Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Si fa non si fa. Le regole del galateo 2.0

180586
Barbara Ronchi della Rocca 5 occorrenze
  • 2013
  • Vallardi
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Per evitare entrambi, basta munirsi di un thermos; -l'eccesso di attenzioni può diventare soffocante («Ha mangiato abbastanza?», «Forse non le piace?», «Vuole bere qualcosa?», «Le porto un altro caffè?», «L'arrosto è troppo/troppo poco cotto?», «Questo piatto non mi è venuto bene... »). Se costringiamo gli ospiti a declinare continuamente cortesissime offerte, ad accettare scuse e giustificazioni, ad affermare che va tutto bene, a farci complimenti, impediamo loro di conversare senza continue interruzioni e li spingiamo ad andarsene prima possibile; -poniamo rimedio a ciò che davvero non va, passiamo sotto silenzio i danni irrimediabili e poi... sorridiamo!

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È invece un gesto poco cortese, perché sembra sottintendere il timore di non trovare la cambusa abbastanza fornita... E se gli invitati non siamo noi, ma i nostri figli? Innanzitutto informiamoci bene: è una semplice merenda o si festeggia un compleanno? Nel secondo caso è d'obbligo un regalo, nel primo mandiamoli tranquillamente a mani vuote. Oppure telefoniamo alla mamma dell'amichetto offrendoci di preparare un dolce per arricchire la merenda dei piccoli, per esempio una ciambella semplice, o una crostata di frutta. Da portare solo se ci è stato dato il via libera. Non c'è niente di male a presentarsi a mani vuote a casa di chi ci ospita per un week-end, anzi. A patto di saper cogliere le buone occasioni: offrire la cena o l'aperitivo, oppure comprare insieme una leccornia locale o un bel dolce per i pasti in casa. È un modo per dimostrare che siamo attenti ai gusti dei nostri amici, senza l'ansia di «sdebitarci» (che brutta parola!) con un dono magari un po' impersonale.

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Quindi, se non abbiamo una caffettiera abbastanza capiente da consentirci di servire tante persone contemporaneamente, muniamoci di un bel thermos, che riempiremo in anticipo e porteremo in tavola al momento opportuno, accompagnato dalle tazzine, che per l'occasione sono presentate senza piattino, per essere più maneggevoli. Accanto alla zuccheriera metteremo un contenitore (ciotola, piattino) per raccogliere i cucchiaini individuali usati per mescolare lo zucchero. Gli eventuali cioccolatini e dolcini saranno già stati portati in tavola con il dessert. Se abbiamo una terrazza o un giardino, il barbecue è un'ottima soluzione per un pranzo estivo (non una cena: il buio e le zanzare rovinerebbero la serata), il cui menu troverà il suo punto di forza, invece che nel primo caldo, nei cibi grigliati: i classici hamburger, spiedini, bistecche e salsicce, ma anche pesce e verdure. Dovremo porre però grande attenzione a che il fuoco della griglia non sia rischioso per gli ospiti (specie se ci sono bambini) e che il fumo non infastidisca i vicini. Si tratta di un'occasione ancora più informale, e prevede piatti e tovaglioli di carta e magari verdura cruda da mangiare con le mani. Indispensabile però fornire a tutti gli ospiti un piano d'appoggio ad altezza giusta per poter posare il piatto e tagliare la carne con il coltello.

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La regola risale a tempi in cui locande e stazioni di posta ospitavano assai raramente signore «per bene», e quindi l'uomo che ne scortava una si sentiva in obbligo di entrare per primo per controllare che l'ambiente fosse abbastanza decoroso e non fossero in corso risse o discussioni che potevano costituire un pericolo per l'incolumità della dama. Oggi, ringraziando il cielo, sono cambiati i tempi, ma dal momento che è raro trovare una porta in cui si possa agevolmente passare in due o tre per volta, tanto vale darsi una regola su chi entra per primo, a scanso di urtoni e pestoni di piedi. Che per altro accadono molto spesso, perché sono molto numerosi, purtroppo, i benintenzionati poco raffinati che sulla soglia del locale si fanno galantemente da parte e cedono il passo alla dama. E di conseguenza sono sempre meno le signore che d'abitudine rallentano il passo sul la porta per farsi precedere dal cavaliere. Al quale consiglio di preavvisare saggiamente, con una frase tipo: «Faccio strada». All'uscita l'uomo dovrebbe cedere il passo alla donna: ma se il ristorante dà su una strada buia e poco frequentata, forse è meglio che esca lui per primo... In generale, sulla porta dei locali (e dei mezzi) pubblici bisogna prima far passare chi esce e poi entrare. Ma, se piove a dirotto, la gentilezza ci consiglierà di non lasciare in attesa chi subisce l'inclemenza del tempo.

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Nel caso in cui ci venga espressamente chiesta la nostra opinione, caviamoci d'impaccio con un «Non saprei, non lo conosco abbastanza bene». Non facciamo né sollecitiamo confronti tra parenti «nostri» e «suoi» e, se il nostro partner parla malissimo dei suoi farmiliari, evitiamo di fare altrettanto: potremmo far scattare in lui un meccanismo di solidarietà che ci porterebbe dalla parte del torto. Cerchiamo di non fare vistose preferenze, per esempio, difendendo sempre a priori i nostri figli e nipoti nei confronti di quelli dell'altro. Dobbiamo anche accettare che per i bambini non è facile trovarsi di colpo con nuovi «fratelli», e che si può imporre loro la reciproca tolleranza e il rispetto, ma non l'affetto. Al massimo, possiamo sperare che col tempo nasca l'amicizia. Infatti, è meglio non voler stabilire a tutti i costi all'interno della «famigliastra» i rapporti di tipo tradizionale: accontentiamoci (si fa per dire) di costruire una tribù di amici. Il rapporto più delicato e più difficile da gestire è con i figli di primo letto del partner, perché i bambini sanno essere avversari subdoli, crudeli, prepotenti, dispettosi, spesso vendicativi, più irriplacabili di qualsiasi suocera delle barzellette nel trattarci come intrusi sgraditi. Certo, i sentimenti non si possono imporre, però si può impostare un rapporto accettabile agendo sempre con tanto, tantissimo garbo: saremo indulgenti verso il capriccio fatto «per metterci alla prova», tolleranti con la deliberata cattiveria dell'adolescente in crisi, benevoli con il timido che ci sta sempre fra i piedi senza osare prendere confidenza, pazienti con i vittimismi di chi si sente messo da parte. Ma diremo anche dei «no», con cortese fermezza, per abituarli a non invadere gli spazi e i tempi riservati agli adulti, al lavoro, alla privacy. Chi non è genitore non intervenga mai nelle liti e nelle sgridate con commenti, consigli e «prediche» non richiesti, ma neppure si schieri dalla parte del quasi-figlio quando questi disobbedisce o commette marachelle; non lo vizi con dolci e regali senza motivo, non gli compri vestiti e accessori superfirmati per ingraziarsene le simpatie. Dal canto suo, un genitore non chiede ai figli nati da un precedente rapporto di chiamare «mamma» o «papà» chi non lo è, e non deve imporre loro sistematicamente la presenza del nuovo compagno: concedere loro ogni tanto un po' di tempo «in esclusiva» eviterà l'insorgere di gelosie nei confronti del nuovo amore. Solo se siamo davvero sicuri che rancori e risentimenti con l'ex coniuge e gli ex suoceri sono del tutto scomparsi, possiamo riunire tutto il parentado vecchio e nuovo per le feste comandate. Per quanto l'atmosfera possa essere idilliaca, è necessaria una dose massiccia di buone maniere, per evitare invasioni di campo. Chi non ha legami di sangue con i nipoti, sappia fare un passo indietro rispetto a zii e nonni «veri», senza entrare in competizione per il regalo più bello e costoso, o l'uovo più grande... Da parte loro, i genitori inviteranno i bambini a essere gentili con tutti i parenti, senza mostrare vistose preferenze. Se scrivono la letterina augurale, ne inviino una a ciascuno: magari più corta. L'importante non è che ricevano il doppio dei regali, quanto il doppio di affetto, attenzione, allegria. L'errore più grande è accettare la famiglia «allargata» controvoglia, solo per sentirci moderni e senza pregiudizi; per questo, non forziamo nessuno a partecipare, non offendiamoci davanti a un rifiuto. Non è obbligatorio fingere a comando buoni sentimenti e apertura mentale. Anche perché c'è sempre il rischio di insofferenze e conflitti, che finiscono per ferire crudelmente i più deboli, cioè i bambini e gli anziani. Piuttosto, sdoppiamo le feste: cenone della Vigilia di Natale con una metà della famiglia, pranzo del 25 con l'altra metà; pranzo di Pasqua con gli uni, pic-nic di Pasquetta con gli altri, e così via alternando. L'importante è che le due metà della festa abbiano eguale risalto, decorazione, festosità e golosità, onde evitare antipatiche gerarchie.

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IL nuovo bon ton a tavola e l'arte di conoscere gli altri

190591
Schira Roberta 5 occorrenze
  • 2013
  • Salani
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Dopo circa tre ore trascorse allo stesso tavolo avrete raccolto una buona quantità di indizi, comunque abbastanza per capire se dall'altra parte l'interesse è cresciuto. Il dopocena è un argomento delicato e privato; dal momento che la prima regola è non mettere in imbarazzo gli ospiti, giammai lo farei con i miei lettori. Nessuna interferenza moraleggiante sul chi e come, ma non resisto alla tentazione di un paio di domande, senza azzardare una risposta. Voi signore, siete così sicure che sia superata, anche tra le più postmoderne di voi, la questione di cedere o non cedere al primo appuntamento? Chi di voi non è stata tormentata dal pensiero fugace: cosa penserà di me, se ci sto la prima volta? E voi uomini, siete così sicuri che pur incoraggiando e sostenendo le donne emancipate, sotto sotto non consideriate poco serie quelle che si concedono dopo la prima cena? Le ultime confidenze di un amico trentenne, lasciato da poco lo confermano: «Dovevo capirlo subito che finiva male, in fondo lei mi ha ceduto la prima sera». Personalmente credo che il periodo del puro corteggiamento sia tanto breve, quanto entusiasmante e sarebbe davvero un peccato accorciarlo ulteriormente. A questo punto del capitolo, è necessario riflettere un momento sulla teoria del Do ut des. Teoria che, a mio modesto parere, è tuttora imperante nel terzo millennio, almeno nei paesi mediterranei. Dicasi teoria del Do ut des quell'inspiegabile ma radicato, più o meno conscio, atteggiamento che porta un uomo a considerarsi in credito nei confronti di una signora dopo averla invitata a cena e aver pagato il conto. E anche quell'inspiegabile, ma radicato, più o meno conscio, atteggiamento che porta una donna a sentirsi in debito nei confronti di un signore che l'ha portata a cena e le ha offerto la cena. Cosa, poi, entrambi si sentano di riscuotere o concedere dopo una bella serata al ristorante è molto soggettivo e può andare dal bacio sulla guancia a un weekend infuocato a Milano Marittima, non ha importanza. Ciò che conta è che bisogna riuscire a sdoganarsi dal Do ut des. Ma andiamo avanti con la nostra cena, ormai quasi al termine. Qualsiasi sia l'esito della serata, l'uomo accompagna a casa la donna o il contrario. Insomma, non si pianta una persona al ristorante. Lo faccia in macchina, a piedi, in treno o in monopattino, questo è un segno di educazione. Un fatto è certo, e mi fermo qui, se c'è un momento ideale per stringere, per tirare le fila della serata è proprio il dopocena. Avete cercato di leggere il linguaggio del corpo durante la cena? Vi sembra che vi abbia mandato messaggi seduttivi? Se avete individuato quali, potete tentare qualche avances. L'audacia è molto apprezzata da una donna, ma è difficile metterla in atto con abilità: è solo una questione di tempi. Una carezza o un bacio dato nel momento sbagliato può cambiare il nostro destino. Non sentitevi obbligate a «essere carine» con lui solo perché vi ha offerto una cena in un ristorante costoso. E voi uomini non sentitevi sminuiti della vostra fama di cacciatori se non ci provate sul cancello di casa. Un pizzico di audacia, quando non diventa sfrontatezza, è apprezzato da ambo le parti. Perciò uomini, non chiedete mai «posso baciarti?» Fatelo e basta. Dovete essere talmente sicuri di voi stessi da provarci solo in caso di successo. Esprimere un rifiuto in maniera non offensiva è un'arte sopraffina e rara. Come ultima chance, esiste sempre la scappatoia di girare il viso all'ultimo minuto e trasformare un bacio appassionato alla francese in un saluto fraterno. Consiglio infallibile, se lei mentre si fa accompagnare a casa, a metà percorso ha già tirato fuori le chiavi di casa non provate a chiederle di salire, è molto probabile che vi dirà di no. A seguire, qualche indicazione per far sì che la vostra bella cena non venga rovinata da un dopocena disastroso. Uno dei momenti topici, infatti, e anche più imbarazzanti è quando si arriva sotto la casa di lei, di notte, e ci si sta per salutare. In quei momenti si gioca tutto; entrambi devono fare i conti con il proprio intuito, timidezza, paura, insicurezza, ma anche passione, emozioni e desideri. Per esempio, una donna che appena avete fermato la macchina vi saluta e scambia due parole con la mano destra già sulla maniglia della portiera, di certo non muore dalla voglia di baciarvi. Oppure se siete arrivate a destinazione e lui si mette a parlare con le braccia conserte, state sicure che non allungherà le mani. Non date per scontato che dopo una cena debba necessariamente succedere qualcosa, ricordate la teoria del Do Ut des. E soprattutto, i signori non si aspettino prestazioni direttamente proporzionali al conto del ristorante. Siate gentiluomini: una bella serata val pure un piccolo investimento. E poi, se le cose non sono andate come previsto, nessuno vi vieta di chiudere la portiera con il fatidico: «Ti chiamo io». E le signore non incoraggino l'uomo a ritentare un invito se la prima cena è stata deludente. È gentile, educato e sexy: - Aspettare che lei sia entrata nel portone di casa, o che abbia avviato la macchina prima di andarsene. - Baciarsi appassionatamente in un portone. - Fare una carezza invece che la «manomorta». - Un invito alle 21. - Un picnic sul lettone. - Il caminetto vero. - Il telefono staccato. - Una cenetta preparata in anticipo solo da scaldare. - Una tovaglia ricamata. - Un bouquet di fiori di campo lasciati sul sedile per lei. - Un bigliettino affettuoso nascosto nella tasca del suo cappotto. - Un brindisi in due coppe da champagne in macchina, in giardino, ovunque. - Una candela sul tavolo o in camera da letto, senza esagerare. - Le lenzuola di seta. È scorretto, banale e antiafrodisiaco: - Piantarla al ristorante se non è carina come vi era sembrato. - Dire: «Da me o da te?» - Il caminetto finto. - Proporre un privée al primo appuntamento. - Il cellulare acceso durante un tête-à-tête. - Invitarla a casa e offrire un prosecco caldo. - Il sottofondo musicale di liscio. - La bottiglia di gazzosa in plastica a tavola. - Addormentarsi sul divano al primo appuntamento. - Fare un invito a cena alle 7, così «poi non facciamo tardi». - Invitarlo/a a cena e alzarsi a lavare i piatti. - Ordinare una camomilla. - Forzarla/o a bere superalcolici per approfittarsi di lei/ lui. - Fare paragoni con gli/le ex. - Entrare in casa e infilarsi le pantofole di peluche. - Chiedere il bicarbonato perché non si è digerito. - Una cucina con luce al neon da ospedale. - La tovaglia presa con i punti del supermercato. - Parlare di soldi. - Parlare di parenti, bene o male. - Invitarla/o a casa per il dopocena e trovare la mamma che guarda la tv con i bigodini in testa. - Addormentarsi dopo l'amore come un bradipo narcotizzato. Per chi volesse approfondire c'è sempre il piccante e dettagliato Le savoir-vivre efficace et moderne, scritto da una redattrice di Elle, Sophie Fontanel, considerato il vademecum metropolitano più anticonvenzionale. L'autrice, per esempio, è severa con i maschi che non rispettano la sequenza di svestizione: cravatta, scarpe, camicia, calzini, pantaloni e mutande. Sono d'accordo, credo che solo Sean Connery, Dennis Quaid e un paio di altri possano evitare il rischio di sembrare ridicoli nudi, con i pedalini. E ancora, quando si è travolti dalla passione è inammissibile piegare tutto con cura sulla sedia: i vestiti si buttano a terra e lì restano sino alla fine dell'incontro. La posizione privilegiata di commensale per professione fa sì che la tavola mi regali una buona quantità di confidenze, intimità che raccolgo scrupolosamente, essendo consapevole che è prezioso humus per i miei libri: ecco alcune riflessioni e dettagli, che poi dettagli non sono. Soprattutto le donne, ma non solo, mi confidano che incontri potenzialmente riusciti diventano meno esaltanti a causa della scarsa pulizia. Bando anche ai dopobarba scadenti, e a barbe pungenti di due giorni. In effetti, la pulizia è un'altra nota dolente. Diventa un problema quando è troppa o troppo poca. Esiste una via di mezzo tra la ragioniera igienista e Napoleone che chiedeva alle sue amanti di non lavarsi per una settimana. Attenzione anche a dire «amore» troppo presto. Se sentirselo dire è scatenante per alcuni, su altri può avere un effetto antiseduttivo. Samantha in Sex and the City insegna: «Puoi dire a un uomo ti odio e farci sesso in modo grandioso. Prova a dirgli ti amo e non lo vedrai più». Vietato dopo aver fatto l'amore correre in bagno invece che restare abbracciati. In caso di défaillance maschile è assolutamente sconsigliato tempestare di domande il malcapitato. «Non ti piaccio? È stata colpa mia?» Meglio puntare sull'affettuosa comprensione. La cosa più anafrodisiaca in assoluto è in questi casi (ma quasi in tutti i campi) il ricorso al sarcasmo: non lo/la rivedrete mai più. E per ultimo, ma fondamentale: non fingete piaceri che non provate. Se lo fate una volta, sarete condannate a recitare per sempre. Ricordate la Teoria del Precedente. Ecco le espressioni e le frasi da non dire a letto nel caso il dopocena vada a buon fine. - Ti è piaciuto? - Ti ho già detto della videocamera? - Oggi la chirurgia fa miracoli. - Mi puoi passare il telecomando? - Ripensandoci... forse è meglio spegnere la luce... - Spero che tu sia così carina anche domani, quando mi sarà passata la sbronza. - Pensavo che le avessi tu, le chiavi delle manette... - Voglio un bambino! - Non credi che il soffitto giallo starebbe meglio? - Quando dovrei cominciare a provare piacere? - Sei così brava che potresti farlo come lavoro. - Sicuro che non ti ho già vista da qualche parte? - Spero che questo rumore venga dal letto ad acqua. - Te l'ho detto che non avrebbe funzionato senza batterie. - Ti ho detto che mia nonna è morta proprio su questo letto? - Se tu smettessi di fumare, probabilmente potresti resistere di più. - No... davvero... è meglio se da qui in poi faccio da sola. - Ehi... sei bravo quasi come il mio ex. - Sembri più giovane a vederti che a toccarti. - Non preoccuparti, andrà meglio la prossima volta. - Forse sei solo fuori allenamento. - Ora so perché lei ti ha mollato. - Hai mai considerato l'ipotesi di una liposuzione? - E pensare che non ho neanche dovuto invitarti a cena. - Che hai intenzione di fare per colazione? - Ho una confessione da farti... - Mi sentivo così eccitato che mi sarei portato a casa persino tua nonna. - Sono vere o le hai rifatte? - Non è che per caso hai avuto un'infanzia difficile? - Ti ho già detto del mio piccolo intervento di cambio di sesso? - Mi sa che prima devo farmi un'altra birra. - Quando preferisci incontrare i miei genitori? - Non ci fare caso... mi limo sempre le unghie a letto... - Ti spiace se faccio qualche telefonata? - Ti dà fastidio il mio cucciolino? (riferito a un doberman di settanta chili) - Vuoi dire che tu non sei il mio appuntamento al buio? - Ti dispiacerebbe indossare questa targhetta? È imbarazzante dimenticare i nomi...

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Se a questo aggiungiamo qualche elemento di interpretazione del corpo avremo uno strumento di comprensione abbastanza preciso. Anche quando restiamo in silenzio, il nostro corpo rivela quello che pensiamo o proviamo davvero, indipendentemente da quello che affermiamo. Ecco il punto: indipendentemente da quello che affermiamo. Ogni parte del nostro corpo «parla»: pensate che persino la direzione dei piedi o il colorito del collo possono tradire pensieri. In questo caso rimarrete stupiti dalla quantità di informazioni che è possibile raccogliere solo osservando volto, mani e piedi. A tale scopo basterà allontanarsi dal tavolo o far cadere sbadatamente un oggetto personale per perlustrare il mondo sommerso del sottotavola. Una delle prime domande che si sono posti gli studiosi è se esiste una comunicazione non verbale comune a tutti. Pare di sì: è detta analogica. Un gesto come passarsi la lingua sulle labbra è dappertutto un segno di gradimento; sfregarsi il naso, invece, esprime fastidio e imbarazzo dovunque. Anche le espressioni facciali che segnalano paura, gioia, tristezza sembra abbiano una base biologica e non siano frutto di apprendimento. L'esempio più interessante è il gesto che accompagna il no, comune a molte culture. Scuotere la testa sembra abbia origine dal gesto di rifiuto del latte al seno materno del bambino quando è sazio. Anche per quanto riguarda il galateo a tavola non dobbiamo, noi italiani, peccare di presunzione. La più grande lezione di antiprovincialismo me la diede l'ambasciatrice del Brasile, maestra di cerimoniale, quando risiedeva a Milano. Alla mia domanda su quali fossero i peggiori commensali al mondo mi rispose: «Molte regole sono culturali. Basti pensare che nel mondo arabo per esprimere il proprio gradimento a fine pasto si emette un suono roboante che noi italiani consideriamo altamente sconveniente. Ma altre di buona educazione valgono ovunque». Così come a Malta è meglio evitare di unire pollice e indice nel segno dell'OK: significa «sei omosessuale», il che non è affatto un insulto, ma alcuni potrebbero non gradire. Sembra che molti studiosi siano arrivati a questa conclusione: le differenze ambientali e culturali esistono, ma la maggior parte dei segnali corporei sono presenti in tutti gli esseri umani.

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Ekman ci dice che il piede del mentitore è abbastanza agitato. Sarà per questo che, in molti colloqui di lavoro, i dirigenti se ne stanno ben protetti dietro le loro scrivanie. È vero, a tavola è molto più difficile ma, per aumentare il nostro campo di osservazione, basterà invitare la nostra amica o amico di turno a bere qualcosa in un locale dotato di bancone senza tavoli che impediscono una visione totale. Attenzione al piede che dondola e ricordate che la reazione deve seguire quasi immediatamente lo stimolo verbale. Voglio dire, non restateci male se lui dondola il piede quaranta minuti dopo che gli avete chiesto «Ma io ti piaccio veramente?» La domanda è stupida comunque: il vero seduttore, di entrambi i sessi, sa perfettamente se piace o no. I piedi incrociati denotano chiusura, il messaggio è un po' lo stesso che riceviamo quando le braccia sono conserte, anche se in questo caso il segno di rifiuto è meno accentuato. Chi si avvinghia alle gambe della sedia ci sta dicendo che non cambierà idea e che nessuno lo smuove dalle sue opinioni. Tutti gli studi confermano che nel 90 per cento dei casi è la donna a prendere l'iniziativa, anche se può sembrare il contrario. È lei che manda segnali con viso, mani e corpo, e la riuscita di un incontro dipende soprattutto dalla capacità maschile di cogliere questi messaggi. È anche vero che, se siete arrivati sin qui, cioè a sedervi allo stesso tavolo, significa che i segnali sono stati ben inviati. Vediamo schematicamente i segnali di corteggiamento femminili: - Gettare indietro il capo e scostarsi i capelli dal viso. - Sorridere e cercare gli occhi dell'altro con lo sguardo. - Giocherellare con i capelli e attorcigliarli su un dito. - Pavoneggiarsi spostando il busto in avanti e indietro. - Accarezzarsi il corpo, il collo, la gola. - Mostrare i polsi o tenere il polso rilassato. - Tenere le labbra semiaperte e sporgenti. - Giocherellare con un oggetto cilindrico, o sfilare e infilare un anello dal dito. - Sollevare una spalla guardando da sopra di traverso. - Tenere la borsetta vicino all'uomo. - Dondolare la scarpa sulla punta del piede. Gettare indietro il capo e scostarsi i capelli dal viso ha come sottotesto: ti faccio vedere il mio viso, per mostrarti come voglio essere bella ai tuoi occhi. È incredibile come anche le donne dai capelli corti ricorrano impercettibilmente a questo gesto. Pavoneggiarsi, per le donne, significa tenere il busto in evidenza per mostrare il décolleté e poi, subito dopo, avvicinare il capo a quello di lui. Per osservare le gambe sotto il tavolo sono necessarie pratica e astuzia, anche se il gesto di accavallare è più comune su un divano o una sedia al di fuori dell'ambito conviviale. Se i piedi di lei sono rivolti all'interno, un po' come fanno i bambini, vi sta dicendo: mi sento fragile come una fanciulla. Toccarsi alcune parti del corpo, quelle visibili a tavola, è un modo per dire inconsciamente: queste cose mi piacerebbe le facessi tu. Mettere in mostra i polsi è facile quando si è seduti a un tavolo. Basta tenere i gomiti sul tavolo tra una portata e l'altra (anche se non si dovrebbe) e il gioco è fatto. Mostrando i polsi ti dico: sono disarmata davanti a te e gli antropologi sostengono che richiami l'ala spezzata degli uccelli. Avete presente le fotografie delle dive americane degli anni Cinquanta? Quasi tutte si mettevano nella stessa posa da bomba sexy. Guardavano maliziosamente l'obiettivo di lato dietro una spalla sollevata. Funziona sempre, anche se il gesto non è più così accentuato. La borsetta, si sa, è un po' l'emanazione dell'universo di ogni donna e tenerla accanto all'uomo denota il desiderio che lui entri nella nostra sfera più intima, senza sentirci invase. Sebbene il galateo non preveda che la borsetta venga messa sul tavolo. Se una donna vi chiede di prendervi qualcosa dalla borsetta, allora siamo già in una fase di confidenza. Quando si alza, la donna può usare la borsetta come una sorta di scudo: avete presente le foto della regina Elisabetta? In quel caso, stiamo dicendo: «È il caso che mi protegga da eventuali attacchi». Dondolare la scarpa sulla punta del piede è un chiaro messaggio sessuale, ecco perché gli uomini ne rimangono così colpiti. Ecco come il corpo di lui ci vuole sedurre e ci parla. Se lo vediamo: - Sistemarsi la cravatta, lisciandola per tutta la lunghezza. - Passarsi un dito nel collo della camicia. - Spazzolarsi gli abiti con le dita o farlo sui nostri abiti. - Toccarsi polsini e orologio. - Stare in piedi a gambe allargate (prima di sedersi a tavola). - Infilare le mani nella cintura esibendo la zona inguinale. - Divaricare le gambe da seduto. - Giocherellare con le chiavi della macchina, l'accendino o con altri oggetti. - Abbassare il tono di voce. Come i maschi di tutte le specie animali, l'uomo di fronte a una potenziale partner si pavoneggia con una serie di gesti. È stabilito che, nei primi incontri, chiacchiera di più, anche con l'obiettivo di mettere a proprio agio e far parlare la donna; proseguendo nella relazione racconta sempre meno di sé e sempre più il dialogo esprime informazioni. Peccato che all'inizio vi parli dei propri sogni e dopo un anno del mutuo. Gli studiosi hanno ormai dimostrato che tutta la strategia di corteggiamento nel maschio umano si focalizza, inconsciamente, sulla zona inguinale. E non servirà a nulla anche al più evoluto intellettuale negarlo: è così. Pensate alle foto che ritraggono muscolosi giovanotti con le mani in tasca tranne i pollici, un chiaro messaggio a focalizzare lo sguardo da quelle parti. Il maschio, persino il più insospettabile, tende inconsciamente a mettere in evidenza l'inguine. Il che può avvenire anche indossando pantaloni aderenti o portando un voluminoso mazzo di chiavi appeso alla vita, lasciando un lembo della cintura penzolare fuori dai passanti. Insomma ogni espediente è utile per darsi quella che gli studiosi di linguaggio del corpo chiamano «sistematina». Noi donne non faremmo mai una cosa simile. E non mancano i signori che si esercitano sotto la tovaglia: l'istinto è troppo forte. A proposito di simboli fallici, se volete misurare l'interesse di una donna (ma non solo), invitatela fuori e spostate appositamente la cravatta di lato: se lei si metterà a raddrizzarla il messaggio sottinteso è «Così sei più in ordine e mi piaci di più». È vero, oggi la cravatta si porta meno, lo stesso esperimento lo potete fare con la «prova pelucco», e questo vale per entrambi i sessi. Appoggiate un pelucco o un granello di polvere su un braccio e state a vedere cosa succede.

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Se organizzate un buffet in casa fare attenzione che tutto sia disposto su un tavolo abbastanza lungo affinché si possa avvicinare più gente possibile. Piatti, posate, tovaglioli, bicchieri e bevande vanno sistemati in un altro tavolo. Prevedete anche molti piani d'appoggio, gli ospiti ve ne saranno grati. Buio. Una cena al buio in due è vivamente consigliata dallo Sgalateo. Attenzione! In certi ristoranti per coppie le luci soffuse, anche se hanno la virtù di mitigare le rughe, sono le responsabili dello smascheramento dell'età: chi non riesce a leggere il menu ha bisogno degli occhiali da presbite. Buon appetito. Non si dice. È un'abitudine molto dura a morire, ma benché sia una forma augurale sembra sottolineare che si è a tavola solo per mangiare e non per più nobili fini conviviali. Se qualcuno dei commensali lo pronuncia, si sorride e si risponde grazie. Burro. Se si porta a tavola si sistema alla sinistra accanto al piattino del pane. In genere, non si serve la sera, ma in alcuni ristoranti si usa proporlo aromatizzato. Non si imburra tutta la fetta, ma solo una piccola parte per volta; se vi capitasse di fare colazione in un albergo stellatissimo fateci caso: questa regola la conoscono in pochi. Il coltellino da burro è a lama piatta e corta. Cachi. Sconsigliabile servirli durante una cena formale, in tutte le altre situazioni sistemateli in una ciotola raccogliendo la polpa con un cucchiaino. Caffè. Il caffè precede sempre l'acquavite e viene dopo i liquori. Il caffè, ancora nella caffettiera, viene portato e servito preferibilmente in salotto. La padrona di casa lo versa nelle tazzine, quindi l'ospite si servirà dello zucchero. Lo zucchero si mescola muovendo il cucchiaino dall'alto in basso, e viceversa. Si beve tenendo la tazza con il pollice e l'indice, mentre l'altra mano sorregge il piattino. Da evitare: lo zucchero nella tazza prima della bevanda; succhiare il cucchiaino più o meno rumorosamente; alzare il dito mignolo e lasciare il cucchiaino nella tazza invece che sul piattino. Cameriere. L'approccio con il personale di servizio dirà molto di voi agli altri. Da evitare ogni tono sgarbato o di sufficienza, il tu dato senza chiedere il permesso, il tono confidenziale. Il cameriere da parte sua evita di prendersi qualsiasi libertà nei confronti del cliente, sorride e non interviene assolutamente nella conversazione. Cameriera. Vale tutto come sopra. Si eviti di fare richieste impossibili e soprattutto di gigioneggiare facendo apprezzamenti sulle cameriere sia in presenza di signore sia, e soprattutto, tra uomini. Evitate toni di superiorità con qualsiasi cameriera dando per scontato che sia ignorante come una capra, anche perché spesso dietro le timide ragazze che portano i vassoi ci sono laureande in ingegneria nucleare che parlano benissimo almeno un paio di lingue, mentre qualcuno dei commensali ha ancora difficoltà con il congiuntivo. Candele. Attenzione alle candele a tavola. È vero, scaldano l'ambiente in tutti i sensi e regalano quella calda luce offuscata che mitiga le magagne su cibo, occhiaie e stoviglie asciugate male. Importante, però, è non abusarne e soprattutto in casa vanno sistemate in sicurezza, lontano da pericoli e soprattutto dai capelli dei commensali. Capello. Come già detto la prima regola del galateo è quella di non mettere a disagio nessuno. Se capita di trovare un capello, un insetto o qualsiasi altra cosa nel piatto lo si toglie il più discretamente possibile, facendo in modo che gli altri commensali non lo notino. Dovrebbe essere la padrona di casa ad accorgersi che c'è qualcosa che non va, in quel caso provvederà rapidamente a sostituire il piatto. Al ristorante si può indicare discretamente l'intruso in mezzo al cibo. Importante: gli altri convitati faranno finta di nulla e non indagheranno sull'accaduto. Carciofo. Un ospite attento non servirà i carciofi senza essersi prima assicurato che siano privi delle foglie più coriacee, in questo modo sarà semplice gustarli solo con la forchetta, come prevede il bon ton. Carta. Buona occasione per distinguere la carta dal menu. La carta è quella che chiediamo al cameriere quando ci sediamo in un ristorante e comprende tutti i piatti serviti dalla cucina, mentre il menu (per favore, senza accento), che trova spazio all'interno della carta, è l'insieme delle portate servite in sequenza logica e studiate appositamente dallo chef. Quindi, una cosa è la carta e un'altra è il menu. Caviale. Si serve in una coppa di cristallo adagiata su ghiaccio tritato. L'importante è non usare posate di metallo, meglio di osso, tartaruga o ancora meglio madreperla: le fragili uova di storione non devono rompersi assolutamente. Gli eccentrici miliardari usano cucchiaini d'oro, ma se vi siete svenati per l'oro nero e non vi restano soldi per quello a 24 carati, va benissimo anche un cucchiaino di plastica. Durante le cene private a due, copiamo gli esperti di caviale che lo mangiano appoggiandone una piccola quantità nell'incavo dove si incrociano pollice e indice. Il gesto è molto sensuale. Centrotavola. Mai troppo alto, troppo voluminoso e troppo profumato. Perfetta una piccola composizione di fiori freschi dentro l'apposita spugna da fiorista. Champagne (e bollicine). Oggi c'è libertà nello scegliere dove servirlo, personalmente amo ampi bicchieri da rosso invecchiato. La flûte, il bicchiere dal lungo stelo dalla forma allungata, è un po' superata, mentre è ancora gradevole la coppa da champagne, oggi introvabile. Occhio alla temperatura di servizio, va servito dai 5 agli 8 gradi. Lo Sgalateo prevede, per definizione, una tale dose di creatività che sorbire champagne da un scarpa rosso fuoco con tacco 12 potrebbe sembrare banale. A fine pasto, meglio un vino dolce, ma sono la prima a trasgredire. In tutti i casi, la bottiglia non si stappa rumorosamente, ma si accompagna il tappo delicatamente fuori dal collo della bottiglia. Se volete servirlo prevedete un secchiello da tenere colmo di acqua e ghiaccio. Mai mescolare il prezioso liquido per eliminare le bollicine: sarebbe un sacrilegio. Ciliegie. Meraviglioso frutto per giocare per amore e con i bambini. Il galateo, invece, sconsiglia di servirle in occasioni formali. In tutti gli altri casi si mangia il frutto, si mette il nocciolo nella mano chiusa a pugno, poi si adagia sul piatto. Cioccolatini. Abbiamo visto che regalare cioccolato in gran parte del mondo è un buon modo per fare omaggio alla padrona di casa. Oggi ne esistono decine di varietà e prezzi. I puristi del galateo sconsigliano di regalarli per una cena poiché devono essere per forza aperti in presenza degli ospiti e questo potrebbe disturbare la sequenza dei piatti prevista da chi ha ideato il menu. Se ve li offrono in una scatola non toccateli tutti e scegliete velocemente. Cioccolato sfuso a fine pasto? Sì, se lo avrete già spezzato in comode scaglie monoporzione. Cocktail. Per qualche strana ragione una donna che sa preparare un cocktail Martini comme il faut sale immediatamente nelle quotazioni degli invitati maschi. Conosco pochissime donne che ne sappiano preparare almeno un tipo con disinvoltura, a meno che non sia per professione, quindi esercitiamoci, signore: tutte abbiamo un amico barman condiscendente che ci farà da maestro. Se facciamo un invito per un cocktail ricordiamoci di disporre tutto l'occorrente su un tavolo in modo da non correre continuamente in cucina. Sistemate la casa anche in modo da prevedere alcuni piani d'appoggio: è triste non poter dare la mano a un fascinoso sconosciuto perché abbiamo tra le mani un piatto di vitello tonnato e un prosecco. Comunque fate sempre in modo di avere la destra libera e soprattutto di non farvi beccare con un mostruoso boccone in bocca: c'è sempre un maniaco di Facebook dietro una colonna e voi potreste essere immortalati sullo sfondo. Non voglio entrare nel dettaglio su cosa preparare a un cocktail, non è la sede. Posso solo dire che ciò che rende davvero squallido un cocktail party e infelici gli ospiti più esigenti non è tanto la qualità o quantità di cibo, ma ciò che si beve. In decine di presentazioni, buffet, vernissage, matrimoni, celebrazioni e pranzi in piedi ricordo con piacere soprattutto quelli in cui il vino superava almeno i cinque euro a bottiglia. Chi organizza, anche nelle sedi più prestigiose, commette un errore madornale, se pensa alla cucina e cerca di risparmiare sulla cantina. Se invece siete voi a essere invitati a un cocktail party, evitate di fare come la mia amica americana Dorothy, esperta di finanza e assidua frequentatrice di eventi mondani. Non fermatevi, soprattutto a digiuno, per un drink lungo la strada. Potreste arrivare al cocktail party barcollando e da brilli è facile lasciarsi sfuggire qualche segreto aziendale. Pare che a New York la cosa sia piuttosto diffusa tra i timidi. Non date l'impressione di trovarvi lì solo per riempirvi la pancia, ma siate gentili e sorridenti e approfittatene per aumentare la vostra popolarità. Colazione. Solo in Italia si fa un po' di confusione sul nome dei pasti, dove «colazione» è intesa come veloce pasto del mattino. Poi per influenza anglofona si è cominciato a far slittare il pranzo alla sera, anche perché durante il giorno chi lavora spesso consuma pasti leggeri. Tutto questo genera una gran confusione, quindi sempre meglio quando si invita specificare l'ora e quando si riceve un invito informarsi. Oppure, perché in un rigurgito di nazionalismo non ritornare alla nostra cara ripartizione italiana: colazione, pranzo e cena? Coltello. Prima di addentrarsi nei dettagli d'uso ricordate che il coltello si usa solo se è necessario. È considerato una posata che serve solo per tagliare consistenze coriacee come la carne. Non si usa con uova e frittate, con le insalate e le verdure morbide, e, ovviamente non con il pesce se non quello apposito. Non si porta mai alla bocca, né tanto meno si lecca. Lo Sgalateo lo bypassa sostituendolo con le mani. Anche in caso di costolette d'agnello consigliamo di afferrare la carne con le dita e strapparla a morsi. Pochi impugnano il coltello nel modo corretto: l'indice non dovrebbe mai oltrepassare il manico e quindi non dovrebbe toccare la lama, il dorso della mano è rivolto verso l'alto. Coniglio. Raro e costoso quello di fattoria, non servitelo in cene e pranzi con un minimo di formalità. Il coniglio non è gradito neppure da molti stranieri non vegetariani, che lo considerano un animale domestico. Consommé. Non so perché ho inserito questa voce, in realtà sono decenni che qualcuno non mi serve un consommé. Ma il nome è così chic che non poteva mancare nell'elenco. Diciamo che la regola vale per la maggior parte delle pietanze brodose. Si serve nelle tazze con manici adagiate su un piattino. Si sorbisce silenziosamente e alla fine si lascia il cucchiaio sul piattino. Conto. Sembra superfluo, ma può trasformarsi nel momento più imbarazzante della serata, e proprio per questo è utile e educato evitare ogni fraintendimento. Urge essere subito chiari: chi invita paga il conto, uomo o donna che sia. Nelle cerimonie o cene d'affari, quando non è chiaro chi paga, evitate accuratamente le scene madri che spesso hanno il solo obiettivo di attirare l'attenzione. La persona galante, generosa e brillante si alza qualche secondo prima degli altri commensali, si allontana e va a pagare, poi torna a sedersi senza una parola. Non si fanno commenti sul prezzo e tanto meno discussioni con il proprietario. La cosa migliore è informarsi sui prezzi prima di invitare e, se non è possibile, ricordatevi che il modo migliore per punire un ristoratore disonesto è non tornare più. Oppure segnalatelo a un'amica che di professione fa la critica gastronomica, ci penserà lei. Conversazione. Non si parla di soldi, di sesso e di salute. Per tutto il resto vedi il capitolo dedicato. Lo Sgalateo invece prevede conversazione libera senza tabù. Cozze e vongole, ostriche, frutti di mare. Da evitare nelle cene formali, per quelle con gli amici è meglio corredare il piatto con una ciotola lavadita. Nel caso si tengono strettamente con due dita nella mano sinistra e si estrae il mollusco con la forchettina apposita. Critiche. Le critiche a un piatto non si fanno mai in pubblico a chi ha cucinato in una casa privata, né al ristorante se siamo ospiti. La regola è che si sorride anche per non rispondere negativamente a una domanda diretta. Invece si fanno sempre in tutti gli altri casi. Dal momento che se scrivo male un articolo me lo fanno rifare, perché devo pagare un piatto (spesso profumatamente) se non è all'altezza? Le lamentele si fanno educatamente, garbatamente, ma in maniera ferma. Crostacei. Meglio servirli sempre sgusciati per evitare imbarazzi. In caso contrario, dotatevi delle pinze apposite. Le chele non si portano mai alla bocca, né si succhia il contenuto. Per lo Sgalateo è tutta un'altra storia. Cucchiaio. In Italia, si posiziona con la parte concavo posta in su (in Francia si fa il contrario), a destra accanto al coltello. Non si usa più portare troppe posate in tavola e se servite un gelato o un dolce morbido portate la posata necessaria di volta in volta. Per il gelato quella più adatta ha la forma di una palettina. Il cucchiaio si impugna tra pollice e indice e si porta alla bocca o di lato, evitando i risucchi, oppure introducendolo alla francese, di punta. Non soffiate sulle pietanze nel cucchiaio e non usatelo per gli spaghetti. Denaro. Non se ne parla a tavola, come non si dice mai il prezzo degli oggetti, a meno che non siamo in confidenza con i commensali, ma anche in questo caso non è gentile. Potete vantarvi con le amiche di un bel diamante ricevuto in dono dal fidanzato, senza ovviamente dire il costo. Schiatteranno ancora più d'invidia. Desinare. I toscani lo chiamano desinare, dall'antico francese disner derivato dal latino popolare disiunare, cioè rompere il digiuno; nel francese d'oggi è diner, in inglese dinner. Dessert. Con questo termine si indica l'ultima parte del pasto. Il nome deriva dal francese desservir, che significa «sparecchiare» e raggruppa tre categorie: formaggio, dolce, frutta e quindi non sta a indicare, come si crede comunemente, solo una portata dolce. Ricordatevi che l'invitato non porta il dessert, salvo che non l'abbia preannunciato al momento dell'invito oppure se chiesto espressamente dalla padrona di casa. Prima del dessert si sparecchia la tavola e si tolgono pane, piatti sporchi e bicchieri, eventuali briciole dalla tovaglia e si porta vasellame pulito. Décolleté. Bandito agli incontri professionali e con la futura suocera, alle cene all'oratorio e gite familiari. Consentito in tutti i casi in cui si deve essere dressed to kill, espressione inglese che rende bene l'idea. Dieta. Un consiglio su tutti: se siete a dieta stretta non invitate né accettate inviti, statevene a casa tranquilli. Non c'è cosa peggiore che dividere una cena con compagni immusoniti dalle costrizioni alimentari. Mai pronunciare la fatidica parola a un incontro amoroso: avrebbe un effetto raggelante. Fagiolini. Essendo un ortaggio non si tagliano con il coltello, ma si mangiano solo con la forchetta. Fazzoletto. A tavola si cerca di non soffiarsi il naso, se è necessario lo si fa con discrezione, quando si sente che si sta per starnutire ci si gira di lato, possibilmente lontano da ogni commensale, e si preme il fazzoletto sul naso a protezione. Ancora meglio sarebbe allontanarsi dal tavolo dopo aver chiesto il permesso. Non usate mai il tovagliolo. Fichi freschi. Si mangiano tenendoli con la forchetta nella mano sinistra, si tagliano in quattro spicchi, poi si pelano aiutandosi con il coltello e la polpa si porta alla bocca con la forchetta. I fichi secchi si mangiano con le mani. Figuraccia. L'abbiamo già detto molte volte, le figuracce dei commensali a tavola non vanno sottolineate, anzi sarà premura della padrona di casa stemperare gli imbarazzi. E se siete voi a fare la figuraccia, usate l'arma imbattibile di uno «scusate» accompagnato da un sorriso. Se la figuraccia è rivolta ai padroni di casa un bel mazzo di fiori il giorno dopo sarà di grande aiuto. Fine pasto. Alla fine del pasto si lasciano le posate sul piatto accostate con i manici sul bordo tra le ore 16.20 e le 18.30. Non c'è cosa peggiore che un piatto abbandonato con le posate in disordine seminascoste dai rimasugli di cibo. Conoscere questa semplice regola vi permetterà di «fare la radiografia» ai vostri commensali e, in più, sarete in grado di valutare anche il personale di servizio. Infatti, solo un cameriere che conosce il suo lavoro sa che le posate sistemate in un determinato modo stanno a significare: ho finito, può portare via. Fiori. Ben accetti fiori e foglie come centrotavola, purché non siano troppo alti da oscurare l'altra parte del tavolo. Altrimenti si rischia di non vedere chi ci sta seduto di fronte, se non al termine della cena. È consigliabile che non siano troppo profumati per non interferire con l'aroma delle vivande. Sempre più è accettato e consigliabile utilizzare singoli fiori recisi o a mazzetti come segnaposto o come portatovagliolo. Come dono è meglio farli recapitare qualche ora prima o il giorno dopo; se portati all'ora di cena, infatti, possono creare disturbo alla padrona di casa che dovrebbe perdere tempo a cercare un vaso adatto mentre si occupa di ricevere gli ospiti. Forchetta. Si appoggia a sinistra del piatto e non si impugna come fosse una zappa. Formaggio. Ricordatevi che il formaggio precede il dolce. La regola prevede che sia servito solo a mezzogiorno, ma oggi sempre più spesso viene presentato pure la sera. Se si è avuta l'opportunità di acquistare alcune varietà di formaggio italiano o estero, magari inusuale o introvabile, si può imbandire una cena «a tema»; con composte, confetture o frutta abbinati. Il taglio deve essere fatto in modo che ogni commensale abbia una fetta con una parte di crosta (quando è presente), una parte del centro e del cuore; solo in questo modo non si altera l'aroma e si percepisce il gusto complessivo di ogni formaggio. La quantità servita deve tener conto del fatto che il formaggio, a differenza di altre portate, si dovrebbe offrire una sola volta. I formaggi duri richiedono il coltello e la forchetta; quelli molli la sola forchetta o il solo coltello se spalmati su bocconi di pane. Consiglio per gli intenditori: per gustarli al meglio toglieteli dal frigorifero almeno un'ora prima di consumarli. Purtroppo anche tanti ristoranti se lo dimenticano. Di norma, si inizia dal più dolce e fresco per concludere con il più saporito e stagionato. La mozzarella si consuma quasi tiepida e teme il frigorifero. Fragole. Se ve le propongono in una coppetta si mangiano con un cucchiaino, se su un vassoio intere si prelevano con il picciolo, si mangiano in due bocconi e si deposita il picciolo verde su un piattino. Per le signore e taluni giovanotti: vietato civettare con i commensali mangiando fragole ammiccando, consigliabile invece in un tête-à-tête tra mura sicure, dove potrete sbizzarrirvi. Frattaglie. La maggior parte degli esseri umani non sa neppure cosa siano e al semplice suono della parola scatta la smorfia di disgusto: non si fa. Vi basti pensare che il foie gras, in quanto fegato, è una frattaglia ed è considerato tra i più nobili piatti al mondo. Lo stesso vale per le animelle tanto care a Escoffier, il famoso cuoco francese, la finanziera preparata con le rigaglie di pollo e il rognoncino. Insomma, vale per le frattaglie come per altri ingredienti inusuali: non giudicate senza provare. Sappiate che c'è una stretta correlazione tra apertura mentale e disponibilità ad assaggiare cibi inusuali o appartenenti ad altre civiltà. Quindi se durante una cena privata vi vengono servite, assaggiatele senza prevenzioni. Frittata. Non si mangia mai con il coltello, così come le uova cucinate nelle loro infinite varianti. Frutta. Mangiare la frutta con le posate è assai complicato; se volete bene ai vostri ospiti servitela già pelata e tagliata a fettine. Nota di costume: la classica macedonia è terribilmente datata e quasi sempre si riduce a una poltiglia informe dove i sapori della frutta si mischiano irrimediabilmente. È molto più fresco e moderno servire della frutta già pelata e tagliata a tocchetti o fettine, e spennellata con un mix di zucchero, limone e anice stellato lasciato in infusione, così non diventerà nera. Frutta secca. Noci, mandorle e nocciole si consumano rompendole con lo schiaccianoci e si portano alla bocca. È assolutamente vietato spaccarle con i denti in pubblico, mentre in privato le signore trovano molto virile che vengano aperte da una sfilza di denti bianchissimi. Fumo. Non si fuma sino a dopo il secondo e mai se la padrona di casa non concede apertamente il permesso. I recenti provvedimenti vietano giustamente di fumare a tavola nei locali pubblici, ma la cosa ha risvolti positivi: vuoi mettere quante persone interessanti si possono conoscere nelle sale fumatori o sul marciapiede fuori dal ristorante? Garden party. Se ne organizzate uno, fate attenzione alle temperature tropicali per salse e cibi deteriorabili. Procuratevi del ghiaccio e tenete a disposizione lo spray antizanzare. Gelato. Per gelato e creme, sorbetti e semifreddi si utilizza il cucchiaio. Il «vero» cucchiaino da gelato è una sorta di palettina, ma andranno benissimo anche quelli normali. Gesticolare. Non fatelo davanti al naso degli ospiti, rischiate di essere importuni e di far cadere il vasellame sulla tavola. Giacca. Non si toglie mai nelle cene formali e tra amici si chiede prima il permesso ai padroni di casa; vietato anche togliersi la giacca e appenderla allo schienale della sedia, lo stesso per la cravatta. O si porta per tutta la sera o non si porta. Gironzolare. Quante volte si vedono al ristorante giovanotti e signore fermarsi ai tavoli degli amici abbandonando il proprio: non si fa, si saluta con un cenno della mano discretamente e senza sbracciarsi né urlare da un punto all'altro della sala. Gomiti. Mai sul tavolo e, se è possibile, teneteli stretti al dorso, anche se è difficile allargarsi nei minuscoli tavolini delle tavole urbane. Gossip. Meglio evitarlo a cena, a meno che non siate tra amiche o amici di vecchia data: la gaffe è sempre in agguato. Granchio. Vera crudeltà servirlo agli ospiti con il carapace e non già aperto con la polpa a portata di mano, che si preleva con l'apposita forchetta a tre denti. Grissini. È sempre più diffusa l'abitudine di offrirli ai propri ospiti; in questo caso, vanno tolti dalla confezione e sistemati in un cestino con il pane o da soli sulla tavola. Al ristorante è proibito avventarsi sulle confezioni di grissini senza tener conto degli altri commensali. In tutti i casi non si mangiano a bocconi, ma si spezzano e si portano alla bocca. Imboccare/si. Non si dovrebbero imboccare bambini o anziani in pubblico o al ristorante, ma ricordiamo che dipende sempre dal tipo di locale. Di norma, è meglio non portare alle cene formali i bambini sotto i dodici anni. Non si imbocca mai la fidanzata o l'amico a una cena o un pranzo dove si rispetta l'etiquette. Meglio evitare questa pratica, invece consigliatissima dallo Sgalateo. Se vedete un amico sposato imboccare un'altra donna al ristorante, state alla larga. Insalata. Si serve dopo aver passato due volte il piatto di portata principale per eventuali bis. Si adagia in un piatto o in una ciotola a sinistra del piatto. Come tutte le verdure si mangia con la sola forchetta, però è consentito usare il coltello per tagliare le foglie. Meglio comunque servire l'insalata in modo che possa essere portata alla bocca senza essere tagliata. Invito. Si risponde sempre a qualsiasi tipo di invito e si ricambia entro due mesi. Negli inviti indicate chiaramente il luogo, l'ora e il tipo di abbigliamento richiesto. Si conferma entro tre giorni al massimo e si disdice facendosi perdonare con un piccolo dono floreale. Per gli uomini andrà bene anche una pianta. Invitati. Anche per gli invitati le regole sono molte, limitiamoci riassumere dicendo che si acquista il titolo di invitati ideali quando: non si mettono a disagio gli altri ospiti, quando si contribuisce al divertimento e al piacere di tutti e quando si dimostra gratitudine ai padroni di casa per l'invito. Anche se si viene invitati al ristorante valgono le stesse regole, in più si cerca di non ordinare i cibi più costosi, ma neppure solo i più economici. Se il menu è già stato fissato e vi sono piatti che proprio non potete mangiare per ragioni di salute, chiedete di sostituirli con qualche cosa di semplice, come riso, una bistecca o un pezzetto di formaggio. Un invitato perfetto al ristorante si comporta come se fosse in casa del proprio anfitrione e quindi evita critiche alla cucina o al locale e cerca anzi un motivo per esprimere il proprio gradimento della serata. Chi invita non paga il conto a tavola, ma si alza regolando ogni cosa in privato. Se avvenisse al tavolo, si cerca di ignorarlo, limitandosi a fine serata a ringraziare con qualche commento tipo: «Siamo stati davvero bene» oppure un «Grazie di tutto». Deve essere l'anfitrione e mai l'ospite a concludere la serata; darebbe l'impressione di non gradire la compagnia. Attenzione, quindi, padroni di casa: sta a voi chiudere le danze con garbo. Jeans. In molti paesi del mondo andare a cena o in una casa privata indossando i jeans è sgradito, anche se certe marche costano centinaia di euro. Kiwi. Si taglia a metà e si consuma con un cucchiaino. Legumi. Si tratti di fagioli, piselli, fave o lenticchie i legumi si mangiano con la forchetta. Non si servono fagioli alle cene formali. Liquori. Si servono a tavola o ancora meglio in salotto dopo il caffè. Lisca. Se una vi si conficca in gola non stramazzate al suolo con le mani alla gola, ma alzatevi e andate in bagno dopo aver mangiato un boccone di pane. Ecco perché per evitare imbarazzo è opportuno servire pesce perfettamente pulito. Lumache. L'unica condizione per servirle con il guscio è fornire ai commensali le apposite pinze, in tutti gli altri casi si propongono sgusciate e in umido nelle diverse varianti. Nel primo caso, pinza nella mano sinistra e forchettina nella destra per estrarre la polpa. Make-up. Sì, è vero, non ci si rifà il trucco a tavola e confermo, ma davanti al rossetto non resisto. Mi piace vedere una bella donna tirar fuori dalla borsetta lo specchietto gioiello di famiglia e stendersi un rossetto rosso sulle labbra. C'è chi lo sa fare e chi no: mai durante un pranzo di lavoro. Mancia. In Italia la mancia non è obbligatoria come negli Stati Uniti o nel mondo anglosassone, ma gradita. Si lascia sempre a chi porta i bagagli e a chi vi parcheggia la macchina, al personale di servizio della casa che ci ospita e a tutti coloro che hanno svolto un servizio che non era nelle loro competenze. La cifra deve essere compresa almeno tra il 5 e il 10 per cento del conto totale. Al ristorante non si dà in mano al cameriere, ma è preferibile lasciarla sul piattino con il quale è stato consegnato il conto; se non è possibile si farà scivolare nella mano del destinatario senza farsi notare. Mandarino. Si sbuccia con il coltello tenendolo fermo con la mano sinistra e poi si mangia uno spicchio per volta. I maschi, di norma, non mangiano frutta perché sono maledettamente pigri, ma provate a sbucciargli un mandarino o una fetta di mela, vedrete che apprezzeranno molto il gesto materno! Ricordate però la Teoria del Precedente. Lo Sgalateo consiglia la «sbucciatura della frutta» come merce di scambio: tu fai una cosa per me e io in cambio ne faccio una per te. Mandorle. Vale la stessa regola dell'altra frutta secca. Una raccomandazione: chiudete la sinistra sulla mano destra a protezione, prima di premere le due parti dello schiaccianoci. Si sono visti pezzi di gusci schizzare nei décolleté e colpire il lampadario. Dai latin lover sono considerate cibo afrodisiaco. Mani. Si tengono sulla tavola in Italia e in grembo, nelle pause, se seguite la scuola britannica. Nel mondo occidentale non si mangia nulla con le mani tranne il pane, i pasticcini, l'uva, il cioccolato e il sushi. Sciocco ricordarlo? Prima di andare a tavola bisogna lavare mani e unghie. Lo Sgalateo prevede e consiglia di usare mani e dita quando e come si vuole. Marmellata. Solo quella di agrumi si può chiamare così, è chic sapere la differenza; tutte le altre sono confetture. Non servitevi dal barattolo, è cafone. Mettetene una piccola quantità sul piatto e poi spalmatela sul pane con un cucchiaino o con un coltello da frutta. Mele e pere. Si tagliano in quattro parti sul piatto con il coltello e la forchetta. Le parti si infilzano con la forchetta e con il coltello si eliminano prima la buccia e poi il torsolo, poi si tagliano in pezzi più piccoli e si portano alla bocca con la forchetta. Melone. Dovrebbe essere servito a fette e già sbucciato, se piccolo e maturo può essere servito tagliato a metà, in questo caso si consuma con un cucchiaino. Menu. È cortese, quando si invita a casa, scrivere su un cartoncino la data, i piatti e i vini serviti, sarà utile agli invitati per regolare il proprio senso di sazietà. Quando siete al ristorante chiedete la carta e non il menu. Non soffermatevi su ogni portata un'ora prima di decidere cosa ordinare: è irritante, per il cameriere e per gli altri ospiti. Minestra. Senza rumoracci e senza soffiarci sopra, si sorbisce con il cucchiaio. Non si serve se non per la cena e mai due volte, così recita il cerimoniale. Nel servirla è facile sporcare la tovaglia, quindi è opportuno o tenere a portata di mano un piattino dove appoggiare il mestolo nel tragitto zuppiera-fondina, oppure, ancora meglio, fare le porzioni in cucina e portare a tavola ciascun piatto con grande attenzione. Evitate di offrire una minestra a una cena organizzata per fare conquiste: a meno che non sia una sofisticatissima vellutata di crostacei, ogni altra preparazione in brodo rischia l'effetto «minestrina da ospedale», il che non è affatto sexy. Mollica. Chi non mangia la mollica o la crosta, la ripone in un angolo del proprio piatto; guai a lasciarla sulla tovaglia. Vietato fare pupazzetti con la mollica o, peggio, proiettili da tirare al commensale più odioso. Lo Sgalateo vi lascia liberi di creare con la mollica piccoli cuori da regalare al vostro partner durante la cena. Musica. In casa, una musica di sottofondo è piacevole mentre si aspettano gli ospiti, ma durante la cena dovrete abbassare il volume. Nella scelta, sbizzarritevi: oggi ci sono cd di accompagnamento per ogni esigenza, chiedete in un negozio specializzato. Personalmente adoro, dal tramonto in poi, il vecchio Frank. Per un cocktail in piedi o un garden party, la musica è sempre fondamentale. Una domanda: vi siete mai chiesti dove vanno a prendere quei terribili cd nelle hall di certi alberghi paludati? Naso. Ovviamente ogni operazione di pulizia è vivamente sconsigliata. Nel linguaggio del corpo ogni volta che si toccano le zone periferiche intorno al naso il nostro commensale potrebbe mentire. Attenzione, potrebbe. È il retaggio di un comportamento infantile che porta a mentire coprendosi la bocca con le mani; visto che l'amministratore delegato di una multinazionale non può coprire con entrambe le mani la bocca spalancando gli occhi, ecco che l'inconscio si accomoda sfregando il naso o con movimenti simili. Noccioli. I noccioli della frutta o le parti di scarto, inavvertitamente messe in bocca, non si lasciano cadere direttamente nel piatto. Se sono stati portati alla bocca con una posata si fanno scivolare su di essa e poi sul piatto, ma forse è più facile deporli nella mano chiusa a pugno e riportarli sul piatto. Noia. Sarebbe bello divertirsi follemente a ogni occasione conviviale: ma non è così. Se vi annoiate a morte perché il vostro vicino di destra parla solo di insetti in via di estinzione e l'altro è un distinto ottantenne ma con problemi di udito, tenete duro. Non si guarda l'orologio, né le vie di fuga come la porta d'uscita, né si parla con un tizio nell'altro tavolo escludendo i commensali vicini a voi. Odore. Gli odori di cucina se si invita a casa vanno eliminati azionando le ventole o ancora meglio aprendo le finestre prima che arrivino gli ospiti. Al ristorante sarebbe obbligatorio non narcotizzare i clienti con odori molesti, d'altra parte una stanza completamente asettica non fa buona impressione. Signore, non profumatevi troppo. Olive. Si portano alla bocca con gli stuzzicadenti (unico utilizzo ammesso degli odiosi aggeggi), ma se vengono servite come aperitivo sono consentite anche le mani. Il nocciolo si pone nella mano e poi si lascia in un apposito piattino. In realtà spero sempre di trovare cibo più originale come aperitivo, sia in casa che nei bar, o almeno se volete offrirmi delle olive devono essere buonissime. Ossi. Si lasciano nel piatto e non si toccano con le mani. Evitate, nel tentativo di staccare un pezzo di carne rimasto attaccato all'osso, di farlo schizzare in testa a qualche malcapitato. Lo Sgalateo prevede il contatto con gli ossi da scarnificare e succhiare a piacere come per rivivere un rituale primitivo. Ostriche. Se le offrite voi dovete essere sicuri della qualità superiore, fatele aprire e non gettate via, per carità, la loro acqua di vegetazione. Esistono delle speciali forchettine a tre denti per molluschi che potete usare per estrarre la polpa, in caso contrario potete usare la mano destra evitando il più possibile ogni risucchio. I puristi le degustano assolutamente nature. Nello Sgalateo, ca va sans dire, se ne fa grande uso, sarà per l'alto valore simbolico del mollusco considerato afrodisiaco. Padroni di casa. Dovrebbero essere sorridenti e freschi, anche se in realtà sono stravolti dalla stanchezza. Mai iniziare a mangiare prima della padrona di casa, ma attendere un suo cenno per cominciare. Pane. Una delle poche cose che si possono toccare con le mani, ma non si spezza con i denti. Si fa a pezzi con le mani e poi si porta alla bocca a piccoli bocconi. Evitate di tagliarlo a tavola a meno che non si tratti di un rarissimo pane toscano che desiderate far vedere in tutto il suo splendore, in tutti gli altri casi si taglia in cucina e si porta a tavola in un cestino oppure in un vassoio d'argento. Il piattino del pane, gradito nelle cene formali, si mette in alto a sinistra di ogni commensale. Pasticcini. Si prendono dal vassoio con le mani, insieme alla carta pieghettata che li avvolge. Vietato indugiare nella scelta e soprattutto toccarli tutti prima di sceglierne uno. Pâté. Si mangia con la forchetta e, se accompagnato dai crostini, non viene spalmato ma mangiato separatamente. Pausa. Quando si smette di mangiare per fare una pausa, si mettono le posate con le punte del coltello e della forchetta che si incrociano, con i rebbi della forchetta all'ingiù e la lama del coltello verso il centro del piatto. Come già detto, in questo modo il cameriere o chi per esso dovrebbe, dico «dovrebbe», capire che non deve portar via il piatto. Per piacere e grazie. Ricordiamoci di pronunciarli sempre, ogni volta che chiediamo di passarci qualcosa, quando veniamo serviti a casa o al ristorante, quando chiediamo qualcosa al cameriere. Pesce. Prima il pesce e poi la carne, questa è la regola. Qualsiasi portata di pesce si serve con le posate apposite, se non avete le posate adatte usate solo la forchetta. Pesche. Mangiare frutta intera (purtroppo) con le posate non si fa quasi più, perché difficilmente i ristoranti metropolitani la propongono. È considerata ancora una portata in certe pensioni familiari sull'Adriatico o sulle coste ioniche. Se a una cena formale decidete di mangiare una pesca che vi viene servita intera consideratela una faccenda seria. Si puntano (non infilzano!) i rebbi della forchetta sul frutto e si incide la polpa col coltello per tagliare uno spicchio alla volta, quindi si ferma con la forchetta lo spicchio e lo si sbuccia con il coltello. Si tiene lo spicchio sbucciato sulla punta della forchetta, si taglia un boccone (massimo 2 centimetri) e lo si porta alla bocca senza cambiar di mano alla forchetta, che quindi rimane nella sinistra. Piatti. Quando il cameriere si avvicina per portarci i piatti, e soprattutto per toglierli, non va aiutato. Allo stesso modo, non si impilano i piatti sporchi: perché volete intralciare il lavoro del personale di servizio? Rilassatevi, se pagate il conto avete il diritto di farvi servire. Si può aiutare il personale perché distante, solo se ce lo chiede, anche se non dovrebbe mai farlo. Picnic. Che bello vedere un po' di galateo anche sull'erba, basta poco: piatti di cartone, fazzolettini e tante torte salate. Unica eccezione, mai i bicchieri di carta, mettete dentro un bel cesto di vimini tante flûte di vetro, di certo qualche partecipante al picnic sarà felice di aiutarvi. Il bon ton si rilassa sotto il cielo e diventa più elastico, ma ritorna rigidissimo al momento del dopo picnic. Vietato lasciare mozziconi, plastica e rifiuti abbandonati sull'erba, e vi assicuro che questo è ben peggio che dire «Buon appetito». Piedi. In teoria dovrebbero stare sotto la sedia del proprietario, e questo vuol dire non allungarli incivilmente sotto il tavolo intralciando le estremità altrui e tanto meno lateralmente provocando involontari effetti «piedino». Lo Sgalateo permette di sbirciare sotto il tavolo per, studiare la posizione dei piedi: incrociati, ci sono ancora un po' di riserve. Con le punte all'interno? È rimasto un pizzico di infanzia. Accavallate? C'è ancora qualche resistenza nel vostro commensale. Piedino. Sono due le regole fondamentali da rispettare per il seduttore (uso il maschile, ma vi sono signore grandi esperte nel campo) che usa il piedino come arma di seduzione. 1. Si fa solo se si è certi di non ricevere un rifiuto. 2. Si fa solo se si è certi di non essere scoperti dal resto dei commensali. Pinzimonio. Uno dei pochissimi casi nei quali è permesso usare le dita per mangiare. Le verdure vengono servite già tagliate e ogni commensale ha una scodellina dove intingere carote e sedani. Piselli. È esilarante vedere, come è capitato a me, schizzare i piselli dal piatto come proiettili. Se accade significa che il cuoco era pessimo: dovrebbero essere morbidi. Di norma, basterebbe raccoglierli con la forchetta. Pollo. Anche se un commensale vi ricorda il detto popolare secondo cui pure la regina Margherita mangiava il pollo con le dita, lasciate perdere e continuate a usare forchetta e coltello. Il pollo è difficile da tagliare in tavola anche con il trinciapollo, fatelo in cucina dopo averlo mostrato, se volete, ai commensali. Polpette. Per qualche inspiegabile motivo servire polpette a una cena formale è considerato scorretto, probabilmente perché si può sospettare che siano preparate con gli avanzi. Quindi evitatele, anche se sono un piatto straordinario, in primis quelle di bollito. Sono vivamente consigliate dallo Sgalateo, che incoraggia il consumo di polpettine, cibo da mangiare con le mani e soprattutto da imboccare. Pompelmo. Si serve tagliato a metà e si consuma prelevando la polpa con un cucchiaino. Posacenere. Non si mette in tavola, mai, se non a fine pasto e dopo aver chiesto il permesso di fumare agli altri commensali. Al ristorante non si può più fare, ma non lamentatevi. È così bello ritrovarsi fuori sul marciapiede: si fanno molte conoscenze interessanti. Vietato però abbandonare il proprio ospite o accompagnatrice per interminabili pause. Posate. Oggi si tende a snellire il più possibile il numero delle posate. L'ideale è il tris: una forchetta, un coltello e un cucchiaio, se serve; man mano che si susseguono le portate si cambiano le posate. Posti. L'uomo siede alla destra della donna, le riserva il posto lungo la parete o che comunque le permetta di vedere la sala. Ogni uomo siede a fianco di una signora che non sia sua moglie (o compagna). Nel caso di due coppie, ogni signora siederà alla destra dell'uomo che non è suo marito. Se invece l'uomo e la donna siedono da soli, ai due lati consecutivi di un tavolo quadrato, lui siederà alla sua destra per poter utilizzare il braccio destro e quindi versarle da bere con più agio. I signori siedono un attimo dopo le signore. Lo so, non lo fa quasi più nessuno tranne che in certi adorabili ambienti. Durante il pasto se una signora si allontana dal tavolo, per qualunque motivo, gli uomini si alzano contemporaneamente a lei, si risiedono appena si allontana e si rialzano appena riappare. A una cena in casa privata, ricordate, l'ospite d'onore uomo si siede alla destra della padrona di casa, mentre l'ospite d'onore donna si siede alla destra del padrone di casa. Prenotazioni. Se avete prenotato in un ristorante e poi per qualsiasi motivo cambiate idea, soprattutto se il locale possiede coperti limitati, telefonate sempre per disdire. All'estero nei ristoranti stellati si lascia il numero di carta di credito perché in caso di mancato avviso viene addebitata una mora. Presentazioni. Prima di imparare qualsiasi altra regola, la buona educazione ci impone di presentarci ogni volta che ci troviamo a dividere una tavola. In teoria dovrebbero pensarci i padroni di casa, ma se chi ospita è assente lo faremo noi dicendo il nostro nome con un sorriso accompagnato da un buongiorno o da un buonasera. Prezzemolo. Che dilemma, dire o non dire della fogliolina di prezzemolo tra i denti del nostro commensale. Sì, meglio dirlo. Basta sussurrarlo discretamente in un orecchio. Ribes e frutti di bosco. Si servono in coppette con il cucchiaio da frutta. Reclami. Nel caso di un cibo malcucinato, di un vino che sa di tappo o di una posata o un piatto non pulitissimi, ci si limita, senza recriminazioni, a chiedere che vengano sostituiti spiegando il problema con gentilezza. Con educazione e garbo è giusto sottolineare gli errori da parte della cucina o del servizio, nei locali pubblici. È peraltro di cattivo gusto mostrarsi incontentabili, critici, polemici, commentare la scelta dei piatti al cameriere o parlare dei propri disturbi intestinali agli altri ospiti. Ricci di mare. Solo se volete male ai vostri ospiti li servirete a una cena formale. Meglio lasciare questo ingrediente sensuale per uno spaghetto a due, magari cucinato insieme e consumato su una terrazza al tramonto. Riso e risotto. Si mangia con la forchetta, non si soffia sul risotto e non si allarga nel piatto come si vede fare. Ritardo. Mai arrivare in ritardo a un appuntamento galante, anche se alla signora è permesso un indugio di dieci minuti. Se arriviamo in ritardo in una casa privata o al ristorante è d'obbligo telefonare per avvisare. Sale e pepe. Non si chiede al ristorante di classe se non strettamente necessario, è come sottolineare che il piatto non era perfetto. In casa, durante i pasti quotidiani si mette in tavola, ma è meglio non farne uso. Salame. In una cena formale non si serve. Con gli amici e in famiglia ben venga qualche fetta di salame. Si può prendere con le mani e mangiarlo accompagnato dal pane; si eviti il classico panino, a meno che non ci si trovi a un bel picnic. Salmone. Si consuma con le posate da pesce, se accompagnato da crostini non va messo sul pane ma consumato a parte. Salse. Le salse non si raccolgono se non con il salsacoltello, una posata a forma di cucchiaio, ma con un lato tagliente creata apposta per tagliare e tirar su ciò che rimane nel fondo del piatto. Scampi. Serviteli già sgusciati quando è possibile. Consigliati per le cene private a due. Scarpetta. Mi dispiace, ma il galateo non ammette scarpette di sorta e soprattutto non tollera surrogati, e cioè tutte quelle pratiche che i commensali ingegnosi si inventano per raccogliere un buon sugo dal fondo del piatto. Non esistono deroghe. Via libera alla scarpetta, invece, nelle riunioni familiari e per lo Sgalateo. Segnaposti. È un bel gesto predisporre i segnaposti quando si hanno tanti ospiti e soprattutto se vogliamo mantenere la regia a tavola. Potete sbizzarrirvi con oggetti di ogni genere, che servano da supporto al cartoncino sul quale sarà scritto il nome. Soffiare. È molto maleducato soffiare sul cucchiaio o sul piatto per raffreddare il cibo. Sottopiatti. Sono utili e doverosi nelle cene formali, belli quelli in argento, ma sono ammessi tutti i materiali. Spaghetti. Si mangiano arrotolandoli alla forchetta, che non va puntata sul piatto, ma tenuta leggermente inclinata, quasi orizzontale. Si raccolgono pochi fili di pasta per volta, in modo da portare alle labbra un boccone piccolo. Evitate accuratamente risucchi di ogni tipo e rimasugli di sugo sul mento. Orribile l'utilizzo del cucchiaio o, peggio ancora, del coltello per tagliarli! Spumante. Quello secco non si serve mai a fine pasto insieme ai dolci. Se volete mostrarvi esperto di vino, dite «metodo classico», oggi lo spumante si chiama così. «Bollicine» pare sia superato, ma rende l'idea. Quando si stappa tenete la mano destra sopra l'imboccatura della bottiglia per evitare che il tappo colpisca qualcuno nella stanza e soprattutto cercate di essere silenziosi. Starnuto. L'ideale sarebbe reprimerlo, soffocarlo, ucciderlo, specialmente durante cerimonie e pranzi formali. Quando vi accorgete che lo starnuto sta arrivando, conviene alzarsi e procurarsi un fazzoletto pulito. Se proprio dovete restare seduti, voltate il viso all'esterno del tavolo e starnutite dentro il fazzoletto, badando di fare meno rumore possibile. In Giappone è considerato ripugnante starnutire a tavola. Stuzzicadenti. Come tutte le operazioni riguardanti il proprio corpo, stuzzicarsi i denti a tavola non è ammesso. In realtà i ristoratori dovrebbero mettere il contenitore degli stuzzicadenti in bagno. Se il fastidio è insopportabile, alzatevi dal tavolo. Sushi. Se non sapete usare le bacchette, non pasticciate inutilmente. Usate le mani, che è consentito, oppure chiedete una forchetta. Ogni pezzo di sushi va intinto nella soia dalla parte del pesce, mai dal riso. Le bacchette si appoggiano all'apposito utensile che assomiglia a un poggiaposate, e quando avete finito si mettono allineate sulla ciotola che contiene la salsa di soia. Al sushi bar, se sedete al bancone, non date soldi al maestro sushi presi dall'entusiasmo: non può toccarli. Tavola. Sulla tavola non si appoggia nessun oggetto, niente chiavi, occhiali, portafogli o telefoni. Tè. Si beve sorseggiando dalla tazza senza sollevare il mignolo, per carità. Non vi si inzuppano dolci o tartine, ma si alternano piccoli bocconi e sorsi di bevanda. La padrona di casa che invita per il tè predispone zucchero, latte e fettine di limone, qualche biscotto ed esorta gli ospiti a servirsi da soli dopo aver versato il tè nelle tazze. Toilette. Non c'è bisogno di annunciarlo rumorosamente, se si vuole andare in bagno ci si alza con un semplice «Scusate». Alle signore consiglio di non abbandonare per ore il proprio cavaliere ad aspettare al tavolo. Torta. Si mangia con l'apposita forchetta a tre punte. Tovaglia. La tovaglia, di qualsiasi colore sia, dovrà essere stirata alla perfezione e questo va fatto una volta che viene stesa sulla tavola, sopra un «mollettone», così si chiama il telo morbido di protezione alla superficie del tavolo. Scegliete tessuti naturali in colori contrastanti con i piatti la cui base, sarò tradizionalista, deve essere rigorosamente bianca. Tovagliolo. Solitamente piegato e posato sopra il piatto o il sottopiatto va a destra, ma si può semplicemente piegare a triangolo e adagiare sul piatto. Evitate piegature fantasiose e laboriose. All'inizio del pasto va steso sulle ginocchia, sempre dopo la padrona di casa o, al ristorante, dopo la persona che ha invitato. Non va mai legato al collo. Si usa prima di bere, sempre, e dopo aver appoggiato il bicchiere. Alla fine del pasto si lascia alla sinistra del piatto. In alcuni ristoranti di alto livello, prima del servizio del dolce, il tovagliolo viene cambiato con uno più piccolo. È un atto di grande cortesia. Signore, cercate di non lasciare vistose impronte di rossetto, signori non usatelo per detergervi il sudore dalla fronte. Ubriachezza. Può succedere che un ospite esageri con l'alcol: che fare? Un bravo anfitrione cerca di arginare come può la serata, ma di certo non lo abbandona fuori dalla porta a fine cena. Si preoccupa di accompagnarlo a casa e di assicurarsi che stia bene. Uomo. Uomini, ricordate! Basterà un gesto come aprirle la portiera o alzarsi nel momento in cui lei lascia il tavolo per farsi ricordare a lungo. Insomma, vi verrà perdonato anche qualche sbaglio, se saprete usare qualche galanteria al momento giusto. L'uomo entra per primo in un locale, comunica con i camerieri, versa da bere, si dimostra più interessato alla compagnia che al cibo, conversa e dovrebbe pagare il conto. Uova. Non si usa mai il coltello, in qualsiasi modo siano cucinate. Lo si può usare solo per tagliare il prosciutto o la pancetta che le accompagna. Uva. Va tenuta con la mano sinistra, mentre con la destra si staccano gli acini che andranno alla bocca. Verdure. Non si tagliano mai con il coltello. Vino. Non si versa mai sino al collo del bicchiere. Si stappa sempre davanti agli ospiti, e così pretendete al ristorante. Si fa scegliere alla signora e se questa si rifiuta si prende l'iniziativa chiedendo almeno «bianco o rosso». Chi invita, sia a casa sia al ristorante, propone i vini e chiede se gli invitati sono d'accordo. Il vino non si mescola con l'acqua e non deve essere raffreddato con il ghiaccio. Si lascia in un secchiello di qualsiasi materiale, possibilmente su un tavolino a parte. Zotico. È l'epiteto che si merita chi a tavola pecca di prepotenza e maleducazione. Per neutralizzare lo zotico recidivo è necessaria più fermezza che ironia, la seconda non la coglierebbe. Un seccato richiamo ha più probabilità di venire accolto. Zuppa, zuppiera. Non si soffia sulla minestra o la zuppa. In Inghilterra, il cucchiaio non viene introdotto in bocca di punta, ma appoggiato lateralmente alle labbra. In Italia il cucchiaio viene introdotto in bocca di punta. Ma ciò non vuol dire, beninteso, che lo si debba inghiottire fino al manico. È tollerato che, arrivati agli ultimi cucchiai di minestra, si sollevi appena il piatto inclinandolo verso il centro della tavola. Zuzzurellone. Avete presente quei soggetti che pur essendo adulti si comportano come ragazzini e si divertono a fare i giocherelloni? È il buontempone, il burlone che a tavola gioca con il cibo, estenua i commensali con storielle imbarazzanti, indovinelli, racconti di vita privata e via discorrendo. Basterà ignorarlo senza ridere delle sue battute pesanti per neutralizzarlo.

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Sì ai segnaposti, ma solo se il tavolo è abbastanza ampio; la padrona di casa dovrebbe comunque invitare e indicare a voce il posto a tutti i commensali spostandosi di volta in volta dietro la sedia di ciascuno. Accade che, per il piacere di invitare tutti, si obblighino le persone a stare strettissime a tavola: cercate di evitarlo, a meno che non siate in grande confidenza, non tutti amano stringersi e mangiare «vicini vicini». Il numero massimo consigliato è di otto commensali, che è considerato il numero limite per seguire la conversazione e per reggere qualsiasi menu. Vi sfido a scolare più di otto porzioni di tagliolini perfettamente al dente e a servirli caldi. Studiare con attenzione le portate in base al numero degli ospiti vi eviterà molti problemi.

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