Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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UGO. SCENE DEL SECOLO X - PARTE PRIMA

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Bazzero, Ambrogio 2 occorrenze

Sulle cime che dominano le valli di Fenestrelle, in cui si sbalza il torrente Chiusone, il rovaio, spezzandosi nelle forre dagli acuti ciglioni, dalle frementi profondità, stride cogli spiriti della mezzanotte, abbattendo, indiavolando, storcendo. È nero il tempo.... Una donna appare! Chi è?... Ella rompe il lenzuolo nei vepri: ecco svolazzano i brandelli sibilando. Si squarcia i piedi nei radiconi: vaporano le pozzette di sangue col verde fumoso delle meteore. Cade: ghignano le cortecce degli abeti colle boccacce rugose. Si lamenta collo strido della lupa trafitta: l'alito suo, uscendo dalle labbra, fuma come torcia di funerale notturno. Fanno tresca allo spettacolo spirti glauchi, spirti bigi, spirti scialbi. I brandelli sono lacerati, il vapore turbinato, le cortecce agghiacciate, l'alito diffuso in nebbia inargentata. Ecco la tormenta! Ecco la valanga! La donna ancora rompe il lenzuolo e si scopre l'oscenissimo fianco.... Chi è? È Guidinga, la morta senza croce fra le mani. Guidinga rotola le valanghe al Monviso, sghignazza al Meidassa, le rotola al Glaisa, sghignazza al Genèvre, le rotola al Chalierton, sghignazza al colle dell'Assietta.... Fanno tresca gli spirti. Prega il buon romito di Malandaggio che veglia tutte le notti e tutte, perchè sono l'ultime di sua vita, ed a ogni parola di lui ecco un castigo inflitto da Dio agli spiriti del male: quello colle aliuzze crepitanti fu impegolato alla resina gocciante da un troncono, quello punzecchiato colle foglie aghiformi di un pino, l'altro legato colla coda ad un roveto, l'altro propagginato in una buca di calabroni.... O Guidinga, o madonna perduta se tu fischi verso qualche casetta di montanari, è indizio di sventura! Su, su, su: là nell'opaca foresta, che si distende a falde scendenti, come un calderotto di pece riversato dalla montagna su si vede un lumicino. Pare una favilla minutissima addormentata sull'immensa fuliggine di una cappa ne' castelli. Può essere un fuoco acceso dai folletti colle pergamene rubate al vecchio di Malandaggio, o un voto fatto alla Madonna santissima, da qualche pastore: lume di finestretta no, perchè le cime dei monti già sono nevose e i boscaiuoli già sono calati nelle valli: eppure! Giù tra i dirupi d'una frana s'ode una voce che dice: - Com'è lontano! È voce d'uomo: non è grido di fiera, nè fragore d'acqua travolta, nè rotta, nè corsìa di vento. Chi può essere?... Oh vedi, un pellegrino! O pellegrino della notte nera, ove t'inerpichi? Quegli cammina, cammina. O pellegrino che cammini, perchè t'inerpichi e dove? Forre, di qua, spaccate boscaglie di là, sentieri taglienti, tempo da lupi, ora da spiriti: ritorna alla valle. O pellegrino che non ritorni alla valle, dimmi chi sei? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Cammina e cammina. Il pellegrino è arrivato ad una capanna, su, nell'opaca foresta. La finestretta quadra gli sbatte addosso un po' di luce e lo mostra qual'è, un alpigiano inferraiolato: la portella si apre sollecitamente: ma oh! questa che spinge la robusta tavola di quercia non è mano di montanara!... Qua nella stanzuccia di legno ecco appese le scuri del boscaiuolo, qua due giacigli, una culla di poverissime lane e nella culla un bambolino, qua entro quattro lastre di pietra ecco un focolare vampeggiante. L'uomo e la donna sfogano nei cupidissimi baci e negli abbracci potenti la desolazione delle lunghe ore già deserte. - Lodato Pio e i santi! O Silverio! - Sono qui, o Maria! - Tu non venivi mai! Egli, pigliando a ciocche i capegli della donna e con quelli facendo fascia maliarda d'amore al volto irrigidito, egli esclama: - Perchè così sorridi? Ed ella: - Perchè sospiri così? - Mia Imilda! - Ugo, ti aspettavo tanto! Ecco adunque, come racconta il vecchio di Malandaggio, uniti il cavaliero ardente e la promessa sposa di Oberto, un boscaiuolo e una montanara, Silverio e Maria. Ugo in due anni era cresciuto di corpo, dimagrato di volto, ma sempre contento, come marito, come padre, senza più gli ardentissimi tormenti pei deliri d'amante e di figlio. Ugo si volgeva al suo passato, come tentava di specchiarsi nei rapidi torrenti dell'Alpi: un gran tumulto che si perdeva, ecco il passato. Imilda a tutte l'ore ringraziava Iddio: dalla cappella ardente era venuta alla placidissima casetta della massaia! Imilda attendeva alla sua creaturina, alla capretta, alla bisogna del pranzo e della cena, cantava sempre fissando il cielo: e alla sera aspettava il suo Ugo che tornasse dai boschi. Due anni erano scorsi in pace'. - Ugo - dice Imilda, cambiando tutta quella, festa in una scena placidamente dolorosa: - Dio sa come, anche oggi, fu affannato il tuo viaggio, con questo gelo, sulle scoscese rive del torrente, senza di me! Ma la mia solitudine! Oh sei qui: non voglio saper altro, tra le mie braccia tenaci! Ugo! - E ad un tratto: - Perché dunque stasera sospiri così? E perché non mi domandi della bimba? - Perché non me ne parli? - Ugo tenta quasi schermirsi da tanto amore. Ugo è triste e combatte per infingersi. - Oh come io ti aspettavo, e come t'aspettava anche lei! Non voleva chiudere gli occhi senza il bacio del babbo. - Imilda, gentile e sagace interprete, vuole snebbiar la fronte del suo Ugo colle sante labbra dell'angiolo custode. - Dorme? - Meglio che se posasse in culla d'oro. Non dici il tuo scherzo d'ogni sera? - Sì.... - Ugo sorride, beato e tormentato da quella soave violenza: - Lascia ch'io la baci, la mia castellanina. - Messere, non siate scortese colle belle. Voi la svegliereste a bacioni.... - dice Imilda col tono di una gran dama, regina di venti damigelle e cento paggetti, sporgendo il labbro inferiore, facendo un inchino alla culla di legno e porgendo al cavaliero, perchè lo baci, un lembo della sua gonna di pelli cucite: gioca fanciullescamente e amorosissamente deridendo il passato: ma poi, fissando Ugo che non l'asseconda, o l'asseconda come smemorato, poi con dispiacere e quasi offesa: - A bacioni? No: è lo scherzo d'ogni sera, ma non l'abbiamo detto.... Tu non l'hai detto celiando, come sempre.... - Infine incertissima: - Che cos'hai, Ugo? Ugo con voce addolorata: - Baciala tu per me! - Ugo? - Imilda, prega il tuo angiolo che nel sonno dica a Dio una parola per me! - Ugo, pentito di quel lamento che gli è prorotto, piomba in un silenzio desolato. E Imilda meravigliata e trepidante: - Ugo, che c'è? Tu guardi la cuna e non sorridi? Tu sei pensieroso? Tu m'hai stretto a te, celandomi un dolore - E con stringicore ineffabile, quasi a scongiurare un pericolo: - Non sono la tua sposa? E perché l'angiolo nostro preghi per noi, forse vuoi dire che le nostre orazioni non sono più quelle? Ed Ugo affannato, ma sempre più facendosi forza, quasi per non tradire un segreto: - Le tue sì, le mie.... - Che vuoi nascondermi? - Lo sai.... Da un pezzo.... Sempre: c'è nelle mie orazioni un rimorso! - C'è nelle mie una dolcezza ineffabile! - Imilda, rammenti quel giorno, dopo quello in cui ci sposò il romito? - E non ci vedeva Iddio? - Senti: quel giorno io spiai i tuoi piedi insanguinati nella corsa ruinosa, il delicatissimo petto ansante di fatica, gli occhi spossati, più che d'amore, di travaglio! Io ero vinto, vituperato, scomunicato, fuggente, e potevo io dirti mia? Ecco il mio rimorso! - E sapevo io resistere? Ecco la mia gioia! Ed Ugo, titubando: - Ahi da quel giorno ad oggi! - e combattuto: - Non posso dirti, e come! Mi tormento! - Poi ad una stretta di lei: - T'ho detto.... il mio rimorso! Ma Imilda: - No, no! Tu mi celi qualcosa! È un altro il segreto. E lo so: stamane sei partito più presto, con un pensiero.... - e pregando: - Dimmi! Fu tanta la pace, che anche il dolore ci giunge benedetto! Ed Ugo risoluto e tremante: - Ebbene ti dirò. Sì, stamane sono partito prestissimo, sì con un pensiero, una febbre, che mi tormentavano da due notti. In questi mesi ho obliato, lo sai, ma l'anima talora mi rigurgitava in petto, e volevo sapere qualcosa! Ressi a lungo, penai, penai, poi non ressi più. Stamane, scendendo giù per le valli coi boscaiuoli, boscaiuolo io pure, volli richiedere novelle di coloro che abbiamo lasciato giù... Dopo due anni! - Ah! perchè? - freme Imilda con rimprovero grave: - Perchè? Non ti bastava il mio amore? - O mia donna! passai il Chiusone, venni a Inverso, a san Germano, a Torre di Luserna. - Ed Ugo rimane, palpitando dolorosamente. Sospira Imilda: - La valle del Pelice ov'è il castello di mia madre! - e china la testa, come pronta a subire il castigo della disubbidienza del suo Ugo. - A Luserna. Più oltre non osai! E come un rozzo villano, indifferente, per il solo amore di un po' di pane, feci questa domanda: «O buona gente, volete braccia? Vi è un signore potente, non lontano di qui, il quale abbisogni di scuri per apparecchiare le travi alle macchine di guerra? C'è forse quel signore? E come si chiama?» Oh lo strazio di quella simulazione! A questo punto gli accenti divengono procellosi, - Hai saputo dunque d'Adalberto? di mio padre! - Adalberto è vinto: Oberto è vincitore: Ildebrandino è morto. - Morto? - così domandando, Imilda rompe in uno scoppio di pianto. - Di altri non seppi. So che il mio tormento è grande, e tu piangi. E so che Oberto.... - Ugo ripete astiosamente, quasi aizzato dalle memorie: - Oberto! - Ebbene? - Rizzi il capo a sentire il nome di colui? Oberto è nel mio castello.... signore potentissimo! - Ed Ugo è straziato dalle sante lagrime d'Imilda: - E la sposa? mi domandai. Non ha sposa. O Imilda, s'io non ero il tuo dimonio, tu ora saresti madonna di grande stato, moglie di Oberto, in belle sale, fra gentile corteo di damigelle. Ma sei qui, con me!... Perche ho valicato oggi il Chiusone? - e con forza gioiosa: - Ugo ritorna in me! - Ugo! - rimprovera solennemente la donna:. - Dovevi lasciarmi nel fuoco quel giorno! Non avrei oggi ascoltato questo!... Ugo!... Mio padre! - Questo ti grava? - minaccia tristamente Ugo: poi sogghignando: - E sei serbata ad ascoltare di più! Sappi dunque: che i traditori giungono dappertutto: e Bonello che un dì fu pagato da Adalberto contro di me, contro di noi può essere pagato da Oberto.... - Oh quel valente, no! Voi che dite così non siete cavaliere! - Imilda pavida e sdegnosa dell'immenso pericolo ribatte il dubbio col cuore: - No, no, Ugo! E a quest'altro punto la procella si scatena tremenda, e Ugo si percuote il petto, si rizza furiosissimo, immenso nell'amore e nell'odio. Imilda si spaventa, e più è spaventata, più subisce il fascino di lui. - Ma sono padre!... Perché ho valicato il Chiusone?... Vedete quella cuna? Che c'è, che c'è, Dio mio, nel destino perchè la maledizione debba pesare su quella creatura? e su voi? Tormenta me, se godi di questa atroce potenza: io faccio sacramento di rendere un giorno agli uomini quello che essi mi hanno fatto, col furore addoppiante della vendetta! Ma una donna, una bimba! Ad esse fu dato il cuore per amare, non per odiare! - Ugo, tu bestemmii! Senti: castigo d'Iddio! il vento vuol sfasciare la capanna! O Signore, la mia cuna! - Non temere! Il tristo dono della vita non si ritoglie mai a tempo. Gioisci? Muori. Ti strazii? La morte invocata non VIENE. Tutto è martirio! - Ugo! Ugo, tu piangi? - Se Bonello venisse quassù? - Tu hai la scure: io so pregare Iddio. - Tu non temi l'ira del cielo, perché tu sai che in cielo Dio è l'amore: io temo quella degli uomini, perché in terra Dio è l'oro! - Ti dissi io: «Ugo, fuggiamo! I boscaiuoli già sono tutti al piano: qui temo la bufera, la valanga, la morte» ti dissi? - Ed io devo supplicarti: fuggiamo! Oggi lo seppi, sì; fu scoperto che noi siamo quassù: fu giurato il nostro martirio, lo scempio della tua creaturina, il tuo vitupero, la mia prigionia! Bonello, forse domani, o solo col tradimento, o violentissimo con cento armati, verrà su queste cime, a guadagnare la taglia! Io ho udito il bando e la promessa in oggi stesso! Fuggiamo, Imilda! Imilda è già soggiogata, non si lamenta, non si dibatte, non si stringe ad Ugo, non prega Dio, ma solo geme col sospiro più profondo: - E la nostra poverina? Quel sospiro soffia in un grande inferno: perché Ugo bestemmia: - Sempre un rimorso nella mia preghiera! Ma Imilda se lo stringe a sè. Quando il boscaiuolo era entrato nella capanna era Silverio, ora il cavaliero era Ugo. Con Silverio Imilda amava la pace, con Ugo adorava il passato, il presente, l'avvenire. - No, Ugo! Io ti seguii! Non ti seguii: ma ti volli, ti trascinai, ti inebbriai! Oh com'era il tuo amore? Ch'io non ti abbia poi conosciuto mai in tanti mesi? Che tu non sii forte come me? - Imilda! - Come sarà il tuo amore? - Sarà come adesso! Ardente, santo, santissimo, pronto a tutto!

. - e dopo una tremenda pausa: - Se pure un traditore non schiude al saracino i passi delle valli, girando dietro l'alpi e abbattendo ad una ad una le castella vassalle a quei valorosi! - Ah! - geme Ugo con suono ineffabile. L'uomo si caccia a piangere, lasciandosi andar giù sul terreno fino ad insozzarsi di mota la fronte. Ugo fatale invidia quella posizione di massimo avvilimento, ma i suoi muscoli s'inturgidano, la persona si leva audace: egli è invaso da un tremito spaventoso e inciocca i denti pel ribrezzo della febbre. Succede un momento di terribile ansia. Poi Ugo, guardando giù, oltre la valle, quei fuochi di guerra, interroga cupamente: - Messere, o barone o boscaiuolo, che cercate voi? - Io la vendetta! - esulta l'uomo e rizza la testa. - E la vorreste? - A qualunque costo! - ma l'uomo ricade agonizzando. Ed Ugo con spasimo satanico di gioia: - Sono straziato io più di voi! Io voglio la vendetta, a qualunque costo! Diceste che laggiù in oggi è terra di pagani ed ogni misfatto è permesso? Vi auguro di morire! Morite, qui, subito! Non ascolterete l'atrocissimo delitto! Ugo precipita dalla montagna, e alla bambina famelica dà a suggere le proprie labbra lorde di sangue e di bava....

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