Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbastanza

Numero di risultati: 5 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Giovanna la nonna del corsaro nero

204926
Metz, Vittorio 5 occorrenze
  • 1962
  • Rizzoli
  • Milano
  • paraletteratura-ragazzi
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Quel viandante che, spintovi dal caso o da vaghezza di solitarie meditazioni, si fosse inoltrato, la notte del 14 luglio 1667, in una di quelle malsane e buie viuzze che costituivano il centro di quella specie di villaggio fortificato che sorgeva nei pressi del porto sull'Isola della Tartaruga, a parte il fatto che sarebbe caduto in una buca profonda per lo meno un metro e mezzo e si sarebbe rotto una gamba, avrebbe potuto ascoltare, fra un'imprecazione e l'altra, un gran rumore composto da tintinnii di bicchieri cozzanti fra loro, acciottolii di stoviglie, suoni, canti e sonore bestemmie, proveniente dall'interno di una taverna sulla cui porta cigolava un'insegna di ferro con la scritta abbastanza esplicativa di Osteria dell'Allegro Pirata. Si trattava di un folto gruppo di filibustieri, schiumatori di tutti i mari del Sud, da quello delle Antille al Mar dei Caraibi, che festeggiavano, in maniera non troppo discreta, a dire la verità, la loro prossima partenza per la conquista della città di Maracaibo. Uno di essi, un tipo gigantesco con un uncino di ferro al posto della mano destra, una gamba di legno ed una benda nera sull'occhio sinistro (per questa ragione i suoi amici lo chiamavano con molto scarsa delicatezza il Pirata Meno Un Quarto), stava gridando ad un gruppo di belle ragazze creole che danzavano al suono di una stonata chitarra e di un non meno stonato violino: "Forza, ragazze! Un altro balletto prima che si parta!" Intervenne, balbettando leggermente, un pirata che, dai filetti d'oro che portava sul braccio e dal cappello carico di galloni, si comprendeva che doveva ricoprire qualche grado più importante degli altri nella comunità: "No, adesso basta, ragazzi... Sta per arrivare il Corsaro Nero... L'ho visto poco fa che scendeva dalla sua nave..." "E di che umore è?" domandò il Pirata Meno Un Quarto, un po'intimidito da quell'avviso. "Eh, nostromo Nicolino, di che umore è? Peggio degli altri giorni?" "Di che umore vuoi che sia il Corsaro Nero?" rispose il nostromo Nicolino, stringendosi nelle spalle."Nero... Da quando quel maledetto conte di Trencabar, il governatore di Maracaibo, gli ha ammazzato i due fratelli, il Corsaro Rosso e il Corsaro Verde, nessuno lo ha più visto allegro..." Un pirata con la testa ricoperta da una mezza calotta d'argento che gli serviva a sostituire quel pezzo di cranio che gli era volato via per un colpo di sciabola e che i suoi colleghi, incuranti di ricordargli la sua disgrazia, chiamavano con poca generosità il Pirata Col Coperchio domandò al nostromo Nicolino: "E come sono morti questi due fratelli del Corsaro Nero?" "Impiccati ad un quadrivio di Maracaibo" rispose il nostromo Nicolino, tristamente."E quel maledetto Trencabar li ha lasciati appesi lì per un anno!" "Tanto tempo?" domandò stupito il Pirata Meno Un Quarto. "Eh, capirete," rispose il nostromo Nicolino "uno tutto vestito di verde, l'altro di rosso... Li adoperava come semaforo per regolare il traffico." Un pirata il cui volto era solcato da una profonda cicatrice che non contribuiva certamente a rendere più attraente il suo volto già abbastanza brutto per conto suo e che i suoi amici, sempre con quella squisita gentilezza che li distingueva, chiamavano umoristicamente Catenaccio, che in gergo piratesco sta appunto ad indicare una gran cicatrice di ferita che un uomo abbia sul viso di traverso, come il catenaccio di una porta, si affacciò dall'esterno spaventando a morte le ragazze creole e urlò con tutto il fiato che aveva in corpo: "Il Corsaro Nero!" Il Corsaro Nero fece il suo ingresso nella taverna dell'Allegro Pirata, trascinando sul pavimento la punta del fodero della sua lunga spada. Era pallidissimo e vestito, naturalmente, tutto di nero dalle piume del largo cappello di feltro agli stivaloni e ai guanti da moschettiere. Soltanto i preziosi merletti che circondavano il suo collo e i polsi erano bianchi, il che, però, non era sufficiente a rendere meno funereo il suo abbigliamento. Egli si fermò un istante sulla soglia della sala fumosa scrutando con i suoi occhi d'aquila il volto abbronzato dei filibustieri. Poi montò su uno sgabello e, nel silenzio generale, prese ad arringare i pirati. "Signori della Filibusta," disse"salute a voi! Mi dispiace di disturbare il vostro trattenimento, ma fra pochi istanti ci dovremo imbarcare sulla Tonante e far rotta verso Maracaibo che metteremo a ferro e fuoco..." Tacque un istante girando lo sguardo d'aquila sui volti dei filibustieri, quindi concluse brevemente: "Se qualcuno non si sentisse il coraggio di seguirmi in questa impresa disperata, è ancora in tempo per ritirarsi..." Poiché nessuno dei pirati rispondeva, il Pirata Meno Un Quarto credette d'interpretare il pensiero dei suoi compagni, dichiarando: "Signor Corsaro Nero, veramente credo che nessuno di noi abbia intenzione di ritirarsi..." "Ne sono lieto, signore" disse il Corsaro Nero, gravemente. "Con quella faccia da funerale?" non poté fare a meno di sussurrare al suo vicino il Pirata Col Coperchio. Il Corsaro Nero, il quale non soltanto aveva l'occhio d'aquila, ma anche l'allenatissimo orecchio della volpe, lo sentì e rispose mestamente: "Ho fatto voto di non sorridere finché non avrò vendicato i miei fratelli... Per condurre a termine questa impresa ho abbandonato il mio castello in Liguria, i miei possedimenti in Savoia e mia figlia Jolanda che ho affidato a mia nonna Giovanna. Chissà se potrò tornare a rivederle, un giorno..." "Tornerete, signor conte, tornerete!" esclamò il nostromo Nicolino, commosso dal mesto accento del Corsaro Nero."Sono certo che tornerete!" "Come fate ad affermarlo con tanta sicurezza?" gli domandò il Corsaro Nero. "Perché siete conte e i conti, si sa, finiscono sempre col tornare..." "Del resto," disse il Corsaro Nero" anche se non dovessi tornare, non importa... Mia nonna Giovanna è abbastanza energica per seguitare a governare una contea, anche da sola..." "Per le trippe del diavolo!" risuonò in quel punto una voce baritonale proveniente dall'esterno. "Come vi permettete di sbarrarmi il passo, marrano?" "Non si può passare!" rispose la voce del pirata Catenaccio. "Il Corsaro Nero sta parlando ai suoi uomini... Vieni a darmi una mano, Pirata Col Coperchio!" gridò quindi il filibustiere cacciando la testa nella taverna e chiamando in aiuto il suo matelot che corse subito fuori. "Lasciatemi passare se non volete che vi faccia assaggiare la punta della mia spada!" tuonò ancora la voce baritonale. "Veramente" schernì la voce ironica del Pirata Col Coperchio" a quest'ora non abbiamo più appetito, quindi non vogliamo assaggiare niente..." "E allora, largo... E toglietevi il cappello, quando parlate con una signora!" "Ma questa è la voce di mia nonna!" esclamò il Corsaro Nero, stupito. Intanto, nella strada il Pirata Col Coperchio stava discutendo con una vecchia signora dall'aspetto volitivo, vestita alla moschettiera, con la spada al fianco, accanto alla quale era un tipo in livrea che portava due valigie. Era con lei anche una graziosa fanciulla dal viso dolcissimo. "Ma questo non è un cappello!" stava protestando furioso il Pirata Col Coperchio. Interloquì il tipo dall'aspetto di cameriere. "Mi sia consentito il dire, signora contessa," disse "che effettivamente quello non è un cappello... È una calotta d'argento..." "E perché ve ne andate in giro con una calotta d'argento in testa?" esclamò la vecchia irritata. "Siete un pazzo, forse?" "Durante un combattimento ho avuto il capo scoperchiato da un colpo di sciabola" rispose fieramente il Pirata Col Coperchio. "E allora mettetevi il cappello perché la vostra calotta è sporca! Non sapete che l'argenteria va lucidata tutti i giorni? Vieni, Jolanda... Andiamo, Battista..." E senza più curarsi dei due pirati abbrutiti, l'energica vecchietta seguita dai suol compagni entrò nella taverna sulla cui soglia si incontrò con il Corsaro Nero che esclamò nel vederla: "È proprio lei! Mia nonna Giovanna!" E corse incontro alla nonna, abbracciandola affettuosamente. "Nipote mio!" esclamò Giovanna, commossa. Il Corsaro Nero alzò gli occhi e vide la fanciulla che era entrata con la nonna. "C'è anche Jolanda!" esclamò. La fanciulla corse ad abbracciare a sua volta il Corsaro Nero. "Papà!" mormorò con affetto. "Sono molto lieto di vedervi," disse il Corsaro Nero con una espressione cupa che non lasciava scorgere affatto la sua allegria "ma..." Si staccò dalla figlia, rivolgendosi alla vecchia: "Come diavolo vi è saltato in mente di venire qui, alla Tortue?" "Abbiamo approfittato di uno sciabecco genovese che veniva da queste parti," rispose la nonna "ed eccoci qui..." "Ma perché siete venute?" "E volevi che ti lasciassi solo?" proruppe la vecchia. "Tu, il mio unico nipote? E senza una persona accanto che abbia cura di te..." "Veramente" disse il Corsaro Nero "questo non è un posto per donne." Giovanna, la nonna del Corsaro Nero, si rivolse alle quattro creole che avevano smesso di ballare e si erano affollate con gli altri intorno al gruppo composto dal Corsaro Nero e dai suoi familiari: "Avete capito voi?" disse in tono perentorio. "Questo non è un posto per donne... Perciò, fuori di qui!" "Ma," tentò di obiettare ancora il Corsaro Nero "anche voi e Jolanda siete donne..." "Io sono tua nonna" protestò Giovanna. "E io sono tua figlia!" esclamò Jolanda, fieramente. "Quindi abbiamo il dovere di starti accanto anche nei pericoli..." "Che non debbono essere pochi a voler giudicare dalle facce patibolari che ti circondano!" concluse la nonna, girando lo sguardo sui volti dei pirati. I filibustieri, lusingati di essere stati chiamati "facce patibolari" scoppiarono in una grande risata. "C'è poco da ridere!" esclamò la nonna impermalita. "Avete tutti delle facce che fanno spavento..." "Ma sono i migliori pirati del Mar delle Antille!" esclamò il Corsaro Nero. "Migliori, in che senso?" domandò la nonna con diffidenza. "Nel senso che sono tutti Fratelli della Costa..." "Tutti fratelli? Che brutta famiglia!" esclamò Giovanna, facendo una smorfia. "Questi signori" continuò il Corsaro Nero indicando quattro brutti ceffi dalla cui espressione si capiva che, se avessero incontrato per la strada quel viandante di cui si parlava poco fa, lo avrebbero lasciato in mutande "da soli hanno conquistato il Panama..." "Bella prodezza rubare un cappello di paglia!" esclamò la nonna, con una smorfia di disprezzo. "Peuh!" "E questo signore qui," proseguì il Corsaro Nero indicando il Pirata Col Coperchio" aiutato solo dal suo matelot, si è avvicinato di nottetempo ad una caravella spagnola e, a colpi d'ascia, le ha praticato un buco nella fiancata facendola affondare..." "Peuh!" esclamò Giovanna, con disprezzo. "In fondo cosa ha fatto? Ha inventato la caravella col buco..." "E che dire del signor Mendoza," disse il Corsaro Nero senza lasciarsi smontare, indicando il Pirata Meno Un Quarto" che ha lasciato un occhio su un galeone spagnolo, una mano a Trinidad e una gamba a Portobello?" "Dico che non mi piace la gente che lascia la sua roba in giro dappertutto!" rispose la nonna con espressione disgustata. "E lui," così dicendo il Corsaro Nero indicava il nostromo Nicolino "che in una sola giornata nel "E che dire del signor Mendoza, che ha lasciato un occhio su un galeone spagnolo, una mano a Trinidad e una gamba a Portobello?" "Dico che non mi piace la gente che lascia la sua roba in giro dappertutto!" rispose la nonna con espressione disgustata. suo paese ha tagliato mille teste con il suo coltello, tanto che lo hanno soprannominato il Terrore di Pozzuoli?" "Bella roba!" esclamò Giovanna."No, mi dispiace tanto, ma tu questa gente non puoi assolutamente assumerla..." La dichiarazione di Giovanna, che in fondo era la nonna del loro comandante, destò una grande sensazione fra i filibustieri che si guardarono fra loro interdetti. Il Corsaro Nero intervenne: «Come?" domandò."E perché?" «Perché da quello che ho potuto capire," dichiarò la vecchia "questi pirati sono una massa di bricconi... Non sono pirati per bene..." "E noi non ti lasceremo davvero imbarcare con una simile compagnia!" aggiunse Jolanda, con forza. "Ma, signora..." balbettò il nostromo Nicolino "se lei ci caccia via, noi che facciamo?" "Mi dispiace," rispose la nonna crollando il capo "ma siete tutti gente troppo poco raccomandabile..." "Ma io" protestò Nicolino "non ho mai fatto male ad una mosca!" "E le mille teste?" rimbeccò Giovanna. "Le mille teste che avete tagliato in una giornata?" "E... erano teste di pe... pesce, signora..." rispose Nicolino che quando era emozionato balbettava più che mai. "Al mio paese facevo il pescivendolo e non c'era nessuno nella mia città sve... svelto come me a pulire i merluzzi e le sardine..." "E perché allora vi chiamavano il Terrore di Pozzuoli?" inquisì Giovanna guardandolo con diffidenza. "Il Terrone di Pozzuoli, non il Terrore" corresse Nicolino. "Sapete, io sono di vicino Napoli e loro" e così dicendo indicò i pirati "sono tutti settentrionali... E così mi chiamano il Terrone... Il Corsaro Nero ha capito il Terrore e mi ha nominato nostromo... Se gli dicevo la verità perdevo il posto..." "Va bene..." sentenziò Giovanna "questo può restare... Ma gli altri?" Nicolino, visto che a lui era andata bene, volle intervenire a favore degli altri pirati. E con la voce querula che fanno i meridionali in genere quando vogliono ottenere qualche cosa: "Signora," disse "gli altri sono pirati vecchi, fra poco vanno in pensione! Li volete mandar via all'ultimo momento?" Giovanna rifletté un istante. "E va bene," disse "li posso anche tenere, ma ad un patto..." "Che patto?" domandò il Corsaro Nero. "Che assuma io il comando della nave..." Persino Jolanda che, si vedeva benissimo, aveva per la sua bisnonna una vera adorazione, questa non riuscì a mandarla giù. "Ma, nonnina" non poté fare a meno di esclamare. "Avete ottant'anni!" "Ti sbagli, mia cara nipotina" ribatté Giovanna, prontamente. "Ne ho appena venti." "Venti?" trasecolò il Corsaro Nero. "Certo" rispose Giovanna. "Sono nata il 29 febbraio 1587... Siamo nel 1667..." "Quindi avete ottant'anni" calcolò il Corsaro Nero. "No, perché essendo nata il 29 febbraio, cioè 2. Giovanna in anno bisestile, compio un anno ogni quattro" rispose Giovanna con logica strettamente femminile. "Già, ma non so se..." volle ancora obiettare il Corsaro Nero. Ma intervenne Jolanda. "Su, paparino, fai contenta la nonna" pregò, giungendo le piccole mani. "Quando tu non c'eri, al castello, se l'è sempre cavata, sai..." "Sì, questo è vero," annuì il Corsaro Nero, esitando "ma non so se ai miei uomini faccia piacere essere sottoposti a una donna che comanda..." Il Pirata Meno Un Quarto sogghignò. "Perché, mia moglie non comanda forse?" disse. "E la mia?" disse il Pirata Col Coperchio. "Comanda poco quella?" "Io ho sempre sognato di avere una nonna" sospirò il pirata Catenaccio, mentre una lagrima gli solcava il volto patibolare seguendo il percorso tracciato dalla cicatrice. "E voialtri, ragazzi?" "Anche noi!" esclamarono i pirati all'unisono. "Viva la nostra comandante?" gridò il Pirata Meno Un Quarto. "Viva Giovanna, la nonna del Corsaro Nero!" gli fecero eco gli altri pirati in coro, sventolando tutti in aria i loro cappelli, meno il Pirata Col Coperchio che non poteva, com'è facile immaginare, mettere a nudo il proprio cervello sventolando la calotta d'argento. "Viva!" "Allora, siamo tutti d'accordo" concluse il Corsaro Nero. E avvicinatosi alla infernale vecchietta: "Nonna," le annunciò con voce sonora "vi cedo il comando della mia nave..." Giovanna, la nonna del Corsaro Nero, respirò con forza. Quindi, sguainata la lunga spada che le pendeva al fianco e levandone la punta verso il cielo, gridò minacciosamente: "Ed ora a noi due, conte di Trencabar, governatore di Maracaibo! A noi due, assassino dei miei nipoti! A noi due!" Dall'alto del ballatoio che attraverso una scala di legno conduceva al piano superiore si affacciò un bambino, il figlio del bettoliere: "Dice così mamma" disse "che per favore quando dice: 'A noi due!' lo dica un po' più piano... Su, c'è un malato!"

Lanciata la prima, aveva impugnato una palla più grande e aveva tentato di farla accostare al boccino, riuscendoci abbastanza bene, quando il boccino si aprì, tirò fuori quattro zampette e un musetto appuntito e si allontanò dalla boccia, tornando ad appallottolarsi poco lontano. "Eh, no!" esclamò il capitano Squacqueras, rivolto al giovane Raul."Qui si bara!" Un po'storditi dal fumo, i quattro non si avvidero... Si rese improvvisamente conto dell'enormità della faccenda e sbarrò gli occhi. "Ma quel boccino aveva la testa e le zampe," balbettò "e pure la coda." "Per la semplice ragione che non è un boccino, ma un animale" gli spiegò Raul ridendo. "E non mi dicevate nulla! Avrebbe potuto mordermi!" esclamò il capitano diventando pallido. "Si tratta soltanto di un innocuo armadillo" lo rassicurò Raul. "Si appallottola così rinchiudendosi nel proprio guscio semplicemente perché ha paura di voi." "Allora, siamo pari!" disse il capitano allontanandosi prudentemente dagli altri armadilli appallottolati che erano ammucchiati ai suoi piedi. In quella il sergente Manuel, con una mezza dozzina di soldati, si avvicinò spingendo davanti a sé il gran sacerdote degli incas e la sacerdotessa, mentre i soldati facevano altrettanto con gli altri incas. "Capitano!" chiamò. "Capitano!" "Che c'è?" domandò il capitano sobbalzando. "Abbiamo catturato questi nativi mentre sbucavano da un'apertura nascosta da quella specie di piramide. Un passaggio segreto, credo..." "Ah, sì? Ah, sì?" esclamò il capitano. "E dove conduce questo passaggio segreto?" domandò al gran sacerdote. "Nel tempio del dio dell'aria..." rispose il gran sacerdote. "Vogliamo provare ad entrare?" propose il sottufficiale. "Non credo che sia prudente," obiettò il capitano "dato che conduce al tempio del dio dell'aria, niente di più naturale che vi siano delle correnti..." "Potremmo penetrare nel tempio e prendere di sorpresa gli assediati" propose il sergente Manuel. "Io penso che sia meglio aspettare questa notte" opinò il giovane Raul... "Ecco, bravo!" approvò il capitano Squacqueras. "Aspettiamo la notte... La notte porta consiglio e il consiglio potrebbe essere quello che è meglio lasciare perdere e andarcene via di qui... Intanto, tenete d'occhio i prigionieri che non scappino... Da queste parti, la tentazione di scappare è forte, fortissima, direi quasi che è contagiosa... Andate e, in quanto a voi..." Si rivolse agli incas: "Machilei, bambu, tanchini, paraguai, sakanali" disse. "Cosa avete detto?" "Non lo so" rispose il capitano. "Quando parlo incaico non mi capisco..."

Voi non siete abbastanza robusta per condurre questa esistenza..." "Volete provare la vostra forza con me?" proruppe Giovanna. "Avanti, giovanotto, fatevi sotto..." Così dicendo Giovanna sedette su uno sgabello e appoggiò il gomito del suo braccio destro sul piano del tavolo, disponendosi come per una sfida a braccio di ferro. "Ma è ridicolo!" protestò Morgan. "Vi dico di provare!" insistette Giovanna. "Tanto per darvi soddisfazione" acconsentì Morgan. Sedette davanti a Giovanna e afferrò la mano della vecchia con la sua. "Pronti?" domandò. "Pronti!" rispose Giovanna, tranquillamente. Così dicendo la vecchia, con una energia che nessuno avrebbe potuto mai sospettare in così fragile corpo, e nonostante la strenua resistenza di Morgan, riuscì a far toccare al dorso della mano dell'erculeo corsaro il piano del tavolo. "Corpo di mille squali!" esclamò Morgan stupito. "L'ha buttato giù" esclamò Barbanera, con ammirazione. "Come avete fatto?" domandò il capitano Kid. "Niente di straordinario" rispose modestamente la vecchia. "Avete mai sentito parlare di quel famoso giocatore chiamato 'l'uomo dal braccio d'oro'? Ebbene, io sono 'la donna', anzi 'la nonna dal braccio di ferro'... così mi chiamano in tutta la contea..." "Lo ammetto," disse il capitano Kid "siete forte... Ma non potete ugualmente far parte della Filibusta... Non sapete nemmeno tirar di spada..." Con un rapido gesto Giovanna portò la mano all'elsa del suo spadone che sguainò, e cadde correttamente in guardia, come se si fosse trovata sulla pedana di una sala d'armi. "In guardia, giovanotto" disse con semplicità. "Ma... Cosa volete fare?" Giovanna lo minacciò con la punta della sua spada, mentre il capitano Kid indietreggiava. "Volete mettervi in guardia, sì o no?" insistette. "O preferite che del vostro ventre faccia un fodero per la mia spada?" Il capitano Kid per difendersi da Giovanna che lo incalzava fu costretto a trarre dal fodero la spada e a scostare la lama della nonna del Corsaro Nero, iniziando così una schermaglia con la vecchia. "Ehi!" disse. "Andateci piano con quell'arnese... Non è un ferro per lavorare a maglia..." Giovanna rispose saggiando con la sua lama quella dell'avversario. "Io la maglia la faccio, ma soltanto con il filo di acciaio... Infatti non mi fido dei giachi di maglia che vendono gli armaioli di Milano... Attenzione! Para questo colpo segreto, se puoi!" Così dicendo lanciò qualche cosa alle spalle del capitano Kid. Si sentì come un tintinnio di monete. Il capitano Kid si voltò istintivamente. "Oh!" esclamò "mi sono caduti i soldi..." Così dicendo si voltò e si chinò per raccogliere delle monete. Giovanna ne approfittò per andare fulmineamente a fondo, bucando con la punta della sua spada le terga dell'avversario. "E voilà!" disse Giovanna. Il capitano Kid si portò le mani alla parte colpita, gridando: "Ah! Toccato! Toccatissimol" Mentre il capitano Kid si stropicciava energicamente la parte lesa col palmo della mano e Giovanna si appoggiava trionfante all'elsa del suo spadone, il Corsaro Nero le si avvicinò domandandole: "Ma, nonna, come avete fatto? Il capitano Kid è la lama più fine di tutta la Filibusta!" "Gli ho lanciato, come puoi vedere, un cartoccetto pieno di soldi... L'avversario, abitualmente, credendo che siano caduti a lui, si volta per raccoglierli ed io... Là! Questo colpo infatti si chiama il colpo del cartoccetto..." "Ma alla pistola, cara vecchietta, non sareste capace di cavarvela con la vostra vista!" insinuò il feroce Barbanera. "Davvero?" esclamò Giovanna. "Sareste capace voi di colpire una moneta al volo?"

le domandò, parlando uno spagnolo abbastanza comprensibile. La faccenda di essere chiamata vecchia pallida da un selvaggio impermalì Giovanna che fu pronta a rispondergli: "Meglio essere pallida che con la faccia rossa e dipinta come la tua!" Quindi indicando il nostromo Nicolino con il mento: "Come avete intenzione di cucinare quell'uomo?" domandò. "Allo spiedo, vecchia pallida" rispose il Cacicco. Giovanna abbozzò una smorfia di disprezzo. "Peuh!" esclamò. "Che cucina primitiva! Io, se fossi in voi, lo cucinerei in tutt'altro modo..." "E in che modo?" domandò il Cacicco, incuriosito... "Ci sono mille maniere per cucinare il nostromo... Io, però, penso che la ricetta migliore sia quella chiamata: 'nostromo arrosto alla moda'." "E come faresti, vecchia pallida, a cucinarlo in questa maniera?" "È facilissimo" rispose Giovanna."Si prenda un nostromo e dopo averlo aperto e pulito come si deve, lo si disossi completamente..." "Ma io non voglio essere disossato completamente!" protestò Nicolino. "Le ossa servono! Altro che, se servono!" "Zitto, arrosto!" gli dette sulla voce il Cacicco. Quindi, rivolto a Giovanna: "Seguita pure, vecchia pallida..." "Dunque, dopo averlo disossato completamente farcitelo con un ripieno fatto delle sue stesse interiora e di prosciutto di porco selvatico tritati, pane grattato, cinque o sei grossi pizzichi di pepe, un grosso pugno di sale, tre o quattro pizzichi di noce moscata, due pugni di carne secca e un pugno di erbe aromatiche..." "Qui, fra pizzichi e pugni, mi riducono un 'ecce homo'!" esclamò Nicolino. "Aggiungete quindi sette od otto spicchi d'aglio..." "No, l'aglio no, non lo digerisco!" protestò Nicolino. "Zitto, arrosto!" gli impose il Cacicco. "Continua, signora pallida" disse in tono molto più gentile di prima a Giovanna. "Una volta che sia riempito per bene, lardellatelo con delle fettine di guanciale, e adagiatelo su un letto di cipolle e olio bollente... Fatelo cuocere a fuoco lento per tre ore, poi toglietelo dal fuoco e fatelo riposare per un'ora..." "Ma come volete che faccia a riposare su un letto di cipolle e olio bollente?" "Zitto, arrosto! E poi?" domandò il Cacicco, rivolto a Giovanna. "E poi non resta che circondarlo di patate arrosto che se non mi sbaglio sono un prodotto locale e servirlo in tavola. La dose è per venti persone... Vedrete che mangiarlo sarà proprio un piacere!" "Sarà un piacere per voi, ma non per me!" blaterò Nicolino. "Silenzio, arrosto!" "Questo qui che continua a chiamarmi arrosto, mi dà fastidio!" bofonchiò Nicolino di pessimo umore. Il Cacicco stette a pensare un momento leccandosi le labbra, poi sul suo viso apparve un'espressione di diffidenza. "I visi pallidi" disse "hanno la lingua biforcuta. Forse carne cucinata così diventa velenosa..." "Datemi un maiale selvatico ed io lo cucinerò come ho detto e lo mangerò" propose Giovanna. "In tal modo avrete la prova che il 'nostromo arrosto alla moda' non può far male." "E invece fa male, malissimo!" esclamò Nicolino, rivolto agli indiani. "Ricordatevi che non mi avete comprato al mercato, mi avete trovato nel bosco... Io non sono un nostromo mangereccio, sono un nostromo velenoso..." "Silenzio, arrosto!" "E dagli!" esclamò Nicolino. Il Cacicco senza più esitare si rivolse ai due selvaggi che erano accanto a lui. "Si faccia la prova con il maiale selvatico!" ordinò. I due si allontanarono, mentre Nicolino disperato esclamava: "Tutta colpa di quel dannato Trencabar! Ah, se avessi a portata di mano qualcuno di quei maledetti spagnoli che hanno affondato la Tonante!"

Tranquillizzato dal fatto che sia la porta che la finestra erano ben guardate, il Viceré prese ad aggirarsi per la camera abbastanza soddisfatto. "Effettivamente, questa stanza fa molto meno paura dell'altra" disse allegramente. Andò verso la finestra per accertarsi che avessero collocato le sentinelle sotto di essa e si trovò faccia 11. Giovanna a faccia con Giovanna che avanzò verso di lui con la spada nuda in mano. Don Miguel allibì. "Ancora la vecchia?" esclamò con voce soffocata. "Non tanto vecchia!" sogghignò Giovanna, mentre anche Battista e Jolanda uscivano dai loro nascondigli. "Sono ancora abbastanza giovane per farvi a pezzetti, maledetto Trencabar!" "Non... non trovate che sono abbastanza piccolo per essere ancora frazionato?" balbettò il Viceré, indietreggiando. Ripensò a ciò che gli aveva detto Giovanna ed esclamò: "Trencabar, avete detto? Ma io non sono il conte di Trencabar!" "Come, non siete il conte di Trencabar? E chi diavolo siete, allora?" "Don Miguel duca di Saragozza, y Beltramar, y Sevija Sevija Olé, y Guadalupa, Grande di Spagna e Viceré delle Colonie Spagnole del Nuovo Mondo!" "Non potete essere tutta questa gente" rispose Giovanna. "Ve lo giuro!" la assicurò don Miguel, afferrando un cofanetto, aprendolo ed estraendone frettolosamente delle carte che mostrò a Giovanna. "Ecco qua... Queste sono le mie credenziali... Questo il mio anello con il sigillo... E questo è il mio ritratto ad olio insieme con Sua Maestà Cristianissima il Re di Spagna..." "Ebbene," disse Giovanna, lanciando una rapida occhiata alle carte "se siete il Viceré, tanto meglio! Vi prenderò prigioniero e chiederò che mi sia consegnato Trencabar al vostro posto..." "Se è Trencabar che volete, non occorre una operazione così complicata" le fece osservare il Viceré. E con uno scoppio di odio nella voce: "Ve lo consegnerò io stesso questo maledetto Trencabar?" "Voi mi consegnerete il governatore di Maracaibo?" domandò Giovanna. "Con il massimo piacere!" sogghignò il Viceré. "Voi non potete immaginare quanto mi sia antipatico! E poi se la merita una buona lezione dopo l'orribile notte che mi ha fatto passare!" "Se mí consegnate Trencabar, non domando altro!" disse Giovanna. "Affare fatto!" esclamò il Viceré. "È nella sua camera... Venite con me..." Si avvicinò al pannello che copriva la porta segreta e lo fece scorrere. "Meglio andarci da qui..." consigliò rivolto ai tre. "Fuori ci sono le guardie e non vorrei per nessuna cosa al mondo che vi fermassero..." Il governatore di Maracaibo si era appena messo a letto nella sua stanza, e stava per soffiare sulla candela, quando il pannello scorse nella parete e don Miguel fece il suo ingresso nella camera. Il governatore lo guardò allarmato. "Cosa succede, Altezza? Non mi verrete a raccontare che avete visto ancora la vecchia..." "Non solo l'ho vista," rispose il Viceré con aria pienamente soddisfatta "ma adesso la faccio vedere anche a voi... Eccola qua..." Si trasse da parte e Giovanna entrò avanzando verso il governatore. "Sì, conte di Trencabar, sono proprio io" disse con voce terribile."Seguitemi?" "Non vorrete assassinarmi" protestò il governatore. "Oh, no, vi farò impiccare, semplicemente..." "Un momento!" esclamò il Viceré. "Non sapevo che voleste impiccarlo, signora... Se lo avessi saputo non ve lo avrei consegnato..." "Ah, siete stato voi! Bella roba!" esclamò il governatore, disgustato. "In fondo," seguitò il Viceré "il conte di Trencabar è un gentiluomo e come tale gli spetterebbe la mannaia..." "Pure i miei nipoti erano gentiluomini eppure sono stati impiccati e i loro corpi utilizzati come semaforo..." "Bisogna anche tener conto delle esigenze del traffico, signora" disse il Viceré. "No, no, niente condanne a morte! Io, invece, proporrei un bel duello..." "E sia!" esclamò Giovanna. E rivolta al governatore: "Prendete una spada e difendetevi..." "Tanto," disse il Viceré strizzando l'occhio a Giovanna"un duello con voi equivale a una condanna a morte... Quindi per voi è lo stesso..." "Non tanto lo stesso!" ghignò il governatore di Maracaibo, riprendendosi e avvicinandosi ad una panoplia di armi. "Intendete dire che conoscete qualche colpo segreto?" domandò Giovanna. "Tanto segreto che non so nemmeno io come si usi" rispose Trencabar, tranquillamente. Quindi, ponendo la mano sull'impugnatura del pugnale che serviva da leva: "Meglio quindi usare questa..." "L'arma corta?" "No, la fuga" rispose il conte di Trencabar abbassando bruscamente la leva e facendo così cadere la saracinesca di ferro fra lui e gli altri. "No, la fuga" rispose il conte di Trencabar... Giovanna ruggì scagliandosi contro l'improvvisa barriera che si era frapposta fra lei e il suo nemico. "Traditore!" gridò. "Fellone! Mi ha giocato ancora una volta..." E rivolta al Viceré, a Battista e a Jolanda: "Voi aiutatemi a sollevare quest'accidente di saracinesca!" "Presto, seguitemi!" gridò il conte di Trencabar scendendo lo scalone a precipizio e rivolgendosi al capitano Squacqueras che era di guardia davanti alla porta dove l'aveva collocato poco prima il Viceré. "Giovanna la nonna del Corsaro Nero è nella mia camera!" "In questo caso" rispose il capitano "io vado nella mia!" "A che fare?" "A gettarmi un po'sul letto... Io sono come Francesco!... Dormo sempre alla vigilia di una battaglia per dar prova del mio sangue freddo..." E scappò di corsa verso il salone. "A me, soldati!" comandò il conte di Trencabar, rivolto alle guardie. Giovanna, aiutata dal maggiordomo, dal Viceré che ormai era passato completamente dalla sua parte e da Jolanda, si stava spezzando le unghie nel tentativo di sollevare la saracinesca. Ad un tratto esclamò con accento di trionfo: "Si solleva, si solleva!" La cortina di ferro, effettivamente, si stava sollevando, ma da sola, per rientrare nel soffitto. Alzandosi, però, scoprì una lunga fila di guardie schierate con gli archibugi puntati su Giovanna e i suoi. "Arrendetevi!" gridò Trencabar che stava dietro i soldati. Giovanna, che per sollevare la cortina di ferro aveva posato ín terra la spada, allargò le braccia. "Purtroppo," disse "non posso far resistenza..." "Impadronitevi di costoro, conduceteli fuori e fucilateli contro il muro di cinta" comandò Trencabar, rivolto al sergente Manuel. "Non vi sembra di esagerare?" domandò il Viceré, mentre i soldati circondavano i tre. "Bisogna dare un esempio!" rispose Trencabar. "Ve lo darò anch'io un esempio" disse freddamente Giovanna. "Vi farò vedere come sanno morire dei Ventimiglia..." E uscì dalla camera a testa alta, circondata dai soldati e seguita da Jolanda e dal maggiordomo. Il Viceré la seguì con lo sguardo, quindi scosse la testa. "Avrei preferito vedere come sa morire un Trencabar!" disse. "Andate, andate, conte, questa notte non avete fatto altro che darmi delle disillusioni!"

Pagina 157

Cerca

Modifica ricerca