Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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IL FIGLIO DEL CORSARO ROSSO

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Salgari, Emilio 3 occorrenze

Buttafuoco sparò il primo colpo, abbattendo il capo-fila che era il piú grosso e che probabilmente doveva essere anche il piú feroce e pericoloso. Il conte ed i suoi compagni a loro volta fecero fuoco, gettandone giú altri, poi snudarono le spade, tenendosi in parte riparati dietro al tronco della palma. Non erano indiani da scappare dinanzi a quei feroci mastini che incutevano agli ingenui figli dell'America centrale, non abituati a vedersi assaliti da bestie cosí grosse, tanta paura Un luccicare d'acciaio, sette od otto colpi, menati con forza terribile, e le bestie rimasero a terra, sbudellate o decapitate. Gli spagnuoli, che avevano contato sull'assalto di quei mastini, vedendoli stramazzare l'uno dietro l'altro, ricominciarono a sparare, ma essendo costretti a far fuoco correndo, le loro palle non colpivano mai il segno, anche a causa dei canneti, dietro ai quali si riparavano i fuggiaschi. Buttafuoco ed i suoi compagni avevano subito ripresa la corsa, non avendo alcun desiderio d'impegnare una battaglia che non offriva nessuna possibilità di riuscire a loro favorevole, dato il numero degli assalitori. Sbarazzatisi dei cani, i soli che avrebbero potuto raggiungerli e dare loro molto da fare, si erano raccomandati alle proprie gambe, poiché ormai la loro salvezza non consisteva che nella robustezza e resistenza dei garretti. Buttafuoco, abituato alle fughe precipitose, correva con uno slancio invidiabile. Quel diavolo d'uomo, quantunque non piú giovane, filava come un vero daino inseguito da una muta furibonda. Chi si trovava male era sempre Mendoza, il quale non finiva mai di borbottare, assicurando di essere ormai finito, dopo tante scappate. Il guascone invece allargava sempre piú le sue gambe smisurate e pareva che se ne ridesse di quella corsa indiavolata. Buttafuoco pure, di quando in quando, faceva qualche breve sosta per sparare qualche archibugiata, ma piú per concedere ai suoi compagni un mezzo minuto di riposo che colla speranza di abbattere qualche nemico. Quella corsa furiosa durava da circa mezz'ora e gli spagnuoli erano rimasti tanto indietro da non scorgerli piú, quando Buttafuoco andò a urtare contro una palizzata. - Siamo salvi! - gridò. - Ecco la fattoria della marchesa di Montelimar!

I suoi venti pezzi della batteria e le due caronade del cassero tuonavano furiosamente, specialmente contro le caravelle, mentre i suoi fucilieri spazzavano a fucilate i ponti altissimi dei galeoni, abbattendo, con una precisione matematica, timonieri e ufficiali. Urla feroci s'alzavano su tutte le tolde, mescolandosi, confondendosi col fragore delle artiglierie e lo scrosciate degli archibugi. Anche la folla che si accalcava sulle calate, quantunque esposta al fuoco delle artiglierie, urlava ferocemente: - Morte ai filibustieri! Distruggeteli! Massacrateli! La Nuova Castiglia continuava intrepidamente la sua marcia, coprendo di palle e di bombe le navi nemiche e minacciando di abbordarle. Salda di costole, bene armata e condotta da uomini abituati a battersi quasi ogni giorno, non tentennava nelle sue mosse. Rispondeva ai galeoni e alle caravelle, quasi colpo per colpo, con una insistenza feroce, mentre le due caronade della coperta avventavano di tratto in tratto delle bordate di mitraglia. Giunta a cento passi dai galeoni, sfilò superbamente sulla loro fronte con tutti i suoi formidabili archibugieri a babordo; poi, con una mossa improvvisa, inaspettata, girò a destra della squadra dove c'era ancora abbastanza spazio per navigare lungo la costa. Una piccola caravella tentò di chiudere il passo, gettandosi dinanzi alla prora per lasciar tempo ai galeoni di muoversi. Era un topolino che tentava di arrestare un leone. La Nuova Castiglia la urtò poderosamente col suo solidissimo tagliamare e la sfasciò completamente passando in mezzo ai rottami; poi, dopo aver scaricati tutti i suoi pezzi d'un colpo solo, fuggí fuori dal porto. - Ebbene, che cosa ne dite, signor conte? - chiese Mendoza, il quale fumava furiosamente, con le mani affondate nelle tasche e le gambe allargate. - Che con simili uomini, si potrebbe conquistare il mondo - rispose il signor di Ventimiglia. Non so se un'altra nave se la sarebbe cavata cosí bene, mio caro. - Ecco che i galeoni si mettono in caccia, ma che cosa sperano di fare? Di raggiungere la nostra nave? Eh, cari miei, non conoscete ancora la Nuova Castiglia! - Mi pare che l'abbiano conosciuta or ora. - Il signor Verra li farà correre. - E allora corriamo anche noi e cerchiamo di lasciare San Domingo prima che spunti il sole. Gli spagnuoli rivolgeranno tutta la loro rabbia contro di noi e ci daranno una caccia spietata. - E se ci prendono, ci impiccheranno, signor conte, - rispose Mendoza. - Forse quelle due corde non sono ancora state intrecciate. Conosci anche tu la città! - Abbastanza per condurvi alla Puerta del Sol. - Ci lasceranno poi uscire, a quest'ora? - Oh, non lo sperate, capitano, - rispose il filibustiere; - E perché condurmi là dunque? - Perché il bastione vicino è in parte diroccato e potremo trovare il modo di scendere nel fossato e anche ... Si era interrotto, guardando il conte, e rimanendo con la bocca aperta. - E dunque? - chiese il corsaro. - Sono un vero stupido, capitano! - Perché? - Ma sí che noi possiamo passare per la Puerta del Sol senza esporci al pericolo di fiaccarci il collo in fondo al fossato. In verità io invecchio troppo presto. - Sei impazzito, Mendoza? - No, signor conte, ma stavo per diventare un cretino. Non siete vestito da alabardiere, voi? - Pare di sí! - Noi ci presenteremo alle guardie della porta e voi direte che avete ricevuto l'ordine di scortarmi e di farmi uscire. Potrete aggiungere, se non vi dispiace, che io sono una spia che va a sorvegliare i bucanieri. A un soldato si crede sempre. - E tu affermavi poco fa che stai per diventare un cretino? disse il conte ridendo. - A me pare invece che tu diventi ogni giorno piú furbo, vecchio squalo. In marcia! Non voglio trovarmi ancora a San Domingo al sorgere dell'alba. Gettarono le vesti e la spada di Martin in mezzo ad un folto cespuglio e volsero le spalle al porto, internandosi in una stradicciuola che serpeggiava fra siepi e splendidi filari di banani e di palme. Essendo tutta la popolazione accorsa sulle calate, non vi era anima viva nei dintorni, cosicché poterono attraversare indisturbati la città e giungere dinanzi alla Puerta del Sol, che era in quel tempo una delle principali di San Domingo e che metteva nell'aperta campagna. Due alabardieri, armati di lunghe picche, passeggiavano a breve distanza, fumando e chiacchierando. Scorgendo il conte e il suo marinaio, si fermarono per sbarrare loro il passo; poi uno dei due, accortosi di aver da fare con un soldato, chiese: - Oh, camerata, dove vai? - Ho l'ordine di scortare quest'uomo fuori della città - rispose franco il signor di Ventimiglia. - Chi è? - Un corriere governativo. - Senza cavallo? - Sa dove trovarlo. Sbrigatevi ad aprire la porta; abbiamo molta fretta. - E non ti hanno dato nessuna carta? - Non sono un soldato, io? - È vero, ma ci hanno dato anche il comando di impedire l'uscita a qualunque persona. - Era per i borghesi, quello. - Aspetta che chiamo l'anziano: io non voglio assumermi questa responsabilità. Entrò in una vicina caserma e uscí subito con un altro soldato, munito di una lanterna, il quale trascinava con gran fracasso un enorme spadone. - Guarda questi uomini, Barrejo - disse la sentinella. - Fulmini! - mormorò Mendoza. - Il guascone! Ora siamo fritti! Il conte trasalí e portò rapidamente una mano sulla pistola di Martin, pronto ad impegnare una lotta disperata. Il guascone si avvicinò a loro e non potè trattenere un gran gesto di stupore nel riconoscere la propria corazza e le proprie vesti che il conte indossava. - Ah, camerata! - esclamò sbarrando gli occhi. Poi, volgendosi verso le due sentinelle, disse loro: - Continuate la ronda voi, io conosco queste persone. Aspettò che si fossero allontanate, poi, dopo aver alzato una seconda volta la lanterna per guardare bene in viso il conte ed il suo compagno, chiese: - Che cosa fate ancora qui, nei miei panni, signore? Siete ben voi che mi avete dato quei venti dobloni! - Sí, messer Barrejo - rispose il signor di Ventimiglia. - E che cosa siete venuti a fare qui? - A offrirvi altri dieci dobloni, se non vi rincresce. - Per tutti i venti del mare di Biscaglia! Volete far di me un milionario? - No, voglio ingrassarvi, perché siete troppo magro. - Tutti i guasconi sono magrissimi, signor conte. Ma che muscoli d'acciaio abbiamo! - Chi sa che un giorno non li veda al lavoro! Orsú, volete guadagnare altri dieci dobloni? - Che cosa devo fare? - Una cosa semplicissima. Aprirci la porta e lasciarci andare in campagna. - E null'altro? - chiese il guascone con stupore. - Nient'altro. Vi avverto che abbiamo detto ai vostri camerati che siamo corrieri del governatore. - E non avete paura d'incontrare i bucanieri? Si dice che stiano organizzandosi per tentare un colpo di mano sulla città. - Non vi occupate di questo, messer Barrejo. Apriteci la porta e altre dieci monete d'oro andranno a ingrossare il vostro piccolo tesoro. - Vi apro anche tutte quelle della città - rispose don Barrejo. Venite, signor conte. I miei camerati non vi daranno alcun fastidio. Afferrò un'enorme chiave che stava appesa ad un chiodo e aprí la pesante porta laminata di ferro, conducendoli attraverso un massiccio bastione forato nel mezzo da uno stretto passaggio. - Eccovi in campagna - disse dopo aver aperta un'altra porta. Mi permettete di scortarvi per qualche tratto? - Vi ho detto che noi non abbiamo paura - disse il conte. - Non ne dubito, signore, ma che volete, mi piace immensamente la vostra compagnia. - Non sarà per sorvegliarci, spero - disse Mendoza. - Oh! un guascone! ... Noi non siamo abituati a mentire. - Allora venite - disse il conte. - Potreste darci qualche preziosa informazione. - Sono tutto a vostra disposizione, signor conte - rispose il guascone. - Potreste, per esempio, dirci dove potremo trovare dei cavalli. - Vi è un corral a mezzo miglio di qui, annesso ad una grande fattoria. Se avete ancora di quei bei dobloni, potrete acquistarne finché vorrete. - Le nostre borse sono ancora assai fornite, malgrado il salasso fatto alla mia. - Vi guiderò io. - Ed i vostri camerati che non vi vedranno tornare non si allarmeranno? - Vadano al diavolo! - disse Barrejo alzando le spalle. - Non sono padrone di fare una passeggiata notturna e di scortare delle persone raccomandate da Sua Eccellenza il Governatore? - Oh, è vero! - disse il conte ridendo. - Noi siamo personaggi importantissimi. - Che viaggiano però senza carte - aggiunse maliziosamente il guascone. - Le teniamo sempre sulla punta delle nostre spade. Il soldato capí a che cosa voleva alludere il conte e, quantunque guascone, credette opportuno di troncare il discorso. Si erano inoltrati per una viuzza fiancheggiata da bellissime agavi, piante tessili che danno dei fili elastici e fini e dalle cui foglie gli indiani estraggono una bibita fermentata detta pulque, molto spumante e anche molto gradevole. Di là da quelle enormi siepi, si estendevano immense piantagioni di canne da zucchero e di caffè, le maggiori risorse di quella fertilissima isola. Per la tenebrosa campagna volavano sciami di Moscas de luz, insetti che tramandano una luce ben piú potente delle nostre lucciole, e nei solchi delle piantagioni e attorno agli stagni muggivano i grossi rospi gialli e neri con appendici cornute e fischiavano migliaia e migliaia di batraci. I tre uomini camminarono in silenzio per un buon quarto d'ora, rischiarando la via con la lanterna; poi, giunti ad una biforcazione, il guascone si fermò. - Ci lasciate? - chiese il conte. - Questo dipende da voi, signore - rispose il soldato. - Che cosa volete dire? - Signor conte, io sono un uomo d'onore e sono un cadetto d'una famiglia nobile della Guascogna. Già. Voi saprete che, piú o meno, noi siamo tutti nobili nel mio paese, ma anche poveri, poveri, perché i nostri padri non ci lasciano per eredità che una buona spada e delle lunghe lezioni di scherma. - Che cosa volete concludere, signor Barrejo? - Che vorrei sapere chi siete e perché siete fuggito da San Domingo, mentre era stato dato l'ordine d'impedire l'uscita a tutti gli abitanti. Il conte rimase un momento muto, guardando il soldato, poi disse: - Scommetterei che voi già lo sapete. - Forse. - Sono il capitano della fregata che entrò nella rada ieri mattina che due ore fa è stata cannoneggiata dagli spagnuoli. - Dei filibustieri, non è vero? - Siete molto perspicace, signor Barrejo. Ora andrete ad avvertire certamente il governatore. - Io? - esclamò il guascone. - Io tradirvi? Mai! Siamo uomini d'onore, noi. - Allora avrò soddisfatta la vostra curiosità. - Signor conte, se vi facessi una proposta? - Dite pure. - Noi guasconi siamo gente di guerra e non amiamo lasciar arrugginire inutilmente le nostre spade. La mia dorme da due anni in San Domingo e minaccia di non saper piú uscire dal fodero. Volete arruolarmi? Coi filibustieri vi è sempre occasione di menar le mani. - E anche di morire piú facilmente! - aggiunse Mendoza. - Ho trentadue anni e ne ho già abbastanza della vita - disse il guascone. - Mi volete, signor conte? Vi giuro che sarò una buona lama. - E poi lo liberereste da molti fastidi - aggiunse il marinaio, a cui non dispiaceva affatto quel fracassone. - Sia! - disse il signor di Ventimiglia. - Un bravo soldato di piú sulla mia nave non sarà d'impiccio. - Voi non siete spagnuolo, quindi potete passare al nemico - disse Mendoza. - Sono un soldato di ventura e null'altro, e come tale posso offrire la mia spada ed il mio braccio a chi meglio mi piace. - Conoscete S. Josè? - Conosco mezzo San Domingo. - Sapreste condurci nella tenuta della marchesa di Montelimar? - Anche con gli occhi bendati. - Andiamo a procurarci dei cavalli, prima di tutto. Io non dubito che gli spagnuoli ci diano la caccia. - Potete esserne certo, signor conte - rispose il guascone. - Ci lanceranno anche addosso qualche banda dei loro terribili cani. - In cammino allora, Barrejo - disse il conte. - Non ho alcun desiderio di farmi mordere i polpacci da quelle bestiacce. - Dovremo prendere la via dei boschi, signor conte. Le vie sono battute dalle ronde e potrebbero arrestarci. - Ve ne sono molte fuori della città? - Eh, un bel numero. - Andiamo a visitare i boschi. Il guascone gettò via la lanterna, la cui luce poteva tradirli e attirare qualche ronda in perlustrazione o alla caccia di bucanieri. Quelle bande di soldati, formate da cinquanta uomini ciascuna, erano incaricate di impedire ai bucanieri, alleati dei filibustieri, di dare la caccia ai numerosi tori selvatici che in quell'epoca scorrazzavano liberamente per le foreste dell'isola. Non osando gli spagnuoli affrontare quei terribili cacciatori, i quali non sbagliavano mai un colpo, avevano deciso di affamarli e perciò avevano istituite quelle compagnie volanti. Dapprima le avevano munite d'armi da fuoco, ma siccome non volevano imbattersi nei bucanieri, né impegnare mischie con loro, quando s'accorgevano della loro presenza preferivano fare delle scariche di moschetteria in aria. I cacciatori, avvertiti del pericolo, se ne andavano tranquillamente da un'altra parte. I governatori delle varie città, accortisi della gherminella, avevano tolto alle ronde le armi da fuoco, armandole solamente di alabarde, ma senza ottenere, come si può capire facilmente, alcun risultato pratico. Se prima erano i bucanieri che scappavano, ora erano gli alabardieri che se la davano a gambe appena udivano uno sparo; sicché i combattimenti erano rari come le mosche bianche, ché nessuno aveva il desiderio di giocare la pelle inutilmente. E quelle erano le famose ronde dette cinquantine, colle quali i governatori speravano di distruggere tutti i bucanieri, - ed erano molti - che infestavano le immense foreste dell'isola, sempre pronti a prestare man forte ai filibustieri della Tortue, quando si trattava di tentare qualche buon colpo Il guascone fece attraversare ai suoi due compagni una vasta piantagione di canne da zucchero, poi si gettò risolutamente in mezzo alle boscaglie, formate per lo piú da enormi piante di cotone selvatico, con i cui tronchi cavi gli indiani e i negri formavano canoe capaci di contenere perfino cento uomini. - Il corral lo troveremo di là da questa boscaglia - aveva detto il soldato al conte. - Risparmieremo tempo e non correremo il pericolo di imbatterci in qualche cinquantina. Cercate solo di non far rumore, poiché fra queste macchie i tori non mancano, e vi so dire io se sono pericolosi quando s'infuriano o vengono disturbati! La marcia non tardò a diventare difficilissima, con molto dispiacere di Mendoza, abituato a passeggiare solamente sulle tolde delle navi e ad arrampicarsi sulle alberature. A quei tempi San Domingo, al pari della vicina Cuba e della Giamaica, aveva delle foreste, antiche quanto il mondo, le quali accumulando foglie su foglie e imputridendo rami e tronchi, dovevano preparare quel meraviglioso ordimento vegetale, che piú tardi doveva cosí ben servire agli intraprendenti piantatori. I cotoni selvatici s'alzavano dovunque, mescolati, anzi confusi, con palme gigantesche, reggendo non si sa in quale modo i loro giganteschi fusti, non avendo per sostegno che una crosta di terra non più alta di due piedi affatto insufficiente alle smisurate radici. Erano soprattutto i foltissimi cespugli, vere macchie per le imboscate, che facevano brontolare Mendoza, anche perché si mostravano formidabilmente armati di acutissime spine. Il guascone, che aveva fatto parte piú volte delle cinquantine, per buona fortuna non esitava mai a scegliere la via, quantunque sotto quelle immense arcate di verzura regnasse un'oscurità quasi completa. - Ho la bussola nella testa - ripeteva sfondando a colpi di spadone i cespugli per aprire il passo al conte. E pareva infatti che quel diavolo d'uomo, che camminava con piena sicurezza senza mai fermarsi, avesse la facoltà d'orientarsi come i piccioni viaggiatori. Chi invece era incerto e non poco era Mendoza, il quale, quantunque uomo di mare, non ignorava come fosse facile smarrirsi in mezzo alle boscaglie. Quella marcia faticosissima durò tre ore, poi il piccolo drappello si trovò dinanzi ad una vasta pianura interrotta da un gran numero di stagni. Un fracasso indiavolato s'alzava fra le alte erbe e i canneti che la coprivano. Muggivano milioni di rospi, fischiavano le rane americane e di quando in quando, a tutto quel baccano, si univano delle urla rauche, somiglianti al fragore dei tamburi, dei cannoni. Il guascone si era arrestato, bestemmiando in francese o in spagnuolo. - Ehi, camerata, avresti per caso perduta la bussola che tu affermavi d'avere dentro il cervello? - chiese Mendoza. Il guascone stette un momento zitto, poi picchiandosi furiosamente la corazza che gli rinserrava il petto, rispose: - Pare proprio che si sia guastata. - Chi? - La mia bussola. - Ecco una faccenda seria per la gente di mare. - E anche qualche volta per la gente di terra, - rispose l'avventuriero, il quale appariva sconcertato. - Come mai mi sono smarrito? Eppure queste boscaglie le ho scorse piú volte. - Spero, don Barrejo, che non avrete l'intenzione di farci divorare dai caimani, - disse il signor di Ventimiglia. - Ci tengo alle mie gambe non meno di voi, - rispose il guascone. - Volete un consiglio, signor conte? Aspettiamo l'alba. - Ed intanto schiacciamo un sonnellino - aggiunse Mendoza. L'erba è folta e fresca e dormiremo meglio che su una branda della Nuova Castiglia. - E i caimani intanto cenerebbero con i vostri piedi - disse il guascone. - Non chiudete gli occhi, signore, ve ne prego. Io so come sono pericolose queste paludi! - Avete un sigaro, don Barrejo? - chiese il conte. - Sono ben provvisto, signor conte, ed è tabacco di Cuba, il migliore che si coltivi in tutto il golfo del Messico. - Datemene uno, e aspettiamo che il sole spunti. Spero che non ci farete perdere in mezzo alle boscaglie di San Domingo. - Zitto, signore! - Che cosa c'è ancora? Se è qualche caimano, lo taglieremo in due a colpi di spada. Anzi, non ho ancora visto lavorare la vostra draghinassa. - Altro che caimano! È una cinquantina che s'avvicina. Zitti! Tutti si misero in ascolto, dopo essersi gettati dietro l'enorme tronco d'un albero di cotone selvatico. Pareva che un grosso drappello uscisse dal bosco. Si udivano i passi pesanti e cadenzati di uomini abituati a marciare in colonna. - Adesso ci prendono! - borbottò Mendoza. - Che splendida passeggiata notturna! Era molto meglio restarcene a San Domingo. - Zitto, eterno brontolone! - sussurrò il conte. - Sai che le cinquantine non desiderano altro che di andarsene pei fatti loro. Non ti muovere, e vedrai che nessuno verrà a cercarti dietro a questa pianta. - Ben detto, signor conte, - disse il guascone. - D'altronde basterebbe sparare un colpo di pistola per far scappare quei poveri diavoli. Da quando i governatori hanno avuto la pessima idea di privarli delle armi da fuoco, non si sentono piú in grado né di darci, né di fare battaglia. - Purché non abbiano con loro dei cani, - disse Mendoza. - Ecco quello che temo, - rispose il guascone. - Voi avete però quattro pistole. Datene una a me e vedrete che scapperanno come lepri, benché non manchino di coraggio, questo ve lo assicuro io. Lo spagnuolo è sempre stato un buon soldato e nemmeno io, se avessi in mano una spada contro un buon bucaniere armato d'archibugio volterei le spalle, eppure sono un guascone. - Ricco di guasconate! - disse Mendoza, un po' ironicamente. - Mi vedrete all'opera, camerata, - rispose il soldato, un po' piccato. - Silenzio, s'avanzano. Un grosso drappello era sbucato di fra le canne e le erbe e avanzava lungo la fronte della foresta. Si trattava veramente d'una di quelle famose cinquantine, armate esclusivamente d'alabarda e di spade, senza nessuna bocca da fuoco. Era composta tutta di alabardieri con elmetto e corazza, difese affatto insufficienti contro le grosse palle dei bucanieri. Era preceduta da un doz di Cuba. Questi cani ferocissimi sono molto grossi, molto robusti e d'un coraggio a tutta prova, e gli spagnuoli li usavano specialmente contro gli indiani, i quali avevano una paura terribile di quelle bestiacce. A quei doz cubani si deve piú che altro la conquista delle numerose colonie del golfo del Messico. Si può anzi dire che la Colombia fu conquistata piú da loro che dagli avventurieri. Il cane, giunto in vicinanza del grosso albero del cotone, si era fermato, aspirando fragorosamente l'aria, e la cinquantina, che era guidata da un ufficiale, si era subito disposta su quattro linee abbassando le alabarde. - Camerata, - sussurrò Barrejo, rivolgendosi a Mendoza - voi occupatevi di quel cagnaccio e badate di non sbagliare il colpo o vi salterà alla gola. - È un affare che sbrigherò io, - rispose il filibustiere. - Alla cinquantina penseremo io e il signor conte. Tutti e tre avevano armato le pistole e si tenevano l'uno presso l'altro, pronti a sguainare le spade. Il doz cubano fiutava sempre, volgendo la testa massiccia verso l'enorme albero e ringhiando sordamente. Doveva aver sentito che là si nascondeva il nemico. Un grido s'alzò fra gli uomini d'avanguardia della cinquantina - Ay, perrito! Il cagnaccio, udendo quel comando, si slanciò furiosamente, sperando di azzannare i misteriosi avversari che non osavano mostrarsi. Mendoza, che lo teneva d'occhio, fu pronto a sparare e gli fracassò il cranio, mentre il conte ed il guascone facevano fuoco contro la cinquantina, tirando a casaccio. Allora gli spagnuoli, credendo d'aver dinanzi qualche grosso drappello di quei terribili bucanieri che non sbagliavano mai la mira, in un lampo si dileguarono, gettandosi in mezzo ai canneti delle paludi. - Ecco la cinquantina sgominata! - disse il guascone ridendo. Lavoriamo tuttavia di gambe, perché domani mattina tornerà qui e se si accorgerà, dalle nostre tracce, d'aver avuto da fare con soli tre uomini, ci darà una caccia terribile. Corriamo, signor conte! - E queste sono le splendide passeggiate che si fanno a San Domingo - disse Mendoza. - Preferisco quelle che si fanno sulla tolda della Nuova Castiglia. Si erano messi a correre, come se avessero altri molossi alle calcagna. Il guascone, che aveva le gambe piú lunghe di tutti, marciava con una rapidità incredibile lungo la fronte della boscaglia, dietro però la prima linea degli alberi, per paura che la cinquantina, rimessasi dalla sorpresa, si fosse nuovamente ordinata e formata per la caccia. - Questo briccone ha giurato di farmi morire completamente sfiatato! - brontolava Mendoza, il quale sbuffava come un bufalo. - Quanto durerà questa storia? Pareva proprio che il guascone possedesse una resistenza incredibile e muscoli di acciaio, poiché non rallentava nemmeno un momento la sua corsa. Il figlio del Corsaro Rosso si mostrava non meno resistente, anzi, aveva maggiore slancio, come se fosse già abituato alle lunghe corse. Quella galoppata furiosa durò un'ora, poi il guascone si fermò. - Può bastare - disse. - La cinquantina ha avuto piú paura di noi e non ha osato darci la caccia. Prima che ne incontri altre o che si rifornisca di cane, passerà del tempo e noi potremo raggiungere la villa della marchesa, senza essere piú disturbati. - Se non sapete nemmeno dove si trovi! - disse Mendoza, il quale aspirava, come un mantice da fucina, la fresca brezza notturna. - Camminando sempre, si va anche a Parigi - rispose Barrejo. - Nel mio paese si dice che tutte le vie conducono a Roma - aggiunse il conte. - Ma non alla villa di Montelimar - ribattè Mendoza il quale sembrava di pessimo umore. - Voi, camerata, brontolate sempre contro il vostro capitano - disse il guascone. - Anche questo è un brutto vizio. - Mi correggerò col tempo. - Siete ormai troppo vecchio per farlo. - I filibustieri sono sempre giovani. Lo sanno gli spagnuoli. - Oh, non lo nego, amico! Avete sempre il fuoco nel petto. - E non le vostre gambe. - Orsú, che cosa facciamo ora, don Barrejo? - chiese il conte. - Io per conto mio, farei colazione - disse Mendoza. - Questa corsa mi ha messo un appetito da pescecane. - Contentati di accendere la tua pipa, per ora - rispose il conte. - Se non basta, stringi bene la cintura. - Ottimo consiglio! - sentenziò gravemente il guascone. - Che non farà bene a nessuno - brontolò Mendoza - Mettetelo in pratica voi. - Ne avete qualche altro da suggerirci don Barrejo? - chiese il conte. - Sí, quello di sdraiarci in mezzo a queste fresche erbe e di tirare il fiato fino all'alba. - E i caimani? - chiese Mendoza. - prima avevate una gran paura di quelle bestiacce. - Sono lontani da qui, e poi non chiuderemo gli occhi - Visto e considerato che non vi è di meglio da fare, lo metto in esecuzione - disse il conte, lasciandosi cadere fra le erbe e allungandosi con visibile soddisfazione. - Sono due giorni che io e questo eterno brontolone non ci riposiamo: è vero, Mendoza? - Saranno forse di piú - rispose il filibustiere imitandolo. Il guascone guardò attentamente in tutte le direzioni, si chinò, accostò un orecchio a terra, ascoltò attentamente e poi, a sua volta, si allungò fra le fresche erbe, dicendo: - Nulla: possiamo riposarci. Non era però troppo facile socchiudere gli occhi. I grossi rospi muggivano sempre, con un crescendo spaventoso; i caimani facevano del loro meglio per imitarli ed i batraci gareggiavano fra di loro per fischiare con maggior furore, come se si fossero messi d'accordo per impedire a Mendoza di schiacciare un sonnellino, fosse pure d'un quarto d'ora. Era però molto tardi, e l'alba non doveva tardar molto a spuntare. Nel Golfo del Messico il sole tramonta presto e si alza anche molto presto. Alle tre e mezzo, durante l'estate, il cielo si tinge dei primi riflessi dell'aurora e le stelle scompaiono. I tre filibustieri - poiché ormai anche il guascone si poteva considerare come tale - si riposavano da un paio d'ore, tendendo continuamente gli orecchi, per paura che i cani delle cinquantine, li sorprendessero, quando le tenebre cominciarono a diradarsi. - In marcia, signor conte - disse il guascone, alzandosi rapidamente. - Cercherò di orientarmi. - È stata accomodata la bussola piantata in mezzo al vostro cervello? - chiese Mendoza beffardamente. - S'incaricherà il sole di rettificarla - rispose l'avventuriero. - Speriamo che sia un abile meccanico. - Vedrete, camerata. Stavano per mettersi in cammino, quando udirono a breve distanza uno sparo. - La cinquantina! - gridò Mendoza facendo un salto. - Sí, che spara con le sue alabarde! - osservò il guascone sorridendo. - Io scommetto invece che è la colazione che giunge. Signor conte, siete conosciuto fra i bucanieri? - Se non io, erano troppo noti i tre corsari: il Rosso, il Nero e il Verde. - Questa archibugiata deve averla sparata un bucaniere. - Andiamo a trovarlo - rispose il signor di Ventimiglia. Attraversarono di corsa una folta macchia e, giunti sul margine, scorsero, in mezzo ad una radura erbosa, un uomo piuttosto attempato, vestito malamente. Aveva un grembiale di pelle ed un largo cappello di feltro in testa e stava ritto accanto ad un gigantesco bue selvaggio il quale stava spirando. Vedendo quegli stranieri, il cacciatore fece alcuni passi indietro, e gridò con voce minacciosa: - Chi siete? Rispondete, o vi uccido prima che possiate giungere fino a me! - Siamo filibustieri, camuffati da spagnuoli - rispose il conte in francese purissimo, perché l'intimazione era stata fatta in quella lingua. - Io sono il figlio del Corsaro Rosso e nipote del Verde e del Nero. - Del Corsaro Nero! - gridò il bucaniere, lasciando cadere l'archibugio e facendosi innanzi. - Di quello che con Grammont, Laurent e Wan Horn ha espugnato Vera-Cruz? Io ho combattuto con lui! Tonnerre de Brest! Signore, sono ai vostri ordini! Comandate!

Il conte e i suoi due compagni si erano intanto posti al riparo dietro il tronco d'un albero caduto per decrepitezza o abbattuto da qualche fulmine, ed avevano ricominciato a sparare, abbattendo i due ufficiali che guidavano le cinquantine. Gli alabardieri, spaventati dalla precisione terribile di quei tiri, si gettarono nuovamente fra le erbe, non sapendo in quale modo dare l'attacco. In quel momento non ringraziavano di certo i governatori che li avevano privati delle armi da fuoco. Mentre il conte e i suoi compagni mantenevano un fuoco abbastanza vivo, Buttafuoco continuava a perlustrare la palude che pareva di una estensione immensa. La sua paura era d'incontrare quelle terribili sabbie mobili che quando afferrano una preda, sia uomo o animale, non la restituiscono piú. Aveva spezzato una canna e si avanzava nell'acqua tastando il fondo. Ad un tratto il conte lo vide ritornare correndo, col volto giulivo. - Dunque? - chiese il signor di Ventimiglia, sparando un'altra archibugiata là dove vedeva scintillare gli elmetti degli alabardieri. - Ho trovato il passaggio - rispose il bucaniere. - Non sarà forse largo, tuttavia per noi basterà. - E i caimani? - Non preoccupatevi di quelle stupide bestiacce. Non ci daranno molti fastidi. Caricate gli archibugi e seguitemi tutti! Attenti sempre ai cani! Il conte ed i suoi compagni ricaricarono frettolosamente le loro armi, poi si slanciarono dietro al bucaniere, il quale correva lungo la piccola lingua di terra che aveva scoperta. I due cani, vedendoli scappare, avevano ripreso animo, mentre anche gli spagnuoli, comprendendo che i loro nemici stavano per sfuggire al tanto sospirato accerchiamento, si erano alzati agitando furiosamente le alabarde. In meno di mezzo minuto i fuggiaschi raggiunsero l'estremità della lingua di terra. - Fuori le spade e risparmiate la polvere! - gridò Buttafuoco. I due cani stavano per raggiungerli, aizzati dalle grida dei loro padroni. Il conte, che conservava un ammirevole sangue freddo, cacciò la sua spada fra le fauci spalancate del primo doz, immergendola fino a mezzo corpo, mentre Mendoza ed il guascone attaccavano coraggiosamente il secondo. Due guaiti avvertirono Buttafuoco che anche i due pericolosi avversari avevano avuto il loro conto. - In acqua, signori, - disse - e badate di seguirmi attentamente, perché ai vostri fianchi si trovano le sabbie mobili e chi vi cade dentro non ne esce piú. Se gli spagnuoli ci seguono, sparate uno per volta qualche colpo di archibugio. Ai caimani ci penso io. Erano entrati tutti nell'acqua fangosa della savana, immergendosi fino alla cintola, senza preoccuparsi gran che degli spagnuoli, i quali si erano slanciati animosamente sulla lingua di terra, con la speranza di poterli acciuffare o di vederli scomparire fra le sabbie traditrici. Buttafuoco tastava sempre il fondo con la sua canna e cercava di affrettare il passo, quantunque incespicasse ogni momento, essendovi sott'acqua delle erbe non meno perfide delle sabbie. Avevano cosí percorso circa cinquecento passi, quando videro alzarsi a breve distanza un isolotto coperto da una folta vegetazione e che pareva avesse un'estensione considerevole. - Ecco uno splendido rifugio! - disse Buttafuoco. - Se il fondo continua a mantenersi buono, sotto quelle piante potremo sfidare non due, ma anche dieci cinquantine. Mi pare già che gli spagnuoli non abbiano, almeno per il momento, alcuna intenzione di cacciarsi in acqua. Diavolo! Le sabbie mobili fanno troppa paura a tutti! Tastando sempre il terreno ed avanzando con grande precauzione, il bucaniere raggiunse l'isolotto e salí sulla riva, aggrappandosi a certe erbacce dure e coriacee, chiamate olgochloa e che sono cosí cattive che perfino le capre le rifiutano. Una massa di passiflore rampicanti si parò dinanzi al bucaniere. Sono piante che crescono molto rapidamente formando dei bellissimi festoni e che producono dei fiori purpurei con pistilli e stami bianchi con martello, chiodi, il ferro della lancia e tutti gl'istrumenti della Passione, che poi si tramutano in frutta gialle, ovoidali, grosse come poponcelli, assai apprezzate dagli abitanti, specialmente se cucinate con vino e molto zucchero. - Questo deve essere un piccolo paradiso! - mormorò Buttafuoco. - Probabilmente gli spagnuoli ci assedieranno ora, ma io credo che non riusciranno ad affamarci, come forse sperano. Conosco la ricchezza di questi isolotti. - Siamo giunti finalmente a casa? - chiese Mendoza. - Parrebbe - rispose Buttafuoco. - Che i nostri creditori vengano a romperci le tasche anche qui? - Mi sembra che abbiano rinunciato, per oggi o meglio per questa notte, ad importunarci. - Sono gente educata, - disse il guascone. - Se avessero però potuto mettervi le mani addosso, non so, mio caro signor soldato, se avreste ancora tanto spirito, - rispose il bucaniere, ridendo. - E lo dite a me? Oh li conosco io, quei signorini. Diavolo! Ci tengono poco a scherzare coi bucanieri. - E nemmeno i bucanieri con loro, - ribatté Buttafuoco. Noi siamo ancora in quattro e dubito molto che essi siano ancora in cento. Signor conte, volete dormire qualche ora? Pel momento nessun pericolo ci minaccia. - La gente di mare è abituata alle lunghe veglie e non sento affatto il desiderio di riposarmi, - rispose il signor di Ventimiglia. - Io preferirei una buona cena, - disse Mendoza. - La lingua di bufalo e anche l'arrosto di maiale non so piú dove si trovino. Probabilmente si sono affondati nei miei talloni, dopo tante corse furiose. - Io credo di averli sulle punte dei piedi, - disse il guascone con comica gravità. - Io non ho meno fame di voi, - disse il bucaniere. - Però sarete costretti, al pari di me, ad aspettare l'alba. Non posso già prendere degli uccelli di notte e qui noi non troveremo altro che uccelli. - E sarà già molto, - disse il conte, sorridendo. - Le paludi di San Domingo sono di solito molto frequentate dai pennuti, signore, ed una buona colazione non ci mancherà, purché gli spagnuoli ci lascino tranquilli. - Credete che tentino un nuovo attacco? - Ora che non hanno piú i cani, i quali costituiscono la vera forza delle cinquantine, non oseranno forse assalirci. È probabile però che mandino degli uomini a cercare dei rinforzi per assediarci. Di ciò però mi preoccupo ben poco. - E se circondassero la savana? - chiese il signor di Ventimiglia. - Eh! Ci vorrebbero almeno cento cinquantine ed il governatore di San Domingo non ne troverà mai tante. Se io ho un passaggio, non dispero di trovarne un altro e, prima che i rinforzi giungano, noi saremo a S. José, nella fattoria della marchesa. Là non correremo alcun pericolo, essendo io molto conosciuto dall'intendente. - Quest'uomo è veramente meraviglioso, - disse Mendoza. - Decisamente i filibustieri hanno una fortuna straordinaria. È bensí vero che gli spagnuoli ci credono figli o nipoti o pronipoti di compare Belzebú! È già qualche cosa anche questo. Il bucaniere ed il conte si erano coricati sotto una passiflora, sorvegliando attentamente le mosse degli spagnuoli, mosse assolutamente inoffensive, poiché non avevano osato abbandonare la penisoletta che s'avanzava nella savana. Sorvegliavano anche le acque, soprattutto quelle ingombre di erbe, per paura che qualche caimano tentasse di giungere di soppiatto fino all'isolotto per fare qualche buon colpo. Quelle brutte bestiacce non dovevano mancare in quella palude, però non si mostrarono. Probabilmente non si erano ancora accorte della presenza di quel gruppo d'uomini. Quando le tenebre cominciarono ad alzarsi, il bucaniere ed il conte, dopo essersi assicurati che gli spagnuoli erano sempre fermi sulla penisoletta, fecero una rapida escursione attraverso all'isolotto, onde cercare un passaggio che permettesse loro di sfuggire alla sorveglianza dei loro avversarii. Quel pezzo di terra era ingombro di ponted eire, bellissimi cespi di foglie d'un verde lucente e di fiori azzurri e di aristolochie dalle foglie ovali, i fiori lividi in forma di sifoni, col tronco grosso come una botte e radici gigantesche le quali s'alzavano fuori dalla terra come serpenti smisurati. Non mancavano però le piante d'alto fusto. Qua e là s'ergevano, a gruppi, delle quercie, delle magnolie acuminate cariche di certe frutta somiglianti ai cetriuoli, d'un bel rosso lucente, e che si adoperano con successo per guarire le febbri intermittenti, e anche dei noci neri, di dimensioni gigantesche e molto frondosi. Numerosi volatili fuggivano dinanzi al corsaro ed al bucaniere. Erano corvi di mare, piú grossi dei galli, ferocissimi perché osano assalire perfino le persone ferite impotenti a difendersi; fenicotteri, tantali verdi, ibis bianche e botauri, bellissimi volatili alti quasi due piedi, colle penne brune rigate, il ventre grigiastro, il becco acutissimo e gli occhi gialli e molto delicati. - Occupiamoci prima del passaggio, - disse il bucaniere al conte, il quale si preparava a sparare qualche colpo onde procurarsi una buona colazione. - Avremo tempo per massacrare questi volatili, i quali non mi sembrano molto spaventati per la nostra presenza. - Sperate di trovarlo? - Eh! ... Le savane di quest'ísola sono molto difficili ad attraversarsi in causa delle sabbie mobili che costituiscono il fondo. Ma io non dispero di trovare qualche costa che ci permetterà di farla agli spagnuoli. Voi siete sicuro che la vostra nave vi aspetta sempre al capo Tiburon? - Non scioglierà le vele senza mio ordine, - rispose il conte. - Allora possiamo andare alla fattoria della marchesa. Senza il suo appoggio sarà un po' difficile che voi possiate lasciare San Domingo. A quest'ora tutte le cinquantine saranno in movimento per catturarvi. I tre famosi corsari non sono stati dimenticati e gli spagnuoli devono essere molto spaventati nell'apprendere che ve n'era un quarto che batte ancora le acque del gran golfo e che non si sa che cosa voglia fare. - Forse è questo che farà venir loro la febbre, - disse il conte. - Che cosa io sia venuto a fare qui tutti lo ignorano. Certamente io non ho varcato l'Atlantico per continuare le gesta di mio padre e dei miei zii. Il bucaniere si era voltato vivamente, guardando fisso il figlio del Corsaro Rosso. - Delle vendette? - chiese. - Quelle verranno piú tardi, - rispose il signor di Ventimiglia, con voce grave. - Ho prima altro da fare. Si era fermato, guardando a sua volta fisso fisso il bucaniere. - Siete stato nel Darien, voi? - gli disse ad un tratto. - Sí; con Wan Horn, - rispose Buttafuoco. - Conoscete dunque quel paese? - Abbastanza bene: si trattava allora di attraversarlo con l'aiuto di un grande cacico, nemico terribile degli spagnuoli, per andare ad assalire Granata. - Come si chiamava quel grande cacico? - Hara. - Aveva delle figlie, non è vero? - Sí, signor conte. - Date spose a dei famosi filibustieri? - Questo lo ignoro - rispose Buttafuoco. - È lui. - Chi? Il conte, invece di rispondere, si mise a guardare la savana che si estendeva dinanzi a lui a perdita d'occhio, interrotta qua e là da isolotti e da altifondi coperti da una vegetazione superba. - Saremo costretti ad attraversarla? - chiese dopo un lungo silenzio. - Sí, signor conte - rispose Buttafuoco. - Non possiamo tornare indietro: perderemmo la vita, poiché sono certo che gli spagnuoli hanno mandato dei corrieri per aver degli aiuti e le cinquantine che giungeranno non saranno solamente armate di alabarde. - Quando partiremo? - Questa sera stessa, perché i nostri nemici non s'accorgano della direzione che prenderemo. - È lontana la fattoria della marchesa? - È piú vicina di quello che supponete - rispose Buttafuoco. Con una rapida marcia vi potremo giungere in cinque o sei ore. - Cerchiamo la colazione, allora. - Un momento, signor conte; è la costa che mi occorre trovare. Se non riesco a scoprirla, non potremo allontanarci dall'isolotto. Spezzò una canna, armò l'archibugio per essere piú pronto a far fuoco sui caimani e avanzò nell'acqua tastando il fondo. Aveva percorso una quindicina di passi, quando il conte lo vide ritornare. - Abbiamo una fortuna meravigliosa, - disse - il fondo è ottimo e non vi sono sabbie. Signori spagnuoli, ci aspetterete un bel po' e quando vi metterete in marcia non troverete che dei caimani ... Signor conte, guadagniamoci ora la colazione. Non sarà una faccenda lunga. Getteremo giú una mezza dozzina di scoiattoli e ci procureremo un arrosto squisito. Rifecero il cammino percorso, costeggiando specialmente i noci neri, ed aprirono quasi subito il fuoco. Fra gli enormi rami delle grosse piante saltavano disperatamente o meglio volavano dei graziosi animaletti, un po' piú grossi dei topi, col pelame grigio perla sopra e bianco argenteo sotto, con gli orecchi piccoli e neri, il muso roseo ed una splendida coda che pareva una magnifica piuma di struzzo. Erano degli scoiattoli volanti i quali, spaventati dalla presenza di quei due sconosciuti, cercavano di mettersi in salvo, come se avessero già indovinate le malevole intenzioni del bucaniere. Quantunque rassomiglino un po' a quelli che si trovano nelle foreste d'Europa, ne differiscono per una membrana pelosa che unisce le gambe posteriori a quelle anteriori, permettendo loro di spiccare delle vere volate che si prolungano talvolta perfino di cinquanta e più passi. Avevano però da fare con un tiratore meraviglioso; cosicché, in meno di cinque minuti, sette od otto di quei graziosi roditori, mitragliati dal bucaniere, caddero al suolo insieme ad un gran numero di noci che potevano servire benissimo come ottima frutta. Mendoza ed il guascone, che già s'immaginavano di avere una buona colazione con un cacciatore cosí famoso, avevano nel frattempo acceso un allegro fuoco e raccolte delle erbe aromatiche per rendere l'arrosto piú gustoso. I quattro uomini scuoiarono in pochi istanti le bestiole, le infilarono nella bacchetta di ferro d'uno degli archibugi e le misero sopra i carboni, girando quello spiedo primitivo su due forchettoni di legno piantati nel suolo. Mendoza si era improvvisato cuoco, dopo che il guascone gli aveva solennemente dichiarato di saper divorare anche sei beccaccini l'uno dietro l'altro, ma di non saperseli cucinare. Il buon marinaio non aveva né protestato, né brontolato; anzi, aveva guardato con ammirazione quel formidabile mangiatore, chiedendogli solamente per quale motivo i guasconi, pur essendo divoratori, non ingrassavano. Non occorre dire che la domanda era rimasta senza risposta, perché anche don Barrejo non avrebbe saputo dare su quello strano caso nessuna spiegazione plausibile. Il fatto sta che gli scoiattoli scomparvero tutti e la maggior parte passò nel ventre del guascone. Finita la colazione, i quattro uomini si occuparono subito degli spagnuoli, temendo sempre un improvviso colpo di mano. Quelli invece pareva che per il momento non si occupassero affatto di loro. Avevano acceso dei fuochi all'estremità della penisoletta e divoravano la loro colazione tranquillamente, composta forse di testuggini, poiché quei preziosi rettili abbondano intorno alle savane sandominghesi.. - Attendono dei rinforzi - disse Buttafuoco al conte. - Se noi non ci affrettiamo a scappare, circonderanno la palude, e allora sarà bravo chi potrà sfuggire all'accerchiamento. Le cinquantine non si trovano però lí per lí, e possono passare parecchi giorni prima che arrivino. Certo che noi non aspetteremo il momento terribile e fileremo attraverso le acque e anche fra le sabbie mobili. Penserà poi la marchesa a farvi scappare, signor conte. - Sarà la seconda volta - rispose il conte. - A lei tutto è facile - disse Buttafuoco. Aprí una tasca di cuoio che portava al fianco e offrí al conte un grosso sigaro dicendogli: - Potrete con questo ingannare il tempo. È tabacco cubano che ho potuto avere dai filibustieri della Tortue, e non ne troverete del migliore, ve lo assicuro io. Il conte stava per prendere il sigaro, quando un colpo d'archibugio rimbombò e una palla fischiò sopra di loro. Il basco si alzò precipitosamente, afferrando il suo fucile. - Signor conte - disse con la voce un po' alterata - sono giunti dei rinforzi agli spagnuoli e si preparano a prenderci a fucilate. Poi, alzando la voce, disse a Mendoza ed al guascone: - S'impegna battaglia: attenti alle palle!

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