano da sé. Le parlava della bimba e del suo amore. Rosetta, dalla finestra della sua stanza che dava anch'essa sull'orto, aveva veduto giungere e ripartire il bel Gaudenzio. Aveva aspettato trepidamente che suonasse l'ultimo segno della messa per esser sicura che tutti gli uomini fossero fuori. Nanna a quell'ora doveva aver finito di preparare la torta, ed essersi coricata. Era il momento buono per scendere a togliere lo spillo dallo zoccolo. Il rimorso e la paura le torturavano il cuore. - Vorrei che non l'avesse portato - pensava. - Non avrò che il fastidio di nasconderlo. E poi? Avrò un'obbligazione con Gaudenzio. Cosa pretenderà in compenso? Ah! Quel demonio di uomo è tanto bello, e sa tanto fare; non gli si può dire di no. Oh Signor Iddio benedetto! Come andrà a finire? Io voglio essere una brava donna. Mi piace di ridere; ma non voglio fare del male. Pietro non lo merita. È un po' selvatico; ma mi vuol bene, ed è buono come il pane, poveretto. Ed intanto scendeva pian piano, passando scalza, con quel freddo, dinanzi alla camera dei vecchi. Nell'aprire l'uscio della cucina rimase sorpresa di trovarci il lume acceso. Vide il marito e la cognata, e si fermò esitante non osando entrare. Nanna comprese che, se non l'aiutava, quella comparsa avrebbe ridestato i sospetti del fratello. - Oh! Qui c'è Rosetta - disse forzandosi di apparire tranquilla - Ti sta sul cuore, eh, la strenna del Bambino? - Oh no... - rispose Rosetta affrettandosi alla finestra, senza osare di alzare gli occhi. - So bene che non mi porterà nulla. Voglio soltanto ritirare il mio zoccolo dalla finestra. Temo che l'umido della notte lo guasti. Sta per nevicare. Pietro, che aveva gli occhi gonfi dal pianto, andò sull'uscio dicendo: - Non mi pare che voglia nevicare. E stette a guardare il cielo nell'oscurità per nascondere la sua commozione. Intanto Rosetta prese il suo zoccolo, e sentendoci dentro il fiore, allungò la mano per gettarlo a terra di fuori. Ma Nanna le tirò dentro rapidamente il braccio e le sussurrò: - Non lo gettare. È lui che ce l'ha posto. Ringrazialo. - E la spinse verso Pietro. Rosetta guardò la cognata, la vide commossa e rimase atterrita. Che sarebbe di lei? Che sarebbe del fiore di quell'altro? Intanto Pietro rientrava. Nanna spinse di nuovo la cognata verso di lui, e disse: - Ne vuoi sentire una buona, Rosetta? Questo povero grullo, grande e grosso com'è, aveva paura di Gaudenzio. Era geloso. - Ma che! Geloso! Non è vero - disse Pietro tutto confuso. Quanto a Rosetta, non capiva ancora. S'era fatta pallida; credeva che la cognata le preparasse una perfidia. Ma Nanna ripigliò: - Non istar a negarlo. Forse che non t'ho visto piangere? E questo l'avevi comperato per mandar cipolle? - E pigliato il coltello nella tavola, lo teneva alzato dinanzi a Rosetta, che rabbrividiva tutta a quella vista. Poi rivolgendosi a lei continuava: - Figurati! Egli credeva che Gaudenzio l'avesse con te. Come se non ci fossero altre donne che la sua a questo mondo, aveva paura che gliela mangiassero. - Oh! Io non penso a Gaudenzio - disse Rosa che cominciava a comprendere d'aver nella cognata un appoggio. - Síí! Vaglielo a dire. Ho dovuto raccontargli tutto; che Gaudenzio è innamorato della bimba, che te lo confida, che ha messo il fiore d'argento nel suo zoccoletto verde; tutto, se ho voluto che mi credesse. Ed ora si vergogna; ma non sarà tranquillo, guarda, finché non glieli fai vedere sposati. Io lo conosco. Pietro era sugli spilli per la vergogna. - Vuoi finirla? - disse con mala grazia. - Io non ci penso neanche. Rosetta, troppo agitata per poter parlare, saltò al collo del marito e lo baciò con trasporto, malgrado i suoi sforzi per respingerla. Si sentiva salvata. - Sí, sí - gli disse con uno slancio di cuore. - Lucia è innamorata, e debbono sposarsi. - E soggiunse con tutta l'espansione che le era naturale: - Ne sono tanto contenta! È come se mi facessi sposa io stessa un'altra volta. E voi, uomo, siete contento? - E lo abbracciò e poi abbracciò Nanna esclamando: - Avremo sponsali in famiglia; saremo tutti felici. - E le strinse la mano sussurrandole all'orecchio: - Grazie, Nanna. Mi hai proprio fatto da sorella. Era cosí sollevata dal sentirsi sfuggita ad un pericolo, che non dubitava del consenso di Gaudenzio, non dubitava di nulla, si sentiva riconciliata con sé stessa ed era felice. Nanna lasciò soli gli sposi ed uscí nel cortile. Dopo tanta concitazione provava il bisogno di piangere, e pianse a lungo in silenzio. Un profondo pentimento le era entrato nell'anima. Dinanzi alla disperazione di Pietro, alla riconoscenza sincera di Rosetta, era tornata buona, e sentiva orrore de' suoi sentimenti malevoli; e diceva: - Povera giovane: non ha che diciotto anni infine. Dovevo avvertirla prima, e mi avrebbe ascoltata. Ma avevo il demonio in cuore. Se gli avessi dato retta, che Natale d'inferno si sarebbe fatto in casa! Ma il Signore mi ha toccato il cuore. Quella campana di Natale mi rimescolava tutta laggiú nel forno... E nondimeno tremava pensando all'avvenire. Ora, nell'impressione del primo momento, sentiva tutta la dolcezza d'aver fatto del bene, ed era soddisfatta. Ma poi? Quell'entusiasmo cesserebbe. Le cose prenderebbero il loro corso abituale. Gaudenzio sposerebbe Lucia, o cesserebbe di frequentare la casa. Piú probabilmente la sposerebbe, perché Lucia s'era fatta fresca come una rosa dacché era alla cascina; era giovane, bella, aveva qualche cosuccia, e Gaudenzio era già avanti negli anni; e poi Rosetta troverebbe modo di persuaderlo per la pace di tutti. Pietro e Rosetta, ravvicinati da quella catastrofe, si amerebbero bene fra loro, e non potrebbero avere per la sorella vecchiotta e zitellona che un affetto secondario. Ella si troverebbe d'impaccio fra loro. I vecchi avevano poco da tirar innanzi. E lei povera Nanna, rimarrebbe ancora sola, ancora isolata, senza nessuno a cui volere tutto il suo bene, e che ne volesse altrettanto a lei. Ed allora, come farebbe a non invidiare quelli che hanno una famiglia e sono felici? Tornerebbe al male senza volerlo, in causa delle sue circostanze, del suo isolamento. Pensò tutto codesto con angoscia, e pianse, e pregò con fervore: - Oh Signore Iddio! Datemi una buona inspirazione. È la notte di Natale. Uscita la sorella, rimasto solo colla sposa, ed incoraggiato dalle espansioni di lei, Pietro le aveva narrato piangendo le sue gelosie, i suoi timori, la sua disperazione, ed il proposito orrendo di uccidersi. Erano commossi entrambi. Ed in quell'intimità infinita che lega gli sposi, in quelle prime lagrime versate insieme, si sentivano profondamente felici. Ad un tratto qualcuno bussò con furia all'uscio, e la voce di Pacifico gridò: - C'è qualcuno alzato? - Sí, ci sono io. - disse Pietro scostandosi in fretta dalla moglie, e correndo ad aprire. - Venite con me. Temo vi siano i ladri nella mia stanza, ci vedo un lume, ed ho lassú la bambina. I due uomini s'affrettarono su per la scala, e Rosetta, che era coraggiosa, li seguí in silenzio. Pacifico spinse l'uscio, e rimase immobile dallo stupore. Vide una lucerna sulla cassa ai piedi del letto; e Nanna inginocchiata accanto alla culla della bambina. Pietro si fece rosso come una vampa al vedere la sorella di notte nella camera d'un uomo, e le gridò con mal garbo: - Nanna, cosa fai qui? - Sto guardando il mio dono di ceppo, e ne ringrazio il Signore - disse Nanna alzandosi. - Egli s'è ricordato anche di me, sebbene io sia vecchia e brutta; e mi ha mandato questa bambolina; e mi ha dato un cuore di mamma per volerle bene. Non è vero Pacifico, che debbo essere la sua mamma? Pacifico nell'eccesso della gioia corse a lei colle braccia protese come per abbracciarla. Ma non osò fare quella scena davanti a tutti; e lasciandosi cadere le braccia penzoloni rimase come istupidito a guardarla a bocca aperta Rosetta fu la sola che comprese tutto. E colla sua espansione spontanea, abbracciò Nanna e le disse: - Iddio ti benedica, Nanna, per quello che fai a questa bimba, e a questo pover'uomo che ti vuol tanto bene. - Oh sí, per me vi voglio bene - disse Pacifico. - Davvero? - domandò Nanna con un lampo di gioia nello sguardo. - Non lo sapete forse? Non vi ho forse già domandata per moglie? Siete stata voi che non mi avete voluto. - Ma per la bambina, mi avete domandato. - Per la bambina, ed anche per me. - E dicevate che ero vecchiotta e punto bella... - disse Nanna con un po' d'ironia, incapace di sacrificare quel meschino risentimento alla bella parte che stava rappresentando. Appunto forse perché non rappresentava una parte, e nella sincerità dell'animo, si mostrava qual era, una donna con le sue debolezze nel bene come nel male. - Ebbene - rispose Pacifico senza curarsi di disdire quelle parole per cortesia, - a me piacevate cosí. Di vecchiotte e punto belle se ne trovano tante. Ma avete ben veduto s'io ne ho cercata un'altra. Sarei stato sempre solo, guardate. - E curvandosi per non essere udito soggiunse: - È da quando ci trovammo in risaia che vi voglio bene. Rosetta capí che avevano bisogno di restar un momento soli, e dando un urto col gomito al marito, gli fece segno di uscire con lei sul balcone. Allora Nanna, con un'espressione di civetteria, che dissimulava male l'ansietà passionata di scoprire quanta parte d'amore le fosse ancora dato sperare da quello sposo, gli disse: - Mi volevate bene, e ne avete sposata un'altra? - L'ho sposata, perché ho dovuto sposarla, Nanna. Ora posso dirvelo, dacché lei è morta e voi sarete presto la mia donna. Quella poveretta, requie per l'anima sua, s'era trovata con mio fratello in una di quelle risaie del Piemonte dove giovani e ragazze lavorano appaiati alla trebbiatrice. E neanche i riguardi dell'onestà ci avevano in quella fattoria. Uomini e donne dormivano sullo stesso fienile. E, capite. Quei due ragazzi si volevano bene... Basta; dopo i lavori a mio fratello toccò d'andare soldato. Aveva preso le febbri in risaia e partí che non era ben guarito. Un po' di cruccio, un po' di male vite, che so io, si pigliò un tifo che lo mandò all'altro mondo in pochi giorni. Un pezzo d'uomo!... Basta; quando andai a trovarlo all'ospedale militare. mi disse: "Quello che mi fa piú rincrescere di morire, è quella povera Caterina. Se il suo babbo lo sa, l'ammazza, o me la mette sulla strada". - E piangeva che era una compassione. Io pensai soltanto a consolarlo e gli risposi: "Senti, Michele. Siamo sempre stati buoni fratelli; metti il tuo cuore in pace, che alla Caterina ci penso io". - E capite, Nanna; io avrei voluto sposare voi; ma la promessa fatta ad un moribondo si deve mantenerla. L'ho sposata io quella povera disgraziata, e le ho fatta buona compagnia; di rimorsi non ne ho; ma ho sempre voluto bene a voi. - Ma allora questa bambina...? Disse Nanna quasi in atto di respingere la culla. - Non ha piú né babbo né mamma - disse Pacifico in tono supplichevole; - ed io le ho preso a voler bene... - Ed io pure gliene vorrò, e sarà come se fosse nostra - mormorò Nanna curvandosi verso la bimba addormentata, e baciandola sulla bocchina socchiusa. Poi soggiunse carezzandole i bei ricci biondi: - E non andrà mai in risaia. L'indomani era una benedizione vedere tutta quella gente alla mensa di Natale. Rosetta vezzeggiava il suo ispido uomo come se lo avesse sposato allora. I vecchi erano felici di maritare la figliola. Pacifico, lasciamo stare. Era sempre a guardare Nanna colla bocca aperta, e tratto tratto le diceva: - Dunque sarete la mia massaia? Demonio di ragazza! Se vi siete fatta sospirare! Il letto è pronto; quand'è che comincerete a scodellare la minestra a casa mia? - Ed altre espansioni rustiche in cui metteva tutta l'anima, pover'uomo, come i loro sposi, mie belle lettrici, in un verso sentimentale. Gaudenzio c'era anche lui; era andato al mattino a dar il buon Natale per sentire cosa ne era stato del fiore d'argento, e Rosetta l'aveva persuaso facilmente. A conti fatti non era una passione di quelle che logorano il cuore, la sua. Aveva un capriccio per quella bella sposa; ma l'idea di sposare quel gioiello di bimba, ed innamorata poi che lo lasciava traspirare da tutti i pori, gli andò a sangue; e fu un affare concluso; tanto piú che Rosetta lo assicurò d'essere stata a sedici anni sottile come un gambo di canape. Tutta quella floridezza le era piovuta intorno dai diciassette ai diciotto. Egli si figurava la sua sposina fra un anno triplicata almeno, ed era contento, e si dondolava più che mai, e si metteva il cappello tanto sull'orecchio che era un prodigio. E Lucia era in estasi dall'ammirazione, saltava di gioia, e trionfava col suo bel fiore d'argento nei cappelli bruni. Ed esclamava contemplando il ciuffo spropositato del suo sposo: - L'avevo capito da un pezzo io, che parlavate sempre con Rosetta di me, e che mi volevate dare il fiore d'argento. Oh! Se l'avevo capito! Povero cuore innocente! Non sapeva sotto che tempeste era cresciuto il suo fiore di ceppo.

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