Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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PROFUMO

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Capuana, Luigi 1 occorrenze

Lo distraeva anche la voce del Padreterno che, più in là, presso il muro di cinta, canticchiava con voce roca e stonata - pareva gemesse e si lamentasse - dando secchi e frequenti colpi di accetta a un ramo da abbattere. Per ciò egli esitava d'inoltrarsi verso quella parte, e ritornava su le proprie pedate, non oltrepassando i due ultimi viali; insofferente pure di questo contrattempo, quando la voce roca e lamentosa, arrivandogli più da vicino, pareva gli impedisse di trovare le risposte alle incessanti domande: "Soffre? Ma di che? Lasciarla stare? ... Ma perché?" Di tratto in tratto si arrestava scosso, impaurito di qualcosa che egli non distingueva bene se gli venisse da fuori o da dentro di lui - terror vano? sospetto? realtà? - da qualcosa che gli balenava davanti e spariva senza dargli tempo di rac- capezzarsi. E riprendeva a passeggiare più affrettatamente, scotendo la testa, strizzandosi le mani; comprimendosi, con- traendosi con tutta la persona, come se da quello sforzo materiale dovesse finalmente scaturir la luce che doveva ri- schiarargli la tenebra in cui brancolava affannato. Tra la siepe accosto cominciò a chioccolare un merlo, quasi brontolasse; fischiò, tornò a brontolare. Di cima all'an- noso cipresso, che gareggiava per altezza col campanile del convento, rispose, dopo breve pausa, un lesto gorgheggio di usignuolo, che sùbito tacque ... Il merlo intanto pareva frugasse, chioccolando a intervalli, brontolando impazien- te. Un altro chiocchiolio si udì allora, dolce, dimesso, nel folto della siepe a pochi metri di distanza. E il merlo, che lo aveva certamente riconosciuto, sguisciò di tra le fronde e con volo rapido e breve, chioccolando gioioso, andò a rag- giungere la compagna, il cui dolce e dimesso richiamo gli aveva fatto intendere: "Sono qui!". Per un istante i due chioc- colii confusero in uno solo, di rimproveri e di carezze insieme. Patrizio era meravigliato di aver potuto dimenticare per qualche minuto il suo dolore e interessarsi a quella scena. Ma quando il brontolio dei due merli cessò e l'usignolo gettò dall'alto del cipresso una melodiosa volata di trilli e di gorgheggi che parve gentile augurio di riposo ai due amanti o sposi appollaiati nella siepe, Patrizio si sentì salire dal cuore una commozione piena d'intensa tristezza. Era ridotto a questo punto? A invidiare la felicità di due bestioline? Sì, sì; a questo punto! E l'irritazione compressa gli scoppiava in un gesto di minaccia all'ignoto ostacolo che egli sentiva frapposto tra sua moglie e lui. "L'ha con me, signor Agente?" Il Padreterno gli veniva incontro, con le maniche della camicia rimboccate sopra gomiti e l'accetta in ispalla, asciu- gandosi il sudore col fazzoletto a scacchi. Patrizio lo salutò inchinando il capo, senza rispondere niente. "Come sta la signora?" riprese il Padreterno. "Meglio, pare, giacché lo veggo qui a prendere un po' d'aria. Sente? Si direbbe che la selva si svegli dal sonno con questo venticello della sera, e parli sottovoce: ciù! ciù! ciù! Dio sia benedet- to! Alcune volte non sembra che gli alberi e le piante ragionino tra loro? Sono vivi anch'essi, come noi. Alcuni anzi campano assai più a lungo di noi. Quel cipresso, dicono, ha quasi dugento anni. Beato lui! Ah! Gli alberi stanno meglio di noi cristiani per certe cose. Quando un lor ramo invecchia e si secca, il potatore glielo leva via - ho fatto così or ora, laggiù - ed essi ringiovaniscono, mettono nuovi rami. Io intanto ho le braccia che già mi dicono poco; e se me le facessi potare ... addio Padreterno!" "Non siete allegro oggi" disse Patrizio. "Come vuole che sia allegro? Solo, senza un cane che mi voglia bene ..." "Vi vogliamo bene noi." "Per carità; e Dio deve renderglielo in questa e nell'altra vita ... Mah! ... Quando penso ... E sarebbe meglio non pensarci ... Oggi, caro signor Agente, è una brutta giornata pel povero Padreterno!" "Perché?" "Perché? Cinquantadue anni oggi ... Non mi creda uno sciocco ... Certe cose non si dimenticano mai ... Se non sono in galera, è un miracolo della Madonna del Carmine ... Avrei dovuti ammazzarli tutti e due! Ma la colpa era un po' mia! Ero stato cieco! Ascolti le parole d'un vecchio; se le scriva qui, nella mente (e mi scusi! ... Ha moglie anche lei, e giovane e bella): si guardi dai mosconi che ronzano attorno! Chi si guardò si salvò." Patrizio, impallidito a un tratto, spalancò gli occhi ... "Era pure giovane e bella mia moglie ... Me lo avevano avvertito: "Padreterno, guardatevi dai mosconi!". Pro- prio queste parole! Ma io avevo una benda su gli occhi; le volevo bene, non la credevo capace ... Ah, le donne! Non hanno cervello. E tutte le mie disgrazie son venute di lì! ... Quando apersi gli occhi! ... Meno male che non avevamo figliuoli. E così, io per una via, lei per un'altra ... Ma ero come dimezzato ... Queste ferite, si- gnor Agente mio, non rimarginano mai! Cinquantadue anni fa! Come se fosse stato ieri! Lavoro, rido, canto, servo i miei padroni, sì; e porto la maschera da cinquantadue anni ... Sia fatta la volontà di Dio. Ma lei, scusi, parlo da ignorante, lei che è giovane ancora, dia retta a me! Via, via i mosconi!" Patrizio avrebbe voluto saltargli addosso, e costringerlo con la violenza a dir tutto. Nell'atteggiamento delle labbra, nell'espressione degli occhi del Padreterno, gli pareva di scorgere la malizia, l'ironia di chi sa e vuol dire e non dire ... Ma si sentiva paralizzato. Quell'avvertimento corrispondeva a certe parole del dottore, a oscuri presentimenti, a dubbi, a sospetti balenatigli nella mente, spariti, ritornati, spariti di nuovo senza lasciar traccia. Nelle parole del Padreterno c'era ... più che un avvertimento qualunque, più che un sospetto campato in aria? E il terrore che colui potesse, tutt'a un tratto, apprendergli ... gli diè una stretta così forte al cuore che gli parve di venir meno. "Si sente male, signor Agente?" domandò il Padreterno avvicinandoglisi con premura. "Si appoggi al mio braccio." "No grazie. Vorrei piuttosto passeggiare ancora." "Se ho parlato da vecchio stolido, qual sono ... mi perdoni, padrone mio!" Anche queste parole parvero a Patrizio piene di sottile e maliziosa ironia. Per ciò, dopo un istante di esitanza e di stupore, si sentì agghiacciare il sangue e cominciò a tremare internamente, vedendo comparire in fondo al viale Rugge- ro, che, dal giorno della fuga della sorella, non era più venuto per le lezioni. Al lieve gesto di contrarietà dell'Agente, il Padreterno si era voltato per vedere chi arrivava dalla parte del convento; e Patrizio, nello stesso tempo, aveva fissato il Padreterno per sorprendergli su la faccia un indizio, un accenno, se mai ... La faccia del Padreterno, atteggiata a un sorriso che le rughe delle gote e della fronte deformavano stranamente, non lasciava decifrar nulla; e intanto Patrizio, facendosi forza, avea già dovuto rispondere al saluto di Ruggero e strin- gergli la mano. "Parto per Siracusa col futuro cognato." Ruggero diè la notizia con un che di amarezza nella voce. "Bravo! Bene! Mi rallegro" esclamò il Padreterno. "A tutto c'è rimedio quaggiù, fuorché alla morte ... e a u- n'altra cosa! ..." "Pei vestiti da nozze e pel corredo" seguitò Ruggero. "Se la sua signora e lei hanno commissioni da darmi ... Abbiamo trascurato di chieder notizie di donna Eugenia in questi giorni di trambusto. Ella deve scusarci. Sa, in certe circostanze si perde la testa." "Niente" rispose, un po' impacciato Patrizio. "Mia moglie sta meglio; uno dei soliti disturbi suoi; nulla di grave. Grazie delle premure e della gentilezza ..." "Per le lezioni ..." prese a dire Ruggero. "Ah! mi dispiace" lo interruppe Patrizio "ma forse non potremo riprenderle più. Ora ho troppo lavoro, troppi gratta- capi in ufficio ... E poi ... lei non ha più bisogno della mia guida ..." Aveva voluto parlare con indifferenza, e non vi era riuscito. Nella voce gli tremava qualcosa di così insolito, che Ruggero lo guardò negli occhi; ma gli occhi dell'Agente vagavano qua e là, quasi per sfuggire l'indagine altrui; e le ma- ni ricercavano, accarezzavano, tiravano talvolta i peli della barba con movimento così concitato, che Ruggero, sospet- tando che donna Eugenia avesse parlato, o si fosse involontariamente tradita, si sentì diventare piccino piccino. Patrizio era stupito di quel che aveva detto e fatto con inconsapevole impeto, con stolta precipitazione. Gli pareva di aver offeso Eugenia e se stesso. "Un moscone quel ragazzo?" Lo guardò da capo a piedi, e sorrise. E con la rapidità d'un lampo, si rivide a Castroreale, dietro le tende della finestra dell'ufficio, a spiare il terrazzino di faccia dove appariva di tratto in tratto Eugenia quasi attirata dall'avido desiderio di lui! Come l'aveva amata! Come n'era stato amato! Quante lotte! Quante difficoltà! ... E aveva vinto! E avevano vinto! ... Eh ora? Ora? Oh, no! "Geloso di quel ragazzo? E via!" Si sentiva forte, grande, un colosso. Gli pareva che se lui avesse tentato di contendergli il cuore di Eugenia, egli lo avrebbe schiacciato con un solo dito ... Eh, via! Eh, via! "Buon viaggio! E buon ritorno!" esclamò rivolto a Ruggero. "Tante cose ai suoi di casa, e tanti auguri agli sposi!" Che era avvenuto dentro di lui? Non lo capiva. Ma qualcosa di nuovo e di definitivo era avvenuto certamente.

Vita intima

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Vertua Gentile, Anna 1 occorrenze

Adesso tutti o quasi tutti, sono persuasi che lo spirito femminile è una forza creata da Dio, che non si puó abbattere; un lume da lui stesso acceso, che nessuno ha diritto di spegnere. Ma è una forza, che non vuol essere deviata dal suo scopo, perché in tal caso distruggerebbe invece di creare; è un lume che non soffre folate d' aria contrarie , che lo consumerebbero interamente, togliendogli la facoltà di illuminare. In questo secolo la donna fu definita: « una creatura uguale all'uomo per quanto a lui differente ». Dello spirito femminile si disse: che è giudice supremo in fatto di sentimento e in tutto ciò che riguarda i moti misteriosi della parte più divina dell'anima. Si vollero unire le due grandi forze del creato: l'uomo e la donna. Si sentì la necessità di completare quello per mezzo di questa. La coscienza pubblica convenne che la donna, la quale, come dimostra la storia, ha sempre mirato a la libertà, ha diritto di esigerla, per quanto la natura voglia che essa vi cammini per una via diversa di quella dell' uomo. Nel cuore e nello spirito della donna istruita e seriamente educata, hanno in gran parte culla e sviluppo la famiglia la religione, che sono necessità del sentimento. Da ciò il bisogno di seriamente istruire e educare la donna. E la società che cresce e progredisce per opera specialmente della intelligenza, trovò logico, giusto e utile, di offrire al sesso femminile il modo di coltivare le sue facoltà morali, scavando un abisso fra il passato abbuiato di ignoranza e pregiudizio, e il presente, che il progresso va ogni giorno più illuminando di vivida, benefica luce. Pare un sogno il ricordo del tempo in cui, filosofi e poeti chiamavano la donna ora angelo e ora demone; in cui la società tutta quanta, l'aveva in conto o di cortigiana o di ignaro fanciullo, di oggetto di piacere per l'uomo e per fino di niente, secondo Voltaire. Al sentimento di orgogliosa superiorità, di disdegno, di protezione e idolatria, offesa e insulto d'ogni momento, adesso è successo per la donna un sentimento di stima, di rispetto, di affetto vero e nobile. E si ricorda con sorpresa e dispetto il tempo in cui, in concilio, si lanciava seriamente la domanda, se la donna avesse un'anima. Per chi sente e pensa, adesso, la donna é un essere uguale a l'uomo per quanto da lui differente. Ma è cosa da tutti saputa, che il valore di due esseri non viene dalla loro uguaglianza, ma piuttosto dalla differenza che esiste fra essi; e che la natura , la quale destina l' uomo a vivere con la donna, ha dato a l'uno e a l'altra, sentimenti attitudini e funzioni differenti con corrispondenti diritti e doveri. L'uomo d'oggi vuole nella donna la compagna; cioè una creatura, che come lui possieda i doni del cuore e dell'intelligenza; che, come lui, abbia ben saldi e sviluppati nell'anima i sentimenti del buono e del bello. Che importa se queste facoltà agiscono in lui e nella sua compagna con qualche differenza?... La legge della differenza non è forse il fondamento della creazione?.. Che importa se la ragione è — generalmente — nell'uomo guidata da calcolo e interesse personale e nella donna dal sentimento e dalla passione ? L'uomo giudica per riflessione, la donna per istinto. L' uomo vede il vero; la donna lo sente. L'uomo è assennato per logica, la donna per ispirazione. Ciò che per l'uomo è giustizia, per la donna è quasi sempre carità ; la filo- sofia della donna è filosofia del sentimento, il cuore della donna aspira alle affezioni esclusive, di modo che in essa l'amore della famiglia supera generalmente l'amore della patria e dell'umanità: l'uomo ha il potere, la donna ha i diritti. E tutto ciò è giusto perchè è nell'ordine naturale delle cose. E ciò non stabilisce superiorità nè inferiorità. Questo ora l'uomo sente e ca- pisce e vuole nella donna non la schiava, non l'idolo, non la serva, ma la compagna. La compagna capace di comprenderlo, di esercitare una benefica influenza su la sua intelligenza e su la sua energia: capace di sostenerlo del suo coraggio, fatto di amore e di annegazione, nei momenti di sconforto; capace di ricevere nel suo cuore, sempre aperto, ogni intimo sfogo, e di confortare il dolore del dubbio, l'angoscia del malcontento, lo strazio della de- lusione. L'uomo di adesso sa valutare i pregi della donna e trova in essa valido aiuto, consigli, incoraggiamenti, riposo. E vuole nella donna sua la reggitrice, la regina della famiglia. Ma una reggitrice, una regina tutta moderna che non ha nulla a che vedere con la moglie e la madre dei tempi andati. Poi che l'ideale della famiglia come quello della donna è oggi assai diverso dall'ideale che se ne facevano i nostri avi, fatti rigidi, baldanzosi e prepotenti dalla persuasione della loro superiorità. Allora la madre di famiglia, doveva sedere al focolare, filando insieme con le figlie e con le ancelle, estranea a tutto quanto non fosse l'azienda domestica. Ma la donna moderna non può nè deve essere una semplice Cenerentola, una creatura umile e passiva fino a l'oblio di sè stessa. Vivendo in mezzo ai continui prodotti della scienza, la sua ignoranza ora sarebbe colpevole e fatale. Ed ella ha la sua giusta parte di coltura, una coltura, che con giusta preparazione, si estende a tutte le donne, secondo le varie gradazioni sociali. L'istruzione congiunta con un'educazione intelligente, non distrugge le attitudini nè le soavi virtù femminili, come alcuni temono, facendo delle donne delle sapute pretensione. Pur troppo, ogni buona cosa si può guastare, ed è possibile che l'istruzione ingeneri l'orgoglio. Ma questo succede solo a chi da natura fu sprovvisto di buon senso. E' stolto il timore di chi pensa che l'istruzione possa alterare i costumi della donna; è vieto pregiudizio quello di chi sostiene, che lo studio ed il sapere possano deviare la donna dalle occupazioni, dai piaceri della famiglia. La donna dell'Inghilterra, dove, circa cinquant'anni fa, si produsse una prima potente scossa che, quasi spinta da corrente elettrica, percorse tosto tutti i paesi, è assai istruita, molto saggiamente educata e buona massaia ad un tempo. La donna americana, nei grandiosi collegi di New- York, del Massachussets, della Pensilvania, impara a rispettare il culto saggiamente illuminato della famiglia e dei doveri dai quali dipende la felicità domestica, nello stesso tempo che impara a conoscere le scienze, le arti e le lettere. Nei collegi universitarii di Oxford e di Cambridge, la donna si abilita nelle arti e nelle scienze, e non per questo si spoglia delle sue gentili virtù, nè dimentica nè disdegna le occupazioni domestiche. Anzi, è massaia accorta e laboriosa; esige in famiglia un rigoroso scambio di delicatezze morali e non tollera mali esempi. E fuori di casa proibisce ai suoi, gli svaghi e gli spet- tacoli che possano urtare contro l'onestà e il buon costume. Così la donna è quivi come in America, tenuta in alta stima; ed è spesso superiore per istruzione agli stessi uomini, occupati negli affari, nel commercio, nell' industria. E' splendida la nuova idealità della donna, chiamata a liberamente esplicare il suo spirito in ogni attività consentanea a la sua natura. Chi negherebbe che più la donna coltiva il suo spirito, più diminuisce la sua ignoranza, e meglio prende sul serio la vita nel suo scopo e nei suoi doveri e più si fa virtuosa? ... La donna saggiamente istruita e educata, sente in tutta la sua soavità la poesia della famiglia. Dolce e sana poesia, che non è certo quella delle vertiginose immaginazioni, delle febbrili passioni, dei sogni ad occhi aperti di chi si perde nella vanità di vuoti ideali, nel vago, sconfinato azzurro delle illusioni. E' la poesia che si accoglie nelle piccole umili cose, poesia ascosa e gentile, di cui la donna è la vera ispiratrice; è la poesia della casa e della famiglia. *** La famiglia di oggi non è certo quella del passato e neppure quella del principio del nostro secolo. Come tutte le cose, la famiglia ha subito una grande evoluzione. Tutto si è modificato nella famiglia; la potenza paterna, i diritti della madre, il diritto d'educazione, quello della sorveglianza, quello della correzione, dell' usufrutto dell' amministrazione. Nel nostro secolo, e specialmente nella seconda metà, è scomparso il diritto di potere del padre su i figli. Al diritto del padre è successo una specie di tutela, che, in generale cessa quando il figlio o la figlia abbiano raggiunto l'età maggiore. E questo potere limitato o autorità, possono quasi sempre essere esercitati dal padre come dalla madre, con certe differenze nei diritti dell' uno e dell' altra. Il padre è libero di educare i figli come meglio gli piace. Ma, senza intaccare la libertà del padre di famiglia, nel nostro secolo si è detto: « Va bene la libertà del padre, ma non è tutto. Vi sono anche i diritti e gli interessi dei figli : e poi la società è interessata grandemente a l'educazione delle generazioni nuove; e poi ci sono i diritti della madre, che esigono speciale considerazione ». In vista dei diritti dei figli e dell'interesse sociale, la legge ha dunque portata una restrizione a la libertà del padre di famiglia. Basta accennare a questi fatti principali: l'istruzione obbligatoria in quasi tutti i paesi inciviliti, l'età prefissa per i piccoli operai, il diritto di ricorso accordato al fanciullo contro la tale e la tale altra decisione dei genitori, ecc. Vi sono leggi che accordano al figlio che abbia raggiunto una certa età, il diritto di ricorrerere presso le autorità competenti, quando nella scelta della professione non fosse d'accordo con la volontà paterna. « I parenti — dicono queste leggi — hanno il diritto di scegliere per i figli una carriera o una professione, te- nendo conto delle loro attitudini e dei loro desideri. I figli, dai diciassette anni in poi, che incontrassero nella volontà dei genitori un ostacolo alle loro aspi-razioni, hanno il diritto di ricorrere al tribunale competente ». E quando il padre e la madre non avessero le stesse idee riguardo all'educazione dei figli ? … Nel codice civile di Zurigo del 1887, è detto a proposito: « I genitori hanno il diritto e il dovere di crescere e educare i figli. Le spese di mantenimento e di educazione spettano in prima linea al padre, in seconda linea sono a carico della madre quando non bastassero i mezzi dei figli. « L'educazione comprendendo il fisico e lo spirituale, è quindi necessario, oltre la cura igienica corporale, l'educazione morale e religiosa, l'insegnamento elementare, la preparazione a una professione. « Nella scelta della professione , devono essere considerati le attitudini e i gusti dei figli. Se il padre e la madre non sono d'accordo in ciò che riguarda l'educazione e la professione dei figli, è al padre che resta l' ultima parola. « Nei matrimonii misti, cioè in quelli in cui lo sposo ha una religione diversa da quella della sposa, il figlio, raggiunta l'età del discernimento, cioè i sedici anni, ha il diritto di scegliere liberamente la religione che meglio si confaccia con le convinzioni sue. Vi sono anche delle leggi che dicono: « Se la madre è convinta che la volontà del padre sia tale da danneggiare i figli, può ricorrere a l'autorità giudiziaria, che, in tal caso, potrà affidare a lei sola l' educazione dei figli. Il principio che ha dettato la legge francese del 28 luglio 1889 guida a questa stessa conclusione. In fatti ; dal momento che la potenza paterna può essere soppressa quando il padre mal conosce o disconosce i suoi doveri o abusa dei suoi diritti, non èlogico ammettere, che l'autorità può essere limitata in certi casi, a profitto della madre, quando questa abbia le sue buone ragioni per far valere e appoggiare la sua domanda ? La donna ha o non ha -- si disse nel secolo XIX -- il diritto di alzare la voce quando si tratta dei figli suoi ? E siccome l'attuale forma della famiglia non permette di confidare a la madre gli stessi diritti del padre in quanto si riferisce a l'educazione dei figli, la più elementare giustizia esige il diritto di ricorso a vantaggio della madre. La restrizione del potere paterno nella famiglia, ha fatto che questa non sia più quella che era in principio del secolo. Allora il padre era ancora circondato da un rispetto che si avvicinava al timore; e tutti chinavano riverenti il capo al suo volere, alle sue parole. Che se alcuno dei figli osava opporsi a la volontà paterna, era tenuto in conto di ribelle, si aveva allora lo spettacolo delle numerose famiglie governate e rette da un sol capo, del quale, in generale, si accettavano senza discussione le idee per quanto non più a la cieca i comandi e le ingiunzioni. La famiglia d'allora era più raccolta e perciò i vincoli d' affetto parevano più forti. C'era un'ora della sera, nella quale il padre si chiamava vicini i figli e i domestici per la preghiera in comune. Il sentimento religioso, sentito più o meno, si manifestava apertamente e riverentemente nelle forme esteriori. La Messa ascoltata religiosamente nei dì di festa, la confessione e la comunione a Pasqua, il digiuno e il magro nei dì comandati. Nelle campagne, fra i contadini, il capocasa reggeva la famiglia la quale accoglieva spesso in un centro solo, parecchie famigliuole nascenti. E il capoccia contadino , come il padre nelle famiglie cittadine e ricche , aveva e sentiva il suo potere. Adesso anche nelle campagne, è difficile trovare delle famiglie numerosissime tutte dipendenti da un sol capo. La restrizione del potere paterno è arrivata da per tutto e tutti la trovano logica e conforme al progresso dell' incivilimento. Massimo d' Azeglio dice di suo padre: « In famiglia noi giovani ne avevamo una soggezione incredibile ed il timore pur troppo, non lascia limpido il giudizio ». E della religione del tempo di suo padre e del suo, dice : « L'Italia è l'antica terra del dubbio. Poco vi potè la Riforma, non tanto perché la frenasse l'Inquisi- zione romana, quanto perchè poco l'Italia si curava di Roma e meno di Wittemberga. Gli Italiani non presero mai le questioni di dogma molto sul serio, ed il chi a se è vero ! dolorosa parola a l'umanità) fin dai tempi di Guido Cavalcanti, dominò sempre fra noi. Perciò fu l'Italia spettatrice piuttosto indifferente della lotta fra Wittemberga e Roma, poco curandosi d'ambedue! Ma il dubbio, le derisioni, i sarcasmi di Voltaire, erano più di suo genio; quindi volgeva un sorriso allo scetticismo francese come a conosciuto e vecchio amico. Ma se ciò accadeva nel resto d'Italia, in Piemonte era altra cosa. « A fronte di pochi novatori, l'antica fede popolare stava salda sulle antiche sue basi. Oggi, dopo tante bufere passate sopra questo sbattuto paese poco o nulla vediamo mutato al suo carattere tradizionale ; figuratevi quale doveva essere allora, uscita appena dall'ambiente del medio evo! « Il senso religioso era vero e profondo generalmente « La parola conversione uona oggi al nostro orecchio quasi come un vocabolo di antiche leggende di santi. Dove mai oggidì fra noi si vide o si udì parlare di una di quelle potenti e rumorose conversioni che ricordano un San Francesco, un San Benedetto, un San Gerolamo, ecc.?... « Invece, l'esaltazione religiosa è frequente nelle razze anglo-sassone e tedesca. Fra loro è fatto comune una conversione. Ogni veggente, sia furbo o convinto vi trova tosto gente divota, che pel suo dogma accetta sacrifizi e privazioni. « Venga invece in Italia un di costoro; predichi in piazza; avrà quello uditorio medesimo che hanno i saltimbanchi; e che, finito il sermone, si scioglierà alzando le spalle e dicendo: E' matto ! « Con gente capace di morire per una fede anche storta e stramba, c'è qualche cosa da fare; con gente invece non persuasa di nulla, in nome di che di chi iuscirete a farla muovere, a farla operare, a farla morire ? ... Il dubbio è un gran scappafatiche; lo direi quasi il vero padre del dolce far niente taliano ». *** Dunque nel secolo XIX dalla famiglia sparì il dispotismo paterno; scomparve la rigida autorità del padrone per lasciar luogo a maggior tenerezza a la confidenza, a la familiarità, a la reciproca affettuosa fiducia. Il sentimento della famiglia forse non si rafforzò ma si ingentilì, specialmente in molte classi. A la terza persona, con la quale nella prima metà del secolo, i figli usavano trattare i genitori, in Italia venne a poco a poco sostituita la seconda; il tu he invita a confidenza , che avvicina cuore a cuore , ma che pur troppo, qualche volta stabilisce una uguaglianza poco favorevole al rispetto e di ostacolo al sentimento educativo. Nel secolo XIX, meno le eccezioni, i figli non ebbero più nessun timore del padre e trattavano la madre con intimità spesso eccessiva. I genitori perdettero in autorità ma guadagnarono in affetto e confidenza. Affetto e confidenza scemarono però in essi il potere educativo. Forse si è inconsciamente o per necessità delle cose, passati da un eccesso all'altro. E' entrata nell'animo di tutti la persuazione, che l'autorità non è come il potere, un fatto che agisce per forza materiale e per via legale ; ma bensì una cosa morale, che influisce su l'anima, che suppone la virtù in chi l'esercita, la docilità e l'amore rispettoso in chi la subisce. E, una volta di ciò persuasi, i genitori si lasciarono andare a la tenerezza non di rado soverchia, e nei figli andò sviluppandosi e crescendo prepotente il forte sentimento dell'individualità. Ora, tenerezza e individualità, sono forse due cose ancora troppo nuove come la libertà e l'uguaglianza ; sono per dir cosi, due ottimi strumenti dei quali ancora non si è imparato a servirsi ; sono un bene che conviene imparare a usar bene. Il fatto è, che con il diminuire dell'autorità, diminuì pure l'influenza che i genitori dovrebbero esercitare su i figli. Questa autorità o morale influenza che si voglia, ora nelle famiglie delle persone educate, è specialmente la madre che tenta di svegliarla e di rafforzarla in se stessa ; di conquistarla e di meritarla. E per riuscire in questo che non è punto facile, ella sente il bisogno di guadagnarsi la stima dei figli. Ora, questo bisogno, questo desiderio di stima ascendente , dice per se solo, l'attuale cambiamento dei rapporti morali fra la madre e i figliuoli. Nei tempi andati, la madre come il padre non si curavano certo dell'intima considerazione dei figli; perchè la considerazione e la stima suppongono il giudizio; e allora non si ammetteva che i figli potessero giudicare i genitori. Ma era logico, era giusto, era compatibile, questa specie di barriera morale fra i genitori e i figliuoli ? ... Non è più razionale, più equa, più secondo natura, la confidenza , quasi l' uguaglianza moderna fra i genitori e i figli ? Quali saranno le cause che possono avere gradatamente determinato questo cambiamento di rapporti morali nella famiglia? ... Una di queste cause, molti la riconoscono nella grande riforma educatrice della donna; riforma che ha per fondamento e per conseguenza la giustizia e sopratutto la stima dell'uomo per la donna. La donna amata di amore dignitoso e elevato, stimata nel suo giusto valore, libera da l'oppressione che le imprigionava le facoltà giacenti inerti, indistinte, abbuiate, sente in tutta la sua forza la propria individualità, e l'anima sua, fatta di sentimento, al sentimento si abbandona. E il sentimento esige tenerezza più che ragionevolezza: una tenerezza spesso soverchia, che rallenta i freni nella mano educatrice. E l'uomo che quando stima e ama si lascia tanto facilmente influenzare fino a vedere e sentire con gli occhi e con il cuore della donna amata e stimata, finisce per lasciarsi a sua volta spadroneggiare dal sentimento, a scapito della ragione, e spesso soffoca nell' affetto, fatto di indulgenze, di paure vaghe e di pietà infinita, la sua autorità, il suo potere di padre; e diventa l'amico, il compagno, quasi l' uguale dei figli. E' quindi evidente che non si può dire a questi: « Fate questo , fate quest' altro perché io voglio così ». Non vi possono essere comandi fra uguali; non soffre violenza una volontà abituata ad agire per proprio impulso; non si piega a la cieca la ragione, che non fu mai offuscata da tirannia. Così, per educare volontà e ragione, è ora necessaria una influenza che non sia l'autorità d'altri tempi; la influenza d'una superiorità riconosciuta e di una specchiata virtù, congiunta con una voce cara e insinuante, che sappia trovare la via del cuore. Ed ecco perché la madre per riuscire nella educazione dei figli, ha bisogno di vegliare su le sue azioni, su le sue parole, in modo da essere una continua vivente lezione di moralità. La madre che educa con vera intelligenza d'amore i suoi figliuoli, è proprio del secolo XIX. In altri tempi, il rispetto esagerato, quasi pauroso e il sentimento di superiorità, staccavano, per così dire, i figli della madre, la quale — in generale — quando aveva loro insegnato a brontolare vecchie preghiere e a baciarle la mano mattina e sera, a parlare appena se interrogati , a tenersi ritti impettiti ed a seguire scrupolosamente i dettati del Galateo d'allora, credeva d'aver adempito a ogni suo dovere materno. Si deve dunque, io credo, a l'istruzione e a l'educazione femminile, la famiglia civile di oggi; la famiglia, ove la tenerezza avvicina e la mutua simpatia intellettuale interessa ed avvince; la famiglia retta e guidata dalla madre che può e vuole essere la prima educatrice dei figli suoi. La madre moderna — intendo quella che comprende il proprio dovere con saggezza — sente, che è suo diritto e suo dovere, di svegliare , e educare nel cuore e nella mente dei figli, la prima idea di Dio, dell'onestà, del bene, del bello, e il sentimento dell'individualità. Sente il dovere di fare in modo , che l' individualità non devii mutandosi in egoismo , in personalità invidiosa, in individualismo che isola dai proprii simili; ma che a poco a poco si trasformi nel sentimento intimo, profondo e santo, che fa che uno si senta qualcuno e voglia essere qualcuno. La madre intelligente sa che è guaio serio comprimere la individualità nell'animo dei fanciulli; sa che la depressione converte i deboli in ipocriti e i forti in ribelli; ma sa pur anche, che se non va compressa, l'individualità vuol essere educata, se non si vogliono crescere dei deboli , dei prepotenti , degli egoisti; e trova il modo di ben dirigere nei figli questa forza , insegnando loro la sana e forte dottrina, che è la compagna della libertà: la dottrina della responsabilità personale. Chi nel secolo XIX tanto fece e fa tuttora per la riforma femminile, non pensò certo di strappare la donna al suo centro naturale, che è quello degli affetti ; ma volle invece , renderla più conscia della grandezza morale della sua missione, quindi più degna di essa. Il titolo santo di madre di famiglia non dice solamente devozione, tenerezza, accortezza; dice anche e forse più, un lavorio continuo, incessante, faticoso; dice preoccupazioni, crucci, dolori, tutto un complesso di pene morali che però l' intima compiacenza e la soddisfazione generosa, acchetano e addolciscono. E più la donna è istruita, più sa e più ha l'animo temprato al coraggio, confortato dal pensiero di Dio, e meglio è compresa della sua alta, difficile missione, e la missione stessa le torna più delicata, più doverosa e santa. Il sentimento della famiglia si è fatto più delicato in quasi tutte le classi; ma forse non in tutte le classi si è rafforzato. Insieme con l'istruzione, elementare sì, ma sufficiente a stenebrare le menti sgombrandole dai pregiudizi e rendendo ognuno capace di comprendere il perché di quasi tutto quello che vede; insieme con un poco di educazione, che dirozza, nella casa dell' operaio del contadino, del lavoratore in genere, entrò il desiderio, anzi il bisogno della pulizia, dell'ordine, delle maniere meno grossolane, delle parole meno volgari, di un poco di affettuosità, quindi di gentilezza. Si è pensato e sentito, che il povero ha dei santi diritti nel punto di vista della morale pubblica; che la sua più grande disgrazia è la digradazione morale, che la miseria distrugge il rispetto personale, esaurisce lo spirito e influisce tristamente su le affezioni domestiche, spingendo, quasi a rifugio, verso gli abbietti piaceri; si è pensato e sentito, che l'anima per elevarsi, ha bisogno di mezzi accessibili al ricco come al povero; che la verità morale è il tesoro della intelligenza; che il germe delle grandi idee morali, è in tutti gli animi e che il povero può aspirare a l'educazione più elevata e raggiungerla. E si concluse, che nell'interesse di tutti, era logico e giusto riconoscere una sola casta morale; quella dell'umanità. Tutti uguali, non solo davanti a Dio, non solo davanti a la legge , ma nella coscienza di ciascuno; nella coscienza pubblica. *** Un'uguaglianza, non materiale, che non può esistere nell'umanità come non esiste in natura, che è delicato e soave sogno di pochi, o esigenza di prepotenti; ma la santa uguaglianza, che sta nell'elevatezza morale; la persuasione che ogni uomo può cercare in se stesso forza e felicità e che deve domandare l'una e l'altra a l'amore del dovere, a l'energia della volontà , a la coltura dello spirito. La persuasione che di queste virtù si può arricchire chiunque voglia, purché voglia seriamente rafforzare il pensiero per mezzo della riflessione e della sana lettura e fortificare il carattere con il lavoro e la pratica del bene. Solo in questa via feconda si trova la pace dell'anima e il sentimento della propria dignità e della propria forza; solo camminando coraggiosamente e liberamente in questa via, si può trovare il proprio bene insieme con quello della società; si può acquistare la certezza , che la più grande forza dell'universo è lo spirito, non già la forza bruta e materiale ; che il potere dell'uomo è fatto di energia morale e intellettuale e che è lo spirito che ha conquistato la materia. Tutto ciò si senti e si pensò nel secolo XIX; e con queste idee nella mente, con questi sentimenti nel cuore, si finì, per la maggiore, a sentire l'uguaglianza, la fratellanza santa, comandata da Dio, necessaria a la ragione, indispensabile a la generosità. Tutti fratelli; quindi disposti al reciproco rispetto, al mutuo soccorso. E il povero fu aiutato, rialzato, reso capace di riconoscere nel suo io , a creatura pensante e ragionante, che ha sacri doveri da compiere e sacri diritti da esigere. Ora, il sentimento ben chiaro e profondo dei doveri e dei diritti, dovrebbe essere fiaccola sempre accesa, che illumina di vivida luce, onestà e gentili costumi, e a quella e a questi invita e attrae. L'aura di civiltà e di progresso, spirante miglioramento , penetrò nelle famiglie di tutte le classi, nel secolo XIX e vi portò una certa dignità materiale; ma forse, più materiale che morale. Il luridume, lo sconcio e immorale agglomeramento di uomini, donne fanciulli, raccolti insieme in chiatte, schifose stanze, quasi tane, è immondo spettacolo, che ora di rado, affligge occhio e sentimento. Ed è, generalmente, triste ricovero di oziosi, viziosi e peggio, rifuggenti dai pubblici asili aperti dalla beneficenza; classe di disgraziati , che civiltà e progresso riusciranno a diminuire ma non a sopprimere, come la mano esperta dell'agricoltore riesce a scemare le male erbe nei campi e nei prati , ma non certo a toglierle del tutto. Più non si incontrano, o assai di rado, contadini e specialmente operai sudici e strappati, dalle maniere e parole grossolane e triviali. Cosa che allontanava le così dette persone educate, causando due mali; l'orgoglio e il dispregio da una parte, l'avvilimento, la persuasione d'inferiorità e spesso la ribellione, dall'altra. Adesso, grazie, principalmente alle scuole, aperte nei più umili e remoti villaggi, il povero si è dirozzato; si esprime benino; ha modi abbastanza urbani, capisce. La distanza fra lui e chi a lui è superiore per istruzione e educazione, è diminuita. Sono smantellati i castelli feudali; le distanze sociali vanno scomparendo; il passato è morto. E' spento il vecchio prestigio; le vecchie idee più non esistono. Più non vi sono classi che si lasciano opprimere e avvilire; la società è fatta di tutti, e tutti vogliono avervi e sentirvi la propria parte. L'operaio, il contadino, tutti o quasi tutti, adesso pensano; vogliono sapere la ragione di ciò che fanno, di ciò che credono, per fino delle loro sofferenze. Si direbbe che chiedano un compenso del passato. A l'inerzia d'ogni nobile desiderio, è successa la sete della verità; a l'accasciamento morale, è successo il sentimento ben chiaro e forte della giustizia. Le creature davvero superiori, le quali sono schiettamente convinte che il miglioramento della società, più tosto che con fieri, sanguinosi strappi, si ottiene gradatamente, per mezzo della sana, vigorosa educazione morale, plaudiscono a questo primo risveglio voluto dal progresso; risveglio, che se lascia ancora molto e molto a desiderare, è però sempre un passo verso il meglio. Ma come nei bambini è previdente e saggio guidare al bene le buone disposizioni , così , chi desidera con sincerità il bene di tutti , trova previdente e saggio fare in maniera , che nei cuori e nelle menti di ognuno, i desideri sieno onestamente guidati al possibile, le aspirazioni a l'arrivabile, e che l'anima accolga il sentimento d'un ideale non offuscato da sragionevolezze, da folli prepotenze. Le creature superiori , che vogliono per davvero il bene della società , sanno che, se si vuole migliorare una generazione, è necessario comprendere la ragione dell' umano vivere , guardare al punto ove hanno origine i beni ed i mali e le norme del volere, e farne oggetto di applicazione la famiglia; prendere per mano i fanciulli e gli ignoranti, indirizzarli con amore e intelligenza alle verità morali per mezzo delle scuole, dei libri e sopratutto dei costumi. Questo si è cercato di fare nel secolo XIX, a vantaggio della famiglia, quindi della società e della patria. Pur troppo manca ancora molto a raggiungere l'ideale, e taluni vedono in questo risveglio d'ogni classe, in questo spesso focoso desiderio di miglioramento , un male piuttosto che un bene ; e i pessimisti scettici guardano, con sorriso dubitoso, a l'inquietudine morale vasta e profonda, e a le corruttrici bramosie di godimento che accompagnano il progresso. Ma chi puó dire a che possa portare il disordine o l'apparenza del disordine ? ... « ... né l'acqua iraconda che scende a ruina la valle — dice Fogazzaro — nè la frana di macigni e di selve capovolte che trabocca dall' alto a romperle il corso , sanno che nel luogo del loro incontro , una lama d' acqua pura si alzerà con sorriso ubbediente a rispecchiare il cielo pago e sereno ».

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