Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Il marito dell'amica

244984
Neera 5 occorrenze
  • 1885
  • Giuseppe Galli, Libraio-Editore
  • Milano
  • Verismo
  • UNICT
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Tanta espansione d'affetto vinse gli ultimi scrupoli della signora; ella pensò poi in cuor suo che, qualunque fosse la posizione di Sofia, era abbastanza ricca per contracambiare l'ospitalità. Giunsero frattanto all'ultima casa di via Monforte; e Sofia, tutta giuliva, precedendo l'ospite sulla scala la introdusse nel suo appartamentino, elegante e signorile, coll'aria un po' vuota degli appartamenti nuovi. - Ci siamo! - esclamò poi, trionfante. E volta alla cameriera, che aveva aperto l'uscio: - Mio marito? - Non è tornato ancora. Qui la forestiera fu ripresa dalla curiosità di sapere, alla fine, chi fosse il marito della sua amica; ma la prudenza e il tatto acquistati in una vita burrascosa la consigliarono ad aspettare le confidenze, anzichè provocarle. - Che c'è? - domandò Sofia alla cameriera che restava ritta sulla soglia, con fare impacciato. - È venuto il signor Bandini. - Ebbene? - È qui; aspetta la signora. Sofia arrossì leggermente. - Digli.... digli che.... Poi con una delle sue brusche risoluzioni: - Maria - aggiunse mettendo una mano sulla spalla dell'amica - mi permetti? E prima che Maria potesse rispondere: - Torno subito; devo dire due parole a quel signore. Tu intanto leva il cappello; la cameriera ti condurrà in una cameretta accanto alla mia.... è piccina, ma te la accomoderemo per benino, vedrai. Fa come se fossi in casa tua; cinque minuti e sono da te. Sparve lasciando dietro a sè, sul tappeto, un guanto e la pezzuola profumata di verbena. In un gabinetto ottagono, tappezzato di stoffa color verdemare a mazzi di rose in rilievo, un giovinotto aspettava, sdraiato su un divanino basso. La sua testa bruna, accuratamente pettinata, spiccava sul fondo della tappezzeria, mettendo una nota forte in quella armonia romantica e delicata delle rose sulla gradazione color d'acqua. Egli aveva una posa affatto prosaica, coi piedi appoggiati al cuscinetto di trine che stava a un lato del divano; ma balzò ritto quando Sofia schiuse l'uscio, dicendogli a bruciapelo: - Siete molto imprudente. Perchè aspettarmi? Lo sapevate pure che oggi mi recava a trovare il bambino. Andatevene; ho un'amica con me; non posso ascoltarvi. - Ecco un fiume di parole, fra le quali ne cerco invano una dolce al mio indirizzo. - Scusatemi. Sorrise, e gli porse la mano che egli baciò. - È molto tempo che siete qui? - Non so.... pensavo a voi e non ho contato le ore. - Sempre galante. - Dite sempre innamorato. - Ztt!... sapete che questa parola non la voglio sentire. Amico, alla buon'ora. - Che distinzione sottile.... Ma se sapeste come il sentimento che provo per voi è nobile... elevato... - Lo credo, senza di che ve lo permetterei forse? Ma andatevene. Oggi non possiamo far musica insieme, nè leggere i nostri poeti favoriti... - Ma che cosa vi è accaduto? - Una combinazione strana. Ho incontrato, figuratevi, l'amica mia più antica e più cara, dopo sei anni che non ne sapevo più nulla. Pensate quante cose abbiamo a dirci. Eravamo in collegio insieme, lei con qualche anno più di me, e ci siamo amate con passione, con una intensità che faceva strabiliare tutti; molto più che i nostri caratteri sembrava dovessero armonizzare poco. Lei seria, studiosa, riflessiva... io tutta gaia, vivace... i maligni dicono anche leggera; ah! ma protesto. Maria mi conosce bene; sa che sotto una apparenza... come dire? - Incantevole. - Oh via! Gli diede un buffetto sotto il mento. - Dunque andatevene. - Ma sino a quando starà qui la vostra... - La mia amica? - Sì... Cercavo un nome ad hoc, come Castore e Polluce, Oreste e Pilade... ma è singolare, nella storia dell'amicizia mancano affatto i nomi femminili. - Maligno. Si vede proprio che parlate per invidia. Ebbene, saremo generose. Vi permettiamo di venire a farci la vostra corte alla sera. - Coram populo? Sofia si strinse nelle spalle con un movimento pieno di civetteria e di grazia. - Pazienza. Posso mandarvi alcuni fiori? - Sempre bene accetti. L'elegantissimo Alfredo Bandini tornò a baciarle la mano, sospirando, e si accomiatò. Sofia stette un momento a guardare l'uscio per dove era partito; aveva l'occhio brillante, il seno agitato da un palpito irregolare; si sentiva felice e malcontenta nello stesso tempo. Girando lo sguardo sulle pareti del gabinetto, la sua emozione parve trovare una fonte di mollezza nel verde tenero dove morivano le rose, sul divanuccio a spalliera dorata, dai contorni morbidi, nella luce della finestra, smorzata da tendinette di seta rosea; e sedette, cedendo al fascino di un languore che la invadeva tutta. Quel Bandini!... Il giorno in cui le aveva offerta la propria amicizia ella era uscita, irata, dalla prima battaglia col marito. Bandini le parlò con tanta grazia dei cuori che soffrono, mostrò di conoscere così bene l'organismo di un'anima femminile, trovò parole così eleganti, (era toscano e parlava come un angelo) che a lei parve di rinascere, come quando dopo una pioggia violenta si vede spuntare un raggio di sole. Ed ora, sì, ora c'era del pericolo. Sofia si raggomitolb sul divanuccio, abbandonando la testina sul guanciale. Si trovava nella stessa situazione di un fanciullo al quale venga proibito di aprire un vaso di miele, ma che a furia di girarvi intorno, riesce a scoprire nel vaso un forellino, dal quale succhia il dolce pensando di non far male. La cameriera venne a toglierla dall'estasi, domandandole gli ordini per la forestiera. - Ah sì! - fece Sofia. E si alzò, ratta, dimenticando subito Bandini per ricadere nella tenerezza che le suscitava l'amica, compiacendosi in quel passaggio violento dall'una all'altra emozione. - Dov'è? - È nel salotto. - Va bene. Quando viene mio marito avvertilo subito che c'è di là una mia carissima amica.

Questa sfuriata improvvisa, abbastanza singolare e senza dubbio fuor di proposito, terminò di lumeggiare Sofia. L'amica concluse che aveva fatto bene a venire; si soffriva in quella casa. Compresse un leggero turbamento e mostrando solo affettuosa sollecitudine, disse con accento calmo e grave: - Cara piccina, chi ti ha messo in testa queste brutte idee? - Chi? Nessuno. Le vedo io. - E dove le vedi? - Dappertutto. - No, deppertutto, da un lato solo. - Ah! si, il tuo solito lato. Puoi parlare così perchè sei felice. - Se trovi che è una felicità l'essere vedova a ventotto anni... sola al mondo... Era vero. Come mai Sofia aveva potuto dimenticare i suoi doveri di ospitalità, la sua amicizia, per perdersi in digressioni personali? Un momento, in carrozza, Maria le aveva accennata la sua vedovanza, e poi più nulla; ella non s'era curata di domandarle altro. Rimediò nel solito modo, eccedendo sempre, con una valanga di abbracci. - Povera Maria, perdonami! Oh! ma dimmi, sei stata felice? - Secondo ciò che s'intende per felicità. - Hai trovato un marito almeno che avesse i tuoi gusti, le tue abitudini; che amasse quello che tu ami e abborrisse quello che tu abborri? un marito tenero, appassionato, previdente, compiacente... Maria ebbe un accesso di schietta ilarità. - Che ritratto fantastico! Questo, mia cara, non è un marito, è un amante. - Ah! - fece Sofia trionfante - lo confessi dunque, i mariti non sono così. - Senza dubbio... ma essi sposano; è il gran merito che hanno sugli amanti. I sospiri, le dichiarazioni, i madrigali di tutto coloro che ci fanno la corte, non valgono il solo, semplice sì di colui che ci dà il suo nome. È il poema in confronto del sonetto; non si può giudicarli alla stessa stregua, e non si può pretendere dal poema il ritmo grazioso e leggero di un sonettino. - Tanto grazioso! - sospirò Sofia. - E tanto leggero - appoggiò l'amica - Perchè, infine, qual'è lo scopo di questi corteggiatori, che ci si assiepano intorno? (Ella pensava in quel momento al signor Bandini). Vi amo, essi dicono, ma noi siamo giovani, siamo avvenenti, che gran sacrificio l'amarci! Le nostre poltrone sono soffici, morbido il tappeto, il salotto tiepido; non pagano essi le toelette che ci fanno eleganti, nè l'accordatura del nostro piano che li delizia. Vorrai pure ammettere, senza peccare di superbia, (sorrideva) che abbiamo un certo spirito: così il valoroso che ci dedica il suo amore non corre nemmeno il rischio di annoiarsi tra un bacio e l'altro. Essi, sicuro, vogliono farci credere che ci amano per farci piacere; ma il piacere lo fanno a sè stessi. Sofia rimase un momento sopraffatta; poi seguendo lo slancio dei suoi pensieri superficiali gridò: - E allora ho dunque ragione di dire che noi, povere donne sensibili, siamo costrette a cercare senza posa... - Punto - interruppe Maria, dissimulando un sorriso per la singolare conclusione. - Io direi invece che, poichè è sempre la stessa cosa, meglio il marito co' suoi difetti, co' suoi sbadigli, colla sua veste da camera... Non sarà eroico, ma è sincero. Sofia rise di cuore. Questa dissertazione sugli uomini l'aveva divertita; gli uomini erano un tema favorito per lei, anche a costo di dirne male, o di lagnarsene, o di vituperarli, accusandoli di tutte le disgrazie che colpiscono il sesso debole. - Siamo curiose noi due - disse alla fine. - Invece di raccontarci le nostre vicende siamo qui a discutere come avvocati. - Sì, parliamo un poco di noi. - Prima te. Che vita fu la tua dopo il collegio? - Ho sofferto molto. - Eppure sei rimasta buona: io vedi, quando ho qualche cosa che mi contraria divento cattiva. - Così è dei piccoli dolori; inaspriscono - rispose Maria colla sua gran calma serena, colla sua voce calda, dalle vibrazioni sonore. - Solamente i grandi, i veri dolori danno forza. Tu vivi in una piccola cerchia di piccole emozioni; il tuo mondo interno, scommetto, ha le proporzioni dell'ambiente che ti circonda: un salottino, un lembo di cielo, un raggio di sole, un po' d'aria... quanto basta, appena per respirare. - Ma io... - Cara, non te ne faccio una colpa. È press'a poco la vita di quasi tutte le donne. Che eri tu a cinque anni? Una bella bambina vestita di bianco, coi capelli sciolti sulle spalle; la mamma ti adorava, ti baciucchiava, ti chiamava il suo tesoro; gli amici di casa ti portavano i confetti... non è così? - Precisamente. - E a quindici? A quindici, l'abito era ancora bianco, quando non era color di rosa, ma sempre fatto all'ultima moda sotto l'occhio vigilante della mamma. Gli amici di casa, invece dei confetti, ti offrivano dei fiori, delle romanze... ti facevano dei complimenti. Ti alzavi alla mattina cantando, poi andavi a passeggio; alla sera ballavi. Tutti sorridevano intorno a te, facevano a gara per persuaderti che la vita è seminata di rose. - È vero. - Ti presentarono finalmente un marito; era giovane, ricco, piacente... tu lo hai preso. - Oh! - sospirò Sofia - non tutto questo, ma infine fu proprio così. - Ed ora concludi; come è vuota la vita! Ma sai perché la trovi vuota? Perché non hai sofferto mai. In fondo alla sua leggerezza Sofia non mancava nè di cuore, nè di ingegno. Le ultime parole dell'amica la colpirono fortemente; Maria se ne accorse e cedette più volentieri ancora a un sentimento generoso che le dettava di essere la prima a rivelarsi. - Senti; io rimasi orfana presto e per questo dovetti imparare a reggermi da me e ho conosciuto che cosa vuol dire lottare... Tu meriti la mia confidenza, Sofia; mi hai accolta in casa senza saper nulla di me; voglio renderti la prova di fiducia, voglio aprirti intero il mio cuore. - Oh cara... Due lagrime spuntarono sugli occhi di Sofia e scendendo lungo le guancie, tracciarono un piccolo solco nella polvere rosa della cipria. - Hai conosciuto mio padre, - continuò Maria. - Sai che uomo era, e come ad una mente elevata unisse un carattere fiero e indipendente. Povero, aveva fatto sforzi incredibili per provvedere alla mia educazione in collegio. Tornata con lui, la nostra vita ritiratissima veniva quasi interamente consacrata allo studio. Eravamo affatto soli; non avevo amiche; non andava mai al passeggio; il carattere un po' selvaggio di mio padre e i suoi crescenti malanni, ci facevano il vuoto intorno; nessuna eco delle gioie mondane veniva a scuotere il silenzio claustrale della nostra casa. Leggevo a mio padre i suoi libri di storia e di scienze naturali; ascoltavo le sue dissertazioni, i suoi lamenti di vecchio disilluso, le memorie e i rimpianti del tempo passato... e avevo sedici anni. Dentro a me la vita, intorno a me la morte. - Povera Maria! Io sarei morta davvero. Mi ricordo, l'unica volta che venni a trovarti che impressione mi fece il muraglione nero del tuo cortile, e quell'unico cipresso funebre che lo ombreggiava, e quella sala austera, vasta come un tempio, nuda e fredda come una prigione... - Te la ricordi? Ebbene in quella sala austera, in quella sala che somigliava ad una prigione ho passato la mia giovinezza, quasi tutta. Nelle belle mattine di primavera, sporgendomi sul muraglione nero coperto di muffa, seguivo in alto il volo delle rondini e da un vicino giardinetto mi veniva a ondate il profumo delle glicinie che non potevo vedere; leggevo sui libri le descrizioni dei prati verdi e degli alberi in fiore; avevo qualche volta una voglia pazza di correre, di gridare, di buttarmi sull'erba, di allargare le braccia verso il cielo sconfinato... D'estate, verso sera, sentivo le ragazze del vicinato che si vestivano, ridendo, e uscivano per il passeggio. Io mi accoccolavo per terra, sfinita, con un desiderio intenso di vivere. Non sapevo se io ero bella. Chi vuoi che me lo dicesse? ma avevo una voglia grandissima di essere bella e di essere amata. - Ma proprio nessuno veniva in casa tua? Tuo padre non capiva che soffrivi? Maria scosse il capo. - Mio padre era vecchio, infermo, disilluso del mondo; la pace, una pace assoluta, era il suo bene. E poi, eravamo sempre in grandi impicci economici; nell'età in cui le altre ragazze vivono serenamente di sogni, io conoscevo già il prezzo del pane sudato, misurato... oh! ma se tu sapessi come le avversità maturano l'intelletto, come tutto ciò che è lotta ringagliardisce e dà forza! Aggiungi che nella mia schiavitù avevo una specie di libertà superiore alle mie compagne, perchè mio padre non mi sorvegliava punto e nella sua biblioteca avevo trovato dei libri di filosofia, di scienza, di medicina sui quali io mi ero precipitata, come sull'unico spiraglio di luce che mi fosse concesso. Pascevo lo spirito per ingannare la lunga anemia del mio corpo. - Hai sempre amato lo studio, tu. - Sì, ma più che lo studio, la verità. Avevo la smania di sapere, di conoscere... Frugai impavida, in tutti i problemi religiosi e filosofici... Da un lieve segno di stanchezza apparso sul volto di Sofia, Maria comprese che si era messa in un argomento troppo serio; la leggiadra donnina non poteva seguirla sul sentiero faticoso dove la sua anima aveva combattuto. Sostò improvvisamente, turbata, sentendosi un rossore sulla fronte; pentita forse di quell'abbandono di sè stessa. Alle vive sollecitudini di Sofia, continuò: - Tu vedi ad ogni modo, come io crebbi; bene o male che sia, la mia educazione così differente da quella che si imparte alle fanciulle, mi fece quello che sono. - E nessuna altra corrente ti sviò... nemmeno più tardi? - Vuoi dire l'amore? Esso venne e ribadì le mie catene da una parte, allargò dall'altra l'orizzonte delle mie gioie ideali. La mia esistenza non mutò affatto - si fece solo più concentrata. Tutti i desideri, le ansie, i sospiri che tacitamente mandavo al mondo, al di sopra dei muri della mia prigione; le aspirazioni sitibonde alla vita che mi tentavano nelle sere d'estate, quando sentivo l'eco delle gioie altrui; i turbamenti ignoti, le smanie cocenti, tutto ciò che ondeggiava come nebbia nel mio cervello, come fuoco latente nelle mie vene; tutta infine la mia giovinezza compressa e selvaggia si radrizzò lanciandosi verso quel sentimento nuovo. L'amore prese subito il posto d'ogni cosa che mi mancava; ma l'amore compresso, l'amore segreto, l'amore senza speranza, il più fatale, il più forte degli amori! Esso mi fu gioia, mi fu sorriso d'amica, mi fu carezza di madre, fu la fede del mio avvenire... io non avevo che lui! Te lo immagini questo amore serio e profondo? Lo vedi crescere di giorno in giorno e mettere radici indistruttibili in un cuore come il mio, che non aveva nessuno degli allettamenti mondani? Sofia strinse un momento la piccola testa tra le manine eleganti. L'amica le aveva schiuso un abisso di pensieri. Ella si trovava per la prima volta davanti ad una vera passione e ne provava le vertigini, non esenti da un brivido di terrore. - Ma chi era quest'uomo? domandò timidamente. - Chi era?... (Un gran pallore passò sulla fronte di Maria). La crescente ristrettezza nostra ci consigliò di prendere in casa un giovane, caldamente raccomandato a mio padre per senno e sapere. Quando dico un giovane non ti devi figurare... no, non dei soliti. Egli aveva poco più di trent'anni, ma le fatiche di aridi studi lo avevano invecchiato anzi tempo, e più nello spirito che nel volto. - Tuttavia ti piacque? - Lo amai - disse. E dall'accento grave, quasi solenne, Sofia colpita non replicò altro. Trascorse un minuto di silenzio, dopo il quale l'amica avrebbe forse ripreso le sue confidenze; ma durante quel minuto lo squillo del campanello avvertì l'arrivo di qualcuno; infatti la cameriera facendosi sulla soglia annunciò il signor padrone. - Ripiglieremo questa sera i nostri discorsi, - disse Sofia alzandosi. - Con mio marito saremo obbligate a sorbirci un po' di noia... non è lui certamente che potrebbe comprenderti, cara la mia Mariuccia. - Mi spaventi - rispose Maria abbozzando un sorriso, e poichè il passo del marito già risuonava, nella stanza vicina, aggiunse. - Ma chi hai dunque sposato? - Non te l'ho ancor detto? Vedilo, il professore Emanuele Campo... Maria emise un grido rauco, soffocato; fu assalita da uno smarrimento improvviso; si aggrappò colle mani contratte ai bracciuoli della poltrona quasi temesse di cadere; e Sofia nulla vide, nulla udì, essendo balzata verso l'uscio, spalancandolo, con fracasso di imposte sbattute e di allegro vocio. Emanuele Campo entrò.

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A questo punto, con tutte e due le mani, prese il guanciale e se lo pose sul volto, premendo, non trovandosi abbastanza nascosta nelle tenebre, desiderando nascondersi a sè stessa in un bisogno di annientamento; ma anche soffocata dal guanciale vedeva gli occhi di Emanuele senza lagrime intanto che la sua voce misurata le diceva: Non posso farti mia. E l'amava, sì, l'amava; ma non aveva la fede che ispira, non aveva il coraggio che spinge alla lotta, non si sentiva la forza di darle la sola prova d'amore che un uomo possa dare ad una donna onesta: soffrire con lei, lavorare per lei... E dopo tanti anni, lì, in quella camera che apparteneva a lui, su quel guanciale dove egli aveva forse appoggiata la testa sognando di un'altra, i singhiozzi della povera donna scoppiarono alti, irrefrenati.

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Avvezza a una vita di pensiero, quella esistenza meschina e superficiale la irritava e le faceva male; vedeva chiaramente la china per cui Sofia scivolava e avrebbe volulo richiamarla a' suoi doveri, ma si chiedeva se ne aveva il diritto e se era abbastanza pura per poterlo fare. L'ambiente tiepido del concerto, la melodia dei suoni, la corrente sensuale che aveva dischiuso tanti sorrisi, e accese tante scintille negli sguardi procacemente ricambiati; tutta quell'onda l'onda di mollezza, di abbandono, quel profumo di gentile peccato diffuso in ogni atomo, l'aveva momentaneamente prostrata. Nella oscurità della carrozza, scorgeva la massa nera formata dal corpo di Emanuele, a un breve tratto da lei; i loro abiti si toccavano. Come mai i loro pensieri non si sarebbero incontrati? - Non ho veduto al concerto la Guidobelli - disse improvvisamente Sofia. - Si capisce - rispose Emanuele - poiché si trova già da cinque o sei giorni sul lago, nella villa di Ormani. - È contento il marito? - chiese Sofia con una vocetta squillante. - Contentissimo. Fra un mese al più saranno divisi legalmente. La cosa parve naturale a Sofia, ed anche al professore, che aggiunse: - Egli ha già pronto il conforto. - La Rina Lucci, non è vero? - Si dice. - Dovrà allora abbandonare il suo capitano. - O tenerli entrambi. Il silenzio si rifece su queste parole. La carrozza andava avanti lentamente, nelle vie semi buie dei sobborghi lontani dal centro. Tratto tratto un fanale sull'angolo di una viuzza o al di sopra di una bottega gettava nell'interno un rapido sprazzo; fu in uno di questi momenti che Maria vide lo sguardo di Emanuele rivolto su di lei e ne provò un senso di tormento che tradusse rincantucciandosi più ancora nel buio. La sua gran calma era messa a una dura prova, nè ella stessa avrebbe saputo dire se più temeva la vittoria o la sconfitta. Giunta a casa si fermò a discorrere con Sofia cinque minuti, in piedi, tra due usci. Sofia le disse che il giorno dopo doveva andare ancora a trovare il suo bambino, che sarebbe tornata subito, e appena appena fosse rimesso in salute l'avrebbe condotta anche lei a trovarlo. Non glielo voleva mostrare brutto, giù di ciera... Le mamme sono molto civette... La salutò, baciandola sulle guancie, e poi sul punto di allontanarsi: - Ah! mi dimenticavo; domani è il mio giorno di ricevimento; sarò a casa per l'ora delle visite, senza alcun fallo, ma se capitasse qualcuno, te ne prego, fa gli onori e scusami presso i miei amici. E scusami tu pure. Sotto l'apparente volubilità, l'accento di Sofia aveva qualche cosa di incerto, come un pensiero nascosto a stento nell'onda delle parole; Maria, nel salutarla di nuovo, sentì che le tremava la mano e si ritirò turbata da mille dubbi strani, inverosimili, malcontenta di una posizione dove tutto era mistero. Emanuele amava Sofia? Sofia gli sarebbe rimasta a lungo fedele? Sapeva ella qualche cosa del passato di lui? Egli si curava dell'avvenire di lei? Da qual parte stava la virtù? Chi soffriva più dei due?... Chi mentiva meglio? Queste e altre domande fluttuarono per alcun poco nella mente di Maria, confuse alle impressioni del concerto, all'attitudine spavalda di Bandini e a quella indifferente di Emanuele; ma tutte insieme non erano di natura tale da tenerla desta; al contrario le pesarono e le si aggravarono addosso finché trovò pace in sonno greve, senza sogni. All'indomani, era un bel mattino primaverile e gaio, il terzo da che Maria si trovava a Milano. Aprendo la finestra le parve di sentire un'onda di profumi che venissero a darle il buon giorno. Maria li respirò a lungo, sentendosi rinascere nella purezza dell'aria fresca. Appoggiata al davanzale, mentre respirava gli olezzi del sambuco e delle glicinie fiorite, le veniva in mente il suo meraviglioso giardino delle Estancias, dove tutta la flora americana pompeggiava nel massimo sviluppo, dov'ella aveva trovato la pace, dove tanti cuori di persone ignoranti e buone l'avevano amata sinceramente - e si domandò se era tornata nella sua patria per rivedere una vana amica e un amante infedele. Dovette pur confessare a sè stessa che la speranza di incontrarsi con Emanuele l'aveva spinta al lungo viaggio; e perchè la speranza non aveva oramai ragione di essere, poichò il passato era irrevocabilmente distrutto, a che restare? Da un alto ramo della glicinia si staccò una fogliolina lilla, attraversando lo spazio: roteò un istante portata da una folata di vento, leggera, iridescente, bagnata nei vapori biondi del mattino che la facevano scintillare come un ame tista, poi cadde a piombo sul viale, dove fu presto confusa nell'umida e grigia uniformità della sabbia. - Così è! - mormorò Maria a fior di labbro; e si staccò dalla finestra, tranquilla, ma con una punta di malinconia in fondo al cuore. Nella cameretta che le avevano assegnata e che serviva prima di studiolo, c'era una libreria. Maria incominciò a guardare distrattamente il titolo dei libri, quasi tutti romanzi e poesie, finchè la colpì il cartoncino di un piccola volume; quel cartoncino era giallo, con dei mazzi di rose rosse, somigliante a nessun altro; antico, puerile nelle sue aspirazioni di eleganza; aveva i tagli dipinti in color lacca e un nastrino verde, succinto, pendeva dal mezzo delle pagine. Ella sentì un palpito alla vista di quel libro, lo prese tremando; era Puschin, uno di quelli che aveva letti in compagnia di Emanuele, uno de' suoi più simpatici. Lo strinse nelle mani come un amico, e si pose a sfogliarlo febbrilmente, quasi dalle carte ingiallite potessero uscire fresche e vitali le illusioni d'una volta. Rilesse: «Le procelle delle passioni rinfrescano, rinnovellano, maturano i cuori di vent'anni e fanno loro produrre splendidi fiori e frutti; ma nell'età provetta e infeconda il ravvivamento degli affetti, non genera che doglia e pianto, simili alle piogge d'autunno, che sfrondano i boschi.» «Felice colui che si alza dal banchetto della vita prima di vedere il fondo del bicchiere. » E rimase col libro aperto, abbandonato sui ginocchi e sovr'esso gli occhi immobili pieni dì lagrime. Fu bussato all'uscio timidamente. Maria si alzò. Era la cameriera che veniva a chiederle se le occorresse la sua opera prima della colazione. - La colazione? - domandò Maria trasognata - Quante sono le ore? - Le dieci e mezzo. Il padrone è già nella sala da pranzo. Il padrone! Maria aveva dimenticato che la. sua amica non c'era, che il padrone sarebbe stato solo con lei. - No - rispose in modo reciso - non vengo a colazione. Favorite dire al mio domestico che si tenga pronto. Esco. Uscì difatti quasi subito, seguita da Pablo.

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Sofia, senza muoversi, tese la mano; prese il portafogli, lo aperse e stracciò il primo foglietto - non abbastanza rapidamente che Maria non potesse leggervi un sì, scritto a grossi caratteri tremanti, con matita rossa; poi lo rese. Appena la cameriera fu uscita, le due amiche caddero nelle braccia l'una dell'altra; Sofia in preda a una convulsione di nervi, singhiozzando sulla spalla di Maria.

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