Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Angiola Maria

206997
Carcano, Giulio 13 occorrenze
  • 1874
  • Paolo Carrara
  • Milano
  • Paraletteratura - Ragazzi
  • UNICT
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Onde i meglio fortunati son coloro che, senza fallire la via, toccano più vicino alla meta; avendo saviezza bastante per vivere in pace con sè stessi, o coraggio abbastanza per soffrire. E anch'essa, la debole creatura, nata solo per amare o per piangere, anch'essa, che vide morirsi d'intorno i più bei fiori della vita, conserva nel cuore un tesoro, la sua rassegnazione e la sua fede. L'angustia del dubbio, il languore dell'abbandono logorano la sua fragile esistenza; pure essa sostiene le prove della sventura, che son lunghe e dolorose, perchè la sventura è fedele. Ella è sola quaggiù, ma Dio è sopra di lei! E l'ultimo sacrifizio che fa un'anima innocente, è il più bello, il più sublime testimonio della virtù abita- trice della terra. - Così la storia d' una vita semplice e giusta può esprimersi in tre parole: innocenza amore e sacrifizio.

Voi siete abbastanza felice, ma io non ho più nessuno quaggiù!... Il futuro c' incalza e trascina, Dio solamente lo conosce: se dunque a Lui piacesse che non ci avessimo a incontrar più su la terra, e se mai l'avvenire vi menasse di nuovo in quest'Italia, non dimenticate mia madre e mia sorella. Confortate, l'una, proteggete l'alba.... Fortunato voi, se avrete questa consolazione di poter dire: - C'è alcuno. che mi ama e mi bene- dice: - Addio! Arnoldo si sentì commosso fino alle lagrime, ma fattosi forza: « Addio! » rispose « virtuoso amico. State di buon animo; spero che ci rivedremo ben presto. Addio! » E, dato di sprone al cavallo, s'allontanò. Due giorni appresso, la famiglia de' Leslie era partita dalla villa, e Maria aveva abbandonato la natale sua terra. La man della fanciulla aveva tremato nell' aprir la lettera di suo fratello; erano poche linee che dicevano: - « Chi deve avere maggiore pena che tu parta di qui, mia cara Maria, è la nostra buona mamma. S' ella dunque vuol farlo questo sacrifizio, e tu segni la tua volontà. La famiglia, nel cui seno ti ritrovi è raro esempio di nobiltà vera e onesta. Ma non ti scordar mai, sorella, chi tu sia! Conserva il tuo cuore; pensa che un cuore come il tuo è una gemma, la quale, perduta una volta, non si ritrova mai più. lo spero, peraltro, che la tua lontananza non sarà lunga: quando ritornerai,fa di trovare ancora nella tua povera casa, sotto il cielo che il Signore t'ha dato, quegli stessi pensieri e quella stessa vita che ora vi lasci. E se mai temi che non sia per essere così, oh! non abbandonare, te ne scongiuro, la tua povertà e il silenzio dell'oscurità nella quale sei nata. Addio, mia sorella! Che il Signore t'accompagni! « CARLO » Caterina pianse nel leggere questa lettera così semplice, ma non ebbe cuore di stornar la figliuola dalla proposta partenza. Maria mise insieme le sue poche robe; e la mattina, nell'andare dall'una all'altra stanza, le pareva che quell'abbandono le pesasse sul cuore, e quel breve viaggio le fosse imposto come una penitenza. La buona madre anch'essa, venuto il momento di staccarsi dalla sua Maria, sentì un segreto dispiacere, quasi un pentimento d'avere accondisceso all'impensata a quella partenza; e le tornarono in mente le parole che ripeteva un tempo il suo pover uomo, quando la signora contessa volle tenere con sè la fanciulletta: - Verrà un.-giorno che ve ne pentirete, e non vi sarà più rimedio! - Ma non disse nulla, e le cacciò via quelle parole, come un tristo pensiero. Nel tragittare il lago, per raggiungere le carrozze del lord, le quali stavano aspettando su l' opposta riva, Maria non potè nascondere l' angoscia che la stringeva, benché non piangesse. Dilungandosi dalla sponda, guardava la madre sua e la vecchia Maria, che dalla soglia della casa le mandavano ancora baci d'amore; guardava la sua finestretta e la pergola del cortile. E certamente, se non era la presenza del vecchio signore, che quantunque buono e carezzevole con lei, pure la teneva nell' imbarazzo della suggezione, avrebbe lasciato libero sfogo alle lagrime. Elisa, guardandola con mestizia, la compativa; Vittorina l'abbracciava, ripetendole le più liete cose che siensi dette mai, per consolare chi abbandona la prima volta i luoghi a cui una vita serena di molt' anni donò tanta e così vera bellezza. Nel tempo di quel tragitto, un giovane barcaiuolo accompagnava il lento batter del remo nell' acqua cori una semplice canzone del suo paese, su andar della seguente: IL COMMIATO. CANZONE DEL BARCAIUOLO.

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Io sono abbastanza felice! » « Di che parli tu mai? la tua virtù, la tua innocenza meritano ben altro premio, e maggiore di quello ch'io ti posso dare. Ma forse dubiti ancora, pensi che io non ti dica la verità!... Oh credilo, Maria, non potrei mentire con te! la sola cosa che m' affanni, è il dovere aspettar tanto ancora a far palese a tutti la mia conversione. Tu non conosci il mondo e le sue opinioni, più dure d' ogni legge; e io non ne ho mai sentito il peso, come in questo momento: mi è forza tacere e nascondere a tutti, e più che ad ogni altri a mio padre, questo segreto che confidai a te sola. Qual ch'essa sia la mente d'un padre, dev'essere venerata, temuta: e io non avrei la forza adesso di andare incontro a tutto il suo sdegno, e più che allo sdegno, al suo dolore; ma presto verrà il momento propizio per rivelargli ogni cosa.... Tu vedesti, Maria, com'egli pensa, come vive: ma non sai che una risoluzione come la mia è per lui un delitto, una vergogna da non esser perdonata mai più a un uomo; tu non sai ch'egli potrebbe fors'anche arrivare a maledirmi! » « Oh! che dura prova le toccherà di sostenere » rispondeva la fanciulla, con atto pietoso. « Ma Dio le ha fatto conoscere la verità. Egli le donerà anche la sua grazia. » « Se tu lo preghi per me, o Maria, Egli lo farà!... Ma intanto non costringere il tuo cuore a rifiutarmi! » « No, no! sento ch' è impossibile.... Devo abbandonarla, devo tornare presso a mia madre. » « Giammai, giammai!... Consòlati, o Maria, e spera! » In quel mezzo entravano alcuni buoni fedeli. Arnoldo s'allontanò dalla fanciulla, e maravigliando quasi di quel severo senso di rispetto ch' essa, con le sue poche parole, aveva saputo destargli nel cuore, turbato e incerto, uscì della chiesa. Maria restava tuttavia inginocchiata. S'udì il secondo, poi il terzo tocco della campana; il sagrestano ricomparve, e accese le lampade e i ceri dell'altare. Il piccolo tempio, a poco a poco, s'affollò di modesta e buona gente, venuta dalle soffitte, dalle botteghe, dalle cure casalinghe, dal lavoro a ringraziare il Signore; anime contente e semplici, a cui la fede non manca mai, perch'è necessaria alla loro vita, come la fatica delle braccia. Echeggiò la volta della chiesa delle sacre litanie , e il fumo dell' incenso avvolse con l' odorosa sua nube I' altare. Il popolo era d' ogni parte divotamente inginocchiato sul nudo terreno; la sua orazione fu breve e rozza, ma incera; e il sacerdote la benedisse in nome del Signore. Tutti se n' andarono; la chiesa tornò vòta e oscura; e Maria era ancora prostrata in umile, fervida preghiera. L'anima sua, nella pace di quelle sante pareti, abbandonò la memoria de' giorni dolorosi da lei passati, e quella stessa timida e vereconda speranza che faceva l'unico suo bene su questa terra; domandò a Dio di vivere pura e senza rimorso com' era stata fin allora, e nelle sue mani pose la propria vita e tutti gli affanni che a Lui fosse piaciuto di mandarle. Poi disse le sue orazioni della sera, con quell'ardente affetto, con che le ripeteva ne' primi anni della sua fanciullezza; e non dimenticò il nome della madre lontana, nè l'anima benedetta del padre suo. Una fiducia mesta, ma pur soave, e una consolazione che non era di questa terra, furono quasi benefica rugiada al cordoglio della sua vita debole e combattuta; la sollevarono, e la fecero ritornare alla pace della sua mansueta virtù. Quando si rilevò, s'accòrse d'esser sola nella chiesa; e in quella, il sagrestano le s'accostò, per avvertirla che l'ora di chiudere le porte era venuta. - Uscì chetamente, ma appena trovossi in mezzo della via, in quell'ora insolita, e intese il noioso frastono ch' empie le strade al cominciar della notte, smarrita tra l' ombre fitte che le pareva di vedere agitarsi, e tra lo smorto chiarore delle lanterne che tremolava in mezzo alla nebbia, quasi non sapeva a qual parte indirizzarsi. Per buona ventura, la casa non era lontana, e si sforzò di raddoppiare i passi e il coraggio. Ma il giovine amante, che poco lontano l'aspettava, appena la scòrse uscire della chiesa, le si mise dietro a breve distanza, e la accompagnò fino a casa. Nè Maria se n' avvide; tutta ricreata de' suoi nuovi e tranquilli pensieri, e nella sua gioia nascosta, ella confidava di poter essere ancora felice.

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Seduta sovente al tepido sole delle mattine d' inverno, sotto la nuda pergola della casa, con la conocchia fedele, pensava alla povertà, alla pace, raccontava la storia d'altri anni, raccontava quella dell' avvenire; felice abbastanza quando parlava della sua bella Maria, o del suo curato, alla Marta che le sedeva rimpetto, pettinando le matassine del lino. E allora, senz' avvedersene, le due comari s'arrestavano dal, lavoro; all'una spezzavasi il filo della conocchia o cadeva di mano il fuso, all'altra si perdeva il lino nelle punte del pettine. Ma entrambe, in que' momenti, sollevavano al cielo gli occhi e il cuore, con un pensiero più santo d'ogni preghiera, del pari benedetto. Ma ora che diversi pensieri, che mutamento La mamma Caterina, per tutto quel dì, e per molt'altri ancora, non volle ascoltar ragione, nè consolazione, nè speranza, non domandava che suo figlio, non voleva che vederlo. Anch'essa, come prima aveva fatto Maria, figurandosi alla mente angustie e spaventi, s'abbandonava a' più tristi presagi, non porgeva più orecchio a nulla, nemmeno al piangere della figliuola. Fu allora che l'amorosa fanciulla, la quale innanzi alla venuta della madre credeva di non poter sostenere l' affanno di que' giorni, si sentì tutta invigorire. Una virtù, ignota a lei fino allora, la costanza del patimento, le raddoppiò il debole coraggio; ma la sua fermezza, la calma delle parole e degli atti, avrebbero dimostrato più crudele il martirio dell'anima a chi avesse potuto vedere il suo segreto. Soffogava le lagrime; e ne' momenti di maggior dolore, la sua voce si faceva più sicura e più affettuosa: l' avresti veduta sorridere; era un riso malinconico il suo, ma celeste. In que' giorni, sempre da uno stesso travaglio misurati, che fanno parer eterna la vita, così Maria con l' amor suo procacciava d' ingannare alla madre le ore contate dall' afflizione; ragionandole di tante cose passate, della loro casa, della vigna su la costa, della vecchia Marta, degli altri amici del paese. E ringraziava il cielo con tutta l' anima, solo che vedesse le sue parole avere temperata per poco l' amarezza della sciagura presente. Così ella nascose nel fondo del cuore tutta la sua parte d' affanni; così comprese e tolse sopra di sè quel dolore inesprimibile, che solamente al cuor delle madri non è un mistero; quell' angoscia, la quale non trova parole, nè lagrime, perchè ha de' segreti che a umano orecchio non possono confidarsi e che il cuore altrui non ha mai conosciuto. Non, v' è piaga quaggiù che il tempo non sani; l' abitudine stessa del soffrire può talvolta diventar quasi cara e necessaria; l' amore, l' ambizione, la vendetta, il rimorso lasceranno pur una volta in pace l' anima di cui han fatto strazio; ma la ferita ché porta il cuor d'una madre per a mai e de' figli suoi, non v' ha balsamo che la medichi, non felicità nè tempo che vi spargano sopra la mesta consolazione dell' obblio. Così, abbandonate, e senza saper nulla mai di quel loro caro, Caterina e Maria trascinavano giorni e settimane, in casa della vedova; la quale, dal canto suo, non aveva potuto far di meno di tenerle con sè qualche tempo ancora, quand' esse, deliberate d' aspettare che fosse decisa la sorte del prete, ne la pregarono, a patto di pagarle trenta soldi al giòrno, per le spese. Ciò veramente andava poco a' versi alla Giuditta, causa la paura di cert' altre visite della specie di quella prima, da lei non ancora dimenticata; ma poi, per amor di bene, non seppe dir di no. Una mattina, erano uscite di buon' ora le due donne per andare insieme a vendere a qualche mercante di mode un velo nero trapunto, in que' dì solitari e mesti, dalla Maria: poichè era essa, che col lavoro delle sue mani sosteneva anche la madre. A caso capitate presso la piccola chiesa di san ***, la Caterina, la quale non lasciava passar giorno che non andasse a pregare il Signore per il suo povero figliuolo e per sè, si rivolse a quella parte, e fece per entrar nella chiesa. Ma d' improvviso la fanciulla, tutta compresa dal terrore d' una funesta ricordanza, le s' era stretta al braccio, trattenendola, e con voce bassa e supplichevole: « Oh no! madre mia, non andiamo in questa chiesa; non devo, non posso entrarvi più. » « Perchè, Maria, perchè?... Cos' hai? tu tremi, diventi smorta! ti senti male? » « No! mamma, è un segreto.... un segreto che nessuno doveva conoscere! se sapeste che in questa chiesa.... O mio Dio, toglietene per sempre dal mio cuore la memoria! » « Maria, che mistero è questo? parla, dimmi.... » « Qui no, no, cara madre.... torniamo a casa, ve ne prego, e vi dirò tutto. Oh povera me, povero mio fratello! » E tornarono a casa. In quel giorno Maria non trovò parola che potesse spargere un po' di serenità su l' addolorata fronte della madre. Attendeva taciturna a' suoi lavori,

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E si tenne abbastanza fortunata, chè almeno in quell'oscura vita nessuno le avrebbe rimproverato il dolore, la sua misera condizione; nessuno sarebbe venuto a ripeterle all'orecchio una maledizione all' infelice fratello suo. Così aveva passato già sei mesi nella povertà e nel lavoro, paziente e tranquilla. Era come fosse già morta per tutti; nessuno che domandasse il suo nome, nessuno che le dicesse una parola amorosa, o le avesse chiesto mai il perché della sua tristezza. Anche la signora Giuditta, da prima così premurosa, così affannosa', pareva averla di- menticata; poiché, appena le venne fatto d'appoggiare altrove la fanciulla, non si lasciò più tampoco vedere. Non già ch'ella fosse senza cuore, ma voleva respirare da quel gran trambusto avuto in poco tempo, ché non s' era figurato mai potesse succeder tanto al mondo a una donna. Maria però era venuta più d'una volta a visitarla, perché già non avrebbe potuto dimenticar mai il più piccolo bene a lei fatto; e poi, quel luogo era stato l'ultimo asilo della madre sua, innanzi che l'avessero portata via, all'ospedale; era là, che il suo Carlo l'aveva condotta in un giorno di fatale disinganno; era là, che essa l'aveva veduto l'ultima volta. L'onesta crestaja la teneva in casa sua, avendole destinata una cameretta buja, a mezzo la scala, che prima serviva di ripostiglio, e che rispondeva sur un cortiletto angusto e uggioso. In quel bugigattolo altro non c'era che un cassettone, un letto gramo e basso, o piuttosto uno sdrucito materasso gettato su due panche nane, e un piccolo scanno nella stradetta fra il letto e la parete. Una luce morta, rabbujata dal colore delle tettoje all' intorno, calando a traverso dei piccoli vetri verdognoli della finestra inferriata, dava a quell'umide pareti un aspetto più tristo ancora, e quasi di carcere. Eppure la buona orfanella, quando si trovava, nel misero asilo, dove poteva pensare o piangere non veduta, credeva ancora di esser libera; essa, che un tempo temeva, di restarsene sola, allora cercava, amava il silenzio e l'ora solitaria. E quando, dopo l'assiduo lavoro della giornata, ritornava alla tarda sera nell'abbandonata cameretta; e quando, in ginocchio, a fianco del suo letto, chino il viso su le povere coltri, offeriva al Signore il giorno ch'era passato, il Signore allora spirava in quell'anima verginale l'alito della rassegnazione e della pace. E poi, ella coricavasi col cuor libero, con la mente serena, dormiva ancora i soavi sonni dell'infanzia. E l' angelo custode vegliava certamente sopra il capezzale della fanciulla. Così dunque Maria aveva passato que' sei mesi. E nel giorno de' morti, era venuta su la fossa della madre, fra i poveri e i buoni, a portare anch' essa il tributo della sua orazione a quel Dio che benedice il dolore prezioso de' piccoli, e rasciuga le loro lagrime.

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Quei contadini erano buona gente, marito e moglie, - quali menavano vita abbastanza contenta nella loro povertà; perehè il poco che avevano era anche di soverchio per essi dopo una recente disgrazia, quella d'avere veduto morire prima di loro l'unica figliuola, una poverina di quindici anni. E appunto la memoria della perduta figliuola rinacque al medesimo momento in cuor dell'uno e dell'altra, appena Maria apparve loro innanzi. Il suo bianco volto, gli occhi grandi e intenti, l'andar faticato, tutto fece quasi credere a quelle due buone creature che fosse l'anima della loro Margherita, la quale tornasse ancora una volta a visitarle: era l' illusione d'un dolore ancor vivo; il ricordarsi ch' essa pure, la Margherita, soleva così in compagnia del vecchio cane tornarsene spesso dal vicino chioso, ov'era stata a far pascolare la sua vaccherella. La ricoverarono dunque come fosse stata veramente la loro figliuola, e la fecero sedere nel canto del focolare; poi, intanto che il bravo compare le poneva dinanzi una scodella di latte fresco e un bel pezzo di pane raffermo, dicendo esser tutto quanto restava loro per quel dì, la sua donna traeva di dosso alla fanciulla l'umido sajone che le copriva la testa e le spalle; e, accarezzandole i neri capegli, li rasciugava dalle gelate goccie di che erano stillanti ancora. Questa premura affettuosa, queste carezze furono un balsamo. per il cuor di Maria. Un' ora di poi, essa abbandonava la casupola ospitale, seguita dalla sincera compassione, dagli augurii di quelle due buone creature; e persuasa che il Signore, il quale l'aveva prima fatta incontrare coli' onesto cavallaro, e poi condotta alla casa del contadino dabbene, l'avrebbe accom-pagnata nel resto della via. E ben s'era anche il buon cala pagnuolo profferto di venirle dietro, per un tratto di cammino; ma essa, che già non sapeva come dimostrargli la sua riconoscenza, non volle a qualunque modo ssentire, e si rimise sola per il suo sentiero. Pure, appena uscita, vide che il vecchio cane del casolare l'aveva preceduta; e giunta poi dove la strada faceva svolta al basso, lo scorse ancora sopra un'altra ripa, ov'erasi fermato, e donde la seguì per gran tempo cogli occhi, finehè si fu dilungata. La via s'avvallava, facendosi di tratto in tratto più lubrica e difficile: fuor dalle gole dell' alture vicine soffiava cruda e sottile la tramontana; pure, alla fanciulla, quell'aria spirava benedetta e salutare, perchè veniva dalla sua terra natale, e pareva dirle che dietro alle folte nebbie di che essa vedevasi circondata, erano le creste delle sue montagne, le care acque nelle quali si specchiava il suo paesello. Al piede di quella scesa, attraversava un rustico ponte gittato a cavallo d'un torrente, che coll'onda grossa e limacciosa rodeva i margini della riva: un uomo era seduto a un capo del ponte, sur un masso di tufo, che forse l'urto delle piene estive aveva roveschiato. Era un vecchio mendicante, con la bisaccia vuota in collo e un giubbone di lana rattoppato, alla foggia dei montanari; stringendo a due mani un nodoso bastone, se lo teneva piantato dinanzi e appoggiava al vertice di quello la testa contornata di radi e canuti capegli e di una barba grigia e irta. La fanciulla s' arrestò in faccia del vecchio, e con un senso di profonda compassione tolse fuori una moneta d'argento, unica a lei rimasta, che appena sarebbe bastata a procacciarle qualche soccorso lungo la via; e la lasciò cadere nella palma callosa e tremante che in quel momento il povero le tese. Egli fissò gli occhi con meraviglia su la moneta, poi li levò con espressione indicibile sul volto della fanciulla, confuso e in atto di dubbio e d'inchiesta. « Ditemi, buon vecchio, » gli domandò allora Maria, « è questa a mancina la buona strada per Como? » « Sì, tenete per di là; dopo un duecento passi vi troverete sulla strada maestra, poco lontana dalla Camerlata.... Ma dite, la mia buona giovine, non avete paura d' andar sola a quest' ora, in una stagione così fatta? » « No! mi son messa alla volontà del cielo; e pregatelo anche, voi per me.... » « Oh pensate! anzi, se non fossi vecchio e stracco come sono, vorrei farvi compagnia; sono incamminato anch' io verso Como; ma fiacco e malato qual mi vedete, dopo aver fatte venti lunghe miglia sotto la neve, appena potrò prima di notte tirar innanzi fino a quella cascina ch' è laggiù. » « Vi ringrazio della buona intenzione; ma devo andarne ancor molto lontano, e si fa tardi. Addio! » Ripigliò il cammino, e ben tosto trovossi all' imboccar della strada maestra. A mano a mano che progrediva, il nebbione si levava più denso e cupo, stillando umidi e crassi vapori nell'aere gelato. Già non era più di due miglia lontano della città; e qualche viandante, povero coni' essa, e alcune carrette e calessi tenevano quella via. Sicchè ella si sentiva battere il cuore più sicuro di prima, quando camminava sola per la strada di traverso. Passò davanti al portone d'una vecchia taverna dalle muraglie sgretolate e tutte nere di fumo che spiccavano sotto le tettoje biancastre per la neve caduta: il carro d'un mulattiere era sotto il portone, e dalle grate di legno delle finestre usciva a lampi il chiarore d'una gran fiamma rossiccia. S' udiva, ora distinto, ora confuso, uno strepito di voci, un alto e sonoro scrosciar di risa: la fanciulla tremava di freddo e continuava la via, seguendo intanto con l'anima la storia de' suoi mesti pensieri. Non molto dipoi, il suo orecchio fu percosso da un rumore di ruote e di cavalli; e quel carro, da lei veduto sotto la porta dell'osteria, le passò vicino: lo conducevano due giovani e robusti mulattieri; uno de' quali, seduto di traverso su la schiena d'un vigoroso mulo, cantava a piena gola, sur una rauca e strana solfa; l'altro camminava a fianco del carico, traendo spesse boccate di fumo da una corta pipa di gesso che teneva inchiodata in un angolo delle labbra, e facendo agli orecchi delle bestie chioccare a grandi scoppi la grossa scuriada. Quando i due ebbero adocchiata la fanciulla, cominciarono fra loro a parlarsi in un rozzo gergo, alternando certe risa sguajate e certi atti misteriosi, che la giovinetta ne raccapricciò tutta, e più stretto si chiuse sul viso e sul seno il rozzo panno che la copriva, rallentando i passi per rimanere indietro. Ma un d'essi, mettendo fuori un aspro gorgheggio che somigliava all'urlo d'un mastino, attraversò d'un salto il fossatello che lo divideva dal sentiero dov'era Maria, e le si piantò dinanzi, ficcandole nella faccia gli occhi arditi e travolti. La fanciulla gelò, arretrandosi con involontario ribrezzo, chinò la testa e si nascose il volto con le mani; l'altro allora, al quale era cosa nuova quella paurosa modestia, le si fece incontro più audace, e con un motto vergognoso, che ripetè per la buona intenzione di calmare gli scrupoli della giovinetta, le profferse di far la strada in compagnia. Ella non rispose; ma d'improvviso, volte le spalle allo sfacciato, cercò di salvarsi dalle sue mani fuggendo: il terrore le dava l'ale, ma il giovane la seguiva, la incalzava; e l' altro mulattiero, veduta la scena, balzò dalla groppa della sua cavalcatura, e correva anch' esso in ajuto del compagno. Maria ansante, affannosa, fuggendo, guatava per ogni parte se alcuno giungesse: e nessuno si vedeva. Già i due le stavano sopra, e con avide braccia, come una colomba che due falchi si contendano, già l'abbrancavano; quand'ecco un uomo sbucar fuori da una viuzza della campagna: era il vecchio mendicante da Maria incontrato al ponticello del torrente. Costui la vide, corse, gettossi tra la fuggitiva e i due inseguenti, e strinse al suo seno la sbigottita fanciulla, con un braccio che l' ira fece ancor forte, nel tempo stesso che levò l'altro arwaio del nodoso bastone, minacciando di rompere fossa al primo che si fosse avvicinato: tutto fu un istante. I due compagni, sorpresi dall' imbarazzo, si guardarono in faccia un l'altro; ma il vecchio, con ferma voce, gridò: « Non fate un passo, birboni, e tornate per la vostra strada! Io non ho paura di voi; voi accopperete me, vecchio come sono, prima di toccare a questa fanciulla la punta d'un dito! » « Cos' ha mai questo demonio di vecchio? » disse uno allora; e l'altro: « Malann' aggia il dannato che guasta il fàtto nostro! Come c'entri tu, vecchia tramoggia dismessa? Va al diavolo, che t'aspetta, o t'avrai a pentire! » E tutt' e due intanto fecero per iscagliarsi sul mendicante, e strappargli di mano il bastone, ch' egli teneva ancora sollevato in atto di minaccia su le loro teste. La giovinetta aveva gettato le braccia al collo del suo difensore, e a lui si teneva stretta, avvinghiata. « Lasciatela stare, per Dio! » il vecchio riprese con accento disperato; « lasciatela stare.... È mia figlia!... » Queste parole fecero uno strano effetto sulle anime rozze ma schiette de' due garzonacci: l'accorta menzogna, che la stretta del pericolo suggerì al pover uomo, fu quella che salvò la fanciulla dallo scellerato insulto. « È mia figlia! » rèplicò l' animoso vecchio, e la sua nuda fronte si corrugava, ardevano gli occhi, e tutte le sue membra per lo sdegno tremavano. I due giovani si trassero indietro, celti da un cotale istinto di vergogna che non sapevano spiegare a sè stessi; su que' volti foschi, e fortemente scolpiti, lo sfacciato ardimento aveva ceduto il luogo a un insolito senso di compassione che li faceva stupidi e muti. Alla fine: « Andiamo, Anselmo! » disse uno: « questo non è pane per i nostri denti; e voi, galantuomo, perché non l'avete detto alla prima, ch'era vostra figlia?... Non avete a far, con degli assassini; vi sareste risparmiato a voi l'incomodo d'alzare il bastone, a noi il rischio di rompervi le corna. » Ciò detto, voltaron le spalle; e, pigliatosi a braccio un l'altro, se n'andarono zufolando di concerto, per tener dietro a' muli che avevano perduto di vista. « Sia ringraziato il Signore! » disse il mendicante, appena si furono allontanati, « che m'abbia mandato l' inspirazione di continuare la strada; io son vecchio, è vero, ma mi ricordo d'altri anni, d' altri tempi.... e, per l'anima! vi giuro, che, a costo di questi quattro dì che mi restano di vita, quegl'infami non avrebbero ardito non solo di torcervi un capello, ma nemmeno di dirvi una parola di più.... Or via! andiamo, io mi sento bene; la mia forza antica mi è tornata in corpo, e voglio venire con voi, fino laggiù alla città. » La fanciulla lo guardava con una tenerezza soave, dalla quale traspariva tutta la gratitudine d'un' anima pura, che non sa trovar parole per esprimere quello che prova. « Creatura del cielo! » continuava il mendicante, « voi avete stesa la mano al povero vecchio, voi avete spartito con lui forse l'ultimo vostro pane. Poco fa, quando là sul ponticello vi siete fermata dinanzi a me, e con atto di compassione m'avete guardato, io ho veduto spuntare una la- grima su' vostri occhi; era tanto tempo che non incontravo una faccia pietosa!... Adesso, sono un povero diavolo; ma anch' io sono stato un uomo, e ho vissuto giorni ben diversi.... Oh! ma allora, in vece di questo giubbone, io portava la divisa gloriosa del soldato, e aveva veduto più di trenta battaglie, io odorava con gioia il fumo del cannone; e queste mani, che adesso vedete tremare, hanno piantato una delle bandiere di Napoleone, là sui tetti delle case di Smolensko, in mezzo ai ghiacci della Russia!... Ma oramai tutto è finito da tanto tempo, e nessuno sa più nemmanco chi io mi sia.... Voi sola m'avete consolato con un'occhiata d'amore; siate dunque benedetta! » Maria s' era appoggiata al braccio del vecchio; e alternando parole di conforto al racconto delle loro vicende cosl diverse, ma dolorose del paro, continuarono a camminare in compagnia, fino a che giunsero presso alla città. Qui si fermarono, si separarono: Maria, con un senso di riverenza e d'affetto, strinse la mano della sua guida, quella mano arsa e callosa che poco prima s'era levata in sua difesa, e a malincuore si congedò dal vecchio mendicante, che più non doveva rivedere. Battevano le quattr'ore di sera sulla torre d'una chiesa del sobborgo di Sant'Agostino, quando la giovinetta, sola un'altra volta e sostenuta dal suo cuore, l'unico amico fedele che rimanga agl' infelici, prendeva la via della montagna; sperando pur di potere almeno arrivare presso al suo paese, prima che la notte fosse venuta. Pensava che le sarebbe stato impossibile trovare in quell'ora una barca che ve la tragittasse, tanto più che non le era nemmeno avanzato di che pagarne il nolo; e poi, il timore d'esser conosciuta, e la ripugnanza che sentiva a mettersi di nuovo in mezzo alla gente per le vie oscure ed anguste della città, le accrescevano la sicurezza di poter giungere egualmente dalla parte di terra al termine del suo viaggio: era quella la strada del suo terreno nativo, e l'aveva trascorsa più d'una volta, fin da fanciulla, in compagnia del padre suo. L'alpestre cammino era disagiato e rotto, ma i passi della fanciulla eran rapidi e sicuri; un segreto coraggio la sosteneva, dicendole che dopo un' ora di via sarebbe finalmente giunta al luogo della sua pace, a quel ricovero così sospirato e pianto, dove oramai aveva poste le sue poche speranze, tutta la sua vita. La poveretta si pasceva, camminando, di queste pure idee consolatrici; e mentre continuava a salire su per la difficile erta, pareva che la ricordanza de' suoi mali recenti andasse dietro a lei fuggendo, svanendo a poco a poco, come l'angustia di un pericolo già passato. Domandava a sè medesima, se la vecchia Marta fosse ancor viva, se l'aspettasse ancora, se l'avrebbe stretta nelle sue braccia, se le avrebbe perdonato e tenuto luogo di madre. In mezzo a queste immagini, la cui amarezza era temperata dalla fiducia, Maria non s'accorgeva dell'asprezza della strada, e le sue gracili membra portavano con alacrità l'insolita fatica. Di poche e rade traccie umane eran tocche le nevi di quelle dirupate rive; il fianco della montagna, tagliato a mezzo della via che conduce da uno all'altro di que' sette miserabili e oscuri villaggi, i quali si chiamano con superbo nome le sette città di Blevio, presentava in tutta la sua nudità lo squallor dell'inverno, che aveva fatto quasi impraticabili i sentieri e le coste. Macigni rovinati di recente, e ricoperti tutti dallo stesso manto di neve; alberi conquassati dagli eterni rovaj, minaccianti di rovesciar su la strada, co' rami più annosi squarciati, che crepitavano al più leg- giero soffiare del vento; e gore d'acqua putrida, ghiacciata, ov' era rotta o fessa la terra; e giù giù, per il dosso della montagna, boscaglie nude, stecchite, e rigagnoli di nevi squagliate: vecchi torrenti che trascinavansi dietro ceppaje sbarbicate e lembi di terreno lacerati dall' impeto del gorgo, poi con impeto si dividevano, si moltiplicavano, saltando per le rapide balze e rovinando per entro le scoscenditure e le frane con uno scrosciare dirotto, solo strepito che sturbasse la sepolta natura; e al basso, in fondo, spiccante col suo cupo colore, sotto il cielo torbido, bruno, e sotto ai monti tutti bianchi, la verde e muta acqua del lago. Intanto era sopraggiunta la notte; e, dopo molti pericoli e molto terrore, Maria aveva attraversato l'ultimo di que' sette villaggi. Passando, non vide che il riflesso di qualche tardo lume, dietro il pertugio ingraticolato d'una casipola; non aveva incontrato che due o tre montanari, i quali, senza badare a lei, s'erano perduti per le tenebrose callaje del paese. Cominciava a spirar di nuovo la tramontana, a fioccar più larga e più folta la neve, sbattuta dal vento, che fischiava rompendosi contro ai dirupi e sollevava nei suoi vortici quella già caduta. Più d'una volta la fanciulla, la quale infiacchita, affranta dal crudele viaggio, reggevasi a stento, sentì mancarsi sotto i piedi il terreno, e alzò uno strido di spavento, uno strido che l' orrida solitudine lasciava senza risposta; più d'una volta con disperato sforzo si mise a correre a tutta lena su la perigliosa via, a fianco de' precipizii, sul margine de' sdrucciolevoli massi, come per salvarsi dal turbine che pareva inseguirla; e poi af'annosa, anelante e credendo veramente di morire, s'avvinghiava con le deboli braccia al tronco d' un albero, alle punte d' uno scoglio. E il vento quasi si facesse giuoco della misera creatura, come di gracile canna, or la incalzava e or la respingeva imperversando: nella foga del correre contro la furia dell'uragano, essa aveva perduto la mantellina che la copriva: e, a ogni buffa del vento, le sue trecce sciolte le sferzavano sul candido collo e sul viso livido, agghiacciato. Poi tornava a camminare, e sollevando di sopra il capo le mani strettamente intrecciate, sembrava tra l'orror della paura e il gemere della preghiera domandasse al cielo la morte come una grazia; stanca la vista le si appannava, le si confondevano nella mente gli stessi pensieri di terrore, e già più non sapeva dove ella fosse. Alla fine, il sentiero cominciava a calar al basso, e in mezzo al fosco della notte e allo smorto biancheggiar delle nevi, parve a Maria di vedere un filare d' alberi, un muro, una casa.... A tentone seguiva la guida di quel muro, e trovavasi in faccia d'un cancello chiuso fra due cadenti pilastri. Appoggiò la fronte alle fredde aste del cancello.... e riconobbe il campo santo del suo paese; credè perfino discernere il mucchio di terra dov' era sepolto suo padre e la croce coperta di neve che lo proteggeva. Allora si mise devotamente inginocchioni su l' entrata del sacro terreno; e da quella scena di morte richiamata d' improvviso ai pensieri della vita, pregò, pregò a lungo.... Ma il disagio patito, la dolorosa via, l'angoscia e il rimorso le piombarono in quel punto su l'anima, la quale forse più non era attaccata che per un filo all' esistenza. Ella abbrividiva, si sentiva sfinire, ardeva, gelava nei momento stesso.... Non ebbe più forza di tenersi al cancello che aveva abbracciato, e lasciandosi cader giù lentamente su l'agghiacciato terreno, giacque come morta. Un' ora di poi lo scalpitare d'un cavallo turbava il silenzio mortale di quella desolata riva. La notte era già alta; l'uragano cessato; solo testimonio di vita era il fremito indistinto del lago, che si rompeva alla sponda col monotono spumeggiar del fiotto. Il giovine cavaliero, ravvolto in un corto mantello, pareva disprezzare tutto il rigore della stagione, consolarsi quasi nel respirare l'aria asprissima della montagna. Egli aveva abbandonato le redini sul collo del cavallo, che con passo lento e stanco discendeva per la china. Allorchè giunse vicino al campo santo, il suo sguardo cadde a caso sopra qualche cosa d'opaco che spiccava sul bianco terreno. Raccolte le briglie, fè volgere il cavallo a quella parte, e curvandosi sulla sella vide, al debole chiaror della neve onde appariva coperta ogni cosa all' intorno, una misera creatura la quale pareva svenuta o estinta; pensò che fosse colà venuta dal paese a pregare per i suoi morti, e che la crudezza del freddo o l' imperversar dell' uragano l'avessero ridotta a quegli estremi. Il cuore gli tremava forte; fermò il cavallo, scese di sella; poi, chinatosi sul terreno presso quella salma assiderata, riconobbe ch'era una povera giovinetta: sorreggen- dola sulle braccia egli la sollevò alquanto, e la sostenne inginocchiato com'era, sì che la testa grave e cadente dell'estinta si rovesciò su la sua spalla. Allora avvicinò il suo volto alla bocca dell' infelice, per conoscere se un alito leggiero di vita scaldasse ancora quelle membra immobili; fissò gli occhi sovr' essa; ma al primo guardare nulla vide, nulla distinse, quasichè l'anima sua non avesse più senso.... Tornò a fissar quella fronte, que' labbri, que' cigli, ogni fattezza.... Un brivido gli corse per tutte le vene, e si sentì trapassar il cuore come dalla fredda lama d'un pugnale.... Arnoldo l' aveva riconosciuta.

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gli occhi di chi ha molto sofferto leggono in fondo ai cuori, da cui non sono amati, abbastanza per poter piangere ancora. E poi, viene il tempo il più amaro. L'uomo che prima era l' amico, il fratello, il padre suo, il suo tutto, non la guarda più come in quel giorno, in quel giorno felice che nasce una volta sola, e non torna più; non le chiede più di quelle parole che, un tempo, facevano la sua gioia, il suo conforto. Egli è un uomo fatto, un cittadino; ha la gloria che lo chiama, la vita che gli comanda, la società che l'accarezza, il mondo che lo guarda.... Egli non è più solo, come in quel giorno così bello! « Maria, Maria, che cosa dite mai? » « Ah! lasci ch' io sfoghi tante cose che da gran tempo porto nel cuore! Quella poveretta che sente non essergli più necessaria, quella, che quasi un fiore per un giorno gli piacque, non è più la medesima.... Ella tace sempre, piange spesso; ed egli volge indietro la testa, cerca altri fiori più freschi, più belli, perché l'uomo ha sempre bisogno della bellezza.... Oh mio Dio! quest'angoscia non basta sola a farla morire di dolore? E il dubbio che l'accompagna sempre, e il timore di proferire una parola sola che lui dispiaccia, l'affanno segreto di sentirsi così piccola cosa a paragone di lui, e fin la grandezza dell' amore che gli porta, di un amore ch' egli con un solo pensiero può maledir per sempre.... » « Non più, Maria, non più!... Ecco, era una speranza del tutto vana la mia, e voi spezzate quasi l' ultimo anello di mia vita.... Tu, o Maria?.., tu, la più bella, la più santa creatura del Signore, l'unica luce ch' io avessi ancora, puoi abbandonarmi? Abbandonarmi, quand' io, per amarti, ho dimenticato patria, parenti, nome, tutto?... Cielo! dunque la virtù ch' io cercai, altro non era che un delirio, la poesia de' vent' anni, l'incanto d'una primavera? Bisogna che sia così. E ora che farò?... Tornar nei mondo, gettarmi in questo vortice di cose, nell'ebbrezza della passione, nella vita del momento; sì, ridere delle lagrime che si versano da per tutto, e di quelle che farò versare anch' io; e a quanti mi rinfacceranno di non creder più a nulla, nemmeno alla virtù dire: Gli uomini m'han voluto così! peggio per loro. » Maria raccapricciò a codeste strane parole, chinò la fronte e impallidì. Arnoldo la guardava quasi sdegnoso, e levandosi a un tratto, mosse per allontanarsi. « Si fermi, signor Arnoldo, » proruppe la sbigottita fanciulla, « e non mi lasci in questo modo.... Io le ho parlato come una povera giovine onesta, ho fatto il mio dovere. Lei non sa, non vede il mio dolore, ma soffrirei ben di più se non avessi coraggio di parlarle col cuore in mano. La grandezza, la felicità che mi vuol dare, non sono fatte per me: questi due anni della mia vita non saranno stati altro che un sogno, ma il più bello di tutt' i miei sogni!.. Quando penso a queste quattro mura, dove sono nata, dove per tanto tempo sono stata felice anch' io.... quando penso a mio padre, a mia madre, a mio fratello.... Oh se vivessero ancora.... non mi avrebbero certamente benedetta! » « Se que' buoni vivessero ancora, vorrei metter la nostra sorte nelle loro mani. E anche lui, vostro fratello.... » « Il povero Carlo!... Ah se sapesse com'egli pensava e

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Cosi si sentiva abbastanza felice, perchè persuasa e contenta d'aver compito il suo dovere. Innocente e sublime creatura! Essa aveva compito il suo sacrifizio. Al cominciar dell'altro inverno, que' fatali indizii d'una lenta consunzione, sopita per poco tempo ma non vinta, tornarono a spiegarsi; e il dottore, che di quando in quando capitava a visitarla, s' era subito accorto della funesta verità. Pure Maria trascinò i suoi giorni per tutta l' invernata. A poco a poco, ella si consumava, finiva, senza temere di nulla, senza patire. Dio è sempre pietoso, e volle risparmiarle l'ultima angoscia. Le fanciullette sue amiche venivano ancora quasi ogni dì a tenerle compagnia; qualche tolta, alcuna d'esse, la più grandicella, le domandava perchè fosse cosi pallida e dimagrita, e nel domandare pian- geva.... Ma ell'era rassegnata; nè fu udita mai pronunziare un solo lamento; chè anzi, assorta talora in dolce meditazione, le sue labbra s' aprivano a un tranquillo e celeste sorriso. Tornò la primavera, tornò il bel sole, tornarono i fiori; ma il cielo non fu più sereno, nè l'aria ebbe più balsamo per lei. Oramai, ella non sorgeva più dal suo letticciuolo. Al principio dell' aprile, in quel giorno stesso che, un anno prima, aveva veduto partire Arnoldo, ella restituì l'anima pura al Creatore. E le fanciulle da lei tanto accarezzate, e la Marta, alla quale lasciò la sua casetta, e quel buon galantuomo del signor Gaspero, che sempre le aveva voluto bene, furono i soli che l'accompagnarono l'ultima volta fin al luogo del suo riposo. Ella è sepolta presso a suo padre; e quelle due zolle sono protette da un' unica croce. Alcune settimane dopo la morte di Maria, il signor Gaspero stava leggendo agli amici le novità della gazzetta: sedevano a circolo su l' entrata della bottega di Samuele; poichè, al venir della state, l'aristocrazia del paese, come i capi delle tribù indiane, soleva tener consiglio a cielo sereno. Dunque, fra le altre novelle, sotto la data di Londra, egli lesse questa: « - Sir Arnoldo, figlio di lord Leslie, quello stesso la cui conversione alla religione cattolica menò gran rumore l'anno passato nel bel mondo, fu eletto membro del parlamento pel borgo di ***. Si pretende che l'onorevole baronetto deva condurre in isposa una sua cugina, la bella e ricca erede di lord S.... miss Elena Davison. » Il buon vecchiotto continuò a leggere; nè a lui, nè al dottore (il quale però conservava ancora, come reliquie, certe tre quadruple di Spagna lasciategli in dono dal giovine inglese), nè al curato, nè allo speziale, cadde in pensiero che quell'onorevole baronetto fosse appunto il bel forestiero da tutti loro già conosciuto. Non vi fu che il deputato politico, il signor Mauro, se pur vi ricordate di lui, il quale susurrò a mezza voce: « Quel nome non m' è nuovo.... Ma via, a noi cos' importa?... » Bisogna dire, peraltro, che di Maria non si dimenticarono. Il signor Gaspero raccontò più d'una volta la storia della povera fanciulla; e n' era sempre commosso, e conchiudeva seriamente: « Il mondo è una scala, e ciascuno deve starsene al suo scalino. La Provvidenza non ha creato per niente i signori e i poveri diavoli. Dunque rimani contento nella condizione in che essa t' ha collocato, nè voler sollevarti da quella per non perdere pace, libertà e salute.... » Ma, dopo un momento, scrollava il capo, e con un sogghigno di compiacenza, soggiungeva: « Questo è vero! Eppure io sono la prova del contrario. Se fossi sempre stato quel baggeo ch'io m' era da fanciullo, la mia fortuna a quest'ora sarebbe di menar la barca fino a Domaso e di pescare agoni laggiù sotto la riva; ma perchè, in que' bei tempi, non me ne stetti con le mani nel giubbone, da povero merciajuolo son diventato quello che sono, ho veduto quel che so io; almeno ho casa e tetto, e posso fare e disfare anch'io la mia parte; nè mi manca nulla, fuorchè la consolazione d' un' anima bella, come fu Angiola Maria. Ma! un' altra come lei non la troverò più, campassi anche gli anni di Noè. »

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Prese a pigione una piccola casa, che non era a più d'un miglio di quella villa; abbastanza contento, se gli avvenisse d'incontrare le sue buone sorelle o sul lago, o sui sentieri della montagna. Con loro, egli ingannava molte ore, ragionando di tante cose, di tante memorie che portava nel cuore. La storia di codesta vicenda famigliare potrà, cred'io, spiegare la sdegnosa tristezza del lord, e l'amorevole preghiera delle due fanciulle, in quella mattina.

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Così sempre avviene; ed io non ho voluto chiamar sulla casa di mio padre, sui vostri bianchi capegli, il turbine che di subito sorse a minacciarmi: pensai a mia madre, a mia sorella, e obbediente a chi mi percoteva, rinunziai ad ogni gloria e mi tenni abbastanza felice di questa parte che Dio m' aveva ancora serbata. Qui, i buoni alpigiani mi conoscono e mi riveriscono come padre, m' ascoltano e mi amano come fratello; qui m' è consolazione il pensiero di quel filosofo: Se utile non è quello che facciamo, stolta è la gloria. Ma non più di questo Ringrazierete per me l'Angioletta di quella cassettina contenente poche cipolle de' panporcini de' nostri monti, ch' essa mi mandò per il Bernardo, l'ultima volta che capitò al paese. Direte a lei e alla mamma che si ricordino di me nelle loro orazioni care al Signore; io non n'ebbi mai tanto bisogno come in questo momento. Se mai tornasse a vedervi l' amico mio p***, e vi domandasse di me, ditegli che i miei poveri nervi risentono ancora a quando a quando le fiere commozioni patite, e che la mia testa qualche volta non è a segno del tutto; ch' egli stesso mi scriva se le lunghe peregrinazioni, che vo facendo ogni giorno per questi monti, possano o no di soverchio abbattere le mie forze e fare in me effetto contrario a quello ch' io m' era promesso. Un' altra cosa vi commetto per la mia cara sorella. Ella sa dove stanno i pochi libri che innanzi partire lasciai, fra l' altre cose mie, in quella che fu la mia povera e beata cella. Nello scaffaletto a manca dello scrittoio, vicino alla finestra, troverà alcuni vecchi volumi giallognoli, mezzo rosi dal tarlo: sono i cari e preziosi amici di mia passata gioventù. »Fra essi vi son due libri rilegati in carta pecora, e intitolati l'uno: I Soliloquii di sant'Agostino, e l'altro La Città di Dio. Nell'armadio situato nell' angolo dov'era il mio letto, ne troverà pure alcuni altri più vecchi ancora, fra cui un volume delle Opere di san Tomaso, e uno di quelle di Sant' Ambrogio; e un altro più piccolo, al quale manca il frontispizio, è il Trionfo della Croce di Fra Girolamo Savonarola: quest' ultimo lo conoscerà dal mio nome scritto sull'ultima pagina di mia mano, sotto ad un braccio che tiene impugnata una spada e che vi disegnai quand'ero chierico ancora. Se l'Angiola riesce a raccozzare quel piccol mucchio di libri, ne' quali pongo tutta la mia speranza per quest' inverno, voi, mio buon padre, fate di trovar modo a spedirmeli al più presto, per la via più sicura; ne pagherò la spesa all'uomo che me li porterà. Mio padre. Vi raccomando quello che già vi scrissi nell' altra, di tener sempre presso di voi le lettere che per me venissero alla posta di Como, e di non darle in mano di nessuno, fuorchè del Bernardo, che verrà a pigliarle alla fin del mese, a mio nome. Se ve ne fosse alcuna pressante, queila potreste consegnarla all'amico mio p***, che sa come mandarla a questo mio nido di montagna. Dite a mia madre che, al tornare della primavera, ho speranza di venire a casa per qualche giorno: che non veggo il momento di sedermi ancora, come quand'ero fanciullo, vicino a lei sugli scalini della nostra porta: e che le farò raccontare un'altra volta la storia de' poveri morti di Torno. Oh! quante memorie leggiere, fuggitive, tessute, come tutte le cose della nostra vita, di piccole gioie e di grandi dolori, mi rifanno dinanzi al pensiero tutta l'età passata, e mi sforzano a piangere un'altra volta Perchè non sono io nato che per invocar la benedizione del Signore sopra coloro i quali devono trovare ogni lor bene nel patimento mitigato dalla speranza?... Io la sentiva pure nel mio cuore una fiamma più ardente, l' alito della fede, il coraggio di morire per i miei fratelli.... 2 di maggio 18.... (*) « Niuna cosa violenta puo essere perpetua. » E fino a quando vedrò sulla terra il trionfo del male? O Signore, tu rovesci i potenti dal seggio, ed esalti gli umili; ma tu dicesti ancora: Il regno mio non è di questo mondo. Noi dovremo dunque piegar sempre la fronte, come in atto di vile osservanza, in faccia alla malizia che si veste di pompose apparenze, che vince la semplice onestà colle sue compre lusinghe, o colla ipocrisia, la peggiore delle tirannidi?... Combattere la forza brutale, che non concede alla stanca umanità di sollevare il capo da quella nebbia d' ignoranza in cui da secoli le misere generazioni son costrette a vivere, o piuttosto a morire; parlare in nome di Quello che dal Calvario annunziò agli uomini che sono tutti figliuoli dello stesso Padre che ama e perdona, è una grande e dolorosa parte, la quale a pochi fu dato di compire sulla terra! Il tempo, come spaventoso torrente, trascina via con sè uomini e idee: pochi nomi benedetti, poche sante e divine parole rimangono appena a far testimonianza del passato, a fermar la promessa del futuro. Avventurato chi visse nell'aspettazione de' tempi migliori, procacciando intanto e operando il bene, come se dovesse da un dì all'altro fruttare! Dio ha veduto il cuor suo, Dio raccolse le sue lagrime; e quando seduto in disparte, come Geremia, stette solitario e tacque, Dio gli perdonò il silenzio, e la luce del cielo venne sopra di lui. (*) Forse il manoscritto fu ripigliato all'entrar della seguente primavera; se pur non erano mancati alcuni foglietti. E il suo cuore sollevò un' altra volta quel profetico lamento: - « La parte mia è il Signore; e per questo io l' aspetterò. » Buono è il Signore all' anima che in lui pone speranza e lo cerca. » Buona cosa è procacciar nel silenzio la salute del Signore. » Buona cosa è all' uomo portare il giogo nella sua giovinezza. » Siederà solitario e tacerà; poiché Dio gl' impose il suo carico. » Metterà la sua bocca nella polve, cercando se vi sia speranza. » Porgerà la guancia a chi lo percote; sarà pasciuto d'obbrobrio; » Perocchè il Signore non lo respingerà da sé in sempiterno; » E s' egli affligge, ha pur compassione, secondo la moltitudine delle sue misericordie. » 12 di maggio. Qualche nuova e più grave sciagura sovrasta a me o ad alcuno de' miei cari. Io ne ho da parecchi giorni il doloroso presentimento; poichè alla pace gustata per alcun tempo, alle forti contemplazioni della scienza, infiammatrice dell' intelletto, alla soave poesia della natura, è succeduta nell'animo mio l'amarezza delle cose, la codardia del dubbio, e quasi una paura di me stesso. Questo fu sempre per me il presagio di un tristo giorno della vita. I miei vecchi volumi non mi racconsolano più; non mi sembrano più che vani, indicifrabili enigmi, i quali altra cosa non mi fanno certa, se non che quaggiù nulla è certo. Non posso scrivere, non posso nè manco pensare.... 19 d' agosto. Io mi reputava cosi forte, così provato nella vita, e padrone di me medesimo, da sostener con fronte serena e animo tranquillo ogni e qualunque nuova e più dura esperienza. Dopo essermi seduto tante volte al capezzale della morte, dopo aver veduto spirar nel bacio di Dio tante infelici e candide creature, e aver accompagnato sulla tremenda soglia dell'eternità tanti uomini ciechi del bene, travagliati dal patimento, consunti dalla disperazione o dal rimorso, io credeva che più nulla d'umano potesse conturbare ancora i miei pensieri - Deh! che cosa è mai l'uomo, se tu nol visiti colla tua forza, o Signore? Oggi, dopo molti anni, il caso, o piuttosto il volere di Chi tutto dispone per il bene, mi ricondusse dinanzi un uomo che forse fu la prima cagione di tutte le mie disgrazie. Io gli aveva dato, nella generosa effusione del mio cuore giovine ancora, il santo nome d'amico.... Ed egli lo rinnegò questo nome così bello! mi rapì la prima, la più poetica lusinga della vita, l'amore; mi derise con una crudele indifferenza nelle innocenti mie illusioni; e ligio a coloro che poco m' amavano, se pur non m' odiavano già per la mia naturale e avventata libertà del pensiero, per quello ardimento che di rado è scompagnato da un cuore acceso del desiderio d'operar qualche cosa a pro d'altrui, egli pose in mano de' potenti il segreto che doveva partorirmi l' infamia, farmi morire!... Ma, come Dio anche quaggiù non consente sempre la vittoria ai cattivi, io, povero, oscuro e calpestato verme, fui più forte di coloro che si levarono, come stormo nemico, contro di me. Vinsi l' impostura e l' aperta menzogna ; poi mi ritrassi a piangere il mio passato nel silenzio della casa nel Signore, e perdonai. Perdonai, sperando che Dio a me pure perdonasse. Ed Egli m'avea dato codesta pace: fatto puro il mio cuore del lievito dell' ira, parevami d'avere in me spogliato per sempre il vecchio Adamo. La mattina era bella. - Per sollevare i pensieri dal peso delle angosce che ne' passati dì m' avevano grandemente prostrato, m'incamminavo verso il sentiero della selva, dalla parte ove sorgono tappezzate di lambrusca e di parietaria le rovine dell' antica torre lombarda: è là dov' io passo, in faccia alle maestose, lontane ghiacciaie dell' alpi e all' interminato azzurro del cielo, le più solitarie e beate ore del viver mio. Appena fuor della porta, un uomo incappucciato in un gabbano da montanaro mi s'affaccia d' improvviso. Lo guardai; teneva china a terra la fronte, voleva come parlare; e pareva tremasse. « Chi siete? » domandai. « Uno che.... vi conosce; » rispose, o piuttosto balbettò, senza levar gli occhi. Quella voce non mi parve al tutto ignota; ma Io strano vestire, la sua dubitazione, lo sgomento con che andava guardandosi intorno, turbarono un poco me pure; e persuaso che foss'egli ben altro da quello che i suoi meschini panni mostravano, me gli feci più accosto e di nuovo il richiesi: « Che volete da me? » « Sono un povero fuggitivo; venni a chiedervi asilo. » « Ma, signore! » ripigliai; « nè vi conosco, nè so.... » « Sì, mi conoscete; è in nome dell'amicizia ch'io vengo a voi. » E dicendo così, tolse giù il vecchio cappellaccio che gli copriva mezzo il volto, e mi guardò con aria supplichevole, malcerta. Ancora noi ravvisai. « Per carità, apritemi la porta di casa vostra! voi, ministro del Signore, abbiate compassione del fuggiasco perseguitato.... » E qui abbassò la voce, e fatto un passo verso di me, dopo essersi di nuovo guardato dietro le spalle: « Io sono Alberto ***: fui vostro amico! » Era colui che m'avea tradito. Quello che passasse in quel momento nel mio cuore, non voglio nè potrei scriverlo. Egli dimorò sotto al mio tetto due dì e due notti, nè io gli domandai se fosse innocente, o perchè avesse scelto ricovero nella casa d'un uomo a cui egli aveva fatto tanto male, e che fors' anche avrebbe potuto restituirgli il suo tradimento. Ah no! mai, mai! Colui che uccide è più misero di chi rimane ucciso: egli mi credè generoso e incapace del delitto di che spensieratamente, e per leggiere cause, non dubitò farsi reo contro di me. Io non so le conseguenze, le quali per la mia pietà potrei incontrare; ma non le temo. Nè fu pietà la mia, fu giustizia. A lui diedi tutto quel poco denaro che avevo, pregai per esso il Signore, e in quel momento dimenticai tutto il passato. Egli era più che amico mio, era fratello; Dio solo, Dio che mi lesse nel fondo dell'anima, mi giudicherà! Quando volle partire, io gli aveva stesa la mano e lo contemplava fissamente senza far motto. Mi parve commosso, soggiogato dalla memoria di quello che fu tra me e lui: mi guardò egli pure , poi mi si gittò al collo, e pianse. 3 di maggio. . . . Nessuna novella del fuggitivo. Che il cielo l' accompagni! Il mio cuore s' è allargato nella pace di prima sono rassegnato e tranquillo nella mia coscienza. Non so spiegarmi come non ricevessi ancora riscontro alcuno da ***, e da *** alle ultime mie lettere.... Queste note e questi pensieri trovai qua e la sparsi sopra alcuni brani di carta frapposti alle pagine del manoscritto erano per avventura frammenti o postille di guaiate libricciuolo messo in luce, senza nome, in altro tempo. Ne tenni conto, perchè panni che rivelino meglio quali fossero la mente e il cuore del vicecurato. « Molti presuntuosi reputano impossibile tutto ciò che per loro o non si sa o non si fa; moltissimi considerano le grandi cose che non intendono, o che non sono capaci di operare, come inutile fatica d' un esaltato fanatismo; e stanchi prima d' intraprendere, si addormono sui morbidi ma dannosi letti dell' ozio. Tanto è superbo l' amore di noi stessi per non confessare la propria ignoranza e la propria debolezza; tanto è artificioso per giustificarla; tanto è ingiusto per assolverla! Frattanto l' infingardaggine si scusa colla pretesa impossibilità alle grandi cose, per non confessare il timore dell' utile fatica; e il vizio colla pretesa loro inutilità, per non denunciarsi da sè medesimo vile e iniquo; l' infingardaggine e il vizio diventano costume e perchè ciò che non è il costume dei più, sia tristo, sia buono, si chiama fanatismo e pazzia, ogni bello e generoso ardire vien collocato indegnamente in quest' ultima classe. .... « L'uomo contempla, rappresentata ne' grandi genii, in una pompa la più solenne e nella sua più illustre magnificenza, la propria natura: una sublime compiacenza lo fa inorgoglire delle proprie forze; l' animo s' eleva ai più ardui concepimenti; il cuore s' infiamma ai plà scabrosi sperimenti; nulla più si tollera di mediocre, senza una nausea mortale e un magnanimo disprezzo. » .... « Nella rivoluzione de' tempi occorrono età cosi sciagurate per corruttela di costume, e cosi impudenti per abitudine di vizio, che portano in trionfo la colpa, infamemente la collocano sugli altari della virtù, e, per averle cangiato nome, reputano di purgarsi da sacrilega idolatria. Allora, gentilezza di modi le mollezze, gloria l' oro, mo- destia destia la viltà, prudenza il timore, umiltà la codardia, obbedienza la venalità, senno il raggiro, economia l' usura, avvedutezza la frode, laude l'adulazione, belle arti la lussuria; in una parola, la colpa virtù. Tale è il rovescio miserando e scandaloso che si fa d' ogni buono in cattivo, quasichè, per mutar di vocabolo, mutino le cose: ma dando così chiaro a vedere che ogni uomo sente che non è stromento di scelleratezza, e che tale è necessità per esso la virtù, che il delitto non abbraccia se non colorato dalle tinte di quella. Anche scellerato, ama d' ingannarsi che non è; epperò, perdendo la virtù, ne conserva la divisa, onde molta è la ciurma degl' ipocriti: e così, se dappertutto ove sono uomini il delitto ha schiavi, in nessun luogo regna a fronte scoperta. Quindi accade che, se in così fatti tempi sorge un magnanimo amico della virtù e del vero, tutti se gli fanno intorno co' sassi; ed è ben conseguente, perocchè se giunga face là ove tutti hanno bisogno di tenebre per ascondere la colpa, tutti si sforzano di spegnerla subitamente. Delitto dell'amore di noi medesimi, che giustificando i propri errori è pur d'uopo che le virtù contrarie condanni per evitar contraddizione: sicchè in cuore invidia l'altrui virtù, e col labbro la lacera e la condanna. Del resto, la verace virtù che passeggia nel mezzo alla finta, tacitamente denunzia la colpa nascosa sotto le sue larve, e coll' opera del paragone squarcia la veste dell' impostura la più veneranda e la più astuta. Allora si distingue la virtù dall'ipocrisia che fa studio d'imitarla, coll' eguale facilità che da un re di scena un re da trono: ed è per questo che in tale condizione di tempi la virtù e la sapienza sono guardate come due possenti nemiche; è per questo che solo compaiono attraverso lo squarciato manto d'un' illustre povertà, e che sempre le ritrovi fuggiasche sulle spinose vie della persecuzione, e spesso ancora fra le catene, e dentro la carcere dell'omicida e del ladro. » .... « Le grandi speranze e i grandi sforzi sono dei generosi; le forti presunzioni e i deboli attentati, de' superbi.... Io tutto spero, tutto tento, nulla presumo! » .... « Se è vero che dal conoscere scende ogni volere, e dal volere ogni .operazione umana, con cui si satisfà all'inesorabile bisogno, si accontenta il desio insaziabile, e si avverano le indelebili speranze, nella cui somma soltanto può essere riposta quella felicità ch' è data ai mortali; se è vero, io dico, tutto questo, deve scusarsi la nostra curiosità che tutto ad un solo sguardo vorrebbe possedere lo scibile umano. Anzi questa curiosità io la reputo come il possente motivo onde la natura invita l' uomo a ricercarla nel sacrario della scienza: come col desio della felicità lo spinse alle perenni agitazioni delle sorti mortali. Quindi è che, una volta messa sulle vie delle indagini per un sì grande impulso, non già s'avanza gradatamente e con tarda saggezza, contenta ad un vero discreto; ma impaziente delle sagge dimore della riflessione, si avanza baldanzosa, prima fidata al solo probabile, poi al verisimile, ed in ultimo anche al falso in colore di vero; e così, per volere acquistare la vetta per la più spedita via, corre la più lubrica; e correndo questa, bene spesso precipita al basso. A spogliar la cosa di veste metaforica, fatto è che quando cessa il vero, ce lo fabbrichiamo coll' ipotesi del nostro cervello; e vien poi una demenza filosofica, che delira argomenti in suo soccorso; i quali, accreditati dall' umano orgoglio e dall'umana ignoranza, gli ottengono la cittadinanza del vero; e così, come dicevano i Greci, si abbraccia la nube per la diva. - Non già ch' io abborra dall' uso giudizioso dell'ipotesi: so benissimo ch' essa sola batte alle porte della verità; anzi m' aggrada quella sua audacia con che la sollecita a parlare e le squarcia il velo più misterioso. Mi rammento di Newton, che con essa s' innalzò in mezzo de' cieli e che da essa imparò come due mirabili forze equilibrino i firmamenti. Io abborro che lo stromento diventi la cosa, che la via si reputi la meta, e voglio che l' ipotesi non si usurpi nome di realtà, ma che con felice metamorfosi si cangi in essa. Ma pur troppo più persuadono i nomi che le cose: onde il fatto inesorabile bene spesso appalesa le gradite menzogne di noi stessi: decipimur specie recti. » .... « La feconda meditazione de' grandi, tacita e nascosa ne' suoi preziosi ritiri, non ha nemmeno l' applauso che il saltimbanco ottiene sul trivio; anzi spesso dal volgo le sue sapienti lentezze e le sue cautele da precipitato giudizio s' imputano a colpa, e si accusano d' ozio e di pi- grizia. Ma i grandi, sdegnosi di piatire con una plebe che ha bisogno d'assiduo cicaleccio, per non morir d' inedia sulla vie e ne' fori, ne confondono le menzogne, recando in pubblica luce il frutto delle loro nascoste fatiche. » « Le più sublimi speranze non bisogna misurar col solo calcolo del corto soffio dell' umana vita. Non bisogna solo calcolare quanto possa l'individuo; ma quanto può la specie, la cui vita è lunga come la sua perfettibilità. L'orgoglio umano è una menzogna quasi sempre nell'individuo; ma spesso nella specie è una verità; è uno sprone a quanto ella di fatto può. Questo esiste in ogni individuo; e ognuno, al divisamento, è pari all' idea che lo move; ma, all' opera, non potendo quanto la specie, ciò che non sa non fa, lo reputa per un cotale astuto giro dell' amor di sè stesso, o inutile o impossibile. - Ma la specie, all'opposto, può di più che non sappia: ognuno porti quel masso che reggono le sue spalle, e l'edificio s' innalzerà verso il cielo saldo e sublime. Io l'ho detto: Umana perfezione? un sogno: - Umana perfettibilità? una via di cui non conosco la meta, ma sulla quale io pure cammino.

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E per ciò quando, morto il suo antico signore e venduta la villa, egli venne lasciato in libertà, fu abbastanza contento di potersi ritirare in quell'umile casetta che lo aveva veduto nascere, e dalla quale gli era dato almanco scorgere di lontano il palazzo, come sempre continuava a chiamarlo, il palazzo del vecchio conte. Egli non ebbe più cuore, l'Andrea, di mettersi al servizio d' altri padroni; e neppure per diventare il più ricco fittaiuolo della Bassa, avrebbe consentito di abbandonare la riva del suo lago, l'acqua sulla quale era nato. E se ne morì contento in quel fidato ricovero, in faccia ai monti e al cielo che aveva amato sempre come cosa sua. I suoi settant' anni erano corsi in tanta oscurità, in tanta quiete! Carlo, il suo figliuolo maggiore, era in quel tempo vicecurato in un povero paese della Valtellina: e anche questa fortuna egli la doveva al conte Francesco, il quale alcuni anni prima aveva fondato apposta un piccolo beneficio per il giovine abate. La signora contessa poi, un'aurea donna, piena di bontà e d'amore, avendo messo una singolare affezione nella piccola Angiola Maria, poi che dal cielo le era stata negata la consolazione d'aver figliuoli, si teneva cara quella fanciulletta, come la fosse sua propria. É inutile ch' io vi dica, perchè ben lo pensate, come, ogni volta la buona contessa Anna ne venisse a passare i lieti mesi d' autunno nella villa del lago, la prima cosa a chiedere fosse della piccola Maria. Quella ragazzetta era così graziosa e bellina fin da' suoi primi anni, aveva il volto cosi ritondetto e color di rosa, e i capegli tra il biondo e il bruno così lucidi e inanellati, che rubava al primo vederla i baci e le carezze di tutti. La sua voce ancor fanciullesca aveva già quell'insinuante dolcezza ch'è segno di un'anima timida, amorosa; e l' ingenuo parlare e le schiette domande che faceva, mostravano bene quanto la sua nascente ragione fosse semplice e retta, e la sua mente già commossa dal trepido desiderio di pensare e di conoscere. La contessa Anna dunque rapiva spesso alla madre quella cara creaturina così bella, ch' era la sua piccola delizia. E qualche volta pure la condusse con sè alla città; nè poco ci voleva allora per vincere una certa ritrosia del buon Andrea; il quale finiva con obbedire, perchè la era volontà dei padroni, ma in cuor suo pensava da quella domestichezza co'signori non poterne venir bene a una povera figliuola come la sua. Alla madre invece, la pareva una benedizione del cielo: ella si trovava, è vero, come perduta, quand'era sola, ma il suo orgoglio materno, com'è naturale, n'andava consolato, vedendo crescere così bianca e bella la figliuola, da lei chiamata sua perla, sua ricchezza. Quando la fanciulla si fe' più grandicella, la contessa se la teneva più spesso in compagnia, talvolta per le lunghe ore della mattina, talvolta per l' intera giornata, e le prodigava ogni cura, con sollecitudine quasi materna. Sotto gli occhi suoi, la fanciulla imparò a legger que' libri che sono l'amore delle tenere menti, appena s'aprono facili agli accorti consigli del senno; e di que'libri, una Storia Sacra, tutta adorna di belle figure miniate, era il suo prediletto. Poi, seduta accanto dell'amorosa protettrice, Maria attendeva a qualche gentile lavoro d' ago o di spola; o si piaceva, sullo medesimo scrittoio della contessa, di sgorbiar de' fogli copiando e ricopiando il nome della buona signora e quelli di suo padre, della mamma e del fratello: era la sua gran gioja. Oh! quanto l' amorevole donna sentivasi dolcemente rapita da quell'anima candida e ingenua, vedendola a poco a poco prender come una nuova vita, alle semplici lezioni del bello e della virtù! Oh quanto era commossa dalle parole di Maria che rispondevano alle sue, dall'affetto di quella innocente che le chiedeva la grazia d'un bacio, dalle stesse sue lagrime, quando, per qualche lieve cruccio, il picciol cuore di lei non trovava altra risposta che un largo pianto! Quella era una beatitudine: e non di rado la contessa, dopo avere a lungo contemplata la fanciulla, si faceva mesta, pensava che felicità sarebbe stata la sua, se anch' ella avesse potuto sentirsi chiamar madre, se anche a lei fosse stato dal cielo concessa una figliuola come quella. Ma la felicità di questi anni doveva presto finire. Il conte Francesco morì, e l' ottima sua compagna lo seguì presto nel sepolcro. Erano svaniti i bei sogni di mamma Caterina: il compare Andrea aveva avuto ragione. Angiola Maria non abbandonò più la casa paterna, pur vi crebbe bella e serena com'era sempre stata; perchè quell'impronta virtuosa che il suo cuore aveva ricevuto, non poteva cancellarsi più. Pareva che la giovinetta portasse la pace e il bene con sè; il vecchio suo padre menava giorni tranquilli, d'altro non ragionando che delle sue lontane memorie, de' tempi burrascosi di sua gioventù, e de'suoi buoni padroni; e Caterina divideva colla figliuola le poche faccende della casa, serbando però sempre le più dure per sè; paga abbastanza nella sua tenerezza di vedersi sorridere d'intorno quel fior sì gentile della sua Maria. Solo il giovine vicecurato

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» disse alla fine il prete con certa bruschezza; « non v'accorate in questa maniera: non avete già pianto abbastanza? » « E siete voi che parlate così, don Carlo? » rispose rammaricata la buona donna. « Non v' ho veduto piangere anche voi, che adesso mi rimproverate? Ieri, quando siete capitato qui, e ch' io vi son venuta incontro sull'uscio, non v'ho veduto forse far di tutto per nascondermi le lagrime? » « O mamma! in quel momento.... « Lo so, che faceste per amor mio, per non cruciarmi di più; ma quando avete lasciato cadere la testa, qui, sulla mia spalla, e m'abbracciaste stretta stretta, mi sono accorta che voi piangevate.... E stamane, quando avete fatto quella bella' predica, che non ne ho sentita mai l'uguale, nemmeno in duomo a Como, non avevate anche voi gli occhi rossi, non vi tremava la voce? » « Sì, sì, è vero! buona mamma, perdonatemi! Ma bisogna peraltro esser cristiani, pensar che Dio ha voluto così, che stiamo quaggiù per soffrire, e rassegnarci. Quando ci tocca il male, ricordiamoci del bene che prima il Signore ci ha fatto. Così benediremo sempre il suo nome! Il nostro povero padre almeno è morto vecchio: e non avremmo forse potuto perderlo tanto tempo innanzi, se Dio l' avesse voluto?... » « Oh! tu hai ragione, Carlo, » disse allora sua sorella. « Il Signore non abbandona mai! Lui che ci manda i travagli, ci darà sempre anche la forza di sostenerli. » « Buona Maria, tu sei un angelo. È la tua innocenza che parla: oh che tu possa essere sempre così rassegnata! Tocca a te di sostenere il coraggio di nostra madre.... E anche il mio, sai, perchè sento che ho bisogno delle tue parole; mi sforzo di parer franco, ma sono afflitto e perduto d'animo. » Poi tacevano tutti e tre, e si riguardavano alternamente di nascosto. Solo la vecchia madre, non dimentica delle sue abitudini di buona massaia, levavasi ogni tratto da sedere, per togliere dal treppiè sul quale cuocevano e apprestare a' suoi figli le due vivande da lei stessa ammannite; un piatto di luppoli conditi, e una bragiuola. Ma poi ch'ella era di nuovo seduta, non poteva star di ripetere: « Quando penso che quella buon'anima di vostro padre non ebbe la consolazione di vedervi diventar curato, o don Carlo, nè di sentirvi predicar sì bene, nè provò la gioia di seder a tavola con voi, là, a quel posto ch'è voto, e di bere insieme a voi una bottiglia di quel suo vin vecchio, l'ultimo avanzo della cantina del signor conte!.. E dire, che anche lui, il signor conte, quel re degli uomini, è morto già da tant' anni!... Oh se Dio m' avesse almeno chiamata lassù, me, prima del povero Andrea!... » « Fareste meglio a tacere, cara mamma! Voi siete una benedetta donna! Che pensieri, per carità, che pensieri vi girano in mente! Guardate adesso, col vostro dire, anche Maria non fa che mandar giù lagrime. Via, dunque, parliam d'altro. Di forestieri ne son capitati quest' anno? » « Credo di sì, » Maria rispose. « Certo, » aggiunse la madre: « un signore inglese è venuto a stare nel palazzo, e vi resterà per tutto l' anno. Pochi dì innanzi morire, Andrea aveva parlato a quel signore, e anche alle sue figliuole, che son cosi belle.... E pensare che il pover uomo, adesso, non c'è più! » « Povera mamma! è impossibile parlar d'altro! » disse Maria. « O mio Carlo, almanco tu fossi stato qui cinque giorni fa, quando è succeduta la disgrazia, e io non sapeva travare una parola da dire a nostra madre! Lo domandava io alla Madonna il coraggio, ma alla mamma non sapevo ripetere altro che: Il Signore ha volutoctosì!... E poi, dopo trattenute le lagrime un pezzo, che mi scoppiava il cuore, anch'io finiva a piangere con lei. » « Così l'avessi potuto, com'io voleva, trovarmi fra voi! O Maria, se tu sapessi che colpo fu per me il ricevere la tua lettera, che senza dirmi il pericolo di nostro padre mi fece tremare per la sua vita!... E non poter subito correre a vederlo!... Il curato era anche lui inchiodato in letto da una malattia ostinata: io non poteva, non doveva partire. Il Signore mi consegnò dell'altre anime; non m' era permesso abbandonar quelle, nemmeno per accompagnar l'anima di mio padre nel suo transito da questo mondo. In che stato io mi fossi, pensate! » « Ecco qui! e voi, don Carlo, perchè adesso mi parlate così? Forse per tenermi su allegra? » disse sua madre. « Il signor curato, quantunque si sentisse ancora male, mi stimolava a correr qui; diceva, oh ne lo rimeriti il cielo! che per lui l'andava meglio, e si sarebbe trascinato giù del letto, avrebbe in qualche modo servita la parrocchia.... Io però aspettai ; la più dura prova che soffersi fu questa! Ma c'è sempre il rimedio della provvidenza: due giorni appresso, il signor curato era sano, che l'ho creduto un miracolo. E io partii allora, e fu lui stesso che m' imprestò il suo biroccio, e mi mise le redini in mano.... Ah! speravo ancora d' arrivare in tempo. » « O Carlo, Carlo!... » lo interruppe Maria, scotendo me stamente il capo. « Non fu così! pazienza! » E il buon prete lasciava cader fra le mani la faccia. E qui nuove lagrime, invano soffocate da una parte e dall' altra, affettuose occhiate e strette di mano, come per annodare più forte que' legami d'amore che la morte aveva rallentato. Finito il piccolo desinare, che in quel dì non fu condito nè da fame nè da contentezza, ragionarono insieme de' pochi fatti loro, e di quel ben di Dio ch' era loro rimasto: consisteva tutto in un po' di terra sulla falda della montagna, e in un magro capitale di cinquemila lire, avanzo dei sudori dell'onesto castaldo, e da lui pochi anni prima messo a traffico ne' magli di ferro, là sopra di Lecco. Un altro tenue peculio di tremila lire aveva lasciato la buona defunta contessa, nel suo testamento, in dote a Maria; ma gli eredi, con certe loro scuse di passività da purgare e di attività da liquidare, non avevan pagato mai codesto piccolo legato; poi se n' erano scordati, nè l'Andrea aveva avuto cuore e fronte di cercar più nulla; perchè, diceva, quella era roba dei signori, e in giustizia a lui non avrebbe dovuto toccare. L' unico voto di don Carlo sarebbe stato che le due donne potessero lasciar il paese, e venire a stabilirsi con lui, nella sua parrocchia di Valtellina. E anch'esse lo avrebbero voluto, chè pesava loro il pensiero della futura solitudine; ma la cosa era impossibile. Bisognava vender la casa, vender la terra, fare de' grossi sacrifizi: e tutto questo per andarne a stentar la vita in un paese lontano, solitario, sepolto in grembo d' una vallata infeconda, dove non abita che uno sparso e povero popolo di mandriani e di caprai, i quali al cominciar del freddo lasciano i loro dirupi per calare al piano, nei dintorni delle città, e non tornare alle abbandonate case che allo squagliarsi delle nevi. Nel durar delle lunghe invernate, era colà il buon prete conforto e sostegno d'una grama moltitudine di vecchi, di donne, e fanciulli che rimanevano nell'alpestre villaggio; divideva con loro la scarsa rendita del suo beneficio, e tutti lo benedicevano. - Che avrebbero mai fatto sua madre e sua sorella, in quella solitudine squallida e malsana? « Sentite dunque, » disse don Carlo alle due donne. « Poichè il mio parroco me l'ha consentito, resterò qui con voi, tre o quattro settimane, finchè abbia fatto quel che c'è a fare in queste triste congiunture. Messo che avrò in ordine i nostri pochi interessi, tornerò al mio romitorio. Io per me rinuncio alla parte che mi può toccare, e voglio che quel poco che abbiamo, non è vero, mamma? serva per voi, e per te, Maria, per te, quando troverai qualche onesto partito. E in appresso, se il Signore farà ch' io possa divenir parroco in qualche paese meno triste e più vicino a voi, per esempio, qui sul lago.... allora v'aprirò la mia casa, vi aprirò le mie braccia, e dirò a tutt'e due: Venite a star con me, a consolarmi la vita. Oh allora sì, che mi parrà ancora d'esser felice! » Caterina e Maria furono commosse e persuase; guardavano con tacita tenerezza il prete, che oramai era l'unico loro angelo protettore. E il prete, levatosi e fattosi vicino alla madre, strinse tra le sue mani la destra della buona vecchia che piangeva, e la baciò con verecondo rispetto. Poi la sorella gli stese la sua; ed egli, stringendola del pari, se la pose sul cuore, con una forza d'affetto che non può dirsi. Indi a poco uscì dalla casetta.

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E questa così cara, amichevole servitù nessuno gliel' avrebbe potuta prestare meglio che don Carlo, il quale de' dolori di questa terra aveva abbastanza veduto per poterli prendere sul serio. Qui Arnoldo gli scoperse il perché ruppe col padre suo; e di quell domestica guerra, di che molti avrebbero riso, egli vide e conobbe tutta l' acerbità e il disgusto. E non solo ne patì lui per l' amico, ma gli consigliò di tornare in pace a ogni patto, dicendogli che la collera del padre non podeva esser vinta che dall'amore delle sue sorelle. Ma quando Arnoldo si rallegrava con sè stesso dell' amico acquistato, una memoria più cara gli si risvegliava nell' anima. Si ricordava di quel giorno in cui ascoltò la predica del vicecurato, là nella chiesa del paese. Pensava a quella bellissima e modesta creatura, che aveva veduto pregare, inginocchiata presso la madre; a quella sembianza malinconica e pur così serena nel dolore, a quel volto candido sotto il nero zendado. Egli aveva accompagnato con la sua preghiera quella che allora fece l'anima travagliata della fanciulla. Poi si ricordava che il giorno appresso, quando andò a visitare il prete nella povera casetta, rivide la fanciulla, e al rivederla si turbò : ella invece non aveva sol- levato gli occhi, come non si fosse accorta di lui; e la piccola scortesia di lei gli dispiaceva ancora. Questa memoria la serbava come un segreto; ma non ardiva interrogare il proprio cuore; quantunque il dubbio, in cui era, gli fosse assai penoso. Ma poi, col tornar ch' egli fece alla casetta del lago, e quando, più dimestico con le due donne, vide la semplice bonarietà della madre dell' amico suo, e scoperse l' anima delicata e sensitiva della sorella di lui, cominciò a provare una gioia tranquilla e solitaria, una consolazione che non aveva gustata da tanto tempo. Respinto dalla sua, parevagli quasi d' aver trovato un' altra famiglia; i suoi pensieri, prima agitati da un gran tumulto di cose, i dubbi cocenti che sempre lo travagliavano, le speranze incerte, le visioni che disturbavano i suoi sonni e la sua solitudine, svanivano; e il suo cuore ritornava sereno, si riposava, appena passasse il limitare di quell' umile casa - dove non era nessun rumore, fuorché il lento batter del fiotto al basso del muricciolo dell'angusto cortile ; dove non era nessun' ombra fuor quella della vecchia vite che, salendo bistorta accanto all'uscio della casa, vestiva il pergolato. Al primo avvicinarsi a Maria, egli non poco si maravigilò, ché gli parve di trovare in essa una rara modestia, una riservatezza semplice insieme e sicura, insomma una soavità di costume, che, di subito, annunziava non solo la bellezza nativa del cuore, ma anche lo studio, la squisitezza de' modi. Il portamento di lei era timido, ma aveva un non so qual vezzo: il sorriso rado e quieto, il parlare assai modesto, ma schietto; quel che più toccava il cuore, era il suono dolcissimo della sua voce. Ella portava sempre un vestitino semplicissimo, povero ma lindo, e fatto da lei stessa; i suoi bei capegli eran pettinati con gran cura; le sue mani bianche, come quelle d' una damigella. Ben vedevasi com' ella conoscesse d'esser nata in umile stato, ma pur non avesse dimenticata ancora la gentilezza delle consuetudini d'una volta, la più eletta educazione della sua prima età. Arnoldo vedeva Maria taciturna e pensierosa. Egli non le aveva parlato quasi mai, quantunque venisse sovente; il più delle volte ella e sua madre non discendevano nel salottino, quando il giovine vi si trovava in compagnia del vicecurato. Quindi Arnoldo ardeva dal desiderio di conoscere i pensieri di quell' anima pudica e ritrosa, che pareva chiudere in sè stessa un tesoro di dolcezza e d' amore. E cominciò a pensare che la giovinetta doveva sentir con dolore la povertà della sua condizione, perchè il suo cuore era stato un giorno accarezzato dalle grazie della vita; a pensare ch' ella aveva la virtù d'esser felice ancora nell'oscura sua tranquillità, e che forse sentiva più forti que' nobili affetti di che suo fratello gli ragionava sempre con tanto ardore. Arnoldo aveva egli potuto leggere nel cuor di Maria?... O era il suo un incauto sospetto, un fumo che appanava il limpido specchio di quell' anima pura? L' idea che Maria fosse degna di miglior sorte, la fiducia di sollevarla, di darle una vita novella, lo sedusse, lo vinse: il suo pensiero non corse più in là. S' abbandonò a nuove e gentili illusioni: un amore poetico, misterioso, un amore non rivelato, e tranquillo ancora nella sua purezza, gli suscitò nel cuore altri sogni da quelli che aveva fatto prima, e gli promettevano tuttavia qualche cosa di celeste in terra. Questo amore era il suo più prezioso segreto; uno sguardo, una parola non l' avevano tradito ancora. Dopo molto esitare e molto pentirsi, risolvette di tacere e aspettare, con la sola speranza che la simpatia di quell' anima candida nascesse spontanea per lui.... Nel principio dell'amore, il giovine non pensa che al suo cuore basterà per poco quella solitaria delizia; ch' egli ben presto cercherà, vorrà corrispondenza d' affetti; non pensa che tranquillo può essere il sorriso della virtù, non quello della passione, e che; sparita la prima aurora dell' amore, esso non gli dipingerà più la vita co' suoi bei colori; ma l'abitudine l'avrà circondata di muta nebbia, e allora verrà il tempo del disinganno, fors' anche del rimorso. E non era la prima volta che Arnoldo amasse. Ma erano stati amori d' ebbrezza e di delirio; amori di un giorno, d' un' ora: visioni fugaci e lusinghiere di donne bianche e rosee, di semidive trasparenti sotto i ben foggiati merletti, in un' onda di trine e di veli, ne' molli velluti, o nelle pellicce profumate; erano stati capricci di facili seduzioni, usurpate dolcezze, e misteriosi ritrovi; gioie sparse di fiele, e sfuggenti più rapide che non fosser venute, lasciandosi dietro un torpore, un tedio; se pur non era affanno e dispetto. Fino allora, dell'amore egli s'era fatto giuoco, come le donne s' eran fatto giuoco di lui: le grandi, le infelici passioni, colle quali si pretende di dare una tempra romanzesca alla nostra società, soleva chiamarle le passioni a buon mercato. Si può perdonargli, perchè quando amò per la prima volta, credeva che l'amore fosse tutt' altra cosa! Ma ora quel cruccio e quell' amarezza avevano dato luogo ad altri voti, ad altri pensieri. Egli non credeva ancora all'amore, ma, pur credeva all' incanto della bellezza; e già si sentiva migliore da, quel momento che una povera fanciulla, la quale non lo cercava, non lo guardava, era divenuta come la forma ideale delle sue fantasie. E non sapeva che quel divino soffio che spira la vita alla bellezza, è amore! Già eran passati alcuni giorni dacchè Arnoldo aveva racquistata la grazia del padre; nè più essendosi in quel tempo incontrato coll' amico, lasciò la villa e prese il sentiero lungo il lago che conduceva alla casetta. L'acqua era quietissima; la sera bella, ma senza luna; ed egli pensieroso più dell' usato. Bussò. Chi venne ad aprirgli fu Marta, la vedova d'un pescatore che Caterina alla morte del marito aveva fatto venire in casa per le bisogne domestiche, e per non rimaner tutta sola con la figliuola, quando don Carlo fosse partito. La Marta, che già conosceva il giovine, « Non c' è nessuno, signore! » disse, restando su la porta. « Don Carlo è dal nostro signor curato, Caterina e Maria sono in chiesa al rosario; e non tornano ancora. » « Dunque me n'andrò! » disse Arnoldo, col cuor malcontento. « Ma, se volesse fermarsi, possono tardar poco.... » « Non importa! Ma sì, aspetterò, bisogna ch' io parli a don Carlo. » - E seguendo la donna, attraversò le due stanze a terreno, e per la scala che riusciva in un canto del salotto, ascese nella camera dell'amico. Marta pose giù sur uno scrittoio il lume, e se n' andò. Poco stante egli s'accorse che le due donne erano tornate a casa; intese la voce di Maria cercar di Marta, quella voce a lui così cara. Poi rispondersi, bisbigliare fra loro, e non far zitto.... Certo Marta aveva detto alle donne ch' egli era là, e s'eran ritirate nell'ultima cameretta, dar altra parte della casa. Intanto Arnoldo aspettava. E lo guardo suo errava distratto su le carte e su' pochi libri, de' quali era sparso lo scrittoio del prete: un volume delle Opere di sant'Agostino, un Tommaso da Kempis, un Dante di vecchia edizione, il Breviario e la Bibbia; e qua e là, fra que' volumi, vide gettati a caso alcuni fogli e quaderni manoscritti. Ne prese uno, l'aperse, lo guardò. Eran pensieri scritti in questo o in quel giorno, nel tempo della solitudine, in ore di tristezza o di meditazione. Lesse in que' fogli amare parole, parole di sconforto e di sdegno, dettate, senza dubbio, da una potenie e gelosa cura, poi temperate da un voto di pace, da un ricordo di pietà o di rassegnazione, da un augurio di virtuosa coscienza. Una pagina, ch' egli trascorse con rapido sguardo, diceva: A' 30 d'aprile 18... « Il mio povero padre è morto! - E io non lo vidi nella sua ultima ora, non ebbi il conforto di bagnar del mio pianto la sua testa moribonda! - Oh che lagrime avrei sparse, e con che fervide parole pregato!... Ma no: anche questa misera speranza doveva esser vana. - un' altra prova che il Signore mi ha mandata!... » A' 2 di maggio. « .... Le lagrime di mia madre, il dolore tacito e rassegnato della mia dolce sorella, hanno umiliata l' anima mia. E a me tocca di consolarle, a me di sorridere, col cuore serrato dall' affanno! Datemi forza, o Signore, e benedite, benedite sempre a quelle pietose e cristiane creature! » E più sotto, a caratteri rapidi, intralciati, che mostra vane la foga dello scrivere: «....Perchè il cielo è così sereno, e la natura così feconda e lieta? - Una storia di secoli di sangue, inutile insegnamento a' miei fratelli - una contrada senza nome e senza avvenire - un' età grave a sè stessa - uomini vili e ciechi, che non sanno se vivano, e perchè....! Non è uno scherno della provvidenza?... O forse è la pena di un eterno peccato, la dimenticanza della prima virtù che Dio ci ha data, la virtù del volere?... No! no! via da me questi mortali e terribili pensieri! - Non ho madre e sorella, a cui preparare una sorte migliore, non ho tanti poveretti, a' quali un dovere più sacro della vita e della morte mi lega per sempre?... » Volse la pagina e continuò: « - Jeri ho incontrato quel giovine straniero. Non so perchè egli brami tanto di conoscermi e di leggermi in cuore. Pure, l'anima sua mi pare schietta e nobile, vorrei rivederlo; poichè mi sarebbe dolce lo spargere qualche consolazione in un cuore ben fatto, in una vita giovine e capace di bene. - Stasera quando raccontai a mia madre l' impensato incontro, Maria mi disse d' aver veduto più d' una volta quel solitario giovine, che da qualche tempo dimora in questi contorni; e avend' io soggiunto ch' era un gentiluomo inglese, si maravigliò come cercasse di farsi amico mio. - Buona sorella, le dissi, tu non sai di quali oscuri mezzi talvolta si valga il Signore per il nostro bene! Chi sa che quell' anima traviata e deserta non trovi nella calma delle mie parole, nella povera virtù d'un uomo ignoto, com' io sono, un occulto consiglio, un nuovo conforto a miglior meta, la prima parola forse d' una verità aspettata, nè ancor conosciuta!... Allora ben me n'avvidi, il puro intelletto dell' ingenua fanciulla comprese d'un lampo il mio segreto proposito. Oh la purezza del cuore e del costume sono la più vera luce del pensiero!... » - Buona e infelice Maria! Penso bene spesso a te, e ti compiango, perchè l' anima tua parmi destinata a patir molto quaggiù. Il tuo cuore sente troppo, e troppo. di buon' ora hai gustato i piaceri dell' anima, per viver contenta nella tua meschina sorte.... Ecco a che si riduce la benevolenza del ricco!... Con te, io non ho mai fatto parola di ciò.... Ma oggi bastò una lagrima che ti cadde dagli occhi ad agghiacciarmi il cuore. Essa mi parlava del giovine forestiero. Oh! con quale accento, con che sorriso celeste mi disse: Egli dev' esser buono, e pare infelice! E tu devi consolarlo, o fratello: oh se le tue parolgli toccassero il cuore!... Io non potrei sopportare il pensiero ch' esso abbia ad andar perduto in questo mondo e nell' altro!... » Arnoldo non lesse più innanzi. Gettò dispettoso il libro, un amaro sogghigno errava su le sue labbra. Ristette, lo sguardo fisso, le braccia serrate al petto, con un, brivido nel cuore e uno strano tumulto ne' pensieri. Dopo alcun tempo don Carlo, tornato a casa, salì nella stanza; e, veduto l' amico in atto di sì profonda occupazione, che non s'accòrse del venir suo, lentamente gli s'avvicinò. « Arnoldo, voi m' avete aspettato, non è vero? » « Siete voi? » rispose, riscuotendosi, il giovine. « Ero venuto a cercarvi. Non vi aveva riveduto da alcuni giorni, temevo non foste partito. » « Converrà bene che vi lasci presto; forse non resterò oltre domani.... » « Come? » « Da parecchie settimane son qui. Oramai, le poche brighe che domandavano la mia presenza sono finite. Jeri mi fu consegnata la tutela di mia sorella, e di quel poco ben di Dio che le tocca; quest' oggi ho riscossa porzione d' un vecchio credito, che mio padre teneva verso un tale di Lecco. Adesso, mi richiamano altrove doveri assai più sacri. » « V' assicuro che mi sa male che partiate. Ma, lo prometto, verrò a trovarvi, e vi scriverò. Il vostro nome non è di quelli che si dimenticano cosi presto; e la conoscenza nostra, spero, non morrà come tante che profanano la virtù e la fiducia dell' amicizia. » « Dio il voglia! E quanto a me, vi confesso che una certa tristezza mi prende nel lasciare questa mia povera casa, e mia madre, e Maria.... Esse qui resteranno con la compagnia di molti travagli; e io non potrò, solo e lontano da loro.... » « Oh! ne siate certo, finchè io starò qui, verrò di frequente a visitare la buona vostra madre; e verranno meco le mie sorelle, e farò conoscer loro Maria. Ed esse s' ameranno, perchè anche Elisa e Vittorina sono due affettuose fanciulle.... Oh voi noi sapete ancora! Ho seguito il vostro consiglio; e furon esse che calmarono lo sdegno di mio padre, che m'hanno ricondotto al suo seno.... Dacchè non ci siam veduti, la pace fu fatta: domandai perdono a mio padre d'una colpa non mia; ma lo feci di cuore.... Oh da tanto tempo non avevo intesa la sua voce! » « È dunque vero? Ora, dovete essere felice! Il vostro cuore gusterà una di quelle gioie che solo sono concesse alla virtù cristiana, d'umiliarsi. » Don Carlo ringraziò l' amicò per la sua cortese pro- messa; poi, prima di prender commiato, volle dirla anche a sua madre. Usciti di là e passati per un piccolo corridore, vennero nella stanza dov'erano le donne, le quali non aspettavano quella visita. Era la cameretta di Maria. La parete ignuda e bianca; da un lato un letticciuolo, a capo del quale pendeva un quadretto a olio, l' immagine della Madonna addolorata; e sotto, una candela benedetta e un crocifisso d'argento. Era il letticciuolo coperto d' una coltre di color cilestro, e le lenzuola ripiegate sovr' essa così candide che non parevano ancor tocche. Da un altro lato, una piccola finestra che guardava nel cortile verso il lago, mezzo nascosta da una tendetta bianca. Qualche seggioia di paglia, un rozzo tavolino, suvví una piccola spera, e un vecchio armadio in un canto compivano la suppellettile della cameretta. Arnoldo sentì una tacita gioia in cuore, quando il suo sguardo s'arrestò su quella scena modesta e casalinga. I raggi pallidi, che fuggivan di sotto il coperchio della lucerna, mandavano una quieta luce su l' angelica faccia della fanciulla, e su le piccole sue mani intese a lavorar di maglie; i bruni capegli le rilucevano lisci e spartiti su la fronte, ricadendole dietro le orecchie in folte e facili anella fino a toccarle il seno, china com' era; una veste semplice di percallo cenerino, e un nero fazzoletto appuntato nella cintura aggiungevano una grazia pudica al con- torno della sua leggiadra persona. La madre sedeva anch'ella presso la tavola, occupata a rimendare coll' ago alcuni vecchi lini; e la Marta più addietro, presso la parete e sur un trespolo, attenta all'arcolaio, dipanava. - Il lume della lucerna, disegnando con varia movenza d'ombre e di chiarore quel gruppo così raccolto dava all'umile scena un incanto di quiete e d'armonia: pareva uno di que' cari quadretti fiamminghi così semplici, così veri. « Sapete, madre mia? » disse don Carlo, entrando « bisogna ch'io parta domani: ho deciso. « Come? non ne sapevo nulla: è proprio vero? do- mani, mattina?... » domandò con turbato accento Maria, sollevando la faccia. Voleva dir di più, ma s'accòrse che con suo fratello anche un altro era là: chinò il capo, e ristette tra pentita e peritosa di quella domanda, che le era uscita dal cuore. « È necessario, » rispose il prete; « stetti qui con voi più ancora che non avrei dovuto. » E Caterina intanto scuoteva la testa, in atto di rassegnazione malcontenta, e mormorava piano: « Già son avvezza a mandar giù di più, amari bocconi.... dunque, pazienza! » « Sì! abbiate pazienza. Anche questa volta, mamma Caterina la confortava Arnoldo. « La speranza del rivedersi è intanto qualche cosa: io poi vi darò spesso notizie di vostro figlio, perchè gli ho promesso d'andare a visitarlo a****. » « Lei è proprio un buon signore! » rispose, in atto di render grazie, la madre. « Oh sì, » aggiunse Maria, con voce soave, ma così timida e fioca che Arnoldo l' intese appena. « Fatevi pur cuore, nè mettete di malanimo anche me. Già bisogna che sia così! » diceva don Carlo. « Ma credetelo, amico, » riprese Arnoldo, « m'ero assuefatto così bene a passare i dì con voi, in questa contrada! « Errando in vostra compagnia da qualsiasi banda, ogni paesetto, ogni villa aveva la sua storia, ogni montagna, ogni rupe il suo nome; e temo che mi costerà il divezzarmi.... » « Lei è un signore » soggiungeva Caterina, « e non vorrà pensare a noi.... » « Che cosa dite? anzi, se non me lo negate, voglio far conoscere le mie sorelle a voi e a vostra figlia, che siete così amorevoli e buone. » « Oh signore! noi avremo vergogna » rispose la madre. « No, non può essere, ve n' assicuro. » « Oh desideriamo tanto di conoscerle » soggiunse vivamente e arrossendo alcun poco Maria: « tra noi ci vorremo bene. » Quella sera, l' ultima ch' egli passava presso de' suoi, chi sa per quanto tempo, don Carlo rimase fino a ora tarda con le donne, le quali a malincuore pensavano al domani. Anche Arnoldo stette un buon pezzo in quella modesta compagnia, fra que' dolci colloquii familiari, in cui si ripetono tante lievi e care cose, e s'avvicendano parole di consiglio, di ricordo, d'aspettazione. L' animo suo sentiva una pura contentezza; e quando, salutato di novo l'amico, tornò per la riva del lago alla villa, ripensava alla buona famiglia, e gli pareva che il suo cuore rimanesse là, in quell' angusta cameretta.

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