Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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LE NOVELLE DELLA NONNA. Fiabe fantastiche

679071
Perodi, Emma 1 occorrenze
  • 1992
  • Newton Compton Editori s.r.l.
  • prosa letteraria
  • UNIFI
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Dopo quella lavanda le due bestie non si dibatteron più e rimasero abbattute. Intanto il rogo era stato preparato e su quello, ben legati con catene che non avevan saldature, furono messi insieme i due animali del Diavolo. Questa volta le fiamme li arrostirono col pelo e le penne. Bencio raccolse con cura le ceneri e si mise in viaggio per Firenze. Ma per via si sarebbe strappato i capelli, e i lacrimoni gli scendevan giù per le gote vedendo che il Dicomano correva sempre torbo, che la Sieve era sempre bigia, e l'Arno sempre nero. - Monache e santi si son burlati di me! - esclamava. - Sarò rovinato lo stesso e si perderà la gloriosa arte della lana, la ricchezza della mia bella Firenze! Giunto in patria egli, così afflitto e sconsolato com'era, si recò a Or San Michele e adunò tutta la congrega dei lanaioli, mostrando le ceneri dei due animali malefici e narrando tutte le peripezie del suo viaggio. - Bisogna chieder consiglio a suor Maria Visdomini, - dissero i lanaioli, - ella ci ha aiutati tanto e non ci abbandonerà. Bencio se ne andò dunque ad Arcetri e fece chiamare a parlatorio la monaca. - Vi aspettavo, - diss'ella. - Il mio pensiero vi seguiva nel viaggio e non ho cessato di pregare per voi. Una di queste notti ho avuto una visione. Mi pareva di essere in mezzo al ponte a Rubaconte e l'Arno sotto a me correva torbo. Da tutte le parti v'era una folla di lanaiuoli, i quali piangevano e si strappavano i capelli. A un tratto è comparso l'arcivescovo in pompa magna, col capitolo e il popolo dietro. Voi gli avete presentato una cassetta piena di cenere. Egli l'ha rovesciata nelle acque dell'Arno, e quelle, da torbe si son fatte chiare. - Ho capito! - esclamò Bencio piangendo di gioia, - il convento d'Arcetri avrà il ricco donativo, poiché voi, suor Maria, siete stata la mia salvezza e quella dell'arte cui appartengo. Lo stesso giorno una deputazione dell'arte della lana andava dall'arcivescovo a narrargli la visione di suor Maria Visdomini ed a supplicarlo di gettar le ceneri dei due animali del Diavolo nelle acque dell'Arno. L'arcivescovo promise che la domenica successiva avrebbe fatto la funzione, e tutta Firenze si preparò ad accompagnarlo solennemente. Infatti Bencio presentò la cassetta con le ceneri all'arcivescovo, e appena questi le ebbe gettate sulle acque, l'Arno riprese il suo colore. Il popolo, esultante, si gettò in ginocchio; tutte le campane sonarono a festa, e Bencio, il povero Bencio, quasi quasi ammattì dalla gioia. Il giorno dopo tutti i lanaiuoli ripresero a purgare e a lavare i loro panni nelle acque limpide dell'Arno, le chiese si arricchirono di voti, e il popolo acquistò sempre maggiore devozione per san Giovanni Battista. Alla sua morte, Bencio lasciò la metà del patrimonio ai figliuoli e l'altra metà al convento d'Arcetri, dove da un celebre artista gli fu eretto un sepolcro in marmo. Quella sera Vezzosa, appena finita la novella, era andata accanto a Cecco e gli aveva detto: - Vuoi che facciamo una passeggiata? Ho da dirti tante cose! E soli, i due sposi, s'eran spinti sulla via maestra, e la giovane aveva, in quella solitudine e in quel buio, narrato al marito le sofferenze di quei giorni passati. - Mi perdoni? - le domandò lui umilmente. Una stretta di mano fu la risposta eloquente di Vezzosa, e la serenità le tornò nel cuore. Regina non s'era mossa aspettando il ritorno del figlio e della nuora prediletta. Quando li vide giungere, ella lesse subito sui loro volti quel che era avvenuto, e s'accòrse che se da un lato il pentimento era stato sinceramente espresso, dall'altro il perdono era stato concesso con gioia. Ella sorrise ai due giovani, e, attrattili a sé, parlò loro lungamente con quella voce dolce e persuasiva, con quella semplicità e rettitudine in cui stava riposto il segreto della influenza di Regina sull'animo de' suoi. I giovani l'ascoltarono senza parlare, guardandosi scambievolmente; e quando ella ebbe terminato, le presero le mani e gliele baciarono con effusione. La Regina, intenerita, li abbracciò e disse: - La vita è già seminata di dolori, e tutte le mie preghiere non bastano a proteggervi da quelli. Fate almeno che questi dolori non sieno accresciuti dalle afflizioni procurate, che tolgono all'uomo la forza di sopportare le altre che vengono di lassù. Aveva parlato con quel tono solenne che sogliono usare certi vecchi che hanno la consuetudine di sapersi ascoltati, e Cecco e Vezzosa non ebbero parole per risponderle, ma la guardarono commossi.

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