Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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LA DANZA DEGLI GNOMI E ALTRE FIABE

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Gozzano, Guido 1 occorrenze

Fu condotto alla reggia e all'indomani gli fu data un'accetta per abbattere il legno necessario all'impresa. Lavorò tutto il mattino, e a mezzodì sedette all'ombra d'un vecchio castagno, per mangiare il suo tozzo di pane. Una gazza lo guardava curiosa, scendendo di ramo in ramo. Ella diceva nel suo roco cicaleccio: - Un briciolo anche a me! Un briciolo anche a me! E protendeva il becco verso le mani di Desiderio, supplicando. - Lasciami in pace, bestia importuna! - gridò Desiderio impaziente. La gazza risalì di due rami. - Che lavoro stai facendo? - Dei cucchiai, se ti piace! - le rispose Desiderio, beffandola. - Cucchiai! Cucchiai! - gridò la gazza, risalendo di ramo in ramo. E disparve. Terminato il pasto, Desiderio si rimise all'opera, ma ad ogni colpo staccava dall'albero una scheggia in forma di rozzo cucchiaio. E non gli riusciva di far altro. Tentò e ritentò, poi capì di essere vittima di qualche incantesimo. - Quella gazza dannata mi ha stregato l'accetta! Gettò via lo stromento e fece ritorno alla casa paterna. - Già di ritorno, figlio mio? - gli disse il Padre. - Sì. Ho pensato che la vita con voi, nella mia casa, era preferibile a qualunque avventura. E tacque del bando, e della gazza misteriosa. Saturnino, il secondogenito, volle partire a sua volta. Il Padre non gli diede che cinque scudi. Giunto in città s'incontrò col banditore e volle tentare l'impresa. Si propose al banditore, e dopo aver lavorato tutto un mattino si sedette ai piedi del castagno centenario, sbocconcellando il suo pane. Ed ecco la gazza scendere di ramo in ramo - Un briciolo anche a me! Un briciolo anche a me! - Lasciami in pace, bestia importuna! E come la gazza si protendeva agitando le ali, Saturnino la minacciò con la mano. La gazza risalì tra i rami. - Che fai tu qui? - Grucce per le tue gambe, gazza curiosa! - gli rispose il giovane beffandola. - Grucce! Grucce per le mie gambe! - gridò l'uccello risalendo tra le fronde. E disparve. Quando Saturnino riprese il lavoro, ad ogni colpo che dava nel legno non riusciva che a staccarne schegge in forma di grucce minuscole. - Eccomi segno della magia di quell'uccellaccio. Saturnino gettò l'accetta e riprese deluso la via del ritorno. Gentile, il terzogenito, un fanciullo pallido e taciturno, volle tentare a sua volta la sorte. - E tu speri di vincere - disse il Padre - là dove furono sconfitti i tuoi fratelli maggiori? - Il destino può essermi benigno. Lasciami partire. Gentile va in città, ode il bando, si propone al banditore. Ed eccolo nella foresta, dopo un mattino di lavoro, che sbocconcella il suo pane sotto il castagno venerando. - Un briciolo anche a me! Un briciolo anche a me! Alzò gli occhi e vide la gazza protesa verso di lui. - Avrai la tua parte, povera bestiola! E sminuzzò il pane e lo gettò sull'erba. La gazza, mangiando, lo interrogava: - Che stai facendo qui? E Gentile narrò i casi suoi e il bando e il tentativo. - Buona fortuna e bella nave! - gridò la gazza risalendo di ramo in ramo. - Che Dio t'ascolti! Gentile si rimise all'opera e ad ogni colpo d'accetta che dava nei tronchi, egli staccava un pezzo della nave già lavorato e scolpito per incanto. E le varie parti s'attiravano, s'univano fra di loro come se fossero calamitate. - Ecco l'aiuto di qualche magia favorevole! - pensava Gentile, esultando. Prima del tramonto la nave prodigiosa era pronta, ed egli vi salì, prendendone il timone e dirigendola attraverso i campi, i fiumi, le valli, i laghi, fra lo sbigottimento dei contadini. A mezza via incontrò un uomo che rodeva un osso. - Che stai facendo? - gli domandò Gentile. - Muoio di fame! - Sali con me e avrai di che sfamarti. E l'uomo salì sulla nave. Poco più lungi incontrarono un altro uomo presso una fontana. - E tu che stai facendo? - Ho prosciugato, col bere, tutta questa sorgente, ed ora attendo che si riempia, perché ho ancora sete. - Sali con me e avrai di che dissetarti. E il bevitore prodigioso salì sulla nave. Non molto lontano incontrarono un altro individuo che aveva una pietra da macina a ciascun piede e che correva tuttavia come un daino. - Che significa questo? - gli chiese Gentile. - Voglio prendere una lepre che deve passare di qui. - E tu, imbecille, ti leghi una pietra da macina alle gambe? - Sì, perché corro troppo in fretta, e nonostante le pietre da macina alle gambe, avanzo sempre di qualche miglio la lepre da prendere. - Questa è buffa! Vuoi salire sulla nave con noi? Anche il corridore insuperabile salì sulla nave. Verso il tramonto incontrarono un altro individuo che teneva in mano un arco teso e fissava un oggetto invisibile per loro. - Uomo dell'arco, che stai facendo? - Prendo di mira una lepre che vedo lassù, su quella montagna. - Tu ci vuoi beffare... In quel momento la freccia partì e l'uomo disse: - Ecco... L'ho uccisa... Ma di qui alla montagna ci sono sette miglia e temo che altri passi e se la prenda. - Presto, Primosempre - disse Gentile - corri e vedi se la lepre è uccisa o se costui è un fanfarone... Primosempre partì e ritornò poco dopo con la lepre. - Sei un arciere insuperabile - disse Gentile, rivolgendosi ad Occhiofino. - Vieni con noi e dividi le nostre avventure. Occhiofino salì sulla nave che proseguì il cammino. Poco dopo s'incontrarono in un altro sconosciuto, con l'orecchio applicato contro la terra. - Che stai facendo? - gli chiese Gentile. - Ieri ho seminato dell'avena e l'ascolto crescere... - Che udito fine! - disse Gentile. - Se tu vuoi, sali sulla nave; credo che sei compagni come noi possono far grandi cose. Eccoli dunque in sei sulla nave prodigiosa: Gentile, Mangiatutto, Bevitutto, Occhiofino, Finorecchia, Primosempre. La nave si mise in cammino e giunse trionfale in città, fra i cittadini sbigottiti e festanti. Gentile scese dinanzi alla reggia e si presentò al Re. - Maestà, eccovi servita. Vostra figlia è mia. Il Re ammirava la nave, ma gli pesava concedere la figlia a quel poveretto randagio. - Questo non basta, figliuolo. Prima di aver la sua mano si devono soddisfare altre prove ancora... - Accetto le nuove prove. - Sta bene - disse il Re. - Io ho dunque nelle mie stalle cinquanta buoi, e occorre che tu, o uno dei tuoi compagni, li mangi da solo in otto giorni. - Tenteremo, Sire. Gentile affidò l'impresa a Mangiatutto e quattro giorni dopo le stalle erano vuote. Il Re era contrariato d'aver perduto la prova e le bestie. - Non basta - disse a Gentile. - Dopo il pasto bisogna bere; ho nelle mie cantine cinquanta botti di vino inacidito. Tu, o uno dei tuoi compagni deve berlo da solo, in otto giorni. - Bevitutto, questo è affar tuo. E in otto giorni le cantine erano vuote. - Chi è, dunque, costui e i suoi compagni? - pensava il re inquieto, e non sapeva come disfarsene. Uno dei ministri lo consigliò. - Maestà, voi avete nella vostra cucina un cuoco insuperabile alla corsa. in cinque minuti va ad attingere acqua a dieci miglia di qui, e ritorna con gli otri pieni. Proponete allo sconosciuto una gara con lui. Il Re fece chiamare Gentile e gli propose la gara. - Sarà fatto - rispose Gentile, e delegò la cosa a Primosempre. All'indomani il cuoco e Primosempre partirono insieme e questi giunse assai per tempo alla fontana, con grande ira del cuoco, che si credeva insuperabile alla corsa. Mentre si riposavano sull'erba, dopo aver riempito gli otri, il cuoco, che s'intendeva anche di magia, addormentò Primosempre col fissarlo a lungo; e partì con gli otri, dopo avergli deposte due pietruzze verdi sulle palpebre, perché non si svegliasse. Ma Finorecchia era in ascolto e informava gli amici di quanto accadeva lontano. - Finorecchia, che stanno facendo? - Il cuoco e Primosempre si sono seduti ansanti e conversano presso la fontana. Primosempre s'addormenta, e russa forte. Il cuoco ritorna di corsa verso la reggia. - Occhiofino, guarda e dacci notizia. - Il cuoco è a mezza via e Primosempre dorme supino, con due pietruzze sugli occhi. - Prendi il tuo arco - ordinò Gentile - e togli da gli occhi di Primosempre le pietruzze malefiche, perché si svegli. Bada di non ferirlo! L'arciere prodigioso tese l'arco e sbalzò le pietre dalle palpebre del compagno addormentato. Questi si svegliò con un sussulto, prese gli otri, e partì con tale velocità che arrivò prima ancora del cuoco, fra lo stupore del Re e dei cortigiani. - Sia dunque - disse il Re, vinto ormai. E rivolgendosi verso Gentile: - Amo meglio aver per genero che per nemico un uomo della tua abilità. Le nozze splendide ebbero luogo nella settimana. E Primosempre, Mangiatutto, Bevitutto, Finorecchia, Occhiofino furono fatti ministri.

I CORSARI DELLE BERMUDE

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Salgari, Emilio 1 occorrenze

Fece un gesto terribile, come se volesse abbattere qualcuno, poi scoppiò in un pianto dirotto. Testa di Pietra, assai commosso, gli si era avvicinato e battendogli familiarmente una spalla gli disse: - Orsù; dimenticate il passato, compatriota; vi prometto di farvi rivedere la nostra cara Bretagna. - Ho laggiù mio padre e due sorelle che non vedo da sette anni. - Li rivedrete; ci penso io. La Francia molto deve al mio comandante, ed una grazia chiesta da lui al re Luigi XVI non sarebbe rifiutata. Il carnefice si asciugò le lacrime col rovescio delle maniche, poi guardò una vecchia pendola che faceva udire il suo monotono tic tac. - Le dieci - disse. - Abbiamo tempo. Poi fissando Testa di Pietra. gli chiese: - Vorreste lasciare Boston ora che il vostro comandante non si trova più qui? - Avevamo già divisato di fuggire questa notte. - Vi faccio una proposta: ho un lasciapassare, ed una scialuppa mi attende alla foce della Mistica per condurmi a Charlestown. Ne volete approfittare? Passerete per i miei aiutanti. - Ma dobbiamo prima abboccarci col secondo della corvetta. Dobbiamo informarlo di quanto è accaduto e prendere accordi per salvare il baronetto. - La scialuppa ha l'ordine di attendermi fino alle quattro del mattino - rispose il boia. - Avrete tutto il tempo per rivedere i vostri amici. Non vi domando che un quarto d'ora per preparare il mio laccio. Intanto voi accendete una candela e passate nella stanza attigua per vestirvi di rosso come devono essere gli aiutanti di un boia. Vi sono molti abiti; non avete che da scegliere. Prese il laccio che aveva poco prima mostrato ai due marinai, lo stese sulla tavola, e con un coltello solidissimo, simile ad un bisturi cominciò uno strano lavoro, che egli solo, marinaio prima e poi carnefice, avrebbe potuto eseguire. Quando i due marinai della Tuonante, vestiti completamente di rosso come usavano allora i boia inglesi, ricomparvero, il lavoro era già finito. - È quello il laccio fatale che dovrebbe impiccare il nostro comandante? - chiese Testa di Pietra non senza una certa emozione. - Si, ma l'ho sventrato così bene in un certo punto, che la fune si spezzerà subito, senza far subire al vostro comandante nemmeno un principio di asfissia. - E poi come lo salveremo? - Questo è un affare che riguarda voi. Volete un consiglio? - Dite pure, compatriota. - Giacché gli americani ormai sono così forti, possono attaccare domani sera il forte, trucidare la guarnigione e salvare il vostro capitano. Ci saremo noi a proteggerlo, e tre bretoni possono tenere testa a sei inglesi. Vi pare? - Giustissimo - rispose senza esitare Testa di Pietra. - Voi due andrete a bordo della vostra nave, e vi abboccherete coi vostri amici; io vi aspetterò nella cala della Morte, dove la scialuppa m'aspetta. Sapete dove si trova? - Alla foce della Mistica - rispose Testa di Pietra. - La conosco. - Vogliamo andare? Tutti si alzarono. Il mastro mosse incontro al carnefice, gli stese la mano e disse: - Doë! Conto su di voi come se foste un fratello; ma credo utile avvertirti che sono tal uomo, da non lasciare impunito un tradimento, perché i bretoni non sono mai stati traditori. Due grosse lagrime spuntarono negli occhi del boia. - Fratello - disse con voce rotta dai singhiozzi - disponi della mia vita. - Stringi allora la mia mano, giacché siamo nati entrambi nella terra delle pietre e delle teste dure. - Non oso. - Metti qui dentro la zampa, per il borgo di Batz! Un tempo sei stato anche tu marinaio. Allunga! Il boia di Boston ebbe una lunga esitazione, poi stese, non senza un fremito la sua mano. - Doë - disse il mastro. - Doë! - rispose il boia. E la stretta fu data fra i singhiozzi che rompevano il petto dell'antico condannato. Piccolo Flocco si era asciugato di nascosto un'altra lagrima. Il boia bevve un ultimo bicchiere di brandy, poi disse: - Possiamo andare. Prese un biglietto coperto di un grosso bollo di ceralacca, che stava su un tavolino, e se lo cacciò in seno. Testa di Pietra e Piccolo Flocco lo seguirono, dopo di aver acceso le pipe e di essersi armati delle pistole e delle sciabole d'abbordaggio. I tre uomini s'incamminarono: ma Testa di Pietra condusse la marcia in modo da passare dinanzi all'Albergo delle trenta corna di bisonte. Il suo stupore fu immenso nello scorgere la taverna illuminata. - Corpo d'un cane strozzato! - esclamò. - Che vi siano ancora dentro i policemen in piena baldoria? Sono disposto a dar loro una altra pestata, che se la ricorderanno per un po'. A me, Piccolo Flocco! Aprì impetuosamente la porta si trovò dinanzi a mastro Taverna. Questi stava seduto malinconicamente dietro al suo banco, in attesa di avventori. - Sei vivo o sei l'ombra di mastro Taverna? - gridò il mastro, precipitandosi verso il banco. L'albergatore spalancò più che poté i suoi occhi fenomenali poi allargò le braccia, e mandò un grido altissimo: - Voi, mio gentleman! In quel costume? Orrore! - E per chi mi prendi, dunque? - rispose il bretone. - Per un boia? No; sono ancora un marinaio, e se indosso questo costume, ho i miei buoni motivi caro mastro Taverna! ... Ma dunque, non è affatto vero che ti abbiano fucilato! - Mi hanno arrestato, questo è vero, ma mi hanno subito rilasciato. - Ed i policemen, che hanno occupato durante la tua assenza la taverna? - So, gentleman, che ne hanno portati via quattro terribilmente feriti, anzi, pestati, ma niente di più. Chi sia stato poi a conciarli in quel modo non lo so davvero. - Chi? Eh, mastro Taverna, dovresti aver già indovinato. Quando vedemmo che saccheggiavano le tue bottiglie, li prendemmo a seggiolate, e i colpi, amico mio, grandinavano! parevano colpi di cannone! Fracassammo due sedie, che per altro non ti pagheremo. - Ah, no, no! - protestò mastro Taverna. - Ordinate anzi, e senza pagamento. - Una bottiglia di Medoc, che desidero offrire al boia di Boston, mio carissimo amico. Ma bada, che se non è proprio della qualità più fina, ti faccio impiccare subito. L'albergatore aveva fatto tre o quattro passi indietro, con aria smarrita, appoggiandosi al banco. La presenza del boia lo aveva così straordinariamente atterrito, che i suoi grandissimi occhi gli erano quasi usciti dalle orbite. - Come sei brutto, mastro Taverna! - disse Testa di Pietra. Non fare quegli occhiacci. Tanto ti spaventa il boia di Boston? Hai torto, perché è un mio compatriota, e poi è un uomo che non schiaccerebbe una mosca senza l'ordine del comandante della piazza. Avresti forse sulla tua coscienza un gran numero di delitti! - Io? - balbettò il pover'uomo. - Allora portaci il Medoc, perché noi marinai soffriamo sempre la sete.

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