Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbatte

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La giovinetta educata alla morale ed istruita nei lavori femminili, nella economia domestica e nelle cose più convenienti al suo stato

192718
Tonar, Gozzi, Taterna, Carrer, Lambruschini, ecc. ecc. 2 occorrenze
  • 1888
  • Libreria G. B. Petrini
  • Torino
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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L'intemperanza snerva il corpo, distrugge la sanità, ottunde l'ingegno, abbatte l'animo, corrompe i costumi. Le temperanti ragazze non sono ghiottone, e si contentano di cibi semplici; imperciocchè quanto più un cibo è composto ed artefatto, altrettanto più indigesto diventa; non s'impinzano di cibi, ma quando sono satolle non si sforzano più a mangiare, ancorchè si trattasse di cibi molto appetitosi. Voi potete mangiare fintantoché siete sazie, cioè finchè avete appetito: mangiate solamente adagio, ma non tanto da recar nausea a chi vi vede; il cibo acquista il primo grado di digestione in bocca, purchè lo mastichiate bene e sia abbondantemente inzuppato di saliva; se l'appetito vi manca non mangiate nè bevete, imperciochè il vostro corpo allora non ne ha bisogno; non è ciò che mangiate che vi dà la vita, ma ciò che digerite. Talora avete un appettito morboso che potete distinguere facilmente dalla difficoltà che troverete a digerire; in questo caso dovete essere moderatissime e consultare il medico. Procurate di serbare un certo ordine nei vari pasti che fate nella giornata, e di noi mangiare tutti i momenti come fanno i polli, razzolando ogni ora, perciocchè questo vi gioverà molto per conservarvi in salute. Non mangiate subito dopo che avete sofferto un dispiacere, o l'animo vostro è agitato per qualche altra causa, ne dopo un esercizio corporale un po' violento, ma aspettate prima che ritorni la calma. Dopo il pasto astenetevi per un po' di tempo da ogni esercizio intellettuale o corporale troppo attivo: dopo il pranzo o la cena è buon costume lo stare in piedi o passeggiare lentamente e lietamente conversando: del resto il miglior moto é quello che si fa prima di pranzo e tre ore dopo. Chi non mastica bene il cibo difficilmente digerisce; le lente digestioni non solamente sconcertano lo stomaco, ma producono ancora certe esalazioni che imbiancano la lingua ed infettano i denti di certa materia detta tartaro o gromma, il quale li investe e nuoce allo smalto di essi; esso si forma pure nelle lunghe diete e quando per alcuna causa non si mastica che da un lato. Ma il tartaro non è la sola causa del guasto dei denti, sonovi altre ancora, come il rompere noccioli e simili, lo stuzzicarli con spilli acuti di ferro è peggio di ottone, si che talora le gengive sanguinano; e così gli acidi, come l'agro del limone, l'agresto, le frutta immature, tutto ciò insomma che vi allega i denti. Essi ne tolgono il liscio, ne lasciano aspra la superficie e la corrodono. Aggiungete ancora il masticare spesso confetti, e specialmente quelli che sono mescolati con materia tenace, e lo zucchero a lapilli, l'abuso dei liquori fermentati e dei cibi troppo salati, il bere freddo o ghiacciato, che mozza i denti dopo aver mangiato vivande calde; l'andare al freddo e prender aria fredda quando la testa cola di sudore. Per conservare adunque i denti bisogna che vi guardiate dalle dette cause, che togliate assiduamente col dentelliere i residui degli alimenti rimasti frammezzo di essi, perché non si putrefacciano; che ve li laviate sovente adoperando anche la setolina che conoscete, particolarmente al mattino e dopo il mangiare, non con quei certi specifici da cerretani, che sono o inutili o nocivi, ma con acqua pura; potete anche stropicciarveli colla polvere di carbone, purché essa sia finissima sì, che non possa rigarli. Se con tutte queste precauzioni v'avviene che si formino tuttavia concrezioni, bisognerà che ricorriate a quei dell'arte, perché esse non sieno causa di certo gemitio che li distacca dalle gengive e che gli scalza cagionando fetore di fiato ed altri malanni. Lo stomaco, perché adempia perfettamente al suo ufficio, non bisogna dargli di più di quello che, giusta le leggi di natura può contenere; sforzandolo smoderatamente s'indebolisce, non può consumare a dovere il di più che ricevette, quindo ne nascono crudezze e cattivi umori elle vie degl'intestini, per cui bisogna prendere purgativi, i quali indeboliscono di loro natura. Il ghiottone dopo il pasto sente un peso nello stomaco, una voglia vomitare, di sbadigliare, di dormire, e la testa grave ed ottusa : che tristo stato è questo! Oh, le mie ragazze, siate adunque temperanti, perchè non lo abbiate a provare.

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E allora, più che a fiume, mi parrebbe costei simile a torrente che, per discioglimento di nevi o stemperanza di protratte pioggie, precipitando dalle montane vette, tutto abbatte, conquide, travolve nella vertiginosa sua piena. Misera a capanna che gli oppose contrasto, tapino il colono sul cui poderetto passò! Sterpi, alberi, sassi, bestie ed umani cadaveri esso trascina ne' procellosi suoi fiotti, nè v'ha ingego o forza che basti ad arrestarne la foga. Se non che passeggiero è quest'impeto, e poche ore appresso tu varchi a piedi asciutti il terreno sopra il quale infuriò tanta desolazione. Breve n'è sì la durata, ma gravissimo il danno e il più delle volte non riparabile. - Fanciulle, guardatevi dall'ira. Ed a mitezza e soavità, virtù tutte proprie di voi, vi richiami, o care, il lene mormorio del ruscello, che su letto di verdura serpeggia e scorre. Fresche e cristalline ha le onde, tanto che l'occhio potrebbe numerare le pietruzze del fondo, contar l'erbucce che vi germogliano. Rigogliosi cespugli ne ingiardinano i lembi, il salcio e l'ontano lo spargono dì molli ombre, i fiorellini che sì liberalmente nutrica profuma l'aere circostante. Ma se la vista d'un ruscello d'imagini pure e leggiadre vi rallegra la mente, e pascer l'animo con più elevati pensieri trasferitevi, o giovinette, coll'agile fantasia, nel bel mezzo d'un lago. Piana, lucida, trasparente, egualissima è la sua superficie ; le nuvolette vaganti vi si specchian per entro, e i pini, le balze, le cascine circostanti, a spiccati contorni, vi si riflettono capovolte. Bello il solcarne le onde, quando, increspate da lieve brezza, vi scintillano i raggi del sole, o nell'ora in cui la luna della modesta sua luce ne illustri i seni od i porti. Or questo lago si placido e terso non vi dà sembianza, o giovinette, d'una coscienza innocente e tranquilla? Inconsapevole dei propri doveri, e ignara degli strepiti e delle cure mondane, s' abbandona a cheto sonno fra le braccia materne di provvidenza. Che se invece s'agiti fra i rimorsi della colpa o il fremito delle passioni, non ravviserete piuttosto in essa un'imagine di quella cateratta che sul morire del lago precipita spumeggiante e fremente nella valle sottoposta? Gli stessi augelli, raddoppiando il remeggio delle ali, ne volan via, e il pastore, facendosi schermo delle mani alle orecchie, le segna di lontano o fugge. Fugge egli e s'invola all'orribil rimbombo; ma mentre si caccia davanti il diletto gregge, ecco affondarglisi il piede, ed accorgersi, ahi ! troppo tardi, che le pecorelle corrono in fratta verso lo stagno in cui mette capo la palude che ora gli lega il passo. Morto quivi o languente è l'aspetto della natura: squallide ed irte di pungenti canne le rive, salmastre ed immote le acque, e dai crassi vapori ch'indi s'innalzano, l'aria si corrompe ed ammorba. Ma ben mille volte peggiore d'ogni stagno o palude è, o fanciulla, il tuo animo ove in sè accolga la malizia del peccato. Ne' tuoi sguardi brillava testè il sorriso dell'innocenza; adesso cupa, rannuvolata è la fronte, irrequieti gli atti, le parole o troppo melate o troppo iraconde. Oh! se non ti affretti a spigliarti dalla lurida pozza in cui, o sventurata, cadesti, vi resterai immersa per tutta la vita.

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