Il tetto è rovinato; il troncone di una trave, precipitando, s’è ficcato in terra verticalmente; ogni cosa è abbattuta, sconquassata, fracassata, ridotta in frantumi. L’occhio si confonde nelle miserande macerie; ma, un po’alla volta, attenti, esce dai rottami un seno mezzo scoperto e la testa arrovesciata di una giovane donna. Attenti: vedete le braccia distese di quella poveretta, e la sua rozza veste impigliata al troncone della trave, e le ginocchia ed i piedi? Attenti: ecco un bambino ignudo, già morto. Guardate ancora, scavate con l’occhio in mezzo a tante rovine, non vi lasciate vincere dalla compassione e dal ribrezzo: ecco un secondo bambino, ignudo, morto. Sentite un lamento? Cerchiamo palpitanti, allibiti, cerchiamo: ecco un terzo bambino nudo, che respira in mezzo ai cadaveri. Quel letto è pauroso e tremendo: pauroso e tremendo senza uscire dall’arte.
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