Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbatte

Numero di risultati: 4 in 1 pagine

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Le buone usanze

195397
Gina Sobrero 1 occorrenze
  • 1912
  • Fratelli Treves, Editori
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Eva Regina

203943
Jolanda (Marchesa Plattis Maiocchi) 3 occorrenze
  • 1912
  • Milano
  • Luigi Perrella
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Spesso è appena giunto che la morte lo ghermisce: o, più crudele, gli lascia intravedere attraverso a mille lusinghe l' esistenza e gli recide d'un colpo vita e speranze: talvolta lo abbatte nel pieno rigoglio della maturità, appena, attraverso a infinite tribolazioni, è pervenuto a porre il piede sulla vetta della vittoria. Eppure se non ci fosse la morte, non ci sarebbe la vita, poichè la vita è rinnovazione continua. Non vi sarebbe lavoro, nè progresso, nè civiltà, giacchè l'azione dell'uomo è costituita dalla sua difesa contro la morte, e la civiltà non è che il prodotto di innumerevoli generazioni succedute le une alle altre. Inchiniamoci dunque ai decreti imperscrutabili della Divinità e alle savie leggi della natura, forti della nostra fede che ci fa intravedere oltre i ri- stretti confini del mondo una plaga luminosa dove sapremo il perchè del dolore, e il nostro spirito, purificato da una serie di prove penose, raggiungerà l'apice del suo glorioso destino. « La vita nostra è un momento fra due eternità disse Platone.

In un momento o nell' altro, della vita, il dolore coglie, sferza, abbatte: e quand'anche alcuno fosse così privilegiato per sfuggirgli, non si potrebbe mai sottrarre al dolore prodotto dalla perdita di qualche persona teneramente cara. Ma poi quale anima può dirsi al sicuro dalle delusioni, dai tradimenti, dalle offese, dalle separazioni, dalle tristezze: e in ispecie l'anima femminile così facile a schiudersi a un raggio che la illumini, a una carezza che la sfiori, a una musica che la faccia vibrare, a un profumo che la innebbrii ? Eppure anche il dolore, noi lo sentiamo, ha la sua bellezza austera, la sua rude bontà. L'arte più bella fiorì dai dolori inconsolabili. Le azioni più magnanime furono meditate e compiute sfidando il dolore e la morte. Scrisse Giuseppe Giusti: «Dal dolore, dal solo dolore nascono le grandi cose, e sorgono i forti caratteri come il fiore dalla spina. Nella gioia l'uomo è sbadato, imprevidente, infecondo: le belle qualità dell'animo e della mente, o non sono o non si palesano negli uomini felici: una sventura le fa scintillare come l' acciaio la pietra focaia. » Eppure allorchè giunge il soffio rude della bufera, quando i fiori dell'anima cadono, quando i sostegni si spezzano, quando le luci si spengono, noi ci troviamo disorientati, smarriti, in preda al terrore del caos. Cerchiamo affannosamente se qualche cosa sia rimasta dopo la tempesta, uno stelo, una fronda, a cui poter attaccare un filo — sia pure esilissimo — di speranza nuova. Nulla! Non è rimasto nulla, un deserto! Ci rivolgiamo allora ai nostri simili, a coloro che nei giorni lieti avevamo un po' trascurato, ma ai quali pure ci legano rapporti cordiali... Inutile! Essi non ci capiscono più, o meglio: noi li sentiamo troppo lontani dal nostro dolore, per averne un sollievo. Nemmeno la preghiera può, in questi primi momenti di terrore arrecare conforto. Anche Gesù ebbe a provare questo abbandono nell'orto degli Olivi. Tutta l' anima è piena d' amarezza e di ribellione. Non abbiamo che il sentimento d'una grande ingiustizia, non sentiamo che il nostro dolore, e la preghiera che non può più essere un inno o una supplica ardente, muore sulle nostre labbra.... Ebbene, in queste ore di buio, di annientamento, bisogna imporsi una coscienza vigile, una volontà indomabile. « Preghiamo, diceva il Manzoni, che il nostro capo possa sempre inchinarsi quando la mano di Dio sta per passarvi sopra. » Se abbiamo errato, accogliamo la dura prova come un' espiazione: se non abbiamo nulla a rimproverarci, sforziamo i nostri occhi mortali a vedere in essa più d' una causa comune di sofferenza, qualche cosa di prestabilito, d' utile per il bene del nostro spirito, per il nostro progresso morale. E se avremo la coscienza di sentirci puri, anche fra il martirio una pace arcana, malinconica ma benefica, non tarderà a scendere leggera e non sperata sui tumulti del cuore, sull' acerbità del dolore. Noi dobbiamo imparare inoltre a soffrire in silenzio senza far portare agli altri il peso della nostra croce: dobbiamo sorridere alle gioie degli altri senza funestarli coi fantasmi dei nostri disinganni, dei nostri rimpianti: dobbiamo valerci della nostra esperienza del dolore senza perdere la fede nell'esistenza della bontà e della giustizia, e consolarci consolando....

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LA CONVALESCENZA Nella sua prima fase, la convalescenza è quasi più penosa della stessa malattia che abbatte e intorpidisce e toglie sensibilità all' organismo. Cento piccoli mali, cento piccoli incomodi tormentano, impediscono di sentire il sollievo del miglioramento, della malattia superata. Così anche l' umore s' inasprisce e certi malati pazienti e tranquilli nel periodo più acuto del male, si mostrano insofferenti, bruschi, irritabili, quando s'avviano verso la guarigione. L' organismo, prima di riprendere il suo equilibrio deve lottare ancora, ed essendosi fatto più delicato, si risente dello sforzo. Tutto ciò che il male ha decomposto e logorato e distrutto deve rinnovarsi in breve tempo e ringagliardire come in una adolescenza accelerata. Ma trascorsa la prima fase, quando le fibre si fanno più resistenti al rifluire del nuovo sangue purificato, la convalescenza è una soave esultanza della carne, una dolcezza profonda per lo spirito. Tutto par troppo forte, quasi insostenibile; il sole, la luce, i profumi, i suoni, i sapori ; ma si abbandona con una specie di ebbrezza la propria fragilità a queste energie che riconducono alla vita. È una rinascita piena di fascino sottile ; l' esistenza appare sotto colori rosei, gentili, come nella giovinezza ; e l'anima, come il corpo, si sente purificata, leggera, calma, inondata di fede, attratta verso le più poetiche idealità. Gabriele d'Annunzio in un suo romanzo ha analizzato con l'acutezza che gli è propria questo stato speciale dallo spirito durante una convalescenza facile e ne fa risultare una delle voluttà più squisite. Tutto sorride intorno alla convalescente, tutto le ritesse l' illusione d'un propizio destino, come se si trovasse di nuovo per la prima volta alle soglie della vita. Allungata nella più comoda poltrona della sua camera a poca distanza dalla finestra semiaperta da cui scorge il verde giardino sotto il cielo azzurro di maggio, mentre salgono a lei come il saluto della primavera, il profumo delle corolle fiorite, la signora in una posa di languida grazia parla poco, con una voce ancora debole, ma ascolta e contempla assai. Le sue amiche sono venute ad una ad una a congratularsi con lei, a recarle fiori, dolci, piccoli doni: ed essa per riceverle ha indossato un abito elegante, tutto sciolto perchè non può ancora mettersi la fascetta, ma guarnito con buon gusto, di color delicato e ridente. Ha ripreso i suoi gioielli, meno gli orecchini: gli anelli le sono diventati larghi nella mano diafana e così bianca che pare il pètalo di un giglio. È pettinata semplicemente, ma con cura, e gli occhi sembrano più grandi nel suo volto smagrito: il suo sorriso ha acquistato una dolcezza e i suoi gesti sono pieni d'una remissività che prima non aveva. Il medico non le ordina più che ricostituenti, e le fa delle visite da amico, raccomandandole di coricarsi presto, cosa che essa fa volontieri, giacchè uno dei sollievi della convalescenza è quello di adagiarsi un po' stanchi in un letto fresco che vi offre col buon sonno il riposo riparatore. Le sue amiche, i suoi parenti la rimettono un po' per volta al corrente di tutto ciò che è avvenuto nel tempo dal suo esilio dal mondo, ma la convalescente guarda ora l'esistenza, le persone, gli avvenimenti, con altri occhi, giudica in diverso modo. La morte ch'essa ha veduto da vicino le ha insegnato il vero valore della vita, le ha dato la lucida percezione della verità su tante cose. Il suo pensiero si è fatto più maturo, più severo, i suoi gusti si sono un poco modificati: la sua sensibilità è così viva che piange per un nonnulla, ma sono lagrime di emozione dolce, giacchè nessuno certo vorrebbe procurarle un dispiacere. E se nel suo passato vi fu qualche leggerezza, se ha a rimproverarsi qualche mancanza al suo dovere, qualche po' d' incontentabilità per la sua sorte, in quest'ora di purificazione soave se ne pente, e forma un voto fervido e sincero nel segreto del suo cuore rinnovato.

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