Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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La Stampa

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AA. VV. 1 occorrenze

IN un mondo in cui c'è chi vuole abbattere le frontiere nazionali e chi vuole erigerne di nuove, i musicisti continuano ad inseguire progetti in cui le barriere, in questo caso culturali, vengono superate, ignorate, travolte da un ricercato processo di globalizzazione e integrazione. Nella necessità di dover definire questa tendenza, per esigenze di comprensione, si usa il termine musica di frontiera, che data la situazione risulta in fondo improprio se non involontariamente ironico. Sono diversi i dischi italiani che tentano queste strade curiose e interessanti, in cui sono presenti le diverse tradizioni nazionali, ben più che in altri filoni. Il primo esempio da segnalare è l'originale, insolito incontro tra nonne e nipoti, sul terreno delle sette note al servizio di nenie e ninne nanne. Un genere poco frequentato fuori dall'ambito folk. In «Matrilineare» (I dischi del Mulo, i Cd) incontriamo voci diverse, e tutte femminili, passando dal Coro delle Mondine di Correggio (cinque simpaticissime nonne, utlime eredi di un antico fascino dei canti di lavoro in Padania) alle nipotine che frequentano più abitualmente i territori del rock. Fra queste ultime figurano, in ordine di valori; delle proposte, la cantautrice Cristina Dona, Odette Di Maio dei Soon, Mara Redeghieri degli Ustmamo, Valeria Cevolani e i Disciplinatha, Valeria Nativo dei Divine. Un disco ricco di poesia e serenità, che unisce passato e presente, ma che ha l'ambizione di guardare a tracciare una strada nel futuro. Un progetto, ben coltivato e realizzato, del Consorzio Produttori Indipendenti, che riesce anche ad inserire per la loro prima esperienza pubblica i rampolli Mira Spinosa, estAsia, Otero. Nella tradizione padana pesca a piene mani anche un disco tipicamente e originalmente natalizio: «La santa notte dell'Oriente» (Robi Droli, 1 Cd) dei Baraban, gruppo milanese da oltre un decennio ricercatore di suoni e assonanze multiculturali. E così vecchi racconti musicali della buona novella natalizia vengono recuperati dalla tradizione lombarda e del Nordest con classici organetti e ocarine, ma vivacizzati e arricchiti da uillean pipes irlandesi, bouzuoki greci, percussioni mediorientali. Altro progetto «senza frontiere» è quello di Egea, «un'intenzione, un'emozione verso cui convergono artisti con esperienze diverse e la comune esigenza di dare alla loro ricerca musicale espressioni che non si riducano a formule». Un progetto che guarda all'area mediterranea. Del progetto Egea fa parte «Come una volta» (L'Abaco, Perugia, 1 Cd) realizzato dai bravissimi musicisti Gianni Coscia (fisarmonica), Gabriele Mirabassi (clarinetto), Battista Lena (chitarra), Enzo Pietropaoli (contrabbasso). Con quattordici brani che il sottotitolo definisce «sogni, ricordi, riflessioni italiane», il quartetto ricama e ricostruisce con mano jazzistica, infinita dolcezza e sapienza, uno stile di racconto musicale in cui riconosciamo le nostre radici e le nostre atmosfere. Un disco acustico di grande ricchezza. Un disco diverso è anche «Outback. Entroterra» (Window Communication, Venezia, 1 Cd), terzo album di un sacerdote, don Paolo Spoladore, impegnato a tradurre in musica la vita vista con l'energia della fede. Dodici i brani in cui elementi rock si legano a quelli melodici creando una musica senza grandi caratteristiche di novità ma che fluisce con semplicità e gradevolezza. D'altronde l'obiettivo di don Spoladore non è propriamente musicale. Bensì la musica pop e il suo linguaggio sono la forma più efficace per sottolineare ad un pubblico giovanile la rilettura della vita secondo il messaggio cristiano.

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