Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Il successo nella vita. Galateo moderno.

174020
Brelich dall'Asta, Mario 43 occorrenze
  • 1931
  • Palladis
  • Milano
  • Paraletteratura - Galatei
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Naturalmente sarebbe molto indelicato reclamare da qualcuno le nostre spettanze, in presenza di persone estranee, anche d'una sola terza persona, o di commettere l'indelicatezza, del resto abbastanza frequente di scrivere sollecitazioni su cartoline postali aperte. Non dobbiamo però nemmeno eccedere nella cortesia e dobbiamo sempre sapere fin dove possiamo andare. Troppa cortesia fa cattiva impressione e diviene spesso pesante. Ci sono p. e. delle persone che, terminata una visita, non possono finire di congedarsi. L'invito di rimanere ancora è spesso soltanto una formalità usuale, e si deve molto badare se sia veramente sincera. Perchè accettare un simile invito, quando non sia sincero, è molto sgarbato e sgradevole. Se vediamo p. e. che l'ora della colazione o del pranzo s'avvicina, prendiamo subito congedo, specialmente se non siamo in amicizia intima con quella famiglia. Se ci è toccato ripetutamente di non venir ricevuti in qualche luogo dove ci siamo recati a far visita è raccomandabile - così l'esige la delicatezza - di smettere le visite ed aspettare un invito. Non v'ha nulla di più odioso che l'insistere ostinatamente a voler frequentare una società o un circolo dove non si è benvisti. E ci sono molte persone così fatte: queste naturalmente non possiedono neanche il minimo di delicatezza. Per gli stessi motivi non conviene immischiarsi, senza essere invitati, in compagnie che sono in viaggio, voler partecipare a giuochi di società, offrirsi di accompagnare o far da guida a gente semi-sconosciuta, attaccare discorso senza motivo con gente estranea. Anche dal modo, come gli uomini osservano un nuovo « vis a vis», si può giudicare del loro tatto. Sguardi prepotenti, curiosi, scrutatori, che sembrano quasi volersi mangiare l'estraneo, sono sempre spiacevoli. Le persone indelicate naturalmente non badano ai sentimenti personali di chi è oggetto della loro sfacciata curiosità, e poco importa loro ch'esso stia a disagio. Il colmo dell'indelicatezza è poi, quando uno, dopo aver fissato a lungo il povero diavolo che gli sta di fronte, fa cenni con gli occhi, sussurra qualcosa sottovoce ad una terza persona. E quante volte possiamo essere testimoni di simili sgarbatezze! Ad ogni modo è molto raccomandabile di frenare un po' i nostri occhi. La loro lingua muta può esprimere molte cose inopportune. Uno sguardo può essere diversissimo: può essere rispettoso, ardito, sfacciato, prepotente e provocante. La curiosità è in ogni modo sempre fuori di luogo. Non si aprono mai lettere altrui. Oltre alla sgarbatezza che si commette aprendo una lettera non indirizzata a noi, si può avere dei gravissimi conflitti con la legge. (Segreto epistolare). Non si leggono nemmeno le lettere che giacciono aperte sulla tavola, o cartoline postali. Se ci vengono affidate delle lettere da imbucare, non se ne esamina curiosamente l'indirizzo. Anche il costume, oramai purtroppo molto diffuso, specialmente nei tranvai, di approfittare della lettura d'un altro guardando il giornale o libro che sta leggendo, è una grave indelicatezza. Stare ad origliare alla porta è disonesto. Il proverbio dice anche: « Chi sta in ascolteria sente cosa che non vorria ». E' proprio una debolezza di carattere, specialmente se il rispettivo discorso è tenuto a voce bassa. Peggio ancora che ascoltare abusivamente i segreti altrui, è il divulgarli. Una delle leggi fondamentali della delicatezza, che si può pretendere da ogni persona onesta, è quella che prescrive di tacere. Non si riferiscono i pettegolezzi sentiti su un conoscente. Moltissime cose, confidate nelle ore di intimità, possono cagionare questione di onore, se non si è tenuta acqua in bocca. Il tacere in tal caso è dovere naturalissimo. E' certo che mai si potrà estirpare del tutto, i pettegolezzi e le dicerie, ma dipende da noi se vogliamo diffonderle di più. Un difetto assai grave della buona educazione e del tatto è l'usanza molto diffusa, di lagnarsi e chiaccherare del marito o della moglie di amici o di amiche. Una persona che ha il tatto di non immischiarsi negli affari altrui, non dà nemmeno consigli, se non è richiesto; naturalmente ove si trattasse di aiutare ad evitare una disgrazia o spiacevolezza a qualcuno, il tacere non sarebbe un servizio da amico. Non dobbiamo invece tacere, se p. e. osserviamo dei difetti sui vestiti o nel comportamento, dei nostri amici, anzi è nostro dovere di renderli attenti, affinchè possano porvi rimedio. Naturalmente troveremo anche persone che non ci saranno grate per tale servizio, anzi ne saranno eventualmente offese. Se osservazioni di tal genere vengono fatte a noi, siamo sempre grati alla rispettiva persona che ce le fa, senza superflue suscettibilità. Ad ogni modo la persona che fa l'osservazione, deve farla in modo che nessuno se ne accorga, in un momento opportuno, badando di non offendere. Passato il rincrescimento momentaneo, le saremo certamente grati, perchè essa ci avrà impedito di continuare a produrre un'impressione sgradevole o comica per un difetto a noi sconosciuto, ma osservato da altri. Per gli stessi motivi si deve trattare con molta delicatezza le persone, verso le quali si è compiuto un atto di beneficenza. Se ostentiamo troppo la nostra cura per gli ammalati e i poveri, possiamo facilmente apparire affettati. Asteniamoci, appunto per il riguardo che dobbiamo ad altri, dal frequentare locali o adunanze, se noi stessi siamo indisposti o ammalati. E' poco delicato andare p. e. in qualche luogo dove è molta gente, con un forte raffreddore o tosse. Se siamo di cattivo umore, se abbiamo qualche dispiacere, cerchiamo di nasconderlo agli altri, perchè il portarlo appositamente in vista, sarebbe una mancanza di tatto. Il predominio su noi stessi è una esigenza fondamentale del buon contegno. Non si dovrebbe mai agire trasportati dall'eccitamento o dalla furia. In furia perdiamo tutto il giudizio, che eventualmente possediamo, in stato normale. La collera ci fa fare delle cose, spesso delle corbellerie, di cui poi ci pentiamo. L'unico consiglio giusto per questo caso è di dormirci un poco sopra. Il giorno seguente tutto avrà un altro aspetto, si avrà riacquistata la calma e si potrà agire, come deve agire una persona civile. Al pari del cattivo umore, per agire delicatamente, si deve saper anche sopprimere certe simpatie ed antipatie. In società, cambiare con ostentazione il posto a tavola o piantare una persona meno simpatica in mezzo alla sala, sono sgarbatezze imperdonabili. Generalmente un'occasione si presenta presto e facilmente da sè, ed allora possiamo cambiare senz'altro il nostro posto, senza offendere nessuno. E qui, attenti, cortesi lettori! Non facciamo mai la corte ad una bella signora o signorina, in modo che di questa nostra simpatia si accorga tutta la società. Noi dobbiamo distribuire imparzialmente, le nostre gentilezze e cortesie, senza badare all'età ed alla bellezza esteriore. Almeno finchè siamo in grande società dobbiamo agire cavallerescamente, ed occuparci anche delle meno belle. I giovani hanno pieno diritto di divertirsi tra loro, ma non devono mai dimenticare il rispetto ed il riguardo che debbono agli adulti e specialmente ai vecchi. Il loro dovere è di essere sempre premurosamente cortesi ed attenti verso i più vecchi. Volendo cessare di frequentare una famiglia, si deve farlo successivamente e non all'improvviso. Escluso naturalmente il caso d'una offesa, quando si deve rompere i rapporti immediatamente, ma anche allora si deve badare a non offendere più del necessario e conviene trattenersi assolutamente dal dichiararsi sul fatto di fronte a terze persone e specialmente non parlar male o con disprezzo della persona con cui abbiamo rotti i rapporti. Se qualcuno, dopo un certo tempo di freddezza o risentimento, ci si riavvicina, dimostriamoci concilianti. Il tener broncio molto tempo non è dignitoso. Dipende poi dalle circostanze, in quale grado vogliamo ristabilire i nostri rapporti. Ma il pensare anche dopo molti anni ad una vendetta, è prova di carattere duro e cattivo. E così si potrebbe proseguire ad enumerare ancora a lungo esempi del vero tatto e della vera delicatezza. Ma crediamo, che i casi citati siano già sufficienti; per schiarire l'importanza di questo concetto fondamentale. Ogni singolo caso, dove il tatto entra in funzione, deve venire giudicato e risolto in modo speciale e particolare, ma colui che possiede veramente un fine senso del tatto, troverà sempre da se stesso il giusto modo d'agire.

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Però si può benissimo cominciare a parlare della questione dell'antialcoolismo specialmente se vediamo che la nostra vicina di tavola s'astiene perfettamente dal vino; se per caso uno dei nostri vicini rifiuta la carne, abbiamo di nuovo un tema abbastanza in voga. Argomenti che potrebbero guastare l'appetito, come p. e.: la descrizione di terribili miserie, il racconto di una grave operazione, d'una disgrazia recente ecc. insomma, temi che sono disgustanti, sono naturalmente da evitarsi. Del resto a tavola non è bello parlare troppo, d'altronde non si può essere tanto scarsi di parole da far sì che la nostra vicina di tavola si senta troppo isolata. A teatro è naturalmente molto facile trovare argomenti di conversazione. Si discute della rappresentazione, degli attori, delle attrici, della musica o della commedia e, in ogni soggetto, sarà facile dare il segno della propria sensibilità artistica e della propria coltura. Negli intervalli non mancherà, dunque, soggetto di buon conversare. In treno, c'è sempre un'occasione propizia per esprimere un parere su ciò che si vede all'esterno. Una persona spiritosa può sempre trovare degli spunti felici nelle innumerevoli cose fugaci che traversano la nostra attenzione; le campagne, i panorami, la vita colorita e rumorosa delle stazioni, castelli e ruderi storici, panorami aperti ecc. ecc. Così non mancheranno occasioni di attaccare discorso con un estraneo, benchè ciò debba farsi con la dovuta delicatezza e senza una indiscreta insistenza. Nella sala da ballo sono tanti e tanti gli argomenti (si confondono poi in un solo!) che non è assolutamente necessario dar consigli a tal riguardo. Dove rifioriscono i« flirt » non c'è argomento da suggerire. Ognuno sa che cosa deve dire. E la conversazione è sempre gradita, anche se non animata. Sul campo di sport è naturale che l'argomento riguarderà una questione sportiva. Se l'altro compagno dà delle risposte sensate e cerca di sostenere il discorso, tutto è a posto, e ci si potrà divertire in ogni occasione. Tanto più spiacevole, addirittura penoso, è cominciare un argomento dopo l'altro e vedere che il compagno non ci bada o, se bada, risponde macchinalmente cose senza importanza. La « riserva » dei temi è presto esaurita, il gelo della noia dilaga crudelmente. Sebbene al giorno d'oggi si è molto più liberi nella scelta degli argomenti, è sempre raccomandabile di avere un certo riguardo specialmente alla presenza di signore e signorine. Ciò dipende anche dal grado dell'amicizia. Ma, se per caso signore e signorine si trovano in una società troppo libertina, è meglio che esse fingano di non accorgersi di niente, e non si scandalizzino, finchè la conversazione non si avvia di nuovo nei limiti concessi dalla buona educazione. Scegliendo un tema di conversazione, facciamo attenzione di parlare sempre di cose gradevoli al nostro compagno; così p. e.: ai fidanzati dei lati belli e buoni del matrimonio, con una signora incinta delle gioie e passioni dei bambini, con un ammalato della sua guarigione ecc. ecc. « Non si parla della corda in casa dell' impiccato »; non si domanda mai ad una signora quanti anni ha, nè a un signore quando ha intenzione di andare in pensione e così via. Come si ha riguardo delle persone nella scelta del tema della conversazione, così si deve considerare sempre il luogo dove si è e le circostanze in cui ci si trova; p. e. in un'esposizione d'arte non si parla della birra deliziosa delle cantine della città, all'opera non ci si dilunga in discussioni sul codice penale, a tavola non si spiega la vivisezione, in montagna si evita la politica, e nella vita dello sport si lascia stare l'erotica. Argomenti professionali non sono affatto adatti in una società numerosa ed è molto fuor di luogo che in una compagnia spensierata due o tre persone si dilunghino in discussioni accademiche, che gli altri non possono seguire con attenzione perchè non s'intendono delle cose che si trattano. Se però essi si trovano in compagnia più ristretta, e hanno tutti la stessa professione, non possono far di meglio che discutere delle cose che riempiono tutta la loro anima, e che sono oggetto della loro ambizione. Naturalmente una simile discussione non può limitarsi ad una conferenza tenuta da una sola persona, ma deve avere carattere di una chiacchiera gradevole, a cui tutti possono partecipare. Così è per la questione di parlare d'affari in società. Come non si parla di altri interessi personali, in pubblico, così non si parla d'affari, se non in una compagnia omogenea. Infatti ottimi affari si sono conclusi in una società durante una conversazione o un pranzo. E' risaputo come un buon bicchiere di Chianti o di Lambrusco renda abbordabili ed accondiscendenti gli uomini d'affari più schivi. Non c'è spesso miglior mezzo per guadagnarsi il loro favore. Gli affari certo non sono adatti alle gentili signore, piene di fantasie, ed hanno, per questi, sempre un interesse relativo. Chi non sa uscire un poco dai soggetti comuni, noiosi, grigi della vita quotidiana, sarà perduto di fronte alla donna. Politica e religione sono argomenti pericolosi, come tutti gli altri temi che sono adatti ad accalorare i temperamenti, e formano eventualmente dei diversi partiti nella società. Talvolta succedono addirittura delle piccole guerre, perciò è meglio evitare tale argomento o affrontarlo con molta delicatezza. Quando s'intavolano discussioni senza competenza il brio della conversazione è finito. Ognuno crede di essere obbligato di dichiarare la sua opinione! Possibilmente si evitano certe compagnie, ma, se vi si è capitati disgraziatamente in mezzo, - in base al proverbio: « insieme preso, insieme condannato » si cerca di non dire scipitaggini. Dipende dalle circostanze: o nascondiamo il nostro pensiero, o facciamo delle osservazioni sensate e garbate. Non è mai bello volere stramazzare l'avversario e cantar vittoria a gran voce. Nei così detti « discorsi d'arte » bisogna andare cauti per non rendersi noiosi. Ci vogliamo dedicare a questo argomento un po' particolarmente, e citiamo le magnifiche parole dello scrittore Lodovico Fulda: « Discorsi d'arte! Sotto questo nome generico non intendiamo, naturalmente, lo scambio valoroso delle idee di due artisti, ma la discussione vivificante di due conoscitori d'arte, sui problemi della loro vita spirituale, nè il caldo interessamento del profano entusiasta per le bellezze dell'arte, nè lo scambio di due dilettanti sulle impressioni che riempiono il loro cuore e la loro anima; ma una conversazione senza basi, senza convinzione e senza competenza, conversazioni cioè in cui si parla per parlare.... » « Il più frequente discorso d'arte è quello sul teatro... Perchè da quando esiste un palcoscenico ci si lagna del suo peggioramento. Naturalmente, ciò non corrisponde sempre alla verità: ma essere malcontenti è sempre più spiritoso che essere contenti d'una produzione artistica. Essere malcontenti di tutto, lascia indovinare un gusto più sviluppato ed una esperienza più grande! Allora si sorride e si dice: « Lei forse non conosce la parte di Otello fatta da... » e si nomina il nome di un celeberrimo attore. Non è assolutamente necessario che si sia visto il « tal di tale» nè che mai si sia stati a Parigi per poter dire con una spallucciata fredda: « Recitare, sanno soltanto a Parigi ». E così si dica di Berlino o Milano. « Una conversazione « letteraria » è forse ancora più fertile, ma già un poco più difficile. Soltanto persone molto giovani arrossiscono sentendo nominare un libro che non hanno letto, e sono addirittura ingenui quelli che confessano di non averlo mai sentito nominare. Il compagno ideale, come deve esserlo, ha sempre letto tutto, conosce ogni libro uscito, e con la sveltezza con cui si incolla un'etichetta su una bottiglia di vino, dichiara e bolla la sua opinione, il suo giudizio su tutto... » « Il più elegante e nobile, tra i discorsi d'arte, è quello delle belle arti. Perchè per essere almeno un poco esperti in esso, si deve aver studiato pure qualche cosina... A simile gente non viene nemmeno in mente che l'oggetto artistico è una cosa da godere, lo considerano unicamente per un oggetto della loro « critica » Esprimono una frase « criticante » poi basta! Si può venir considerati subito per profondi in materia se si grida, innanzi ad un quadro: Ma questo è di nuovo e precisamente il « tal di tale! ». Colui, che trova nel prodotto singolo tutto l'autore, che razza di acuta perspicacia artistica dovrà mai avere! » « No! tali discorsi d'arte non possono giovare niente all'arte e non hanno niente in comune con essa!... Se il sentimento di solidarietà, e l'entusiasmo non sono ancor periti per sempre, noi artisti dobbiamo sostenere una campagna, senza quartiere, contro quella specie di discorsi d'arte! ».. L'argomento che generalmente interessa di più è il dir bene o, più spesso, male del prossimo. Sarebbe da farisei giudicare le opinioni dei nostri prossimi, in blocco, per sciocchezze o inezie. Corrisponde alla nostra natura e deriva dalla legge della vita comune, che meditiamo sulle azioni ed opinioni dei nostri prossimi, e che comunichiamo le nostre osservazioni a terze persone. Scambiamo le nostre idee e tentiamo di completarle. Ad ogni modo, sotto il titolo di tale osservazione psicologica e filosofica, accadono molto sgarbatezze. Si tratta appunto dal modo col quale ci occupiamo dei nostri cari vicini e si sente chiaramente dove termina l'interessamento psicologico e dove comincia il pettegolezzo maligno, affamato di sensazioni straordinarie. Questi pettegolezzi sono in ogni caso, le cose più spiacevoli della vita sociale. Il pettegolezzo e in « floribus » dappertutto: in ambo i sessi, in ogni grado d'età, da donne e da uomini, si fanno pettegolezzi, non è raro il caso che lo scienziato di fama mondiale faccia i suoi piccoli e grandi pettegolezzi con la stessa passione delle tanto calunniate vecchie zitelle. Quanto più colta è una persona, tanto più pesante e spiacevole dovrebbe esserle la disposizione al pettegolezzo e poi una critica maligna d'un personaggio importante può nuocere molto più gravemente che i pettegolezzi di individui insignificanti. Ci sono sempre uomini che sanno dire sempre qualcosa di buono e di bello dei loro prossimi; piuttosto tacciano, per non dire cattiverie. Se anche questo modo di agire non è sempre il più giusto nei rapporti sociali, ciò, dà prova, in ogni caso, di molta discrezione. Aneddoti, barzellette, storielle ben scelte sono, molte volte, gli unici mezzi per rianimare una conversazione stagnante. Però non si può sorpassare i limiti concessi dalla buona educazione: e sarà bene tacere barzellette troppo forti per le orecchie delle signore. Una mala abitudine dei signori è di fare il così detto « angolo dei signori » e di raccontarsi storielle salate, ridendo e sussurrando, mentre le signore sono lasciate in disparte. Gli scherzi non debbono essere sul conto di una persona presente. Non è cosa virile farsi deridere; un freddurista fa sempre una brutta figura quando non sappia smettere a tempo. L'uomo veramente erudito avrà sempre qualche novità interessante, qualche questione importante da mettere sul tappeto. Naturalmente, qui non possiamo estenderci sulle particolarità: però ci sono cose, che non tutti sanno e sono pure interessanti. Senza voler eventualmente sedurre i cortesi lettori ad uno studio a memoria o a una caccia esagerata al successo in società, diamo una piccola raccolta di risposte su « Questione di tutti i rami di scienza ai quali non tutti possono rispondere ». La loro coscienza non è indispensabile per una persona che vuole essere solo un compagno gradevole, però talvolta certe nozioni sono indispensabili (naturalmente guardiamoci dall'esagerazione!), con piccole sentenze pronunciate al momento giusto possiamo anche rendere più viva e colorata la conversazione.

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Dobbiamo anche fargli delle interrogazioni se vediamo che non ha abbastanza pensieri propri; questo è il metodo adatto a quelle persone che hanno delle buone idee e potrebbero benissimo discorrere, ma non hanno il coraggio di esprimere le loro opinioni. Ci sono però persone - menti eccezionalmente limpide - che afferrano immediatamente il discorso cominciato e danno un giudizio in poche parole, con frasi, concise ed esatte, a cui ogni opposizione diviene o appare superflua. Simile modo di discorrere nuoce molto alla conversazione; gente spiritualmente superiore, dovrebbe frenarsi un poco e sviluppare più gradatamente il tema, per non troncare il filo della conversazione con una frase che non tollera opposizione. Teniamo saldamente il filo del discorso! Gente, che salta di palo in frasca, trascura ciò che si è detto precedentemente, rende vano ogni argomento e ogni discorso serio. Il deviare dal pensiero inziale, che le belle signore fanno volentieri, può rendere nervoso un gruppo di ascoltatori. Risposte illogiche, definizioni non chiare possono gettar confusione nelle idee di molta gente. Una persona ostinata, che per tutto l'oro del mondo non cede da una suo opinione è una figura assolutamente impossibile in una società che vuole divertirsi. E' doveroso non parlare di argomenti che possono essere penosi a qualcuno della società: perciò facciamo attenzione anche nel fare delle obiezioni. Senza essere un eterno oppositore o negatore, si può e si deve obiettare talvolta, per non fare una figura da ignorante o da ottuso. Tollerando delle sciocchezze, nociamo, in certo modo, alla propria reputazione. Il senso di tatto deve decidere in casi singoli. Diversi partecipanti ad una conversazione saranno di rado della stessa opinione se però il discorso minaccia di divenire una battaglia calorosa di parole, è opportuno troncarlo. Una conversazione divertente non deve mai rilevare una punta personale. Se il discorso prende una brutta piega, si deve impedire subito che si formino malintesi troppo aspri, e dare un nuovo indirizzo alla conversazione. Il buon tatto indica dove ha da condursi la conversazione perchè tutti siano d'accordo. Ricordiamoci che non si è invitati in compagnia per suscitare liti o malintesi. Se uno scambio caloroso di parole non è evitabile in nessun modo, teniamoci sempre alla forma « parlamentare » Se qualcuno non è disposto a tenersi a questa forma, ed alza la voce, senza ascoltare nemmeno le opposizioni, con una tale persona non si può parlare. Non teniamoci saldamente ai nostri diritti ma proviamo sempre di investirsi nella situazione dell'altro. Una discussione esige: ponderazione dei motivi d'opposizione, un modo di pensare chiaro, obiettivo e logico. Ogni affronto personale - anche nella discussione più calorosa - è severamente evitabile! Querele e liti famigliari non si trattano mai in pubblico. Anche se al momento in cui si riceve una visita è avvenuta una scenata in famiglia, il visitatore non dovrà accorgersene mai. Trattiamo questo argomento più particolarmente nel capitolo dedicato alla lite. Talvolta si offende delle persone presenti, lasciandosi scappare un'apprezzamento di carattere generale: in tal caso non ci resta altro, che di adoperare la frase nota: « esclusi i presenti » Anche se nessuno crede seriamente a questa affermazione la punta acuta dell'osservazione è rintuzzata. Conversando siamo sempre riservati. Non si rivelano superfluamente affari famigliari, nè propri. Dei successi propri non si parla, per non destare invidia, ma non si parla nemmeno degli insuccessi, per non suscitare maligne compiacenze degli altri. Se vediamo che qualcuno non vuol tradire la sua vera età, non lo forziamo, per poi - come fanno spesso le nostre signore - dichiararlo in pubblico. Sebbene il negare la vera età, sia una grande sciocchezza, lasciamo questa vanità ai vanitosi e non li disturbiamo nel loro sogno. Tuttavia, bisogna riconoscere per umana e scusare questa debolezza delle donne, per cui l'essere giovani è spesso l'unico merito. Non comprendere simili debolezze, è non soltanto imprudente, ma procura anche dei nemici atroci. Abbiamo sempre riguardo per la vanità dei presenti: sempre ed in ogni occasione! E' assai indelicato far somiglianze e paragoni facilmente sgradevoli. Dire p. e. la seguente frase, veramente affabile e lusinghiera: « Ma, senta, è veramente strano come lei assomigli all'assassino di Düsseldorf! Potrebbe essergli fratello! » Evitiamo, per carità, ogni raffronto meno che onorevole! Per la stessa ragione, non parliamo mai innanzi a vecchi signori di qualche « vegliardo imbecille! Avanti a signore non si parla della « illogica femminile » o « delle debolezze delle donne » ecc. Ogni generalizzazione è evitabile e fuori posto. « Ogni uomo è cattivo » si può talvolta sentire dire: però ciò non dimostra troppa intelligenza da parte di colui che dichiara simile frase. Non si ha la essere uomini soltanto per combattere la donna, e viceversa, ma sentirsi uguali nello spirito, se pur diversi di sesso. Se anche l'uomo ha un più forte ingegno ed è più capace di svolgere lavori spirituali, la donna lo sorpassa in molti riguardi e specialmente nello spirito di abnegazione e nella praticità dei criteri. La generalizzazione già menzionata, porta sempre una spina in sè contro l'altro sesso; è perciò meglio evitarla del tutto. Ognuno di noi sente volentieri complimenti affabili e delicati. Talvolta si offrono nella conversazione delle occasioni di fare un complimento, la cui omissione sarebbe addirittura scortese. Complimenti troppo lusinghieri, fanno effetto cattivo. Esaltare le bellezze giovanili d'una vecchia signora può per lo meno sembrare sciocco, se non proprio offendere. Mitigare gli elogi altrui e diminuire le proprie qualità è virtù, per ottenere poi maggior lodi ha talvolta un effetto sicuro in società, però far uso troppo spesso di questo piccolo « trik » è poco felice e si tradisce anche facilmente. Affine al concetto del complimento, però di minore importanza, è il « parlare affabile ». E' anche una legge di buona educazione. Se p. e. qualcuno ci ha fatto un grande favore non accontentiamoci di un semplice « grazie tanto! » ma rivolgiamo delle parole più affabili. Si ricordano qualità lodevoli di altri, solo a tempo e luogo, durante una conversazione. Però parlare soltanto in modo lusinghiero di qualcuno otterrebbe l'effetto contrario. Comunque, si potrebbe apparire per poco sinceri. P. e. di una padrona di casa che ci ha ospitato lautamente con piatti ben fatti, si può dire senz'altro delle buone parole ed esaltare la sua virtù di ospite. Ogni signora (tranne le troppo moderne ed americanizzate) ha piacere di sentire dire che gli ospiti hanno gustato il pranzo e che esaltano la sua arte culinaria. Naturalmente, dilungarsi su questo argomento, esaltarlo troppo sarebbe inopportuno e guasterebbe l'effetto piacevole. In nessun caso, la lode deve essere infondata; deve essere sempre corrispondente o quasi alle verità. Dove non c'è niente da lodare è meglio tacere. Però, si cercherà di trovare in tutti e in tutte le cose un lato lodevole. L'altro capirà da questo fatto, che le altre parti sono piaciute meno, e perciò si è lodato soltanto quelle. Il vero compagno non protrae troppo a lungo una conversazione. Come il vero « gourmand » cessa di mangiare quando gli piace di più, anche un buon compagno farà sciogliere la società quando è ancora animata, perchè niente è più terribile, di congedarsi quasi per « dovere », perchè la gelida noia incalza. Per lo stesso motivo, un compagno veramente esperto, cercherà sempre di assicurare una buona chiusura, un finale saporoso: farà magari un piccolo scherzo, che l'ultima impressione sia allegra e buona, e che i padroni di casa lo conservino di buona memoria.

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Sono abbastanza noti a tutti, cosicchè, forse, non dobbiamo descriverli come guastatori di ogni bene. Vogliamo menzionare ancora il genere di gente, che non possedendo abbastanza spirito, dichiarano che sono un po' « indisposti » o accusano improvvisamente dei « dolori alla testa » o si mostrano ad un tratto offesi. Quanto sciocca sia anche tale abitudine, lo dimostra il fatto che simili tipi riescono talvolta a guastare ad altre persone innocue tutta la serata. Specialmente sgradevoli si rendono coloro che si fanno sempre « interessanti », e rispecchiano costantemente il loro proprio carattere. « Questo non è il mio modo di agire! » Io sono veramente tutt'altro carattere! » « Così sono io! » « Ciò contraddice il mio carattere » ecc. sono dichiarazioni che si sentono spesso nella bocca di persone sfacciate e vane. Simile gente può esaltare, in modo ridicolo, delle piccolezze che non meritano nemmeno di essere menzionate: come p. e. « Una tromba mi può render matto » o « muoio per i confetti » Possiamo vivamente immaginare che forme adopereranno se giurano qualcosa sulla « parola d'onore! » Rispondere brevemente ed approssimativamente a qualcuno che si interroga, senza guardarlo nemmeno in faccia, è una grande sgarbatezza. Una persona molto irritabile non è un compagno gradevole. Essa si trova sempre offesa e di fronte ad una inaffabilità immaginaria. Una tale persona non ha tatto, crede costantemente che le osservazioni, - anche se proprio ingenue - siano fatte sul suo conto, senza curarsi troppo se con questa suscettibilità esagerata sia sgradevole agli altri. Se talvolta si riceve qualche torto involontario restiamo sempre ugualmente affabili. Gente veramente nobile non mostrerà mai il muso arcigno ed offeso. Se una persona delicata è adirata per qualche ragione, non lo farà mai trapelare ad alcuno. Un vecchio signore affabile e simpatico, dice alla padrona di casa, (quando lei si scusa di non avergli potuto dare il posto d'onore, causa un'alta persona molto suscettibile): « Signora, se mi ha fatto sedere accanto alla gioventù mi sento lusingato per il mio aspetto, se il mio posto è vicino al suo, mi sento lusingato per la mia persona! Veda, io sono sempre contento! » Questo modo di saper trovare sempre le cose belle e piacevoli, è l'arte di vivere. Gente che interroga sempre è anche molto sgradevole. Nella conversazione, però, si potrà essere d'aiuto con una domanda a persone poco pratiche della vita sociale e rianimare così il discorso che sta per annegarsi. Ma non si chieda delle cose la cui risposta potrebbe essere sgradevole a colui che la deve dare. Così: non ci si informa su l'età d'una signora, non si domanda ad un negoziante in mezzo ad una società numerosa: come vanno gli affari! specialmente quando si sa che non vanno troppo bene. Non ci s'informa neanche sulle condizioni finanziarie e su questioni di famiglia ecc. In certe circostanze l'interrogato troppo poco, può essere anche peggio del contrario. Con persone che si conoscono relativamente è meglio usare la prima forma; tra gli amici il contrario. In relazioni amichevoli si deve interrogare, per dimostrare l'interessamento verso l'amico. In ogni caso, guardiamo che una conversazione non si limiti ad uno scambio di domande e di risposte perchè ciò potrebbe facilmente fare l'impressione di una curiosità inopportuna. Se una persona dimostratasi curiosa, si schermisce dal rispondere alle domande direttale, è indelicata. Una persona distinta si limiterà al numero necessario delle domande e delle risposte; come in tutto, terrà anche qui la giusta misura.

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Negli intervalli fra un piano e l'altro c'è abbastanza tempo per recuperare i discorsi perduti. Allora anche la più tenace lingua si scioglie col buon vino, ed il vostro « Sybarita » si trasformerà in un cavaliere loquacissimo. Naturalmente non si parla di problemi difficili, di politica, religione, ecc. durante un pranzo di festa. Al pari di ciò non si menzionano nemmeno: malattie, mal di denti, disgrazie, furti, delitti ecc. Ed anzitutto non si toccano argomenti che possano andar sui nervi delle signore più suscettibili: come p. e. spettri, topi, ragni, incubi, streghe, ecc. Durante un pranzo non è lecito di divertirsi soltanto coi vicini immediati, ma bisogna occuparsi anche delle altre persone, che siedono in prossimità, naturalmente però soltanto ad una distanza che permetta la conversazione. Evitiamo di gridare da un'estremità all'altra e in ogni modo occupiamoci più con le vicine di tavola, anche se un'altra persona più distante fosse più interessante.

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Soltanto una pratica abbastanza lunga può darei la perfezione. Così, è anche col buon contegno; mai una persona si può comportare veramente bene, se vuol avere soltanto occasionalmente delle buone maniere, e passata l'occasione solenne, cade di nuovo in un contegno volgare. La rispettiva persona che ci tiene a venire considerata come una persona beneducata, deve avere ed adoperare sempre e dappertutto, le buone maniere. Chi vuole soltanto dimostrare in certe occasioni, quando va in società, che si sa comportare convenientemente, ben presto attrarrà su di sè l'attenzione d'una società distinta, colla sua goffaggine ed il suo comportamento non naturale, e farà brutta figura. Colui che si serve costantemente delle buone forme e maniere, ci si abitua tanto, da non poterne fare a meno, tanto che gli sarebbe impossibile di vivere ed agire altrimenti. Un tal uomo non dimenticherà mai le convenienze sociali, non si sentirà smarrito in una compagnia estranea, nuova, e si comporterà in ogni situazione con sicura e distinta naturalezza.

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Al principio c'è sempre ancora un poco di solennità, alla fine invece tutti desiderano già di alzarsi e non prestano abbastanza attenzione al discorso; forse il tempo più adatto per un simile discorso è subito dopo l'arrosto. L'oratore s'alza, batte energicamente sul suo bicchiere, in conseguenza di che tutti fanno silenzio; i serventi interrompono il servizio, ogni conversazione cessa e tutti attendono in perfetto silenzio che l'oratore cominci. Però soltanto un oratore nato deve alzarsi e parlare. Un discorso ben fatto accalora favorevolmente tutta la società ed un allegro tintinnio di bicchieri compensa l'oratore dopo il discorso. L'oratore va in prima linea dal festeggiato e batte con lui il suo bicchiere; poi può (ma non deve) andare in giro dagli altri ospiti. Dopo una breve sosta, forse nella seconda pausa, il festeggiato deve ringraziare. Se è un buon oratore, potrà ottenere anche un bel successo, se però la vena oratoria gli manca, farà meglio ringraziare con alcune calde parole di gratitudine. Ogni oratore deve procurare di parlar molto breve. Niente è più noioso d'un discorso che non ha fine, e niente è più ridicolo di un oratore che non sa parlare. Una signora festeggiata da un signore non risponde con un discorso, ma esprime al rispettivo i suoi ringraziamenti, tendendogli la mano. Naturalmente deve anche battere il bicchiere con quello del signore. La musica durante un pranzo contribuisce anche moltissimo al buon umore. Essa deve però suonare in un'altra stanza, e soltanto debolmente, musica conosciuta, canzonette leggere, che servono soltanto ad allietare gli ospiti. Onde la musica non disturbi la conversazione , essa deve suonare soltanto mentre si mangia, nelle pause tra le singole portate è meglio se tace, appunto perchè durante le pause si discorre, si chiacchiera, si ride, ecc. Talvolta, uno degli ospiti può cominciare a cantare un'aria dietro la musica, gli altri la continuano, e così tutti sono tenuti allegri. L' « evviva » dopo ogni discorso è accompagnato da un forte squillo di tromba. Poichè un pranzo non deve tirarsi alla lunga, la padrona di casa si alza al momento quando vede che tutti hanno terminato l'ultimo piatto. Con ciò ha dato il segno a tutti, di potersi alzare. I convitati si alzano leggermente da tavola, depongono il tovagliuolo - non secondo il costume dei vecchi scapoli, che lo buttano spiegazzato in mezzo alla tavola, come lo si può fare eventualmente in trattoria, - i signori fanno un bell'inchino alle vicine di tavola ed a quelle signore che erano sedute di rimpetto a loro. Se si ha ancora il bicchiere pieno, lo si lascia stare; farebbe un effetto comico, se volessimo vuotare ancora presto, in fretta e furia un bicchiere. Dopo aver levato la tavola, la padrona si fa condurre dal suo vicino di tavola in una località vicina alla sala da pranzo, per es. nel salotto, tutti i signori offrono allora il braccio alle loro dame e le conducono, seguendo la padrona di casa, nell'altra stanza. Nel salotto le coppie si dividono; si chiacchiera, si sta a suo agio e occasionalmente si ringrazia la padrona di casa per il pranzo delizioso: i signori con un baciamano, le signore con una stretta di mano. I serventi offrono dopo pranzo, su un vassoio, il caffè, in piccole chicchiere, raggruppate attorno allo zucchero e la panna. Si prende colla molletta lo zucchero occorrente e col cucchiaino la panna, se non

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Se in una famiglia si trovano tra gli invitati abbastanza persone giovani, e se il numero dei signori avvicina almeno quello delle signore, un piccolo ballo improvvisato sarà sempre gradito ed avrà successo. In tale occasione si vuota in fretta una stanza, ed uno tra gli ospiti si mette al pianoforte e suona. Al giorno d'oggi si usa

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Il più importante però è naturalmente di procurare abbastanza ballerini. Per un ballo di casa - sia anche il più modesto - si deve indossare il vestito di sera. In tale occasione si mandano degli inviti speciali, ai quali si deve rispondere in tempo, affinchè i padroni di casa vedano il numero dei partecipianti e possano provvedere ad un numero abbondante di ballerini. E' assai penoso quando ci sono più ballerine che ballerini.

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Questo costume è abbastanza diffuso in molte famiglie, ma in Italia non si usa. Non occorre tenere sempre in segreto il genere del regalo che si prepara. Specialmente per più grandi acquisti è meglio agire col consenso di chi riceve il dono. P. e. un marito che vuol fare una bella sorpresa a sua moglie con un taglio di seta potrà trovare raramente il giusto colore o la stoffa desiderata; ciò andrebbe soltanto nel caso che egli sapesse precedentemente il desiderio speciale della sua signora. Ma anche così non si dimentichi che una piccola sorpresa fa talvolta un piacere molto più grande che un dono di valore, di cui si sia parlato già da alcune settimane, o che si sia eventualmente comperato insieme. In tal caso, si aggiunga ancora una piccolezza che possa essere oggetto di sorpresa. Lo stesso raccomandiamo a coloro che hanno accentuato il lato pratico nel loro regalo. Un libro, una scatola con dolciumi, un fiore, ecc. lenirà certamente l'aspetto prosaico del dono pratico. Se si compera un regalo alla presenza di chi lo riceve, non si badi mai tanto alla convenienza. Non è bello consegnare semplicemente il denaro necessario alla rispettiva persona, e lasciarla fare come vuole. Un simile dono non è più un regalo. Il donatore deve essere presente all'acquisto, e deve far valere anche il suo gusto individuale. Per quanto riguarda il valore « pecuniario » dei regali, esso deve sempre essere adatto alle possibilità materiali del donatore. Se si sorpassano troppo i limiti concessi dalle circostanze, chi riceve il regalo avrà certamente un sentimento penoso, sapendo che si è fatto per lui un sacrificio. Nel caso contrario, un uomo benestante appare ridicolo ed avaro se regala delle piccolezze senza valore. Molto dipende anche dalla persona a cui si regala. Con regali costosi si può destare facilmente delle speranze inutili e vane, e si può provocare dei ricambi poco piacevoli. Se si regala a persone, da cui si aspetta un ricambio, si stia attenti di non apparire immodesti e di non obbligare la gente, a cui si dona, a sacrifizi finanziari. Il regalare non deve trasformarsi in un commercio di cambio! Se prima abbiamo detto che i regali debbono rappresentare un pensiero, e devono creare tra donatore e ricevitore un certo contatto spirituale, adesso rileviamo che il regalo non deve farsi a secondo fine. Perciò, coi regali intenzionali stiamo molto attenti! La prudenza è caldamente raccomandabile! Molta gente ha l'abitudine poco piacevole di voler influire p. e. in modo educativo e pedagogico su colui che ottiene il regalo. Ciò può far molto male; può irritare od avvilire l'altra persona. Così per esempio non regaliamo ad uno a cui piace il vino, un libro che tratta dei danni che l'alcoolismo arreca alla salute, o non mandiamo ad una persona che ha un cattivo odore alla bocca, una scatola di dentifricio. Ciò sarebbe molto logico, ma pure non è raccomandabile perchè la verità offende. Il problema principale di un regalo è sempre questo: « trovare qualcosa di pratico, o piuttosto qualcosa che appaga un desiderio prepotente della persona che accetta il regalo » Un realista preferirà naturalmente la prima soluzione, all'idealista invece, necessariamente, piacerà la seconda. In generale non si può decidere e non si deve nemmeno rispondere con precisione a questa questione. Ciò dipende in prima linea dalle condizioni di chi riceve il regalo. Ad un uomo benestante non si darà un oggetto che si può e si deve necessariamente comperare, così p. e. non gli si dona un paio di bretelle o legacci. Come si vede, oggetti che appartengono all'uso e bisogno quotidiano, sono esclusi dalle cose che si usa regalare. Ciononostante, non si deve scegliere per una persona ricca proprio un oggetto di lusso. Anche un oggetto per uso quotidiano può essere al ricco un regalo gradito, sempre, però, una cosa che sarebbe specialmente adatta per lui. Una cosa, che risulti nuova per l'altro farà sempre un sincero piacere. P. e.: una penna stilografica di forma speciale, di colore che piace alla rispettiva persona, ecc. o una novità, ecc. Al contrario di ciò si deve essere molto prudenti nella scelta di oggetti di lusso da regalare a gente povera. Donare p. e. ad una donna che vive in una abitazione semplice con proventi scarsi, un vaso di cristallo sarebbe superfluo e forse offensivo. Colei che accetterà un simile regalo, penserà soltanto nostalgicamente a tutte le cose pratiche e necessarie che le si sarebbe potuto procurare pel prezzo del dono costoso. Però dare una catena d'oro ad una povera fanciulla, è sempre a posto e procurerà sempre gioia. Occorre tenere per base la regola seguente: a gente benestante si regala piuttosto degli oggetti di lusso, a quelle meno agiate delle cose pratiche o almeno utili. Entro la famiglia ogni regalo è a posto. Un signore estraneo deve evitare di regalare ad una signora delle cose « intime » come biancheria, calze o un gioiello costoso, se non vuole destare dei sospetti, e preferisce non far parlare di sè. Una signora dona dei regali di valore soltanto ai parenti maschili, al marito o al fidanzato, ed a quest'ultimo neanche darà della biancheria, ma piuttosto, un bastone, degli articoli per fumare, dei bottoni per polsi, ecc. Regali che sono sempre adatti e permessi sono: fiori, dolciumi, carta da lettere, libri, profumi, borsette, scatole, vasi, per signori ed anche talvolta per signore delle sigarette o sigari, utensili per scrivere, portafogli, ecc. ecc. Gioielli devono essere regalati coll'intenzione di accentuare il loro significato, per diventare ricordi, piuttosto che per il loro valore pecuniario. Si possono regalare oggetti d'abbigliamento soltanto a buoni conoscenti, ed amici, o a parenti. I lavori manuali hanno sempre un più alto valore per la persona che li riceve. Un costume molto ordinario è di regalare la propria fotografia dedicata, a meno che l'altra persona ne abbia uno speciale interesse. I libri sono veramente delle belle cose che si può regalare sempre e ad ognuno, in qualsiasi situazione. Tra questi si ha un'ampia scelta, ed appunto perciò il dono di libri è sempre raccomandabile. I regali di denaro sono sempre un poco difficili. E' vero che al giorno d'oggi, nei nostri tempi prosaici, un dono di denaro non è più tanto spregevole come una volta. Però, generalmente si dà regali di danaro soltanto a persone bisognose, o ad impiegati di più basso rango, verso i quali un simile regalo assume la forma d'un premio o d'una rimunerazione. Ad altri conoscenti, od amici naturalmente non si può dare del denaro. E' una cosa molto indelicata se un marito, che durante il tempo del fidanzamento si è rotta la testa per trovare un regalo adatto per la sua amata sposa, dà a sua moglie, dopo un matrimonio di parecchi anni, semplicemente un biglietto di denaro o uno « chèque ». I doni di denaro non possono essere messi in mano dell'altro così semplicemente, ma devono essere sempre in una busta, tranne che si tratti di denaro in oro o argento che si usa offrire in una cassetta graziosa. Se in una compagnia d'amici, vi siano taluni disposti a spender danari in cose inutili, sarà lodevole iniziativa devolgere quella piccola somma a favore di un comune amico, che si sappia essere in bisogno (o, comunque, vivamente desideroso di procurarsi una tal cosa) Al contrario di ciò, in molti casi, invece del denaro è preferibile un grande dono, o dei piccoli regali di indole pratica. Una questione sempre ricorrente è: se i regali fatti da noi stessi siano più preziosi che gli oggetti comperati. Ciò dipende dai rapporti tra donatore e ricevente, e dal gusto di chi prepara il regalo. Un artista farà con le sue proprie opere sempre il più grande piacere. I prodotti fatti dagli amatori, sono però di rado tanto perfetti che possano essere adatti per regali. Naturalmente da bambini si accetterà sempre colla massima gioia i loro prodotti perchè in quelli c'è sempre molto sacrificio, e perchè chi è quasi l'unica forma di regalo adatta e possibile per bambini. Senza estenderci particolareggiatamente sui numerosi oggetti che si può regalare, osserviamo soltanto che si deve badare a due regole fondamentali, sia nel caso che si doni degli oggetti di lusso, sia nell'altro; e queste sarebbero; l'oggetto regalato deve avere uno scopo ideale e pratico, ed in seconda linea deve soddisfare alle esigenze dell'estetica. Soddisfare alla prima condizione è generalmente molto facile, perchè ci vuole soltanto un poco di prudenza e saggezza. Più difficile è invece la bellezza estetica del regalo, perchè ciò è questione di gusto, il quale può essere molto differente tra donatore e ricevente. Avere buon gusto è oltre a ciò un talento, di cui pochi si possono vantare. Lo stesso non è del tutto indipendente dalla coltura della persona; però ci sono delle persone coltissime che hanno un gusto orrendo, ed invece delle meno colte che hanno un ottimo gusto. Per avere un buon gusto si deve possedere un poco di senso artistico. L'industria che ambiva la produzione in grandi masse, a prezzo basso, durante questi ultimi anni ha guastato assai il gusto dell'umanità. Malgrado che al giorno di oggi le principali fabbriche cerchino di produrre soltanto degli oggetti più o meno artistici, si trovano, sul mercato, oggetti di regalo scadenti meno che mediocri, addirittura della merce brutta e senza alcun gusto. Perciò non ci lasciamo raccomandare troppo caldamente una merce dal negoziante, specialmente se si tratta d'un oggetto che deve servire per molti anni, come per esempio, per un regalo di nozze. Purtroppo sono poche le coppie che in occasione delle loro nozze non abbiano trovato sul tavolo un nano di maiolica che tiene un vaso di fiori nella mano; o un servizio per liquori oscillante su una slitta graziosa di legno lavorato a traforo; o lavori d'ago con frasi banali, ecc. In generale i regali fatti in famiglia consistono per lo più in adornamenti o arredamenti casalinghi e ciò è anche naturale. Regalando quadri siamo sempre molto prudenti. E' addirittura un'indelicatezza - spesso anche soltanto un'ignoranza - supporre che qualcuno « orni » le pareti della sua abitazione con quadri spregevoli, o con stampe. Molta gente adopera questi orrori casalinghi per ornare l'anticamera o altri posti, ove le esigenze estetiche sono limitate. Meglio è però nascondere simili oggetti, o adoperarli in modo che finiscano presto. E' indecente al sommo grado regalare cose ricevute in dono da altre persone, soltanto perchè non ci piacciono o non ci servono. Questo esempio vi renda sempre attenti. Tizio e Tizia attendono una visita. Aspettano il signore Peri con la signora. « Oggi i Peri devono venire da noi. dice Tizio, dovremmo mettere in mezzo alla tavola quel servizio che ci hanno regalato per le nozze, che vedano quanto le teniamo in onore ». Detto, fatto. Il servizio - una mela rossa di porcellana, con sei buchi per metter dentro i coltelli da frutta - viene tirato fuori dall'angolo più buio della casa, pulito e posto in mezzo al tavolo. Cinque minuti dopo, entrano i Peri. Appena la signora Peri ha gettato un'occhiata sulla tavola apparecchiata, esclama: O, Dio, che orrore avete qui! Anche noi abbiamo ricevuto un simile servizio per le nozze, ma fortunatamente ce ne siamo liberati presto regalandolo a un nostro amico. Ma se anche si tratta d'un semplice servizio casalingo, il regalare oggetti ricevuti è sempre una mancanza di tatto. Il prestare dei regali ricevuti è anche indelicato, come anche regalare degli oggetti usati, o anche nuovi, se chi li riceve sappia che il donatore li ha già da molti anni in deposito ed aspetta soltanto la buona occasione di liberarsene. Negozianti, che regalano la propria merce, danno prova di poco gusto. Naturalmente se la persona a cui si regala ha uno speciale desiderio per qualche merce, di cui il negoziante dispone, si può donarlo senz'altro. Quindi: un negoziante di cristallerie, regalerà un bel vaso di Boemia o di Baccarat, soltanto quando sappia che questo piace alla persona, a cui lo destina. A gente bisognosa si può naturalmente donare dei vestiti portati. Se si è in possesso d'un raro prodotto d'arte, e si sa che la persona, a cui si vuole fare il regalo, s'interessa per l'arte, si può donarglielo senz'altro. Ricordiamo specialmente

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Contro tale invasione di pezzenti ci si può difendere abbastanza efficacemente con l'inscriversi in società contro l'accattonaggio a domicilio, mettendo sulla porta l'insegna. In provincia, dove i pezzenti hanno da percorrere lunghe strade, e dove sono generalmente anche più bisognosi, diamo pure l'elemosina anche innanzi alla nostra porta, badando, però, che non ci portino degli insetti e dei morbi. Bisogna abolire il costume di costringere i bambini a dar soldi in mano ai pitocchi; altrettanto pericoloso è il far mangiare i mendicanti in recipienti o piatti che si usano in cucina. Diamo l'elemosina sempre con aria semplice, senza alterezza, nè dimostrarsi troppo « benigni ». Pochi sanno dare l'elemosina, o far carità senza offendere e avvilire la persona soccorsa. Chi si potrà immedesimare nella situazione del povero, troverà senz'altro il tono giusto. Chi dà però soltanto per essere veduto da altri, durante quest' azione « pietosa »,avrà probabilmente poco senso di tatto e non potrà destare nel mendicante, oltre la gioia del dono, un sentimento caldo di riconoscenza. La vera compassione e pietà non aspetta il ringraziamento. « Chi si lagna troppo dell'ingratitudine degli uomini, è un disonesto che non fa mai nulla per sincero sentimento d'umanità, ma soltanto pel proprio interesse » (Kleist). Il bene dovrebbe sempre farsi di nascosto. Le istituzioni umanitarie peccano spesso contro questa legge fondamentale. Signore benefattrici, che appaiono in grande eleganza e pompa per la distribuzione dei regali ai poveri, fanno cattiva figura e destano nei poveri sentimenti di sconforto; possono credere - ed è naturale che lo credano anche - che i ricchi abusano della loro miseria, facendo esse ancora più vivo contrasto con la loro apparenza lussuosa. Facendo del bene, non siamo però sentimentali. Ai vagabondi procuriamo possibilmente qualche lavoro e se ciò non va loro a genio lasciamoli andare senza dar loro il minimo aiuto. Molti alcoolisti ed ubbriaconi vedono la loro fonte nella carità degli uomini.

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Abbigliamento: Dato il clima abbastanza mite, è inutile munirsi di un abbigliamento eccessivamente pesante. Visitando le grandi metropoli è necessario munirsi di abiti da sera. Nell'Opera di Parigi e nei principali teatri di Londra, frequentando i posti migliori bisogna presentarsi in marsina.

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La considerazione di aver lavorato abbastanza per il magro stipendio è del tutto errata, perchè tutti possono cercarsi un posto migliore. Se il datore di lavoro approfittasse della mancanza di lavoro, per abbassare gli stipendi, nondimeno la riduzione della propria attività per ottenere un miglioramento non sarebbe motivata, perchè ciò porterebbe probabilmente soltanto ad una riduzione del personale. L'esecuzione trascurata del lavoro o altri errori commessi, non devono venir giustificati con ogni genere di scuse. Da un personale fidato si può ben pretendere che risponda della propria attività riconoscendo apertamente i propri errori. Naturalmente una seria giustificazione può essere sempre addotta in tono remissivo. Quando non si riesce a giustificarsi, si chiede cortesemente scusa per l'errore commesso. Verso i superiori bisogna essere molto cortesi, senza però abbandonarsi al servilismo. Parlando col principale di affari, conviene serbare la calma ed essere breve e conciso. Al capo-ufficio spetta da parte di tutti i dipendenti il trattamento dovuto ad un superiore e in questo riguardo non fanno eccezione nemmeno le donne. In ufficio l'impiegata saluta per la prima il principale, mentre per strada, o comunque fuori dell'ufficio, un principale distinto saluterà per primo le proprie dipendenti. Anche se un dipendente fosse privatamente in rapporti amichevoli o di parentela con il principale, deve evitare di sfruttare queste aderenze personali nella vita professionale. Nello stesso modo deve conservare il debito rispetto anche l'impiegato che si trova da molti anni alle dipendenze della casa. Naturalmente il dipendente, conversando col principale nel suo studio, non deve mai sedersi senza essere invitato. Entrando in un locale o salendo in una carrozza, spetta al superiore di grado la precedenza ed in caso di uguaglianza di gradi al più anziano. Se però il superiore invita il dipendente a precederlo, questi lo faccia senza esitazione, perchè il dipendente deve ubbidire in ogni circostanza e l'inopportuna ossequiosità può divenire antipatica. Per tutto il rimanente non si deve dimenticare che anche il principale va soggetto ad influenze e di conseguenza le cure famigliari e le preoccupazioni d'affari, nonchè lo stato di salute potranno avere una certa influenza sulla sua condotta. Se un dipendente s'accorgesse d'un errore commesso dal principale - specialmente trattandosi d'un errore che potrebbe arrecare danno all'azienda, non solo ha il diritto, ma anche il dovere di richiamare con tatto la sua attenzione sull'errore. Naturalmente non parliamo di piccoli errori insignificanti che non devono venir sfruttati per darsi maggiore importanza, poichè sarebbe mancanza di tatto il rendere inutilmente pubblica una distrazione del principale. Ritenendoci per qualsiasi circostanza trattati ingiustamente, si regoli la propria posizione a mezzo di un colloquio diretto col principale, sempre nel tono della massima cortesia e riguardo. Ciò può fruttare un accordo duraturo. Comunque, le scorrettezze degli altri non possono essere eliminate affrontandole con altre scorrettezze. In ufficio è necessario comparire con lo abbigliamento e con la persona accurata, particolarmente quando si è incaricati di trattare con la clientela. Nelle banche e nei negozi più distinti il personale indossa il migliore abito. Anche nella vita privata il dipendente deve aver riguardo verso la propria ditta e soprattutto se la posizione è rappresentativa, è necessario un tenore di vita privata, in base al quale nessuno possa fare delle deduzioni sfavorevoli per l'azienda.

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La biancheria deve venir cambiata abbastanza spesso. E' riprovevole il costume di molte persone, di non cambiare in generale biancheria che una volta alla settimana, come in generale è falso principio quello di voler fissare per il cambiamento della biancheria un dato tempo, rispettivamente dati giorni della settimana: la biancheria deve venir cambiata ogni qual volta ciò si mostri necessario.

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Si devono evitare le fatiche, sia fisiche che intellettuali, e si dedichi abbastanza tempo anche alla dormitina del dopopranzo; non starebbe bene però di tralasciare del tutto la ginnastica. Moderati esercizi del corpo sono utili e consigliabili dunque anche durante a cura d'ingrassamento, per conservare l'agilità, la salute e il buon umore.

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Una sgarbatezza abbastanza comune è: di coprirsi, quando si ride, il volto con le mani. Non si canticchia o zufola se ciò può disturbare altre persone. Si tralascino anche le abitudini che possono rendere nervosi i nostri vicini, p. e. di battere dell'uscio, di cantare nel pianerottolo

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si può udire spesso l'osservazione, che per loro la ginnastica è del tutto superflua, perchè anche senza ginnastica, esse devono adoperare più che abbastanza i loro muscoli. Quest'opinione o credenze però è falsa. La distribuzione del lavoro, ch'è una caratteristica del nostro tempo e della nostra coltura, apporta che ogni singola persona eseguisce sempre soltanto certi movimenti e conseguentemente adopera soltanto singoli organi e muscoli, o meglio, singoli gruppi di muscoli. La conseguenza ne è che i muscoli inattivi si restringono o s'atrofizzano, ma anche i muscoli attivamente occupati, causa la ripetizione continua dello stesso ed unico lavoro, vengono esercitati soltanto in certi dati movimenti e così vengono ad assumere una specie di rigidità meccanica. Anche lavoratori, che seguendo il più sano sistema di vita, apparentemente eseguiscono lavori differentissimi, non possono smentire le svantaggiose conseguenze del lavoro fisico, realmente sempre unilaterale. La pesantezza del lavorante-agricoltore, che nella maggior parte dei casi accudisce alle più svariate occupazioni, è una prova, che il lavoro fisico non può supplire la ginnastica. Lo stesso vale per le nostre diligenti padrone di casa: quelle tra loro, che non cercano un compenso al loro lavoro in una sistematica ginnastica, raramente possono vantare un bel corpo armonico. Anche l'uso sempre eguale e ripetuto degli stessi gruppi di muscoli, finisce per togliere ogni grazia ai movimenti del corpo. Non basta però di dedicare allo sport, ai giochi all'aperto o alla ginnastica, soltanto il tempo delle vacanze, i giorni festivi e domenicali. Anche qui vale il principio: « Meglio spesso e poco, che di rado e molto! » Non è punto vantaggioso per la salute, se lasciamo che il nostro corpo riposi completamente durante tutta la settimana, per poi sottoporlo a faticosi strapazzi turistici la domenica. Gli esercizi del corpo non dovrebbero in generale mai sorpassare i limiti delle nostre forze. Palpitazione del cuore, difficoltà del respiro, capogiri, improvviso arrossire od impallidire, tremito delle membra: sono segni ammonitori dell'organismo, che troppo si è da lui preteso.

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Abbastanza difficile è la frizione, inquantochè le due mani devono eseguire ciascuna differenti funzioni. Mentre una mano strofina, soffrega la pelle, movendosi in cerchio e premendo come se volesse triturare qualcosa, l'altra mano ha il compito di muoversi come se volesse spazzare dal posto la materia triturata. Anche il tambussamento « tapotement » non s'impara facilmente. Si eseguisce colle punte delle dita, che devono picchiare, mantenendosi quasi immobili, come dei piccoli martelli; ambedue le mani lavorano, alternandosi rapidamente. Il tambussamento però non dovrebbe mai essere tanto forte da provocare dolore. In ogni caso anche il paziente si deve abituare a questa operazione, che nei primi tempi riesce alquanto sgradevole. Il massaggio mediante scuotimento o meglio vibrazione deve agire sui nervi in modo da calmarli e refrigerarli. Si può eseguire il massaggio vibratorio sia con alcune dita, sia con tutta la palma della mano, producendo sul corpo cui si fa il massaggio, un leggero movimento di vibrazione. Il più sensibile, e quindi il migliore strumento di massaggio è indubbiamente la mano. Buon servizio fanno anche i rulli, specialmente su corpi molto grassi, e facilitano al masseur il lavoro su parti del corpo più insensibili, per esempio, sulla coscia e la schiena. Apprezzabile ed utile è il lavoro d'un buon apparecchio vibratorio, che per quanto riguarda l'intensità dell'effetto, supera la mano dell'uomo. Questo però si può dire l'unico caso quando l'opera della mano si dimostra inferiore all'effetto d'un apparecchio. Simile a quella del massaggio è l'influenza che esercita sulle forme del corpo una costante pressione, però in senso svantaggioso, inquantochè essa produce una diminuzione dell'afflusso del sangue, e conseguentemente una diminuita nutrizione e una trasformazione regressiva del rispettivo tessuto. In questo riguardo è ben nota l'influenza nociva del busto o corsetto, che cagiona un indebolimento della muscolatura addominale e dorsale ed il raccogliersi di strati inestetici di grasso nelle anche. In senso favorevole può agire una prolungata pressione per l'abbellimento delle caviglie troppo grosse, mediante l'applicazione di fasciature durante la notte.

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E' abbastanza conosciuto quel tragico caso del principe fiorentino, amante del lusso e dello sfarzo, il quale portò seco, ad una processione festiva, un fanciullo con la pelle completamente indorata; dopo alcune ore il fanciullo era morto: non però per soffocamento, come si credette per lungo tempo, ma probabilmente per una specie di avvelenamento del corpo. In ogni caso, anche così questo fatto vale a provare l'importanza dell'aereamento della pelle. Anche nei casi di combustioni molto estese, che distruggono una grande parte della pelle, subentra la morte. Un importante compito della pelle consiste nella compensazione della temperatura del corpo, che.- come è noto - è sempre eguale e precisamente nel nostro clima per lo più superiore alla temperatura esterna. Per render ciò possibile, è necessario un regolatore del calore, che lavori con molta precisione, e questo regolatore lo abbiamo nella pelle. Col suo strato contenente grasso, la pelle costituisce già anche fisicamente un mantello riscaldante. Anche i peli, distribuiti su tutto il corpo, hanno un effetto riscaldante e precisamente grazie al mantello di aria, che vien tenuto fermo intorno al corpo dai molti sottili peli. Sopravvenendo uno stimolo di freddo, i peli vengono rizzati dai muscoli cutanei, sicchè il mantello d'aria ch'è chiuso tra loro, viene rinforzato. In tali occasioni constatiamo che ci è venuta la cosidetta « pelle d'oca », perchè ogni pelo drizzato solleva alquanto la pelle intorno a sè. Ma molto più importante è l'attività regolatrice dei vasi sanguigni. Se fa freddo, i vasi sanguigni si restringono e non permettono al sangue di spingersi del tutto sino alla superficie del corpo, perchè li perderebbe calore. La pelle diviene in simili casi pallida. All'incontro, quando fa molto caldo, i vasi sanguigni si dilatano e conducono il sangue del tutto sino alla superficie del corpo, onde lì si raffreddi; la pelle si fa rossa. Il buon funzionamento di questo meccanismo è la condizione preliminare per poter tenere lontani i raffreddori e le malattie d'infreddatura. Persone che ad ogni soffio d'aria più fresca vestono tosto abiti più gravi, chiudono le finestre nelle loro abitazioni e fanno tosto riscaldare la stufa, inoltre persone che si vestono con stoffe troppo calde e passano la maggior parte della loro vita in locali esageratamente riscaldati e mal ventilati, - si rammolliscono la pelle; il meraviglioso regolatore naturale del calore vien fuori d'esercizio, ed alla prima brezza più fresca, cui s'esporrà la persona ammollita, il raffreddore sarà bell'e preso! Se la temperatura esterna si alza di molto o se l'individuo, in seguito ad un grave lavoro fisico, deve produrre molto calore, entra in funzione ancora un altro regolatore: il sudore. Come è noto, ogni liquido per passare allo stato gasoso, abbisogna di calore; questo calore dunque il sudore lo sottrae al corpo, che in tal modo si raffredda. L'asciugarsi continuamente il sudore durante un lavoro faticoso è dunque assolutamente inopportuno. Con ciò si provoca soltanto la formazione di nuovo sudore e s'impedisce il raffreddamento del corpo. Il sudore ha però ancora un altro scopo. Il sudore corrisponde nella sua composizione chimica all'orina quadruplamente diluita. Esso caccia dunque fuori dal corpo i rifiuti dell'assimilazione. Anche senza che durante tutto il giorno ci sia stata una visibile secrezione di sudore, l'uomo sano, le cui glandole sudorifere non sono otturate da sudiciume, emette giornalmente circa un litro di sudore (corrispondente a circa un quarto di litro d'orina). La pelle difende il corpo anche contro un'influenza troppo forte della luce. Sotto l'influenza dei raggi solari, rispettivamente dei raggi ultravioletti in essi contenuti, essa cambia il suo colorito, produce nuova sostanza colorante e diventa bruna. Il pigmento prodottosi trattiene i raggi ed impedisce ch'essi penetrino nel corpo in misura nociva. La pelle sta nelle sue funzioni in connessione anche con gli organi interni, come il cuore, i polmoni, i reni. Il dilatarsi e il restringersi dei vasi sanguigni equivale ad un effetto aspirante e premente, che deriva dal cuore; la secrezione di sudore significa una collaborazione coll'attività dei reni; la forte affluenza di sangue nella pelle rende possibile, con l'aiuto dei raggi solari, una depurazione del sangue da germi nocivi. Inoltre sembra che la pelle dia al corpo anche internamente delle secrezioni simili a quelle delle glandole tiroidei, delle glandole surrenali e di altre glandole, che servono alla cosidetta secrezione interna e che producono gli « ormoni » tanto importanti per tutto il corpo. Anche i cosidetti « anticorpi », prodotti dall' organismo come contravveleno contro bacilli o materie infettive, vengono prodotti la maggior parte dalla pelle. Infine è ormai generalmente accetta l'opinione, che la pelle sia in connessione anche con la stessa formazione del sangue. Trascurando del tutto i rapporti tra vita psichica e pelle (arrossire ed impallidire) e così pure le sue funzioni nervose, abbiamo ugualmente una serie di fatti reali, che dovrebbero indurre ognuno ad una diligente cura della pelle. La pelle sana è in pari tempo anche bella. Se ha un contenuto di grasso medio, essa è liscia, senza però splendere, ed ha lo aspetto vellutato della pelle di pesca. Essa è tesa, arrendevole, elastica. All'incontro, non è bella la pelle lucida, oleosa, troppo ricca di grasso, che spesso appunto causa la liquefazione del grasso, presenta anche altri aspetti poco gradevoli. La pelle povera di grasso è viceversa ruvida e si screpola facilmente. La pelle sana è raramente del tutto pallida, ma piuttosto leggermente rossa, rosea. L'intensità del colorito rosso dipende dalla ricchezza di sangue e dalla forza della pelle. Il colorito più pallido della pelle non è però sempre segno di anemia. Belle sono anche le intonazioni brune della pelle, che transitoriamente si possono conseguire anche coi bagni di sole. La ricchezza di pigmenti cutanei sta del resto in connessione con quella dei pigmenti capillari. Capelli biondi sono spesso ornamento d'una pelle bianca, a sciutta. Lo stesso vale anche per i capelli rossi. Persone bionde o dai capelli rossi hanno anche inclinazione alle lentiggini, che raramente si trovano in persone dai capelli bruni.

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A ciò segue un restringersi dei vasi sanguigni, che dura abbastanza a lungo, sicchè la secrezione di grasso diminuisce. Dopo ogni simile bagno a vapore si terga il viso ripassandovi su più volte un panno bagnato in acqua fresca. Giovano parimenti anche lavacri con acqua calda, seguiti da sciacquamenti freddi. Contro la formazione di grasso si può usare anche benzina od alcool (spirito di vino o acqua di Colonia), se la pelle non è troppo sensibile a tale trattamento. Danno ottimi risultati anche le irradiazioni con la lampada di quarzo. Per evitare la formazione di comedoni e pustole è molto importante una dieta regolare. Il vitto sia piuttosto vegetariano, il consumo di carne ridotto, si evitino le droghe piccanti e l'uso eccessivo del sale, nonchè tutti i cibi difficilmente digeribili. In connessione con tutto ciò, agisce favorevolmente un regime di vita sano, con sufficiente sonno, ginnastica e sport. Grave errore sarebbe coprire comedoni e pustole con cipria o belletto. La pelle ammalata verrebbe con ciò anche maggiormente guastata.

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Per eliminare il sudore delle ascelle, disturbo non meno spiacevole dei precedenti, si usino anzitutto vestiti che lasciano passare sotto le braccia abbastanza aria. Inoltre è necessario di lavarsi ogni giorno accuratamente. Infine sono raccomandabili anche le stropicciature con allume all'acido acetico (tre per cento), in ogni caso aggiungendovi acqua di Colonia. Lo stesso risultato s'ottiene anche con aceto da toilette (aceto di vino ed acqua di Colonia in parti eguali). In caso d'un'eccessiva secrezione di sudore al viso, si lavi questo mattina e sera con acqua molto calda, a cui sia stata aggiunta una punta di coltello d'acido borico. Poi si sciacqua il viso con acqua fredda, in cui si scioglie precedentemente del borace. Giova anche lavarsi con aceto da toilette. In caso d'abbondante secrezione di sudore, accade talvolta che lo strato corneo della pelle si gonfi ed otturi gli sbocchi delle glandole sudorifere. Il sudore si raccoglie allora in goccioline e si sviluppano delle vescichette. Un bagno caldo basta ad eliminare questo disturbo. Per impedire la formazione delle vescichette, s'impolveri leggermente con cipria le parti dove esse usano formarsi, specialmente il petto, il ventre e i punti di giuntura delle braccia e delle gambe. Come abbiamo già menzionato, un'insufficiente pulizia dei resti di sudore delle cellule epidermiche morte, cagiona odori molto sgradevoli, che devono venir combattuti con bagni di tutto il corpo e con una nettezza accuratissima. In caso d'un ostinato cattivo odore del corpo, si guardi di sopraffarlo con l'uso d'un profumo, sino a tanto che un serio trattamento medico non elimini la radice del male. Mai però si voglia sostituire il profumo alla pulizia e si tenga presente che un eccessivo uso di profumi può rendere una persona altrettanto insopportabile all'olfatto dei vicini, che lo stesso male che si vorrebbe neutralizzare e nascondere. Di giorno possibilmente non s'adoperi in generale profumi ma soltanto acqua da toilette profumata. Per la toilette serale si può adoperare moderatamente un profumo. Non si profuma però mai il vestito o il fazzoletto, ma si versano soltanto alcune gocce di profumo sul collo, sulle braccia e sulle mani. Si evitino profumi dall'odore forte, e così pure non se ne faccia uso in quantità esagerata. La qualità del profumo prescelto rivela il gusto di chi lo usa. Le moderne inglesi sono ancor oggi fedeli all' « Old Lavender » e all' « Eau de Cologne » ed affermano che nessun altro profumo ristori così bene i nervi e lo spirito come questi due. Piacevole odore hanno anche i profumi di rosa, di mughetto e di lillà. Invece profumi prodotti con sostanze animali, come per esempio il muschio, sono piuttosto nauseanti. Poco distinto è l'uso di profumo dai signori: eccezione fatta per l'acqua di Colonia, che però non va annoverata tra i profumi, ma piuttosto tra i mezzi refrigeranti.

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Persone che hanno piccole mascelle, nelle quali non trovano abbastanza posto tutti i denti, farebbero anche bene di consigliarsi col loro dentista, se non sarebbe vantaggioso il sacrificare uno o l'altro dente nell'interesse dei rimanenti. Altrettanto spiacevole che i troppi denti, sono naturalmente ancora i denti in numero mancante. Se nel corso degli anni dovessero venir allontanati alquanti denti malati, gli altri, avendo perduto mediante la perdita del vicino il loro appoggio, cominciano ad allontanarsi dal loro posto. Invece uno dei fattori principali d'una buona dentatura è la masticazione regolare. Ogni dente ha una superficie masticatoria del dente che gli sta dirimpetto nella mascella opposta. Se ora un dente si sposta da una parte, avendo per la perdita di uno o più dei suoi vicini guadagnato troppo spazio per allargarsi, le superfici masticatorie non potranno più congiungersi perfettamente. La masticazione diverrà conseguentemente debole, le superfici masticatorie perderanno la loro affilatura, i denti si faranno ottusi. Un dente falso posto a tempo debito nello spazio lasciato dal dente perduto, potrà prevenire questi danni. La più frequente malattia dei denti è la cosidetta carie, un processo di fermentazione e deperimento. Come abbiamo già menzionato, anche in dentature tenute molto pulite, a volte rimangono attaccati negli interstizi dei denti e agli orli delle gengive, resti di cibo, che si mescolano alla saliva e vanno incontro a fermentazione. La carie che ne deriva, comincia con una piccola macchietta bruna nello smalto del dente. Ed è caratteristico che mentre nella dura superficie del dente essa fa progressi molto lenti e negli interstizi dei denti è la maggior parte delle volte appena visibile, essa distrugge invece con molto maggior rapidità la tenera parte interna dei denti. A ciò va aggiunto che questa malattia spesse volte cagiona dolore soltanto più tardi quando ne è già attaccata anche la polpa del dente e quindi non è possibile più una semplice otturazione del buco, ma è necessario un lungo trattamento, congiunto in molti casi all'allontanamento del nervo. Se il nervo viene allontanato dal dente, questo viene derubato dalla sua naturale nutrizione mediante la circolazione del sangue. Perciò, sebbene esso possa ancora per molti anni soddisfare ai suoi compiti, comincia a cambiare di colore e diviene d'una tinta azzurrognola o bruna, sicchè spicca tra i denti vicini, ciò che fa un effetto molto brutto quando si tratta di denti anteriori. Quanto maggiore è la massa ossea dei denti che va in putrefazione, tanto maggiore è la quantità di resti alimentari che penetrano nel buco, sicchè essi non possono più venir allontanati con uno stuzzicadente o con una spazzola e perciò esalano costantemente un odore sgradevole. Specialmente sui denti anteriori della mascella inferiore, ma anche sui denti laterali, si deposita il tartaro ch'è una composizione di calce, avanzi di cibi, polvere e batteridi. Tanto più abbondante è la formazione del tartaro, quanto meno si mastica coi rispettivi denti. Innocuo per sè stesso, il tartaro crescendo continuamente respinge le gengive dal loro posto naturale, sicchè le gengive spostate non tengono più saldi i denti. Il tartaro può bensì venir facilmente allontanato dal dentista, ma ciò non giova però a far riprendere il posto di prima alle gengive che una volta ne furono già deviate. Quanto più abbondante è dunque la formazione del tartaro, tanto più opportuno è di farselo allontanare, almeno due volte all'anno, per impedire per quanto possibile il ritirarsi delle gengive. Un processo naturale è il rilassamento dei denti come un fenomeno dell'età, che spesse volte comincia già a 35 anni, mentre in molti casi soltanto a 60. Contro questo inconveniente combatte la tecnica moderna che va sempre più perfezionandosi, mediante le dentiere artificiali.

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La pelle viene in seguito dello spazzolare, percorsa più vivamente dal sangue, e con ciò le papille dei capelli e anche gli stessi capelli ricevono abbastanza nutrimento. In ogni caso - se vogliamo conseguire un benefico risultato - ci dobbiamo spazzolare i capelli molto coscienziosamente: non basta spazzolarli giornalmente la mattina e la sera, bisogna anche spazzolarli abbastanza a lungo. Delle Inglesi si dice, ch'esse devono la loro bella ed abbondante capigliatura soltanto alla abitudine di spazzolare sempre, già fin dalla prima infanzia, i loro capelli mezz'ora al giorno. Prescindendo dal fatto ch'esso promuove l'accrescimento dei capelli, lo spazzolare è anche un ottimo mezzo di pulizia: spazzolandoli, si dà ai capelli splendore e lucidità e una posizione bella e regolare. Un importante problema della cura dei capelli è quello di sapere: come dobbiamo lavarci i capelli e quanto spesso? Il normale lavaggio dei capelli venga eseguito perfettamente con acqua e sapone. L'acqua sia molle (acqua piovana o acqua bollita) e ben tiepida, il sapone grasso. Conviene usare molta prudenza con le polveri da lavarsi. La maggior parte di queste contengono sostanze nocive, che bensì lavano bene i capelli, ma che a lungo andare li danneggiano. Anche il perossido d'idrogeno, come aggiunta all'acqua in cui ci laviamo il capo non è idoneo, perchè spezza i capelli e li fa divenir grigi. Signore con capelli lunghi adoperino un sapone liquido (di camomilla). Dopo aver insaponato bene i capelli, non più a lungo però di due minuti, bisogna sciacquarli accuratamente con acqua abbondante. Si deve porre specialmente attenzione che tutti i resti di sapone vengano allontanati bene dai capelli. L'ultima sciacquatura può esser fatta anche con acqua fredda, s e la pelle del capo non è troppo sensibile per questa. A signore che hanno la pelle delicata e capelli biondi, si può raccomandare per l'ultima riasciacquatura anche il thé di camomilla caldo. Chi è sensibile per qualsiasi sapone, può usare invece di questo un giallo d'uovo, con cui si soffrega la pelle del capo, che poi deve venir accuratamente lavata. Dopo lavati, i capelli vengano possibilmente asciugati presto. A tale scopo serve meglio l'uso di un ampio asciugamano ruvido e l'aria calda, non però eccessivamente. Non sta bene di coricarsi coi capelli bagnati. Gli apparecchi essiccatori in uso, sono bensì atti ad asciugare i capelli, non devono però venir usati molto da vicino, perchè grande calore nuoce ai capelli bagnati. Ogni volta, dopo aver lavato i capelli, è raccomandabile di ungersi la pelle del capo con una piccola quantità di olio, anche a chi ha i capelli grassi. Importante è infine di congiungere il lavacro dei capelli a un buon massaggio della pelle del capo (con le nocche e i polpastrelli delle dita), ciò che promuove assai il crescere e il sano sviluppo dei capelli. La frequenza dei lavacri dei capelli dipende dalle condizioni dei capelli stessi. Mediante l'ingrossamento i capelli perdono transitoriamente la capacità di assorbire il grasso delle glandole sebacee; perciò, se lavato di frequente, si spezzerà facilmente e diventerà ruvido. Capelli grassi di persone che vivono in aria polverosa, devono venir lavati più spesso che i capelli asciutti di persone che vivono in aria pura. Sebbene vi siano anche capelli, cui, per le loro eccellenti proprietà naturali, basta anche di venir lavati soltanto ogni quattro settimane, in generale si può fissare come una norma che gli uomini dovrebbero lavarsi i capelli una volta alla settimana, le donne ogni quindici giorni. Soltanto signore che hanno i capelli asciutti e fini possono attendere anche più a lungo, naturalmente però non trascurando le regolare cura giornaliera dei loro capelli. A queste è consigliabile anche di ungersi la pelle del capo, un giorno prima del lavacro, con puro olio vegetale (olio d'oliva o di mandorla), oppure di usare dopo il lavacro uno spirito contenente grasso. A chi ha i capelli molto grassi è raccomandabile l'uso d'uno spirito da capelli, che contiene un percento di acido salicilico o di resorcina e circa dieci parti di spirito di canfora. Per quanto riguarda l'uso delle diverse lozioni per capelli che sono in commercio, è indispensabile di conoscerne la composizione, se non vogliamo esporci al pericolo di adoperare proprio il contrario di ciò che ci sarebbe utile. Per i capelli grassi queste lozioni devono consistere di alcool concentrato con poco contenuto di grasso, mentre per capelli asciutti, di alcool diluito con un maggiore contenuto di grasso. Come grasso può venir adoperato anche l'olio di ricino, che in misura di 1/4 sino a 3 percento, promuove la crescita dei capelli. Altri medicamenti che promuovono il crescere dei capelli, come la tintura di canfora o di cantaride, sono sempre mezzi che cagionano una più forte affluenza di sangue alla pelle del capo. Le lozioni per i capelli non siano troppo profumate. Perchè i capelli sani hanno un loro odore proprio, che non si deve neutralizzare con essenze. Capelli troppo grassi hanno nondimeno a volte un odore sgradevole. Però anche in tal caso, quest'odore spiacevole non deve venir coperto mediante profumo, ma eliminato per mezzo di frequenti lavacri. Esercitano un effetto molto svantaggioso sulla crescita e sulla costituzione dei capelli i copricapo troppo stretti e strozzati. Essi contribuiscono in gran parte alla formazione della calvizie, sebbene questa abbia ancora una serie intera di altre cause. In ogni caso i naturali stimoli dell'aria e del sole giovano assai ai capelli, sicchè all'aria aperta è utile di tenere quanto più spesso il capo scoperto: starà bene però di tener presente anche che l'aria asciutta favorisce la ruvidezza dei capelli asciutti. E' falsa la credenza molto diffusa che il tagliare dei capelli eserciti su questi una influenza atta a promuovere la crescita. Il farsi tosare o rasare i capelli promuove bensì immediatamente una più celere crescita, ma ben presto esercita un effetto del tutto contrario, cioè rallenta il crescere dei capelli. Il farsi tagliare i capelli, come si usa regolarmente da signori e anche da signore che portano i capelli alla maschietta « garçonne », dal punto di vista dello sviluppo dei capelli, non ha assolutamente alcuna importanza. In ogni caso però è importante di rafforzare di tanto in tanto regolarmente i capelli, dal punto di vista estetico, come il radersi regolarmente la barba è indispensabile per uno che voglia vantare un esteriore ben curato. Il modo di rafforzare i capelli dipende dall':

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Chi dunque si decide per il taglio dei capelli alla Eton, dovrebbe prima sempre ben ponderare, se i lineamenti del suo viso hanno anche per sè abbastanza carattere femminino, anche senza l'influenza che vi esercita la capigliatura. Naturalmente neanche la « testa alla garçonne » è adatta per tutte le signore. Essa esige un viso dai lineamenti regolari, una figura snella con un collo aggraziato ed una certa abbondanza di capelli. Se una signora ha tanto pochi capelli, che in caso se li facesse tagliar corti, ne trasparirebbe la pelle del capo, meglio se si tiene i suoi capelli lunghi. Anche la figura di signore piccole grasse, come pure quella di signore già vecchie che si possono appena muovere, è poco adatta per la moda della « garçonne ». Il principio nel portamento di capelli corti è di trovare il giusto taglio. Questo non riesce già alla prima volta. Spesse volte passa molto tempo prima che uno veda chiaro e sappia ciò che meglio gli si confà. Poi anche i capelli non s'adattano subito alla direzione desiderata. Studiando però alquanto i lineamenti del proprio viso e confrontandoli a quelli di altri visi, si troverà ben presto il giusto taglio. In nessun caso si deve però commettere l'errore di adottare senz'altro il taglio ch'è sembrato bello sulla testa d'un'altra signora. Il taglio dei capelli deve corrispondere all' individualità della rispettiva persona, nonchè ai lineamenti del suo viso. Il parrucchiere, che vuole al primo tentativo trovare il giusto taglio dei capelli, deve essere un vero artista, nel senso più stretto della parola: egli deve essere altrettanto uno scultore che un profondo conoscitore di uomini. E' si può ben comprendere che a tali esigenze pochi sono i parrucchieri che sanno rispondere. Bisogna dunque che le signore s'industrino a collaborare nella formazione della loro « testa alla garçonne » e non si affidino cecamente ai consigli del loro parrucchiere. Ed anzitutto gli si proibisca di rasare il collo, ciò ch'è altrettanto poco naturale che inestetico. Bisogna ancora aver riguardo alla costituzione e alle particolarità dei capelli. Altrimenti bisogna tagliare i capelli biondi, altrimenti bruni, altrimenti i capelli fini e morbidi ed altrimenti i capelli grossi, ruvidi o increspati. E' falsa l'opinione che per ottenere una bella testa alla « garçonne » i capelli devono esser sempre arricciati, inanellati o ondulati. Naturalmente i capelli ondulati sono addirittura l'ideale per una testa alla « garçonne », ed esimono la felice proprietaria da tutte le cure e noie di acconciatura. Però anche capelli completamente lisci possono stare benissimo, come è il caso nelle « teste di paggio ». Difficili sono a domarsi i capelli increspati. Non si deve lasciarli semplicemente fare a modo loro ma renderli arrendevoli con massaggi d'olio e spazzolandoli molto diligentemente. Coloro però, ai quali i capelli lisci non s'adattino assolutamente ai lineamenti del viso, cui la natura non abbia concesso dei ricci naturali, non possono far altro che ricorrere all'ondulazione artificiale. Il mezzo ausiliare meno adatto a ciò, è il ferro da ricci. Prescindendo dal fatto che col ferro da arricciare i ricci non riescono mai belli, non v'ha alcun mezzo migliore per rendere i capelli facili a spezzarsi, ad assottigliarsi e ad incanutire prima del tempo, che un uso incauto del ferro da arricciare. Questo non deve mai essere tanto caldo, da imbrunire la carta bianca. Ma anche tenendo sempre presente questa condizione non conviene far troppo spesso uso del ferro da arricciare. Il miglior procedimento per arricciare i capelli e oggidì senza dubbio l'ondulazione a lunga durata, la cui durevolezza è per lo più limitata soltanto dal crescere dei capelli. Si faccia eseguire però l'ondulazione a lunga durata soltanto da un parrucchiere di prima classe, che disponga senza dubbio della necessaria pratica ed esperienza.

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Una signora a cui venga offerto un ombrello, lo può accettare senz'altro anche da un signore sconosciuto, se l'offerta vien fatta con abbastanza rispetto ed osservanza. Ma, se la signora rifiuta ringraziando, non ce se ne può offendere.

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Cionondimeno si adopera l'elettrolisi abbastanza spesso anche per far sparire tumori sanguigni, per eliminare voglie colorate, lentiggini, macchie epatiche, verruche, tumori cutanei, ecc.

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Ad ogni modo prego i componenti del circolo di mormorare abbastanza chiaramente in modo che la persona bendata possa percepire chiaramente il suono, in caso diverso ella potrà richiedere di ripetere il mormorio. Ogni volta che vien indovinata una persona e che viene bendata; è bene che i giocatori si dispongano in ordine diverso nel circolo scambiandosi di posto per rendere più difficile l'identificazione. Questo gioco può avere molti varianti. Se lo si fa nel salotto si può munire la persona bendata di un cuscino che deve posare sulle ginocchia delle persone che siedono in circolo. La persona così... onorata... deve dare un suono da cui la persona bendata deve indovinare chi sia. Naturalmente si deve aver cura che la persona bendata non sbagli e vada a cadere a terra. E' quindi bene che quando sta per sedersi sulle ginocchia la si aiuti un momentino a prendere il giusto posto, facendole evitare di sedere sulle ginocchia di due persone. La si può ingannare anche per esempio stendendo sui calzoni di qualche signore una tela in modo da far ritenere si tratti di persona femminile. Alla persona bendata è naturalmente proibito di tastare con le mani e solo deve fare la sua domanda: Chi sei? o qualche altra domanda: « Come miagola il gatto? o come abbaia il cane?

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L'organizzatore del gioco prende un anello di tendina oppure altro anello prestato da qualcuno dei giocatori ed un pezzo di spago abbastanza lungo e che abbia a fare tutto il giro dei giocatori e che sia possibilmente senza nodi. I due capi dello spago possono essere cuciti insieme, od intrecciati, o legati con un po' di refe o di sottile filo di ferro, per chiudere il circolo dello spago senza l'ingrossamento di un nodo. Se si tratta però di un nodo solo attraverso il quale non passi l'anello, non fa niente, poichè l'anello può esser rimandato nell'altro senso di circolazione. Si infila l'anello nello spago e lo si tiene nascosto con la mano, e poichè tutti tengono lo spago con le due mani protese in avanti, il giocatore che è messo al centro deve indovinare in quale mano sia l'anello. Se indovina egli prende il posto del giocatore scoperto e questi deve mettersi al centro e cercare in quale mano sia l'anello.

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L'organizzatore allora comincerà a battere il suo primo colpo abbastanza forte, enunciando che questo primo colpo vuol farlo di prova e che perciò non vuol battere di tutta forza. Resisti? Eh, altrochè! Cento di questi colpi. Più forte! Ed allora l'organizzatore raccoglierà tutte le sue forze per picchiare più sodo ancora sul tavolo, pregando gli altri vicini ad allontanarsi dal tavolo: non si sa mai! Risponderà certo anche a questo colpo una risata da sotto il tavolo: spaccone! Ma cosa credi! nemmeno se fosti forte come Carnera! « Ed allora si accenderà una qualsiasi discussione fra coloro che si sono alzati dai posti e l'organizzatore si alzerà a prendervi parte anche lui. La discussione si accalora ed il tempo passa. L'ingenuo che sta sotto la tavola, attende dapprima il terzo colpo più forte ancora, crede che l'organizzatore stia raccogliendo tutte le sue forze, poi attende ancora, si accorge che l'organizzatore non è al suo posto, pazienta e poi sbotta: « E il terzo colpo? : - Risposta: « Eh vedi! che non hai i nervi tanto resistenti da attenderlo? » - Risata generale e l'ingenuo sgattaiola da sotto il tavolo mogio, mogio come avesse presa la doccia più fredda. Ed allora si chiama il secondo, che certo anche lui perde la scommessa o mette pegno e così di seguito, finchè il gioco sia finito. Molta parte alla riuscita dello scherzo ha la buona preparazione con un discorsetto adatto, appoggiata dalla discussione dei compari che sanno il gioco.

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Pregati di assentarsi tutti coloro che non lo conoscono, si fa entrare il primo e lo si mette nel mezzo dei partecipanti che avranno fatto un circolo abbastanza stretto intorno a lui. L'organizzatore gli benda gli occhi e tutti cominciano un po' a spingerlo di quà e di là ed a stuzzicarlo. Ciò per poter dar agio a qualcuno di fissare sulla schiena della sua giacca uno spillo di sicurezza da cui pende attaccato con uno spago sottile un fischietto. Va da sè che non si possa scegliere quale vittima una signora od una signorina poichè con le vesti leggere che oggigiorno si usano essa si accorgerebbe subito che le fu appeso lo spillo di sicurezza ed inoltre sarebbe anche pericolo di farle del male pungendola o di strapparle le vesti durante il gioco. Il gioco comincia: la vittima nel mezzo deve ascoltare chi fischia e volgersi rapidamente verso di lui imponendogli di alzare le mani: « Mani in alto! » per sorprenderlo col fischietto in mano. Ma per quanto fa... il fischietto non è mai in mano di nessuno, finchè non s'accorge che il fischietto lo tiene proprio lui a portata di tutti! Certo che coloro che sono dietro di lui devono fischiare e rimettere rapidamente giù il fischietto, poichè la vittima cercherà di voltarsi il più rapidamente possibile per sorprendere chi tiene in mano il fischietto.

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Ogni partecipante deve aver abbastanza posto per scrivere comodamente senza che i vicini abbiano a vedere cosa scrive. Il gioco può incominciare. Ognuno scrive in alto un aggettivo che si riferisca ad un uomo (bello, grande, forte, fumatore, vanitoso, brutale, bellimbusto ecc.) e poi ripiega il foglietto in modo che non si abbia a leggere quanto ha scritto. Quando tutti hanno scritto, l'organizzatore del gioco dà l'ordine « passate » ed ognuno dei partecipanti quindi passa il suo foglietto al vicino di destra. E' bene che tale passaggio dei foglietti avvenga ad un ordine e contemporaneamente per evitare confusioni. Poi ognuno deve scrivere il nome di un uomo, sia fra i presenti, sia una persona conosciuta da tutti i presenti (il dottor X, l'ingegnere Y, il padrone di un albergo conosciuto, lo chaffeur ecc.) ed all'ordine « passate », dopo ripiegato nuovamente il biglietto, lo passa ancora al vicino di destra, il giro dei biglietti deve cioè essere sempre nello stesso senso. Poi si scrive un aggettivo corrispondente ad una persona femminile e si passa nuovamente. Poi si scrive il nome di una signora o signorina conosciuta da tutti i partecipanti, si piega e si passa. Dove sono andati? (all'albergo, nel bosco, al cinematografo, in soffitta) e si passa. Cosa ha detto lei? (sei matto, ti ho atteso tanto, fatti la barba). Cosa ne è nato? (un bel bambino, un pandemonio, un matrimonio, una baruffa, una coppia infelice). Cosa ne dice il mondo? (pazzi da legare, era ora, era da aspettarsela, dulcis in fundo). Finito di scrivere le risposte alle singole domande e ripiegato sempre il foglio dopo ogni risposta, l'organizzatore raccoglie poi un foglietto alla volta, dalle brevi indicazioni che ne trova compone una storiella. Quali enormità possano saltar fuori lo si comprende facilmente ed il resto viene completato dal brio e dallo spirito dell'organizzatore che in questo caso funge da segretario. Supposto che egli abbia aperto un foglietto con queste indicazioni: Sempre ubriaco - Signor Dottor X - profumata alla violetta di Parma - la mungitrice della latteria di Vallarsa - al Teatro alla Scala - un altro vestito? - vai al diavolo! un matrimonio - amor che a nulla amato amor perdona! ed allora il segretario completa la sua storiella magari infiorandola: Il Signor Dottor X sempre ubriaco e la mungitrice della latteria di Vallarsa profumata alla violetta di Parma sono andati al Teatro alla Scala. Lui le disse sorpreso: un altro vestito? e lei rispose arrabbiata: va al diavolo! del che ne nacque un matrimonio ed il mondo disse: amor che a nulla amato amar perdona ».

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Di non applicarvi abbastanza allo studio. 4. Un amor proprio eccessivo. 5. Quello di trovare da ridire su tutto e su tutti. E le domande si susseguono così, con le rispettive risposte: - Siete voi amato? - Quale sentimento ispirate voi? - Dove troverete la felicità? ecc.

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Se proprio non si ha tempo da perdere, si chiede semplicemente e cortesemente il permesso di poter congedarsi, e se lo facciamo con abbastanza gentilezza, nessuno se lo potrà prendere a male. Congratularsi con qualcuno per strada, non è troppo distinto ed è lecito soltanto tra buoni conoscenti. Ove si riferiscano ad avvenimenti più importanti tali congratulazioni fatte per strada non sono sufficienti e devono venir ripetute ancora una volta, appositamente. Fermare per strada un medico o un avvocato per risparmiarsi la spesa d'una visita, è una grave offesa contro il buon gusto. Lo stesso vale naturalmente anche per altri luoghi pubblici. Se si abbisogna un'informazione o indicazione ci si rivolge in prima linea alla guardia, ma possibilmente non a quella che vigila sulla circolazione. Se non c'è vicino una guardia, interroghiamo un portalettere, o uno « chaffeur » o altre persone di servizio e soltanto in caso di estrema necessità rivolgiamoci ad una persona privata e soprattutto non dimentichiamo mai di ringraziare cortesemente, anche nel caso in cui l'informazione dataci non fosse sufficiente. Signore si rivolgano in tal caso a persona di servizio, a signore, o a bambini. Se qualcuno chiede a noi un'informazione, riflettiamo prima di rispondere quindi rispondiamo con poche parole brevi e semplici, evitando di confondere l'altro con descrizioni verbose e complicate. Dopo aver data l'indicazione si attenda un attimo, per vedere se si è stati compresi ed in caso di bisogno si accompagni per un tratto la persona non pratica del luogo. Anche per evitare di stare a discorrere fermi in mezzo alla strada, è raccomandabile di accompagnare l'altro per un tratto di strada e di parlare piuttosto camminando. Ma non approfittate dell'occasione per avvicinarsi così ad una persona altolocata, o ad una signora sconosciuta; fatelo soltanto nel caso, che ne siate pregati. Se la vostra direzione è diversa da quella della persona altolocata, o della signora con cui volete discorrere, dovete insistere di cambiare Voi la vostra via e non dovete mai acconsentire che la cambino loro, per Voi. Discorrendo con una signora ben conosciuta, un signore può offrirle di accompagnarla - però naturalmente non in forma importuna. - La signora può sempre accettare tale offerta rispettosa e cortese. La signora deve poi fare capire quando lo accompagnamento deve cessare. Un vero signore si congeda subito, quando vede che la signora è giunta al suo scopo, o dice di prendere allora un'altra direzione. Avvicinare per strada una signora sconosciuta è un'offesa. Il meglio che può fare una signora importunata in tal modo è: di continuare la sua via senza badare allo sfacciato disturbatore. Ma se eventualmente risponde, lo deve fare con poche parole fredde, e mai adoperare espressioni troppo forti. Caso mai, entri in un negozio. L'entrare in un portone d'una casa privata, in tal caso non è raccomandabile. Alla peggio prenda una vettura (taxi) o si rivolga ad un questurino. Una signora ben vestita e che abbia un comportamento distinto, anche se va sola di sera, viene di rado avvicinata a importunata da un signore sconosciuto. Se si va in compagnia si cerca di tenere il passo coll'accompagnatore: perchè altrimenti si rischia d'urtarsi ad ogni tratto. Colui o colei che cammina a sinistra deve dirigersi secondo i passi del compagno di destra. Non si cammini troppo distante uno dall'altro, ma nemmeno troppo vicino. Al signore è permesso di chinarsi un poco verso la signora, ma non troppo. Per non disturbare il compagno, o la compagna, pacchi o borse si portano sempre colla mano che sta all'esterno.

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Si tagliano due striscie di carta o meglio di cartoncino leggero e resistente ed abbastanza lunghe. La larghezza deve essere tale da potersi tagliare facilmente in lunghezza anche più volte, quindi sarà consigliabile una larghezza di 6 fino ad 8 centimetri. Una delle striscie viene incollata ai due capi in modo da formare un circolo. L'altra si incolla in modo che la parte diritta di un capo aderisca al rovescio

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non ne restino abbastanza per soddisfare le domande del primo. In tal caso, la persona che ha domandato è tenuta a prendere carte; ma siccome non può esigerne più di quante ne abbia il tallone, essa sceglie nel suo scarto, se è fatto, quelle carte che ha scartate in troppo. Il giuocatore che guarda il proprio scarto è obbligato di giuocare a carte scoperte. Quando, dopo la prima distribuzione, chi ha la mano propone, e l'altro rifiuta, quegli che rifiutò perde due punti, se non farà tre mani. Del pari, quando il primo a giuocare giuoca senza avere proposto, egli perde due punti, se non fa tre mani. Il giuocatore che, dando le carte dopo lo scarto, volge come se fosse la prima distribuzione, non può rifiutare un secondo scarto, allorchè il suo avversario lo chiede.

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La società moderna richiede sempre il « nuovo » il « nuovissimo » ma non raccomanderemo mai abbastanza che si faccia generalmente della musica leggera e divertente. Non si tratta tanto di creare dapprima un programma completo, ma di provvedersi della musica che più è in voga. Non è perciò possibile dare dei consigli al riguardo ma certamente ognuno dovrà regolarsi secondo le capacità delle persone invitate a suonare e la disposizione dei presenti. Unica direttiva, nella musica leggera è di presentare quanto di più nuovo e di originale possa essere offerto dalle Case Editrici. In molte famiglie ed in società dove si trovino cultori di musica e persone che gustano le finezze della musica seria si potranno presentare pezzi dei maestri più rinomati. Qualche bel preludio, le sinfonie di Chopin oppure le fughe di Sebastiano Bach, daranno certamente occasione a qualche buon dilettante di pianoforte od a qualche violinista di offrire alla società un godimento fine ed artistico. Molti sono i pezzi dei Maestri Italiani che potranno servire a tale scopo ed in questo lascieremo la scelta all'artista stesso, che meglio di noi potrà misurare le sue capacità e le preferenze degli uditori. Nella musica da piano i compositori russi sono certamente in gran voga. Si sentono volentieri i preludii di Rachmaninoff di cui rileveremo il rinomato e meraviglioso do diesis minore oppure i preludii dello Skriabin oppure i suoi Canti senza parole ed i pezzi di carattere dello Tschaikowski. Alcuni pezzi molto belli sono: Rachmaninoff; Pulcinella! Skriabin: Improvviso, Preludio notturno, Poema; Tschaikowski: Scherzo alla russa ed Improvviso; Liadoff: L'orologio musicale; Moszkowsky: Pagina d'Album; Balakireff: Scherzo, Canzone in gondola, Umoresco, Tarantella, Sogno (Rêverie). Fra i rappresentanti di altre tendenze si ascoltano volentieri i seguenti pezzi: D'Jndy: Poema delle montagne, Helvetia; Claude Debussy: Imagini, Riflessi nell' acqua, Giardini sotto la pioggia, Arabeschi, Mazurca! Reger: Umoreschi ed altri pezzi per piano; Reinhold: Polonaise e Walzer; Gruenfeld: Serenata, Improvviso, Umoresco; Sauer: L'orologio musicale; Schuett: Parafrasi di Strauss, Miniature, Farfalle d'Amore; J. Schulhoff: Mazurca; Paderewski: Elegia, Danza Polacca, Umoreschi; Sinding: Bisbigli di Primavera; Sibelius: Improvviso. Fra i maestri più antichi vengono sempre molto preferiti i pezzi per pianoforte di Chopin, inoltre di Schumann: Carnevale, Mazzo di Fiori, Kreisleriana, Arabesco, Umoresco, Notturno, Scherzo di Carnevale a Vienna, Gli Alleati di Davis (Die Devisbuendler), Farfalle; Mendelsohn.: Canzoni senza parole; Pezzi di carattere; Rondò capriccioso, Fantasie. I seguenti pezzi per violino e piano vengono pure sempre ascoltati volentieri: Schubert: Improvviso; Brahms: Danze Ungheresi; Mendelsohn: Trio, Suonata per violino e piano; Dworak: Umoreschi, Danze slave; Nachez: Arie zingaresche; Rimski-Korsakoff: Inno al sole; Elgar: Capricciosa; Cesar Frank: Sonata per piano e violino; D'Indy: Sonata per violino e piano; Pfitzner: Trio. Citare esempi dall'infinito oceano dei classici è quasi un'impossibilità ed ovunque si volga l'occhio, si troveranno meraviglie, siano le Sonate e le Bagattelle di Beethoven; le Sonate, le Fantasie e le Variazioni di Mozart, le Sonate di Haydn, Weber o di Filippo Emanuele Bach, le Fantasie, i Momenti Musicali o gli Scherzi di Schubert. Come abbiamo già detto, per la gioventù spensierata sarà meglio suonare musica leggera e magari qualche «jazz » o qualche « valzer » di modo che si possa ballare un po'. Ma se l'uditorio è composto di persone posate, piuttosto adulte e di carattere conservativo sarà bene attingere alle fonti più vecchie e con gentile tatto magari cercare di rievocare qualche aria nota della loro gioventù, che ricordi loro i bei tempi passati. Chi suona il pianoforte, il violino od altro strumento, tenga sempre presente che per gli uditori è sempre preferibile udire un pezzo leggero e facile ma suonato bene e con sicurezza e giusta interpretazione che un pezzo difficile suonato appena passabilmente, con incertezze e visibile fatica (Schumann). Una gran parte di persone non ha la capacità e le attitudini di comprendere gran cosa della musica dal punto di vista artistico e sublime e si accontenta di trarne passatempo gradevole, non potendo il loro spirito addentrarsi e comprendere le bellezze intime e profonde dell'arte pura. Di ciò bisogna tenere speciale conto e si farebbe grave torto di rimproverare loro tale mancanza di disposizione. La musica è un'arte che si sente più o meno profondamente e la « comprende » solo chi è toccato dalla grazia e dal genio.

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della gente, quanta per strada, l'osservatore potrà ancora sempre riscontrarvi abbastanza sgarbatezze e sconvenienze. Non è tanto semplice il comportarsi bene nel tram ed esso esige a volte molto tatto ci si trova di fronte a gente diversissima ed appunto perciò, si deve tentare di osservare le forme con qualsiasi specie di gente c'incontriamo. Già salendo si deve essere attenti, per non urtare o premere la gente. Persone alle quali spetta il privilegio in altri posti, lo devono avere anche qui. Il signore aiuta a salire la signora che è in sua compagnia. Si aiutano anche gli invalidi ed i vecchi, sia sostenendoli da giù, sia tenendo loro la mano dalla piattaforma. Coloro che discendono hanno in ogni caso la precedenza, ma è più cavalleresco per un signore accompagnato scendere per il primo e offrire il braccio di sostegno alla dama. Ciò sarà doveroso tanto più con le persone invalide, anche estranee. Non c'è bisogno di spiegare come si debba scendere e montare su un tram con uscita ed entrata separate. Congedarsi ad alta voce rumorosamente da persone che rimangono a terra, come se si trattasse di congedarsi per sempre, fa un effetto molto ridicolo. Un signore, per raggiungere un tram già in moto, gli può correre dietro, ma soltanto alcuni passi: dargli la caccia rincorrendo come pazzi, è ridicolo e sconveniente. Signore non debbano mai saltare su o giù; attendano il tram seguente. Salire o scendere mentre il tram è in corsa, è vietato dalla questura; se ciononostante qualcuno lo fa, senza essere molto pratico in quest'« arte », non soltanto rischia la incolumità del corpo, ed espone la vita al pericolo, ma cagiona anche spiacevolezze al personale di servizio ed al pubblico viaggiante. Prima di saltare giù, guardiamo sempre indietro per vedere se non viene qualche automobile o motocicletta, che potrebbe travolgerci. Se si vuole scendere, non conviene decidersi all'ultimo momento, ma non ci si metta innanzi alla porta, o magari sullo scalino. Specialmente signore più vecchie vogliono sempre essere le prime a discendere e poichè scendono molto lentamente, trattengono tutti gli altri viaggiatori. Dal punto di vista pratico, i vecchi dovrebbero lasciare sui tram, la precedenza alla gioventù più abile e svelta. Il signore scende prima della signora che accompagna e le tende la mano per aiutarla nello scendere. Ad una signora estranea, che non si deve aiutare, si lascia senz'altro la precedenza. Se un tram è troppo pieno, è meglio aspettarci il successivo. Specialmente dopo disturbi della circolazione, dopo due tram pieni segue sempre uno semivuoto. Il fenomeno ben conosciuto, che mentre l'interno del tram è semivuoto, sulla piattaforma si pigia una folla terribile, che tenta di mantenersi in piedi, distribuendo pugni e calci... - naturalmente senza volerlo - dovrebbe venir eliminato. La gente - se vede che sulla piattaforma non c'è posto dovrebbe avere il tatto di andar nell'interno del tram, dove starebbe anche più comodamente. I passaggi devono essere lasciati liberi! Entrando nell'interno d'un tram, guardiamo sempre se qualcuno non ci segue e (fatto eccezione per i tram nuovo modello) quando siamo persuasi che nessuno ci vien dietro, chiudiamo la porta, possibilmente senza rumore. Se fa molto caldo la possiamo, anzi la dobbiamo lasciare aperta. A persone vecchie, a invalidi, a donne con bambini si offre il proprio posto se non c'è più posto a sedere. Naturalmente questo è in prima linea, dovere dei giovani. Un signore deve in ogni caso cedere suo posto ad una signora conoscente. Verso sconosciute non è obbligato a questa cortesia, però è uso che il signore ceda il posto almeno alla signora che gli sta vicina. In tal caso è superfluo qualsiasi scambio di parole. Non si dice p. e. « Le posso offrire il mio posto, signora? ». Basta alzarsi e cedere il posto. La signora accetta ringraziando affabilmente ed a voce, ossia non basta ringraziare con un cenno del capo. Se la signora è accompagnata da un signore, anche questi ringrazia levandosi il cappello. Se un signore ha ceduto il suo posto a una signora accompagnata da un ragazzo è naturale che il primo posto che diventa prossimamente libero, spetta non al ragazzo, ma al signore. Le signore, che entrando in un tram, si guardano con ostentazione d'intorno per vedere chi farà loro posto, e poi, quando questi sguardi sono rimasti senza risultato, fanno un viso arrabiato e arcigno, aiutano con ciò a far cessare quest'abitudine, già declinante, del mondo maschile. Una cosa bella e gentile è di offrire lo scambio dei posti a persone che sono in compagnia, ma possono sedere soltanto divise, per render loro possibile di sedersi vicino o almeno dirimpetto. Caso mai, se la differenza di età o di rango non è troppo grande, si può anche pregare il vicino a farci questo piccolo favore; naturalmente ciò deve avvenire in tono affabilissimo ed anche il ringraziamento deve essere molto cortese. Coloro che sono costretti a stare in piedi, si tengano ed appoggino agli appoggiatoi e alle cinghie, ma in nessun caso alle spalle o alle braccia dei vicini. Appoggiarsi, stando in piedi sugli schienali dei posti per sedere, è una sgarbatezza, perchè con ciò si importuna chi siede. Se il tram non è stipato, non accostiamoci mai troppo agli altri viaggiatori. Se un posto per sedere diventa libero, non precipitatevi ad occuparlo, ma fatelo con calma. Se qualcheduno vi precede, lasciatelo prendere il posto, senza mostrargli

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Come procurava Minosse abbastanza nutrimento al mostro? - Egli imponeva alle nazioni da lui vinte sacrifici umani. Così p. e. Atene gli doveva sacrificare ogni nove mesi sette giovinetti e sette vergini perchè il figlio di Minosse fu una volta assassinato nelle mura di Atene. Quale fu la sorte di Dedalo? - Dopo alquanti anni egli cadde in disgrazia presso il re, e Minosse lo fece rinchiudere insieme a suo figlio Icaro nel labirinto. Come riuscì Dedalo a salvarsi dal labirinto? - Egli costruì per sè e per suo figlio delle ali, se le attaccò addosso con cera, e, dopo aver ammonito Icaro di non sollevarsi in alto, si librò insieme a lui in aria. Come seguì Icaro il consiglio del padre? - Lo sventato fanciullo dimenticò l'ammonimento paterno, nella gioia del volo salì sempre più in alto, e giunse finalmente tanto vicino al Sole, che la cera delle sue ali si sciolse ed egli precipitò nel mare dove trovò la morte. Chi liberò gli Ateniesi dal tributo umano, imposto loro dal re Minosse? - Teseo, figlio del Re Egeo di Atene si offerse spontaneamente di liberare la sua città e si allestì una nave, che per la sua truce destinazione aveva la vela nera. Il re Egeo diede però al timoniere anche una vela bianca e gli ordinò che nel ritorno issasse la vela soltanto nel caso che Teseo nell'ardita impresa fosse morto, altrimenti issasse la vela bianca, onde il re già da lontano sapesse se il figlio viveva. Come eseguì il suo compito? - Egli approdò a Creta e pregò re Minosse di rilasciare agli Ateniesi il tributo. Quale condizione pose Minosse per rinunziare al tributo di Atene? - Egli esigette da Teseo che ammazzasse il mostro del Labirinto, perchè calcolava che se anche Teseo non fosse caduto vittima del Minotauro non avrebbe trovato l'uscita dal Labirinto. Chi aiutò con una fine astuzia Teseo ad eseguire il suo compito? - Arianna la figlia del re di Creta. Essa diede a Teseo un gomitolo, legò la cima del filo all'entrata del Labirinto e consigliò Teseo di lasciare correre il filo man mano che procedeva, onde nella via del ritorno seguendo il filo, trovasse l'uscita. Quale fu l'esito della lotta tra Teseo ed il mostro? - Dopo una dura lotta Teseo riuscì a vincere il Minotauro e seguendo il filo di Arianna uscì dal Labirinto. Come dimostra Teseo la sua gratitudine ad Arianna per il suo saggio consiglio? - Egli la volle sposare e la indusse ad accompagnarlo sulla sua nave ad Atene. In che isola fecero la prima sosta? - Nell'isola di Nasso, sacra a Dio Bacco. Quando però Bacco che allora s'intratteneva nella sua Isola, vide Arianna, fu tanto ammaliato dalla sua bellezza, che ordinò in sogno a Teseo dormente di imbarcarsi immediatamente, abbandonando Arianna. Che fece Teseo? - Uscì di soppiatto dalla sua tenda e s'imbarcò, e quando Arianna più tardi si svegliò, si trovò abbandonata nell'isola solitaria. Come fu compensata Arianna per il dolore che le fu inflitto? - Bacco le comparve in tutta la sua divina bellezza, la fece sua moglie e dea. Cosa accadde nel frattempo con Egeo? - Egli andava giornalmente sulla vetta d'un'altra rupe in riva al mare e scrutava con nostalgia l'arrivo della nave del figlio. Infine un giorno vide da lontano la sospirata nave. Ma il timoniere aveva dimenticato d'issare invece della vela nera, la bianca e vedendo la vela nera, credette che il figlio fosse morto. Disperato si precipitò nelle onde, ed allora quel mare si chiamò il mare Egeo. Chi era Paride? - Uno dei cinquanta figli del re Priamo di Troia e di sua moglie Ecuba, a cui l'oracolo prima della nascita di questo figlio aveva predetto che invece d'un figlio essa partorirebbe una fiaccola, che avrebbe incendiato tutta Troja. Cosa fece Ecuba col piccolo Paride in seguito a questa profezia? - Essa espose il neonato sul molte Ida, dove fu allattato da una orsa ed allevato da un pastore che ne fece il custode delle greggi reali. Che narra la leggenda delle nozze di Tetide e di Peleo? - Poichè Tetide era di stirpe divina, alle sue nozze parteciparono tutti gli dei e le dee; che la colmarono di doni nuziali; soltanto Eride, la dea della discordia, non fu invitata. Come si vendicò Eride dell'offesa patita? - Aprì la porta e gettò in mezzo alla brigata un pomo d'oro con la leggenda « alla più bella » e sparì. Questo fu il vero pomo della discordia, perchè ciascuna delle dee esigeva per sè il pomo. Come fu risolta la lite insorta tra le dee? - Dopo molte discussioni e dissidi le altre dee si ritirarono; soltanto Minerva, Venere, Giunone continuarono a disputarsi il primato di bellezza, e poichè lo stesso Giove non voleva decidere in persona, comandò a Mercurio di condurre le tre dee sul monte Ida da Paride, il quale era noto come il miglior intenditore della bellezza femminile. Come tentò ciascuna delle dee di corrompere il giudice? - Giunone gli promise di farlo il più potente e più ricco della terra, Minerva di farlo il più saggio fra tutti gli uomini, e Venere gli promise la più bella delle donne. Paride prese il pomo e lo offerse a Venere. Chi era Achille? - Il figlio di Peleo e di Tetide, alle nozze dei quali sorse la lite d ella bellezza tra le dee. Prima della sua nascita gli fu predetta un vita lunga, ma senza gloria, se fosse rimasto a casa; invece una vita breve, ma imperituramente gloriosa, se fosse andato in guerra. La madre angosciosa, per renderlo invulnerabile, lo immerse, subito dopo la nascita, nell'acqua del fiume Stige, che aveva la proprietà di assicurare il corpo contro qualsiasi lezione. Durante l'immersione però essa tenne il piccolo corpo per il tallone, sicchè quel punto rimase nonostante l'immersione, vulnerabile (il tallone di Achille). Come accadde che Priamo riconobbe in Paride il suo figlio esposto? - In occasione dei giochi che si celebravano in Troja, il re pose come premio del vincitore il più bel toro delle sue greggi, che era anche il toro prediletto da Paride. Perchè si presentò anche lui al torneo, ed avendo in lizza riportato vittoria persino sull'altro figlio di Priamo, il prode Ettore, tutti gli domandarono chi egli fosse: fu poi la profetessa Cassandra, figlia anche essa di Priamo, che svelò il segreto della sua nascita. Che incarico diede Priamo al suo ritrovato figliuolo Paride? - Lo mandò in Grecia a cercare una sorella del re, che fu molto tempo prima rapita dal Telamone e condotta in Grecia. Dove approdò Paride? - In Sparta, dove non incontrò re Menelao, che allora stava viaggiando, ma incontrò invece la sua bella moglie Elena, di cui tosto s'innamorò. Elena fu presa d'amore per il bellissimo straniero e si lasciò persuadere di seguirlo a Troja. Che conseguenze ebbe questo fatto? - Il re Menelao di Sparta - per vendicarsi dell'ingiuria - stimolò tutti i principi della Grecia a far guerra a Troja, e così il giudizio di Paride nella gara di bellezza delle dee fu la causa prima della decennale guerra trojana.

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Se ci sembra di non venire serviti con abbastanza attenzione, non facciamo scandali chiassosi, ma lagniamoci con l'oste o col direttore del locale. Non critichiamo ad alta voce e non « secchiamo » il personale. Così dobbiamo comportarci anche se qualche cibo servitoci, non ci piace. Se si rifiutano di riprenderlo, non facciamo scandalo, ed un'altra volta scegliamo un ristorante migliore. Lagnarsi col cameriere per la cattiva cucina, è sconveniente, e non ha assolutamente alcuno scopo, perchè il cameriere non c'entra colla cucina e non ha colpa se la cucina non è abbastanza buona. Per il comportamento a tavola in una località pubblica valgono le stesse regole che dobbiamo seguire a tavola in una casa privata. Si ponga attenzione specialmente al modo di tener le posate ed a mangiare senza rumore, insomma a comportarci civilmente. Si parlerà di quest'argomento più particolareggiatamente nel capitolo intitolato: « A tavola ». L'esaminare palesemente e visibilmente le posate, i cibi, o le bevande: è una grave malcreanza. Parimenti indecente è toccare e palpare panini. Sebbene sia una usanza molto diffusa quella di mangiare l'insalata o i legumi direttamente dal piatto in cui ci vengono serviti è poco distinto. Bisogna prima collocare colla forchetta questi cibi nel proprio piatto e soltanto poi mangiarli. Se il piatto di servizio è comune, il signore lo passerà prima alla signora ch'è in sua compagnia. In generale la signora deve sempre servirsi prima. Se è sola, è dovere del cameriere di servirla. Non si fanno osservazioni su altri ospiti che eventualmente non si comportino bene ed in generale non si critica ad alta voce. Una signora può bere birra soltanto da un piccolo bicchiere; mai dovrebbe bere da un boccale. Antialcoolisti domandino una bevanda senza alcool. Se bevande senz'alcool non ci sono; possono ordinare senz'altro acqua pura. Sono ormai passati i tempi, quando l'oste aveva il diritto di fare un viso arcigno, o di calcolare un prezzo maggiore a chi non beveva vino. In ogni caso un antialcoolista farà bene di non frequentare birrerie o osterie delle periferie. Consumare in un ristorante dei cibi portati con sè è - eccettuati i locali modesti per turisti - indecente. Non si portano a casa gli avanzi del pasto consumato, e neanche i pezzi di zucchero avanzati. Se abbiamo bisogno di sale, pepe, aceto, olio e panini, ce li facciamo portare dal cameriere, ma se per caso il cameriere non fosse presente, si può domandarli senz' altro alla tavola vicina, naturalmente soltanto nel caso che lì non se ne abbia più bisogno. Si può anche dal tavolo vicino domandare e prendersi una seggiola superflua. Tali piccole cortesie sono sempre dovere dei più giovani verso i più vecchi, di signori verso le signore. E' ben naturale che non ci si culla sulle sedie, non si « abbracciano » con le gambe i piedi della tavola, non si appoggiano i gomiti o la testa sulla tavola, e non si giuoca col sale, colle posate o collo stuzzicadenti. Ciononostante possiamo osservare abbastanza spesso tali usanze. Stuzzicarsi i denti, specialmente per minuti è una cosa addirittura nauseante. Orrenda è anche la cosidetta « pulizia pneumatica » dei denti, accompagnata sempre da diversissimi suoni poco estetici. Ed ancor peggio è lo schioccare colla lingua, - per esprimere anche esteriormente il godimento « gastronomico » per il buon pranzo, - uso purtroppo non raro. A tavola, finchè altri ancora mangiano, non si comincia a fumare, nè si chiede il

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Se non si ha da sè abbastanza denaro, si pagherà almeno il 10 per cento del prezzo della merce comperata e si verrà a prenderla più tardi. Una merce non pagata si può portare via soltanto da un negozio dove si è bene conosciuti. Se siete sconosciuti non imbarazzate il proprietario con simile desiderio. Meglio è farsi portare la merce in casa e consegnare poi al fattorino il resto dell'importo. Il pagamento puntuale è una esigenza naturale. Molti hanno una certa trascuranza per quanto concerne gli affari di denaro e lasciano aspettare i negozianti a lungo; i molti piccoli crediti del commerciante s'accrescono talvolta a « deficit » enormi e ne minacciano l'esistenza. Anche pagando a rate, fatelo sempre puntualmente!

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Essa deve essere abbastanza morbida, pur avendo una certa sostenutezza o rigidità da rendere possibile un nodo che aderisca bene al colletto. I due capi della cravatta lunga non devono venir nascosti nell'apertura della camicia, tanto meno dei pantaloni. Perchè la cravatta non svolazzi o non esca dalla scollatura del panciotto si potranno adoperare i ferma cravatte di metallo a molla. Non può però dirsi che ciò sia molto elegante. (La tavola illustrata aggiunta a questo capitolo intestata: « L'arte di farci il nodo alle cravatte » serve ad insegnare quest' arte non troppo difficile, ma tuttavia non conosciuta da tutti).

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Devono essere abbastanza comodi, pur rimanendo aderenti. Il bottone superiore deve essere sempre chiuso. Il colore non deve fare un contrasto vivo con quello dei vestiti, però i guanti lavabili vanno bene con ogni vestito: essi però devono essere sempre assai puliti. Guanti di filo e di seta non sono adatti per società. Guanti neri si portano soltanto per lutto, in occasione di visite o ricevimenti di secondaria importanza; i signori possono tenere i guanti in mano: per es. assistendo ad un thé, nel pomeriggio dove il vestito da sera non sia obbligatorio non è necessario calzare guanti. Per ricevimenti di maggiore importanza o in feste da ballo si portano guanti bianchi « glacés ». I signori, che amano la comodità se ne liberano appena entrati nella sala, senza per questo trasgredire alle leggi dell'etichetta. In chiesa non si levano i guanti.

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