Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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LE NOVELLE DELLA NONNA. Fiabe fantastiche

679053
Perodi, Emma 1 occorrenze
  • 1992
  • Newton Compton Editori s.r.l.
  • prosa letteraria
  • UNIFI
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Allora di fuori i frati si diedero ad urtare con pali contro l'uscio per abbatterlo; e fra' Gaudenzio, che non vedeva le fiamme, rideva, sentendo che si affannavan tanto per salvarlo mentre non correva nessun pericolo. Batti e batti, l'uscio alfine cedé, e quando i frati stavano per penetrare nella cella, videro il Diavolo con la testa di drago e la gola di brace, che stava nel vano a impedire loro il passaggio. Essi fuggirono spaventati, e in un momento le pareti della cella crollarono con gran fracasso e attorno al letto su cui giaceva fra' Gaudenzio, si formò come una fornace ardente; le fiamme salivano dal pavimento, penetravano dalle stanze vicine e già il frate si sentiva ardere i capelli e la barba e scottare le carni. - È questa la lunga vita che mi hai promesso? - diss'egli al Diavolo in tono di rimprovero. - Se ti preme la vita, te la concedo eterna, - rispose Satana. - Ma l'arrosto? - domandò fra' Gaudenzio. - L'avrai tutti i giorni. - Allora son tuo. Appena fra' Gaudenzio ebbe detto queste parole, si sentì sollevato dal mostro dalla faccia di drago e dai Diavoletti, i quali formarono sotto a lui come una nube densa, e dopo averlo spinto sopra al tetto, lo trascinarono in un burrone profondo, che si spalancò per inghiottirlo. Il convento continuò a ardere dal lato della cella di fra' Gaudenzio, e i frati, che si erano tutti rifugiati in chiesa a pregare, e non avevan veduto come egli fosse stato portato via, credettero che avesse trovato la morte nelle fiamme. Però capirono che fra' Gaudenzio, prima di morire, aveva ingannato il Padre guardiano, perché il teschio portato in processione nella tomba di lui, fu trovato il giorno dopo sul praticello dinanzi alla cappella degli Angioli, e per quante volte lo collocarono accanto alla salma di fra' Amalziabene, per altrettante lo trovarono or qua or là, ma mai al posto ove lo mettevano. E qui la novella è finita. Intanto il temporale era cessato e la Vezzosa staccava già, dal chiodo cui l'aveva appeso, il cappotto del babbo, per tornarsene a casa, quando Maso le disse: - Aspetta che ti accompagnamo; due passi non ci faranno male; e poi ho da dire una cosa a tuo padre. Un istante dopo tutti i Marcucci erano fuori con la Vezzosa, la quale, accostatasi a Cecco, gli disse: - Sentite, Cecco, ho da chiedervi un favore. - Dite pure. - Me lo potete lasciare per qualche giorno quel libro di Silvio Pellico? l'ho letto già ma non so staccarmene, e mentre mi fa piangere, mi pare che mi renda più buona e m'insegni a esser tollerante, e sapete se della tolleranza ne ho bisogno! - Tenetelo pure per sempre, - rispose il giovane. - Ma ad un patto. - Quale? - Che nel leggerlo pensiate a chi l'ha tanto letto prima di voi e ve l'ha dato. - Non dubitate, - rispose la Vezzosa. E siccome era giunta a casa sua, lasciò i Marcucci a parlare col babbo e corse in camera.

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