Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Le belle maniere

179889
Francesca Fiorentina 6 occorrenze
  • 1918
  • Libreria editrice internazionale
  • Torino
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Che fate voi stesse quando non vi vedete abbastanza curate, osservate, quando vi càpita qualche contrarietà? Musoneria su tutta la linea. Chi sa, allora, quando sarete vecchie! Io vi dico questo per mettervi in buone condizioni di spirito verso le povere creature curve e tremanti. La nonnina! Quante volte avrà preso le vostre parti, vi avrà fatto barriera del suo piccolo corpo malfermo contro la giusta collera paterna! Quante volte la sua voce avrà tremato di commozione intessendo le vostre lodi! Quante lagrime, calando, si saranno incontrate con le sue parole, che guidavano le vostre piccole voci balbettanti! Fanciulle mie, se il vostro cuore non è duro, dovete amare chi s'avvia assorto verso l'ombra, voi che, spensierate, andate verso la luce. Sì, i difetti - chi non ne ha? - si saranno un po'inaspriti con gli anni, come si sono infossate le guance e approfondite le rughe; ma pensate quante lagrime devono aver solcate quelle guance, quante contrazioni dolorose devono aver scavate quelle rughe. Pensate quanto bene avranno sparso attorno a sè quelle creature ora un po'trascurate, e quanto male avranno ricevuto! Hanno alimentato i figli gocciando dal cuore stille di pianto e di sangue; e il cuore è rimasto secco, nè, spesso, lo ammorbidisce il conforto. Siate voi, fanciulle, la rugiada benefica per quelle povere anime inaridite. Un soldo di carità è un nulla per un ricco; una sodisfazione in dono è un nulla per voi che ne avete tante. Fuori il sole vi chiama, la primavera vuole che il vostro canto si riversi in quello di tutta la natura esultante, la vostra amica v'ha pregate d'andare a casa sua, chè ha tante novità da comunicarvi o qualche cosetta da farvi vedere; ma la vostra nonnina un po' indisposta, rimarrebbe sola in casa; il sole che splende fuori è troppo lontano da lei, che, per riscaldarsi, ha bisogno del tepore del vostro corpicino, del raggio che parte dal vostro sorriso, dell'affetto vostro, delle vostre cure, in cui la povera vecchina si rannicchia, si crogiola, come facevate voi, piccine, nelle sue braccia. Le feste? Non ce n'è una sola che vi lasci nel cuore quell'intima gioia cui vi può dare uno sguardo tremulo di riconoscenza. Se resterete con la nonnina, ella interromperà il corso alla sua melanconia, per le vostre parole sentirà nella vecchia anima battere qualche suo dolce sentimento d'un giorno lontano, come un vecchio tronco che, accanto a un arboscello rinverdito, in un mattino d'aprile, senta correre nelle secche fibre un improvviso risveglio di giovinezza; crederà di rivivere in voi, per quel soave calore che le circolerà nel sangue al contatto della vostra tenerezza, e si chinerà, grande di riconoscenza, davanti alla sua fata gentile. Triste, invece, è la casa dove i vecchi sono relegati come un mobile inutile in un cantuccio a cui non giunge mai un raggio della luce vicina. Alcuni vecchi sono brontoloni, sì; altri sono egoisti; ce n'è dei sordi, con cui bisogna alzare la voce e scandire le sillabe; dei deboli di vista, a cui dobbiamo servire da occhiali. Alcuni saranno stati così, altri saranno divenuti; voi non dovete saperlo. Chè, se anche il loro passato fu inutile e vuoto, in loro dovete rispettare la vecchiaia, in sè; e vecchiaia v'ho già detto che cosa significa. Ricordatevi che i vecchi sono una vita; e in una vita c'è sempre un insegnamento, in ogni passato c'è sempre un dolore, molti dolori. No? C'è, se non altro, la privazione della gioia, poichè le anime vane non provano dolcezze. Compatite chi ebbe questo passato. Ogni attimo presente porta con sè un futuro; pensate che il futuro della vecchiaia è la morte, e inchinatevi a questa cosa immensa, terribile, divina. Quasi ogni vita di vecchio è germe d'una, di più giovani vite, e ha dato goccie del suo sangue, aneliti della sua anima ad altri, che, rinnegando i loro vecchi, soffocherebbero gran parte di sè. Pensate che la gioia negata alla madre di vostra madre, al nonno cadente, o il sacrifizio non fatto oggi per loro saranno forse inutili domani. Quanto strazio, allora, nel vostro rimorso:"E' troppo tardi". Pensate infine un'altra cosa:se vivrete - e Dio ve conceda! - diventerete anche voi vecchie. Non vi spaventate. La vita dello spirito - se l'avrete vissuta intensamente - vi darà gioie non illusorie, più che vere, anche nella vecchiaia: non siamo pagani, noi, da rattristarci al pensiero dell'età matura, e poi, come Alessandro Manzoni, siamo disposti a invidiare i più giovani per un motivo solo, perchè non hanno ancora avuto tutto il tempo che ci vuole per commettere molte corbellerie. Comunque, chiudete gli occhi, e immaginatevi un po'coi capelli bianchi, con molte rughe sulle gote, con la schiena curva, il passo strascicato, la voce bisciola, gli occhi opachi, le labbra svivagnate... Vi nascondete il viso fra le mani? E' nulla, care mie! Se, oltre tutto questo, vi vedeste disprezzate, trascurate, forse derise, che fareste? Preghereste Dio di prendervi presto con sè, di risparmiarvi l'ultimo crollo di tutte le illusioni. Immaginate un pensiero come questo dietro la fronte di ciascun vecchio, e il cuore vi dirà che cosa dovete fare. Io non voglio mettermi al posto del vostro cuore, perchè la mia prèdica sarebbe troppo fredda in confronto al dolce bisbiglio del suo ticchettio.

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E voi non li salutate neppure, non li ringraziate se vi fanno un servizio, come se fossero ricompensati abbastanza anche per le sgarberie sofferte per voi; e, se date loro una mancia, gliela fate cadere dall'alto. Non tutte, no! qualcheduna. Ma io vorrei che tutte, invece, vi metteste d'accordo a essere gentili, a trattar bene chi v'insegna, a rispettare la scuola ch'è la vostra seconda casa, a volervi bene fra voi compagne, a incoraggiarvi nel compiere il vostro dovere, a darvi la mano lungo il cammino che assieme percorrete, avviandovi verso un avvenire forte e sereno, di cui la speranza ride a'vostri giovani cuori.

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Lei si crede intelligentissima e dubita di non mostrarlo abbastanza; s'attribuisce una bellezza meravigliosa e teme di velarla; ha la velleità di voter possedere una pronunzia infallibile, e ha soprattutto la sicurezza d'essere proprio lei il centro dell'universale attenzione. Pròvati, Giuliana mia, a cominciare un discorso fra molte persone, così alla buona, come parleresti in famiglia, e poi, a un tratto, immàginati che tutti stieno ad ascoltare te sola, che guàrdino te, che osservino la tua pronunzia, i tuoi gesti. Patatrac! Non saprai più azzeccarne una buona:le mani ti peseranno sulle ginocchia come un impaccio qualunque, ti si farà una confusione nella mente, e le parole ti s'appallottoleranno in una maniera pietosa. Questo avviene a quella signorina ch'io conosco, la quale ha pure la smania d'umiliarsi per essere esaltata. "Sono così sciocca! . . . vorrei esser bella, ma purtroppo. . . ". Ma una volta gliene capitò una carina davvero. Un signore, serio e schietto, a cui certe ipocrisie accartocciavano i nervi e quel fare melenso faceva venire il latte a' ginocchi, al sentirsi dire, con una voce smorente fra un pallore e un arrossamento repentini: - "Lei sa parlare così bene! Chi sa che cosa dirà di me, che non so spiccicar due parole come si deve! " - non potè trattenersi, e le spifferò il suo"te la do io! "lasciando scivolare tranquillamente la risposta: - Non è mica necessario essere degli oratori! Del resto lei è una donna, e certe deficienze può compensare con altre intime virtù che non appaiono a prima vista. Le ci voleva! La falsa modestia della signorina le suggerì di riparare alla sua sconfitta, dando una solenne smentita; ma le parole che le vennero sulle labbra uscirono con un gorgoglio di rabbia e di rancore, e sembrarono cincischii d'un balbuziente. Così a te, Giuliana, come a quella tal signorina, io vorrei insegnare un segreto efficacissimo a darci quella sicurezza spontanea ch'è di grande aiuto nelle nostre azioni e ne' nostri discorsi. Non ricordatevi troppo di voi, nè per pensare bene, nè per giudicarvi male; fate come l'ondina del mare, che si perde nell'infinita massa acquea, e talvolta trae dai raggi più vivo luccichìo e tal altra lo cede alla compagna vicina, e ora si solleva e ora ricade giù perchè un'altra la superi, e non s'illude che il sole debba illuminare lei sola o che sempre a lei tocchi d'innalzarsi su tutte. Perchè i vostri occhi sono sempre fissi su di voi, credete che tutti gli altri occhi debbano prendervi di bersaglio ma se cesserete di guardarvi con tanta compiacenza, vi libererete nello stesso tempo da quella stolta illusione che grava su di voi come un incubo e, con la semplicità spontanea, ritroverete la franchezza delle azioni, impacciata prima dalla mania di scambiare per giudice ogni vostro simile. Ma non vorrei che le mie fanciulle mi fraintendessero. Io son del parere che uno zinzino di timidezza nella donna, e specialmente nella donna ancora in boccio, non disdica affatto; anzi direi che una donna, senza quel certo granello di peritanza, è come un uomo senza forza, come un bimbo senza purezza. Il pronto affluire del sangue alle guance d'una fanciulla sorpresa nella sua ingenuità è naturale come lo scatto violento d'un uomo offeso nell'onore d'una cara persona. E io, mentre tento di riscuotere quelle di voi, fanciulle, che troppo si lasciano vincere dalla loro timidezza ammiro le altre che la limitano a un gentile riserbo, a un freno puramente fisico dell'animo ancora inesperto, ma consapavole di se stesso e della propria inferiorità di fronte ad altri, a una delicata titubanza, ch'è d'aiuto nel vigilare i propri atti e nel fortificare il proprio animo contro le cattive tendenze. Questo sia, o Giuliana, il tuo pudore; ma non eccessivo a tal punto da divenire dannoso.

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Davanti alla finestra, che aveva tende di mussola candida, era una tavola ricoperta d'un tappeto chiaro e abbastanza ampia per contenere una bella allineatura di libri, schierati all'orlo con ordine e perfino con una certa armonia di colori, e per lasciare un largo spazio libero alla studiosa. Un quaderno di sunti, su cui forse la giovinetta scriveva prima d'uscire, era restato aperto; e dalle sue pagine limpide, senz'orecchie e sgualciture, una scrittura rotonda, uguale, chiara m'invogliava a leggere. Lo stile piano, uniforme corrispondeva alla nitidezza del quaderno. Alla parete a mancina della finestra era appesa una scansia, dalle cui assicelle pendeva una lista di tela iuta ricamata in lana celeste:e non si sapeva s'essa abbellisse i libri o ne fosse abbellita. Sotto la scansia, un tavolino sosteneva una macchina da cucire a mano e un cestello, dove i rocchetti bianchi e neri sembravano tanti soldatini schierati gli uni contro gli altri, in mezzo a cui scintillavano, armi innocue, le forbici, il ditale, l'uncinetto e un agoraio di metallo. Dall'altra parte della finestra c'era il cassettone di noce con marmo candido, su cui era posato uno specchio a bilico. Nel corsello del letto, da un attaccapanni di legno, pendeva un grembiulone a quadretti bianchi e turchini; al fondo un portacatino di ferro lucido, con la sua catinella e la sua brocca di porcellana e il suo asciugamano ripiegato a striscia e ben disteso. Un raggio di sole, entrando per lo spiraglio delle tende, ravvivava un mazzolino di mammole pioventi da un alto vasetto di cristallo. Era in ogni mobile una semplicità quasi rudimentale; ma ogni mobile aveva una sua fisionomia particolare, pur non stonando affatto con quella degli altri; c'era, fra essi, una specie d'affiatamento, c'era, direi, l'aria di famiglia. Tutte queste cose materiali parevano avere un'anima che togliesse loro la superficiale banalità per renderle strumento di gioia, di tenerezza, di melanconia, di poesia, di raccoglimento. La padroncina a quegli oggetti doveva aver dato molto di sè; tanto che in essi io ci vidi molto di lei. E l'intuizione mia s'ingannava così poco che, quando una voce dall'uscio mi riscosse con un timido"mi scusi", nella giovinetta che m'apparve davanti credetti di vedere una mia conoscenza antica, di cui que' pochi minuti scorsi nell'attesa m'avessero risvegliato il ricordo. La mia allieva era veramente come la sua cameretta me l'aveva rivelata:anche nella sua mente le idee avevano il loro posto, la stessa chiara limpidità di que' semplici oggetti, e, com'essi, erano puri e senza macchia i sentimenti della candid' anima giovanile.

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Su questo punto non insisterò mai abbastanza, figliole mie! Quanti fronzoli ch'io vedo indosso a giovinette appena agiate racconterebbero storie dolorose! Si può essere semplici e, aiutandoci con mille piccole arti note soltanto a noi donne, sembrare eleganti. Un'acconciatura modesta e graziosa, non deturpata da pettinini con coste auree o brillantate o da altri ninnoli inutili, un vestitino di mussola di poche lire sotto la vostra faccetta sorridente e rosea possono inspirare il pennello dello stesso pittore che arriccerebbe il naso davanti a un accozzo di tinte vivaci, a una rappezzatura di stoffe finissime, ma inadatte alla carnagione, alle fattezze, al sorriso. Una giovinetta dalle forme audaci si guarderà dall'indossare un abito celeste molto increspato, che invece donerà a una magra; la bruna sceglierà per una sua camicetta una sfumatura canarina o un bel porpora; mentre capelli biondi e carnagione bianca spiccheranno sopra un viola o un rosa pallido o sulle tinte scure. Le sfumature sono il gran segreto dell'eleganza; e vi ripeto che io per eleganza non intendo"lusso", ma "ciò che è scelto; "nè scambio il bello coll'appariscente. A chi sa questo segreto riuscirà l'accordare anche i colori che a prima vista ci sembrerebbero più cozzanti:il cielo ha talvolta certi effetti di lute che, a chi li osservi, possono servire di guida. Tutte, brune e bionde, si guarderanno dalle fatture complicate, pesanti di guarnizioni, esagerate nella ricerca della moda. L'esagerazione è nemica giurata del buon gusto; nè la moda è così tiranna da non lasciar sempre una scappatoia. Immaginatevi una faccia da luna piena, sul cui centro si posasse, come trasportato lì dal vento, un cappellino microscopico; sembrerebbe di vedere una ghianda madornale scappar fuori dal suo minuscolo calice. E nemmeno una piccola e tozza figurerà con sulla testa un areoplano di quelli che si usavano due o tre anni fa, chè parrebbe un fungo porcino. L'ordine e l'armonia sono fratelli del buon gusto, figliole mie:perchè voi siate vestite esteticamente bene, bisogna che formiate un tutto armonico dalla cima del cappello alla punta delle scarpe. M'è accaduto di giudicare sprecato un grazioso cappellino sopra un abito trasandato e viceversa, e, soprattutto, di condannare a morte l'eleganza d'una signora, perchè la calzatura lasciava molto a desiderare sotto il lusso della toeletta. Ma vorrei che vi persuadeste di questo:che il buon gusto nell'abbigliamento - come nel resto - consiste non in un qualunque accozzo di oggetti separatamente belli, ma nella sapiente unione di parti che formino quel dato complesso, direi, proporzionato e, specialmente, nel raggiungimento del fine col minimo dei mezzi. Così è bella una pittura che ci comunichi immediatamente una particolare commozione, senza che noi siamo costretti a cercarla in mezzo alla confusione di colori e di forme; è bello uno stile conciso, da cui il pensiero balzi nitido e non si perda in un labirinto di frasi e d'immagini; è bello un gesto della persona, che sia la rapida espressione del sentimento e ottenga l'effetto voluto. Conclusione? Se non possedete un buon gusto istintivo, acquistato da natura, per uno speciale temperamento o per eredità, formàtevelo procurandovi delle senzazioni estetiche per mezzo, specialmente, della vista e dell'udito, che dovete tener ben aperti alle bellezze naturali e artistiche che vi circondano. Per voi, generalmente, la vista non è che un mezzo meccanico d'accogliere l'immagine puramente esteriore delle cose; ma deve, invece, trasformarsi via via in un mezzo cosciente e pel quale gli oggetti acquistino ai vostri occhi un valore particolare, personale, e vi comunichino una sensazione non completamente estranea alla vostra sensibilità, alla personalità vostra. Non abituatevi, insomma, a dir bella una cosa perchè l'avete sentita dir tale o ad arricciare il naso davanti a un'altra perchè qualcuno, forse meno intenditore di voi, espresso il suo disgusto per essa. Sarebbe inutile che Dio v'avesse dato un bel paio d'occhi vostri, se poi doveste ricorrere a quelli degli altri per l'uso migliore! Più cose belle vedrete e udirete, più il vostro gusto acquisterà una certa virtù di selezione, e più s'affinerà in essa. Ve lo consiglio per bene di voi tutte, a cui la vita sarà piu dolce, piena e complessa; perchè con l'educare il gusto, non solo riuscirete a ornarvi esteriormente d'abiti e d'oggetti graziosi, ma, senz'avvedervene, eleverete il cuore e l'intelligenza, innamorandoli di quanto v'è di più eletto e gentile.

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Se poi vi sorprendesse lo zio, al quale non sembrate mai abbastanza serie! All'arrivo d'una visita, tanto più se di persone anziane, scivolereste via volentieri per correre a far confondere la vecchia domestica o per giocare a rimpiattino co' fratellini; e dovete rimanere lì a sorbire le interrogazioni sui vostri studi, sui lavoretti d'ago, sulle vostre inclinazioni più prepotenti. Ufff! Almeno la mamma parla di quel che vuole, rivolge domande e non risponde soltanto, esce quando le garba, va a letto - più o meno - quando le pare, rimprovera senz'essere rimproverata. Sì, l'ho detto è un'età difficile perchè di passaggio; ma se sapeste quanto la rimpiangerete in avvenire! Ora pùllulano in voi i germi che schiuderanno poi nella fioritura da voi stesse preparata; ora s'agitano in voi, mescolate, le inclinazioni cattive e le buone. A voi l'ufficio di prepararvi lo splendido rigoglio, a voi la saggia scelta del bene. Questo per la vita futura; ma, per regolarvi in quella che ora vivete, per risolvere le incertezze sul vostro contegno, bisogna che ricorriate al buon senso, che l'abbiate sempre davanti, come la bussola i marinai. Attorno al vostro buon senso, per raffinarvelo, per ingentilirvelo, molti hanno lavorato prima di voi e con voi:i vostri studi sarebbero ben vana cosa, se non v'avessero condotte alla percezione netta della misura, del confine che non si può oltrepassare. In ciò consiste il buon senso, ch'è maestro accorto e sottile di gentilezza, di bontà, di tatto, che non inganna mai ne' consigli susurrati al vostro orecchio e che, se voi lo seguite, vi sa guidare sicuro nell'intrico delle vostre aspirazioni malcerte, delle vostre facoltà morali, de' desidèri confusi. Date retta agli avvisi dell'esperto direttore, e saprete quando vi tocca di muovervi, quando di frenare la vostra vivacità, quando v'è lecito parlare o tacere, far le sorde o capire per due, con chi contenervi, con chi rilasciarvi liberamente; non v'ingannerete sul significato di certe parole, sull'importanza di certi sguardi, sulla verità di certe lodi, e vi risparmierete umiliazioni e disinganni.

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