Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Enrichetto. Ossia il galateo del fanciullo

179070
Costantino Rodella 2 occorrenze
  • 1871
  • G.B. PARAVIA E COMP.
  • Roma, Firenze, Torino, Milano
  • paraletteratura-galateo
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Poveretti, non è già abbastanza misera la loro condizione? essere sempre lì sottomessi a’cenni altrui, trangugiar tanti bocconi amari in silenzio! Quello è pan salato! E se noi dovessimo essere costretti a servire, e ci trattasse duramente!..... Che, ridi? Chi può leggere nel futuro? Un rovescio di fortuna, una disgrazia quale che sia, nostro padre perdesse l’impiego, il fiume portasse via quel po’ di podere che abbiam su nel Monferrato, che dovremmo fare? E chi ti dice che gli antenati di questa stessa nostra Margherita non fossero ricchi al pari e più anco di noi? e ora la vedi? È condannata a servirci e a patire le tue insolenze! Oh le umane vicende! non mediti tu mai sopra que’casi che spesso ci conta il babbo?... Ah non ridi più ora! Dunque rispetta sempre tutti, e non guardare se sia padrone o servo. Sei ben contento che si parli di te sempre in bene, e non solo da’ signori, ma anche da’poveri? E come vuoi che la fantesca possa dire che sei un bravo fanciullo tu, quando la carichi di villanie, come fai? Non posso soffrire que’ ragazzi che, credendosi di far atto di padronanza o di mostrarsi che so io, comandano superbamente e sgridano le persone di servizio, e specie in presenza della gente. Hai inteso anche tu quello che diceva ieri il dottore. Volete conoscere il carattere d’una persona? dimandò. Guardate com’ella tratti i servi e come i servi la amino. E poi osservava che se è bene trattare con dolcezza colle persone di servizio, non bisogna però usar troppa domestichezza, nè discendere a scherzare e a motteggiare troppo famigliarmente con loro come a volte fai tu; perché se ne abusano e si perde l’autorità di comandarle quando è necessario. – Le sorelle anch’esse lodavano le parole di Enrichetto e l’aiutavano a tener segno il prepotentello di Sandrino.

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non applauditelo; quel ghiacciato silenzio gli è già abbastanza di punizione. Ma un poveretto che viene lì, e fa il possibile per divertirvi, voi lo colmate di villanie? Non so che sorta di creanza sia codesta! Tornerebbe il medesimo, come se altri s’affannasse per rendervi un favore e voi lo compensaste con un rimprovero o con una ceffata. Gli piangeva poi maggiormente il cuore, quando sapeva che fra gente così sgarbata vi fossero studenti, e studenti negli ordini più elevati di studi! Aveva egli un’idea così alta della classe di quei che frequentavano le scuole, alla quale egli apparteneva, che avrebbe voluto che tutti i loro atti fossero più che lodevoli, da ripetersi da tutti colla maggior ammirazione. Poveretto, quante volte non ebbe ad arrossire, e chiudersi gli occhi! Chè pur troppo v’ha di tali, che credono d’aver acquistato il privilegio delle insolenze, e delle impolitezze, appunto perché sono studenti. Il signor Carlo faceva notare l’impolitezza di coloro che giunti tardi, si pongono a pigiare la folla, tanto si sforzano, che si mettono innanzi a quelli arrivati prima, e quel che è peggio si tengono il loro cappello in testa da impedire la vista a quei di dietro.

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Galateo morale

196832
Giacinto Gallenga 10 occorrenze
  • 1871
  • Unione Tipografico-Editrice
  • Torino-Napoli
  • paraletteratura-galateo
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Questa raccomandazione mi permetto di estenderla agli spazzini municipali i quali non vanno sempre abbastanza guardinghi nelle loro funzioni. La polvere negli occhi non fa bene, fisicamente e moralmente, a nessuno. E se anche, con un po' d'attenzione, voi riusciste a rimuovere il pericolo di rimaner acciecati per alcuni minuti, sarebbe un tanto di guadagnato per l'igiene della vista. «È certo, scriveva Franklin a proposito dell'istituzione degli spazzini pubblici in Filadelfia, è certo che un poco di polvere negli occhi a un galantuomo nella via o in una bottega, quando tira vento, non è il finimondo: tuttavia il rinnovarsi spesso di tale molestia in una città popolosa merita che qualcuno vi pensi e non son da biasimare coloro che almanaccano per far cessare incomodi che, in apparenza leggieri, in fatto non lo sono punto. Il benessere degli uomini non è tanto l'opera dei segnalati favori della fortuna, i quali sono rarissimi sempre, quanto delle modeste comodità quotidiane».

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E così non saranno mai abbastanza diffuse nel popolo le cognizioni che riguardano certi commestibili, come i funghi a cagion d'esempio, cui importa saper distinguere e conoscere per bene e con prudenti norme ammettere fra i nostri alimenti, onde non recar danno alla salute e mettere a tremendo rischio la vita istessa. E a quest'uopo è utilissima cosa il popolarizzare quelle tavole in cui vengono separatamente disegnati i funghi mangerecci e velenosi: importa che nelle famiglie si oda sovente ripetere la necessità di far istagnare le pareti interne dei vasi ed attrezzi di rame adoperati alla cottura dei cibi, e di non lasciar entr'essi raffreddare questi ultimi. Con tale sistema, che richiede più buona volontà che dispendio, le autorità di polizia renderebbero eminente servigio alla società cui vengono da coteste istruzioni risparmiate molte disgrazie, dovute alla ignoranza ed incuria delle più elementari regole di sicurezza e d'igiene. In Francia da gran tempo si mettono in pratica queste provvidenze. Il prefetto di polizia di Parigi, per citarne un esempio, nei primordii della illuminazione a petrolio fece pubblicare e distribuire gratuitamente una istruzione concernente quel combustibile, per mezzo della quale venivano resi noti i pericoli che ne accompagnavano impiego, le precauzioni da mettersi in opera onde premunirsene, i metodi per riconoseere il petrolio infiammabile, la scelta delle materie e delle forme da preferirsi nei recipienti per la conservazione del liquido e nelle lampade, il sistema da tenersi per riempire, accendere, spegnere queste ultime; le disposizioni da osservarsi nel caso di scoppio dello medesime; e finalmente i rimedi per le scottature riportate in quegli accidenti. L'abbondanza e la chiarezza di quelle istruzioni e il favore con cui vennero accolte e messe in pratica, segnano un grado di civiltà a cui siamo ancora lungi, noi altri, dall'essere arrivati. Né minori provvidenze, né con minore sollecitudine vennero emanate dallo stesso prefetto di Parigi all'epoca dell'invasion del choléra, giacché per sua cura venivano giornalmente diffuse le precauzioni da adottarsi onde rimaner preservati dal suo attacco, le istruzioni per conoscere i sintomi del morbo, allorché alcuno se ne sentiva colpito.

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Ora voi sapete che nessuno a questo mondo, non escluso il sovrano, è abbastanza fortunato di non avere fuorché dei diritti, e dovere nessuno. Quando alcun di costoro vi viene innanzi a gridare: accidente ai signori! e ad eccitarvi con ipocriti compianti, ad invitarvi dolcemente ai chiassi, agli scioperi, alle dimostrazioni, rispondete pur loro con Massimo D'Azeglio «che dall'adulare la porpora all'adulare i cenci non corre divario di sorta». E smetteranno.

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Ma comunque vogliasi giudicarne, tutti concorreranno nella sentenza del Brofferio «Senza studio e senza proporzionata intelligenza (due capitali fin qui non tutelati abbastanza) nei cittadini chiamati a comporlo, l'edifizio dei giurati cadrà presto in dissoluzione». (A. BROFFERIO I miei tempi). E poiché v'ho già citata, parlando dei magistrati, la testimonianza di quel sommo che è lo Sclopis, mi sia lecito riferire ancora ciò che egli pensa sull'argomento dei giurati. Ecco le sue parole: «L'istituzione del giurì non può allignare che in terra preparata a riceverla, vale a dire in una condizione di società atta a fornire in una massa considerevole di persone di professioni diverse elementi costanti d'imparzialità ed istruzione sufficiente a fondare un giudizio di fatto. Un giurì mediocre e infinitamente più pericoloso che non un tribunale tutto composto di giurisperiti anche mediocri, perchè le tradizioni della magistratura e un po' di scienza di leggi, congiunte con i riguardi pel pubblico, che compone sempre un tribunale permanente, sono freni salutari cui non obbediscono gli aggregati di semplici possidenti scelti per via di sorte, che si succedono senza responsabilità, e senza essere sottoposti ad altra legge che a quella della loro individuale coscienza non di rado fallace». Intelligenza, istruzione, moralità; ecco tre cose di cui non può assolutamente far senza il giurato. Ma non basta ancora, ci vuole ancora un quarto elemento, la civiltà; la mancanza di questo attributo può per se sola gettare il ridicolo e lo scredito sopra una istituzione che, qualunque voglia essere l'opinione sulla sua utilità, non va esente nella sua applicazione da alcuni tarli di pericolosa natura.

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Per uno che fu ministro e che ebbe ad occuparsi di circolari, di regolarmenti e di istruzioni, i versi sono abbastanza buoni. Eccoli:

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Quando i popoli saranno davvero civili, vale a dire quando la moralità sarà la base delle loro azioni; quando essi vedranno di poter bastare a se stessi col lavoro e di trovarsi felici abbastanza senza le conquiste, state pur certi che ogni soldato tornerà all'officina e alla campagna, che i ferri si adopreranno non più a lacerare i corpi umani ma a squarciare gli incolti terreni, e il danaro che sprechiamo per ucciderci gli uni cogli altri verrà dedicato a promuovere l'istruzione e la fratellanza dei popoli; le navi da guerra, deposto l'inutile fardello dei cannoni, si trasformeranno in pacifici legni mercantili destinati a portare non più la rovina e la strage, ma i prodotti dell'industria e del suolo in ogni parte del mondo. Moralità e lavoro; ecco i veri fattori della civiltà, ecco i veri abolitori degli eserciti, ecco la vera via, e non ce n'è altra (le declamazioni, le arguzie, gli epifonemi s'è visto che non servono a diminuire le armate d'un sol uomo; anzi!) di guarire per sempre da questa che è piaga, non d'Italia soltanto, ma dell'Europa e pressoché direi del mondo tutto: dal militarismo.

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Da noi pur troppo non si osserva abbastanza la natura, la quale sorpresa sul fatto, come osserva giustamente il Macè «vi lascia vedere che il lavoro manuale è per noi una condizione eccellente di esistenza, un raddoppiamento di vita, una superiorità, e che non bisogna per conseguenza guardare troppo d'alto in basso coloro che si guadagnano il pane, come si vuol dire, col sudore della fronte». (MACE', Storia di un boccone di pane). Perché così sovente il contadino vi si mostra scortese e brutale? Perché egli si vede sdegnato da quella società a cui egli sa troppo bene di essere indispensabile; esso non può avere che un sentimento di compassione per i tanti bisogni a cui van soggetti i signori, le privazioni a cui questi si sottopongono per aver il mezzo di assecondare alcune sciocche esigenze della moda; e scambiando questa affettazioni, queste caricature della civiltà per la civiltà stessa, l'una e le altre disprezza in egual maniera. Ma là dove l'agricoltore è considerato per ciò che vale, e tenuta l'opera sua in pregio come la vera sorgente e il vero fondamento del ben essere e della grandezza delle nazioni, la dove il proprietario si occupa della cultura delle sue campagne — esempio l'Inghilterra, l'Olanda, il Belgio, la Svizzera e molti paesi germanici - sta a contatto de' suoi coloni, questi assumano a poco a poco i modi dei padroni, smettono quella burbanza, quella insolenza che nasce dal soverchio e prolungato allontamento dalle classi civili, dalla diffidenza che esiste fra gli uni e gli altri; la simpatia si fa strada nei loro animi verso i loro compagni di lavoro, e così preparato il terreno da questo afflatamento delle caste, la civiltà non tarda ad inoltrarsi e penetra insensibilmente nelle loro capanne, nelle loro vesti, nel loro linguaggio, nei loro costumi. «Educare la famiglia rusticana, sono parole del caro Tommaseo, educarla con la parola fraterna, con l'esempio di miti virtù, con istituzioni che insegnino la parsimonia, la previdenza; educarla alla conoscenza delle patrie leggi, al sentimento dei civili diritti, all'arte di scernere il vero dal falso; vincere l'incuria delle utilità comuni; ai bisogni della intelligenza soddisfare dopo gradatamente eccitatone il sentimento; le sorti dure del villico migliorare antivenendo le leggi, alla elezione buona dei parrochi provvedere e alla loro dignità, rendere al contadino onorato ed accetto lo stato suo, seco convivere, tenerlo come viva parte della felicità propria, quest'è l'ufficio dei ricchi. Corrano a rinfrescarsi nella fonte perenne della santa natura, a ingentilirsi nella sincerità degli affetti, ad innalzarsi nella semplicità delle gioie, a imparare il buon uso di quella ricchezza che colà è preziosa, il tempo; a sentire come il migliore diporto sia la varietà dei lavori, come la rendita migliore sia la parsimonia del vivere, come l'amore dei fratelli sia il benefizio più vero e di certa gratitudine rimeritato. Là, sotto quelle ombre agitate dal vento, là nel teatro dei silenzi notturni rientrando in se stessi, le proprie miserie conoscerebbero, sentirebbero le calamità dei fratelli»

Pagina 398

Quando vedo le sepolture dei Protestanti, degli Israeliti e assisto a quel lungo sfilare di carrozze e di pedoni dietro il funebre carro dei loro congiunti, e paragono questa pietosa e civile consuetudine all'isolamento in cui i parenti cattolici lasciano i loro poveri defunti, credendo di sdebitarsi abbastanza dei loro pii doveri col pagare a contanti il corteo di sacerdoti e di donne, che precedono, indifferenti, il feretro del loro amato congiunto, davvero mi sento stringere il cuore e mi sento il rossore salire al viso pensando a quella fede che noi andiamo superbamente vantando, senza accompagnarla con quella carità che sola è capace di vivificarla. No, non lasciate la casa allorché un de'vostri muore; non lasciate ad altri il compito di comporne le reliquie; il coraggio che voi spiegherete in tale circostanza, coraggio che il vostro affetto dovrebbe essere sufficiente ad ispirarvi, vi risparmierà in parte lo strazio che vi attende al rientrare dopo alcuni giorni in quella stanza deserta; né sentirete al cuore quello schianto che voi dovreste provare dando uno sguardo a quel vuoto letto; né vi stringerà il rimorso di aver vigliaccamente abbandonato colui al quale era debito vostro sacrosanto, prima che lasciasse per sempre la vostra casa, porgere l'estremo saluto.

Pagina 502

L'uno è quello di Coriolano che avrete udito nominare molte volte nelle scuole e lodare da'vostri maestri; ma i grandi uomini e le belle azioni non sono mai citati e commendati abbastanza. Caio Marzio Coriolano amava ottenere la gloria pel contento che ne provava la madre sua; per dire de'suoi alti e nobili sensi, egli non volle mai accettare, delle spoglie dei nemici da esso vinti, fuorché un cavallo donatogli dal console in segno d'onoranza, e, libero di scegliere nella distribuzione delle prede, chiese per sua parte che non fosse come schiavo venduto il suo ospite che era stato fatto prigioniero dai Romani. Volendo egli adunque vendicare l'oltraggio ricevuto da'suoi ingrati concittadini che lo avevano costretto ad esulare, spinti da invidia delle sue glorie e dal dispetto che egli non avesse giammai voluto né in Senato né in piazza adulare la plebe, egli non volle, accerchiata Roma, ascoltar le preghiere né degli ambasciatori, né dei sacerdoti a lui inviati dal popolo atterrito onde distoglierlo dal suo fiero proposito di entrare coll'esercito in città. Ma veduta poi avanzarsi al suo incontro la vecchia madre Veturia, non poté altrimenti in quel cuor generoso reggere la concetta ira. «Madre, hai vinto, le disse, ed abbracciatala teneramente dismesse ogni idea di vendetta e ritornossene in esiglio». Vediamo ora ciò che potesse in un altro romano la reverenza al proprio genitore. Tito Manlio era stato cacciato di casa dal padre avaro e crudele ed obbligato a ridursi in villa ov'era tenuto come servo a'più umili e faticosi servigi. Avendo egli un giorno udito, essere stato accusato da alcuni nemici il proprio padre, dimenticò immediatamente i torti da lui ricevuti e partitosi di soppiatto andò verso Roma e si recò difilato all'abitazione di uno de' principali accusatori; quivi, tratto fuori un pugnale, minacciollo di morte, qualora non si fosse obbligato con solenne giuramento di ritirare nella seguente mattina l'accusa prodotta contro suo padre.

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Per tutto quello che si è detto non sarà mai raccomandato abbastanza agl'inquilini di mantenersi, anche a costo di qualche sacrifizio pecuniario o di amor proprio, in buone relazioni coi portinai. Ci va della loro tranquillità e sicurezza; senza esagerazione la portinaia tiene nella sua mano o per dir meglio nella sua lingua il riposo, il buon nome, la fortuna delle famiglie. Essa vi fa e disfa le riputazioni. Quanto gioie avvelenate, quanti successi attraversati dall'opera sua! frugate i misteri, rovistate le memorie dei portinai e delle loro mogli e troverete, non ne dubito, in quelle nerissime pagine che più d'un'eredità, più d'un impiego, più d'un matrimonio che avrebbero coronate le vostre speranze e che voi eravate in diritto di aspettarvi andarono in fumo, passarono ad altre mani, resero felici altre persone, pel solo motivo della vostra imprudenza nell'esservi inimicati i portinai.Amicatevi costoro, e voi crescerete del 50 p. % le probabilità, delle vincite nella grande lotteria della vita.

Pagina 95

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