Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Il ponte della felicità

219055
Neppi Fanello 2 occorrenze
  • 1950
  • Salani Editore
  • Firenze
  • paraletteratura-ragazzi
  • UNICT
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Sei poco più alta di me, e i miei vestiti dovrebbero starti abbastanza bene. - Ma non vorrei privartene. - Che dici mai! Ne ho tanti! Guarda, qui, - soggiunse, aprendo un armadio a intarsi e con le borchie dorate. - La mamma me ne fa sempre dei nuovi. - La sua voce aveva avuto una impercettibile inflessione ironica. Scelse un vestito di panno morello guarnito di martora, e lo fece indossare a Loredana. Poi condusse la fanciulla davanti allo specchio che occupava quasi una parete intera, e la fece sedere sopra una cassapanca dove stavano allineati parecchi oggetti da toeletta. - Voglio ravviarti i capelli. Come sono belli!... Sembrano oro filato! - le disse mentre il pettine passava leggero nella massa lucente che scendeva sulle spalle di Loredana. - Ecco! Ora smorziamo questo bagliore, - soggiunse, coprendo le morbide trecce con un cappuccio di panno morello come l'abito, e anche questo guarnito di martora. - Aspetta, che accenda la lucerna. Guarda: sembri una visione! - Un rumore di passi e un fruscìo di seriche gonne fece volgere il capo alle due fanciulle. La superba marchesa Violante era entrata. L'alta e snella persona procedeva eretta, e gli occhi, benchè grandi e belli, avevano un'espressione dura e imperiosa. - Che c'è, Teodora? - chiese, senza curarsi di Loredana, la quale, intimidita, se ne stava a capo chino, col viso in fiamme. Non era la prima volta che sua figlia le portava in casa delle pezzenti, e tutta la sua severità non era riuscita a guarirla di quella mania. - Mamma, la poverina era caduta nel canale mentre cercava di salvare un bambino.... È la figliuola del pittore Lorenzo Sagredo, - aggiunse in fretta, nell'intento di rabbonire la signora. Infatti, l'espressione del viso della marchesa Violante si raddolcì alquanto. Si avvicinò a Loredana e la considerò attentamente. Sembrò soddisfatta di quell'esame, perchè sulle sue labbra fiori un lieve sorriso. Teodora, trepidante, lo vide, e capì che la partita era vinta. Prese allora il quadretto, e porgendolo alla madre: - Guarda, mamma: anche lei è pittrice. Questo quadretto lo ha eseguito in questi giorni. Dovresti farlo vedere ai nostri amici. - La marchesa prese il piccolo dipinto e disse: - Ben volentieri. Adesso vi lascio. Questa giovinetta l'affido a te, Teodora. Sii la sua piccola amica.

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Così, nell'incessante lavoro e nel reciproco aiuto, la loro vita scorreva abbastanza serena. Ma, dove era in quel tempo la squadra veneta? La battaglia contro i Turchi aveva avuto luogo?... E quale ne era stato il risultato? Domande che i due naufraghi si rivolgevano spesso. Alvise, inoltre, pensava al padre, a nonna Bettina, a Loredana. Che cosa facevano i suoi cari? Invocavano il suo ritorno o piangevano la sua morte? Mentre la zattera procedeva mollemente cullata dalle onde, Alvise lasciava che la nostalgia cullasse il suo tenero cuore. Qualche volta tornava da Agnolo, con gli occhi rossi nel viso dimagrito e bruciato dal sole e dal vento salmastro; ma bastavano poche parole buone del suo compagno per rincorarlo e infondergli fiducia nell'avvenire. Per fortuna la stagione si era mantenuta buona. Solamente qualche giorno prima il cielo si era rannuvolato e la pioggia era caduta monotona e insistente per ventiquattr'ore. Sembrava, quella pioggia, l'addio accorato dell'estate. Il sole, tornato nel cielo di un pallido azzurro, aveva illuminato il mare improvvisamente scolorito. Solo la vegetazione delle dune e le foglie dell'albero apparivano più verdi e lucide dopo quell'acquazzone. All'alba e al tramonto l'aria cominciava a farsi pungente e già aveva il mesto sapore dell'autunno. Che ne sarebbe stato dei due naufraghi quando il maestrale, e le raffiche della pioggia sempre più fitte, e le brume sempre più dense avessero avvolto l'isola? Quando le verdi foglie dell'albero fossero ingiallite e la pispigliante tribù dei pennuti dispersa in cerca di lidi più clementi? Ma nel chiaro mattino di fine estate era dolce vogare, cullati dalle onde leggiere, sospinti dalla tepida brezza. E nel cuore di Alvise ferveva un grande amore, per le cose e per gli uomini. Egli andava, andava, sulle ali dei suoi giovani anni, e gli pareva di compiere viaggi sognati in giorni lontani, viaggi ammalianti che, pur percorrendo tutte le strade del mondo, lo riconducevano sempre alla sua città benedetta. Eccolo lì, il leone di san Marco che sventola sul pennone di fortuna della zattera, vicino alla piccola vela bucherellata! Gli bastava di alzare gli occhi su quel fragile lembo di patria perchè tutte le cose, mare, cielo, scogli e spiaggia, assumessero uno splendore insolito. Lo avresti creduto tu, piccola Loredana lontana, un simile miracolo, mentre la tua mano dipingeva l'emblema dell'Evangelista sullo sfondo turchino? Immerso nei suoi pensieri, il giovane non si accòrse che stava per doppiare la punta della scogliera e avvicinarsi alla loro piccola rada sabbiosa. Si era dimenticato di lanciare il solito richiamo all'amico intento certamente ad ammannire il frugale pranzo. - Agnolo, Agnolooo! - gridò con tutta la forza dei suoi capaci polmoni. Nessuna voce rispose al suo appello. Sorpreso e inquieto, Alvise afferrò una specie di remo giacente nel fondo della zattera, e con poche bracciate spinse l'imbarcazione ad arenarsi sul lido. I suoi occhi corsero subito alla grotta; ma Agnolo non c'era. Lo scoprì poco dopo, addossato agli scogli. Con grande fatica si era trascinato fin là e stava fissando un punto lontano. Nella luminosità cristallina dell'orizzonte si profilava una galea. La prora era rivolta verso l'isolotto e le vele, tutte spiegate, sembravano di una leggerezza irreale. - Agnolo! Agnolo! - mormorò Alvise, mentre Lo scoprì poco dopo, addossato agli scogli. sentiva il cuore battergli in gola. - Iddio ci assiste: saremo liberati, Alvise! - rispose il marinaro. E le sue chiare pupille si velarono di lacrime. - Quando credete che la galea giungerà qui, Agnolo? - chiese Alvise, afferrato da una grande impazienza. Avrebbe voluto gettarsi in mare e a forza di braccia andare incontro alla nave salvatrice. - Figliuolo mio, potrà esser qui verso sera, purchè il vento non cada. - Tanto tempo impiegherà?... - disse Alvise, deluso. - E se frattanto sopraggiunge la notte, la nave passerà senza vederci. - Non temerlo. Quando il sole tramonterà, accenderemo un bel fuoco per richiamare la sua attenzione. - Vado subito a raccogliere degli sterpi e delle alghe secche. - Piano, piano, Alvise! - mormorò il marinaro, sorridendo all'impazienza del giovane. - Aiutami piuttosto a scendere da questi scogli. Consumeremo prima il nostro pasto, poi penseremo al da farsi. - Il cibo era pronto e saporito; l'appetito non mancava; eppure Alvise non riusciva a inghiottire nulla. La commozione e l'orgasmo gli stringevano la gola e pareva lo soffocassero. Teneva il viso rivolto al mare, verso quella nave che per la sua lontananza sembrava ancora tanto piccina, e che pur conteneva, nel sue scafo leggero, un mondo intero di care speranze. E la muta, ardente preghiera delle mani incrociate sulle ginocchia lo accompagnava sull'immensa distesa lucente.

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