Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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I PESCATORI DI BALENE

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Salgari, Emilio 1 occorrenze

Pareva che portasse con sè una legione di demoni; ora fischiava attraverso gli alberi e le corde della nave, ora ruggiva tremendamente sulle vette degli "icebergs", ora muggiva ancor più forte delle onde che già s'infrangevano con grande impeto contro i ghiacci, abbattendoli e frantumandoli contro il "wacke". Il capitano, temendo che la nave non resistesse a quei poderosi soffi, la fece maggiormente assicurare con altre e più grosse gomene, e ordinò che si raddoppiassero gli uomini di guardia. La notte fu spaventevole. I ghiacci dell'oceano, cacciati dalle regioni settentrionali, venivano a cozzare contro il banco a centinaia, con un fracasso indicibile, accavallandosi gli uni sugli altri, spezzandosi, frantumandosi. Ondate mostruose, spinte dal vento, si sfasciavano incessantemente contro il banco e, cacciandosi sotto di esso, malgrado il suo enorme peso e la sua grande estensione, lo facevano traballare e scricchiolare. Dei larghi crepacci si aprivano di quando in quando, ma tosto si riunivano come se avessero paura che la nave fuggisse per di là. Anche nel canale l'acqua era agitatissima e molti ghiacci, strappati alle rive o rovesciati dal ventaccio, galleggiavano correndo disordinatamente ora qua ora là. Il "Danebrog", quantunque solidamente assicurato, tre volte si spostò minacciando di urtare contro le rive del piccolo "fiord". I marinai, malgrado la profonda oscurità, furono costretti a gettare nuove funi e a portare sul banco due ancore che furono cacciate entro profonde fessure. Alle 2 del mattino, quando maggiore era la furia dell'uragano, il banco, come se fosse stato mosso dal terremoto, ondeggiò fortemente da sud a nord e una grande apertura si manifestò in quella direzione con uno scroscio così forte da poter essere udito a dieci chilometri di distanza. L'"iceberg" che chiudeva il canale fu visto un istante dopo staccarsi e oscillare. Un urlo di gioia si alzò fra l'equipaggio del "Danebrog", salito tutto in coperta. Credette di essere finalmente libero! Disgraziatamente quella gioia fu di breve durata. Il colosso, dopo essersi allontanato di poche decine di braccia, spinto dalle onde tornò a urtare contro il banco, incastrandosi ancor più fortemente di prima dentro il canale. Anche la grande fenditura manifestatasi attraverso il "wacke" si chiuse in seguito alla straordinaria pressione esercitata dai ghiacci che scendevano a migliaia dal settentrione. - Tutto è finito per noi! - disse il capitano al tenente. - Bisognerà svernare. - Forse - rispose Hostrup, che da qualche istante guardava con un cannocchiale verso sud. - Su che sperate? - Ho scorto or ora laggiù una vetta oscura che s'innalza in mezzo ad un banco di ghiaccio. - Ebbene? - Il vento ci spinge verso quella terra, capitano. - Ma siete certo che sia una terra? - Non m'inganno. - Ma è impossibile che siamo già giunti presso la costa americana. - Sono già due giorni che il vento ci spinge verso il sud, aiutando la corrente. Può essere anche, invece della costa americana, un'isola. - E cosa sperate nell'incontro di quella terra? - L'uragano ci porta con una velocità non indifferente. - Ah! Voi sperate in un urto. - Sì, capitano. - Infatti il banco potrebbe infrangersi. E non correrà pericolo il "Danebrog"? - Il canale è largo. - Lo so, ma i ghiacci potrebbero accumularvisi dentro e stritolarci. - Se ci mettessimo alla vela? - Avete ragione. Ehi, mastro Widdeack! Fa spiegare le vele e sciogliere gli ormeggi. C'era il tempo necessario, essendo la terra scoperta dal tenente assai lontana. I marinai, che avevano compreso di che si trattava e su quale speranza calcolava il capitano, in un batter d'occhio portarono in coperta le vele, le infierirono ai pennoni e le spiegarono, mentre mastro Widdeack, assieme a Koninson e ad Harwey, scesi sul banco, liberavano le ancore e scioglievano le gomene. Mezz'ora dopo il comando dato, il "Danebrog" usciva dal "fiord" infrangendo i ghiacciuoli che lo ingombravano e si portava in mezzo al canale, allontanandosi dall'"iceberg" che doveva essere il primo a sostenere l'urto. La terra segnalata non distava allora che un miglio. Era una roccia di mille metri di estensione e alta un trecento o quattrocento. Tutto intorno si estendevano grossi banchi di ghiaccio e grande numero di ghiacci galleggianti. Il "wacke", che filava con una velocità di tre o quattro nodi all'ora, in brevi istanti fu addosso all'isolotto. Si udì uno scroscio cento volte più forte di quello avvenuto poche ore prima, seguito, poco dopo, da un tonfo sordo causato dalla caduta di alcune montagne di ghiaccio. Il "wacke", fracassati i ghiacci che circondavano dal lato nord l'isolotto, andò a cozzare contro lo scoglio con tale impeto da ritornare indietro. Due larghe fessure si aprirono, le rive del canale si restrinsero e in parte diroccarono, le piramidi, le arcate, le colonne crollarono, ma il "Danebrog" rimase prigioniero. L'"iceberg", quantunque avesse sopportato quasi tutto il cozzo, non aveva ceduto. Solo la sua torre aveva oscillato e si era screpolata, ma senza cadere. Sul ponte del "Danebrog" si alzò un urlo di rabbia. Questa volta per i balenieri era proprio finita. Più non restava che svernare.

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