Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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I PREDONI DEL SAHARA

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Salgari, Emilio 4 occorrenze

Rocco scaglia il suo mehari nell'orda e maneggiando il fucile sopra le teste degli assalitori abbatte col calcio scimitarre e archibugi. Quell'ercole, che sembra deciso a fare una strage, spaventa i negri, i quali si affrettano a scappare, gettando perfino le armi, per correre più velocemente. "Vedo il fiume!" grida Ben. "E io vedo El-Haggar," dice Esther. "Ecco che ci corre incontro." Il moro sbuca in quel momento da una viuzza. È inseguito da alcuni brutti negri i quali gli urlano dietro come botoli ringhiosi. Essendo però armato di fucile, non hanno il coraggio di assalirlo. "Signore!" grida vedendo il marchese, "accorrete! Stanno per saccheggiare la scialuppa!" "Ci portano via le casse?" "Amici! Salviamo il tesoro!" grida il marchese. Fa fuoco contro i negri che inseguono il moro, spezzando una gamba al più accanito, poi si slancia sulla viuzza, mentre Rocco, Ben ed Esther scaricano le loro armi verso gli angoli della piazza dove stanno radunandosi altri avversari. In pochi istanti il drappello, seguito da El-Haggar, che correva come un'antilope, percorre la viuzza e sbocca sulla riva del canale. Una zuffa si era già impegnata fra i due beduini ed i battellieri da una parte, e una banda di negri, proprio dinanzi alla scialuppa la quale era stata ormeggiata presso la gettata. I selvaggi figli del deserto non risparmiavano le busse. Impugnati per la canna i loro lunghi moschetti, percuotevano furiosamente a destra ed a manca, mentre i due barcaioli arruolati dall'arabo li appoggiavano distribuendo all'impazzata colpi di remo. I negri però, dieci volte più numerosi, stavano per sopraffarli ed avevano già cominciato a saccheggiare la scialuppa. Vedendo sopraggiungere quei quattro cavalieri guidati dal moro i predoni esitarono, poi abbandonarono le casse e si salvarono a tutte gambe, inseguiti dai beduini per un breve tratto. "A terra!" esclamò il marchese. Aiutato da Rocco, da Ben e da El-Haggar trasportò le casse nella scialuppa. "Presto, Esther," disse Ben. "Eccomi," rispose la giovane, balzando nella barca, mentre i due battellieri afferravano i remi. I beduini in quel momento ritornavano. "Dove sono i cammelli?" chiese il signor di Sartena. "Presso un nostro amico, signore," rispose uno dei due. "Sono vostri." "Signore!" esclamarono i beduini, non potendo credere a tanta fortuna. "Sì, ad una condizione però." "Parlate, signore." "Che riconduciate ad un vecchio chiamato Samuele i quattro mehari. Fuggite, non lasciatevi sorprendere dai kissuri che c'inseguono." "Che Dio vi guardi, signore," dissero i beduini, balzando verso i quattro cammelli corridori. "Al largo!" comandò il marchese. La scialuppa si scostò dalla riva e filò lungo il canale, mentre i negri, vedendo sfuggire la preda, accorrevano da tutte le parti, urlando "Fermatevi o facciamo fuoco! Ordine del sultano!" "Sì, prendeteci ora," disse il marchese caricando il fucile. "Il sultano non ci avrà mai più."

Con uno sforzo supremo spezza i legami, afferra pei piedi un kissuro che gli è seduto dinanzi, lo solleva come fosse un fanciullo e con un terribile molinello abbatte intorno a sé gli uomini che lo circondano. Il vigore muscolare dell'isolano produce un effetto disastroso sui guerrieri del sultano. Vedendosi assaliti anche alle spalle da quell'uomo che sviluppa una forza così prodigiosa e che maneggia un uomo come se fosse un semplice bastone, cominciano a sbandarsi. "Avanti!" grida il marchese. "Rocco è nostro." Vedendosi dinanzi il capo della scorta, con un colpo di jatagan lo rovescia al suolo moribondo, poi respingendo gli altri balza verso Rocco. "Vieni!" grida. Il gigante lascia cadere il kissuro, raccoglie un moschetto, lo afferra per la canna e con pochi colpi si fa largo. "Date il passo!" grida l'arabo. Le file dei Tuareg e degli arabi si aprono il marchese, Ben, Rocco ed Esther, preceduti dal capo, attraversano correndo la piazza e fuggono, mentre la battaglia continua più aspra che mai, ma colla peggio per le guardie del sultano. Le vie erano ingombre di fuggiaschi; nessuno quindi aveva fatto attenzione ai cinque. D'altronde il marchese aveva gettato sulle spalle di Rocco il suo caic e Ben gli aveva dato il suo turbante onde non potessero riconoscerlo. Attraversarono sempre correndo quattro o cinque vie, seguendo i fuggiaschi, e giunsero ai bastioni meridionali della città. In lontananza si udivano ancora le urla dei combattenti, i colpi di fucile, e verso la kasbah tuonava il cannone. "Ecco i mehari," disse l'arabo. "Presto, salite e fuggite senza perdere un solo istante." "E voi?" chiese il marchese. "Vado a radunare i miei uomini." "Grazie, amico." "Che Allah vi guardi," rispose l'arabo. "Io ho mantenuto la mia promessa." Strinse le mani a Esther, al marchese, a Ben ed a Rocco, poi si allontanò di corsa. "In sella!" gridò il marchese. "Il Niger sta laggiù." I due schiavi di Samuele avevano condotto i mehari, quattro splendidi animali che dovevano correre come il vento. "In meno di un'ora noi saremo a Kabra," disse Ben, regalando una manata di talleri ai due negri. "Ci siamo tutti?" "Tutti," rispose il marchese. "Presto, signore," disse uno dei due schiavi. "Vedo una nuvola di polvere levarsi verso la porta d'oriente. Vi sono dei cavalieri laggiù! ... " I quattro mehari si slanciarono a corsa sfrenata in direzione del Niger, le cui acque, percosse dai raggi perpendicolari del sole, scintillavano all'orizzonte come oro fuso.

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