Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbastanza

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La giovinetta educata alla morale ed istruita nei lavori femminili, nella economia domestica e nelle cose più convenienti al suo stato

192642
Tonar, Gozzi, Taterna, Carrer, Lambruschini, ecc. ecc. 4 occorrenze
  • 1888
  • Libreria G. B. Petrini
  • Torino
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Sembrandole poi di non adoperarsi abbastanza in aiuto degli infelici, ricoverò nella sua abitazione alcune donne ammalate, ch'ella medesima assisteva. Insomma, consumò in elemosine ed in altre opere di carità le proprie ricchezze. Volendo nondimeno continuar a prestar soccorso agli indigenti infermi, vendette i suoi arredi preziosi, e fra essi la tabacchiera che avea avuta in dono dall'imperatrice. In tal modo raccolse una somma, con cui mantenne un numero doppio di ammalati. Allora le stanze non bastavano ad alloggiare i miseri che andava raccogliendo; prese pertanto una casa pigione, e in questo modo allarga il suo spedale. Le spese, i travagli, le vigilie, la cura delle malattie schifose non valsero mai ad intiepidire l'ardor caritatevole del suo nobilissimo animo. Il principe Triulzi, vedendo nell'Agnesi tanta virtù, la nominò direttrice per le donne nel Luogo Pio da lui fondato a Milano. Essa fu contentissima di quell'incarico ; e per esercitar meglio il nuovo ufficio, trasportò nell'Ospizio Triulzi il suo domicilio. Qui stando alzata le notti intiere, assisteva le moribonde, apprestava soccorsi e si deliziava nel porgere consolazioni a quelle sventurate. Quindici anni passò l'Agnesi in così penose e lodevoli incombenze; e sì avea omai ottantun anni. Fu allora assalita da una grave malattia, e si pose a letto per non alzarsi mai più. Quante preghiere caldissime furono inviate al cielo! Quanti pianti si versarono per quella donna, che moriva nel bacio del Signore, che tutti nominavano un fiore di virtù, un prodigio di sapienza!

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Non pare compiuta la gioia di una festa, nè abbastanza gioconda la veglia fra i canti ed i suoni, se manchi loro il sorriso e la fragranza dei fiori. Nelle pubbliche pompe del culto, di fiori si fanno lieti gli altari, s'inghirlandano le sacre imagini, si ammantano le vie. E come i fiori si fanno interpreti dei lieti sentimenti nelle prospere vicende, nelle avverse si associano, per così dire, ai nostri dolori ; ond'è che di fiori si copre il feretro del bambino strappato alle dolcezze materne, di fiori si ornano le tombe dei cari estinti. Ed hanno un loro linguaggio i fiori ; linguaggio spontaneo ed imaginoso che dalle loro forme diverse e dai tanto vaghi e leggiadri colori mai sempre ti somministra ricca materia di alti pensieri e di nobili affetti. Amenissima sopra d'ogni altra è la coltivazione dei fiori d'appartamento e da finestra, le cui meravigliose arti non deve onninamente ignorare la bennata e gentile fanciulla.

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Rimedio abbastanza pronto si è il seme santo, dato in dose proporzionata, e poi una piccola porzione d'olio di ricino. Più efficace e potente riesce il calomelano, che vuol essere ordinato dal medico e con molta discrezione. In non pochi casi basta una decozione di corallina o di qualche altra pianta come la genziana, la ruta. Sempre poi che un bimbo vagisca e strida per dolori di ventre, si può ricorrere ad impiastri emollienti e calmanti , oppure a qualche clistere di decotto di malva, aggiuntavi a bollire una testa di papavero. Di altre e altre malattie che assalgono e attristano la vita nostra fino da' suoi primordi , si potrebbe parlare, ma sarebbe fuor di proposito. Quindi basterà il raccomandare altamente alle madri e alle nutrici che pongano la più solerte cura a prevenire colla giusta igiene le malattie dei bambini; e che si studino colla vigilanza più attAnta a ripararvi tosto , facendo senza alcun riserbo ricorso all'arte medica. Utile consiglio alle madri di famiglia si è pure il provvedersi annualmente di certe erbe, di qualche fiore che la provvida natura appresta in ogni parte a servigio dell'uomo. Questi fiori é queste erbe medicinali si fanno seccare all'ombra e si ripongono poi in vasi ben chiusi. La viola mammola che orna e profuma nella primavera le rive erbose dei prati ; e dei campi, è fiore da farne raccolta e da serbare. Allorché alcuno di casa ha bisogno di sudare, torna giovevole assai una tazza d'infuso, che si prepara con un pizzico di fiori di violette, su cui si versa l'acqua bollente, che si addolcisce con un po' di miele o di zucchero. Alla stagione che comincia a biondeggiare le messe, si fa raccolta nei campi dei rossi e copiosi papaveri selvatici, detti rosolacci che nascono frammisti alle biade. Nell'agosto si raccolgono i fiori del giallo e quesi panocchiuto verbasco o tassobarbasso, che per lo più cresce nei dirupi e nelle rive. E di quelli e di questi si preparano bevande adatte a promuovere il sudore ne'malati. I fiori del sambuco seccati e tenuti in serbo possono eziandio tornare vantaggiosi per prepardre impiastri, e colla decozione di essi a far bagni in alcuni casi. Anco la tenera corteccia e le foglie fresche di questa pianta possono venire a taglio in casi di risipola. Pianticella pure utilissima si è la malva, che nasce spontanea e abbondante in tutte le parti. I fiori, le foglie, gli steli, le radici stesse di malva servono a farne decotti attissimi per bagni e per clisteri. La cicuta che sorge in luoghi ombrosi, freschi, umidi e che ha foglie molto somiglianti a quelle del prezzemolo può, sebbene velenosa, venire in acconcio per farne cataplasmi, cuocendo nel decotto di essa un po' di farina di lin-seme, o di cruschello, secondo le prescrizioni del medico. L'orzo co'suoi grani, la gramigna, la fragola, la canna colla loro radice valgono ad apprestare altrettanti decotti, vantaggiosi in parecchie malattie infiammatorie. Nel modo stesso che la camomilla porge coi suoi fiori il mezzo per preparare e infusi, e suffumigi, e bagnuoli, e cataplasmi in altre non rare occorrenze. Nei prati all'aprirsi della primavera e nelle parti più umide si vede levarsi un'erba a fogliuzze frastagliate, che si adorna precocemente di fiori rotondi , giallo-lucenti e inodori. Or bene le foglie di quest'erba, detta ranuncolo, possono , pestandole, e applicandole alcun tempo sulla pelle, fare le veci di vescicatorio in caso d'urgenza. In ogni casa, anco di contadini, dovrebbe poi sempre tenersi in pronto una piccola porzione di filacce , di pezzette di lino, una benda, di cui pur troppo s'ha d'uopo, quando meno si pensa.

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Invitate a pranzo fuori di casa, non mettetevi a tavola prima degli altri, ma aspettate, che il padrone vi collochi; non ispiegate il tovagliuolino, nè mettetevi a mangiare prima che il padrone o la persona più distinta v'abbia dato l'esempio ; non fate le smorfie; non mostrate predilezione più per una vivanda che per un'altra; lasciate sul tondino la vivanda che non volete più mangiare, che non è necessario di sforzarvi quando n'avete abbastanza ; astenetevi dal tossire, dallo sputare, dal soffiarvi il naso più che potete, e nel bisogno abbiate quei riguardi che abbiamo detto più sopra. Non soffiate sulla minestra, non fiutate le vivande, che ciò fa nausea; non mangiate con troppa fretta nè con troppa lentezza; non succhiate le ossa per trarvi il midollo, nè rosicchiatele per ispolparle, ma staccate la carne col coltello, altrimenti lasciatele; non toccate colla forchetta o col cucchiaio il piatto comune, nè rimettete nel piatto comune ciò che fu già nel vostro ; non presentate ad altri ciò che voi già gustaste, non fregatevi i denti col tovagliuolino, nè con esso asciugatevi il sudore. Quando prendete il bicchiere dove v'hanno mesciuto vino od acqua, procurate d'avere le mani pulite, onde non insudiciarlo, non prendetelo con due mani, nè votatelo in bocca come il votereste in un imbuto, ma bevete con bel garbo, guardandovi dal fare gorgoglio nella gorgia ; tergetevi col tovagliuolino la bocca prima e dopo. Non riempite troppo il bicchiere, nè lasciatelo pieno sulla tavola,onde evitare il pericolo di versarlo, chè questa sarebbe una sgarbatezza. Guardatevi, bevendo, dal tossire. Non porgete altrui il vino che voi avete già gustato, meno che la persona sia domestica. Non fate la zuppa secreta, cioè non bevete con la bocca piena di pane od altro, perchè vi mettereste nel pericolo di sbruffare in faccia ad alcuno, sopra i piatti o di fare altre sconcezze. Non bevete nè a tondini nè a piatti.

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