Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIPIEMONTE

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Sulla origine della specie per elezione naturale

536952
Carlo Darwin 39 occorrenze
  • 1875
  • Unione Tipografico-Editrice
  • Torino
  • Scienze
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Nel nostro diagramma la linea di successione è interrotta ad intervalli regolari da piccole lettere numerizzate che indicano essere le forme successive divenute abbastanza distinte da doversi considerare come varietà. Ma queste interruzioni sono ideali e potrebbero introdursi in qualsiasi altro punto, dopo intervalli talmente lunghi da permettere l'accumulazione di un insieme considerevole di variazioni divergenti.

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Al contrario se abbiamo l'idea che le specie non sono altro che varietà più distinte e rese stabili, noi dobbiamo certamente aspettarci di trovare che quelle parti della loro struttura che variarono in un periodo abbastanza recente e che perciò diversificarono, continueranno spesso a variare. Ma esporrò il fatto in un altro modo; - i punti nei quali tutte le specie di un genere rassomigliano fra loro e pei quali esse differiscono dalle specie di qualche altro genere, diconsi caratteri generici; io attribuisco questi caratteri comuni all'eredità di un comune progenitore; perchè raramente può essere avvenuto che la elezione naturale abbia modificato in un modo identico alcune specie adatte ad abitudini più o meno differenti. E siccome questi così detti caratteri generici furono ereditati in un periodo assai lontano, cioè fino da quell'epoca in cui le specie si separarono per la prima volta dal loro comune progenitore, e conseguentemente quando esse non avevano ancora variato e non differivano menomamente o solo in un grado insensibile, non è probabile che esse comincino a variare oggidì. D'altra parte i punti, nei quali le specie differiscono da altre specie del medesimo genere, diconsi caratteri specifici; ed avendo questi caratteri variato fino a divenire differenti nel periodo di partenza delle specie dallo stipite comune, è probabile che essi siano spesso alquanto variabili; almeno più variabili di quelle parti dell'organismo che rimasero costanti per un periodo molto lungo.

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In secondo luogo, le superfici che oggi sono continue debbono in periodi recenti essersi trovate interrotte in porzioni isolate, in cui molte forme, specialmente in quelle classi d'animali che si accoppiano per ogni parto e sono molto vaganti, possono essere divenute separatamente abbastanza distinte, da considerarsi come specie rappresentative. In questo caso le qualità intermedie fra le varie specie rappresentative e il loro stipite comune, devono ritenersi come anticamente esistenti in ogni porzione interrotta del paese; ma questi anelli di congiunzione saranno stati sopraffatti ed esterminati durante il processo di elezione naturale, così che non trovansi più allo stato vivente.

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Insomma, io credo che le specie divengano oggetti abbastanza ben marcati e definiti, in modo da non offrire in qualsiasi periodo un caos inestricabile di forme variabili, ed intermedie: primieramente perchè le nuove varietà sono formate con estrema lentezza, essendo lentissimo il processo delle variazioni, e l'elezione naturale non può agire fintanto che non si presentino variazioni favorevoli, e finchè nella naturale economia della regione non siavi un posto che possa occuparsi più vantaggiosamente, per qualche modificazione avvenuta in uno, o in parecchi abitanti. Ora questi nuovi posti dipenderanno dagli insensibili cambiamenti del clima, o dall'accidentale immigrazione di nuovi abitanti, e probabilmente, in un grado ben più importante, dalle lente modificazioni di alcuni degli antichi abitanti; mentre le nuove forme così prodotte e le antiche agiranno e reagiranno scambievolmente le une sulle altre. Per modo che in ogni regione e in ogni tempo noi non troveremo che poche specie, le quali offrano piccole modificazioni di struttura, alcun poco permanenti; e certamente questo è ciò che vediamo (Nota XXI).

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Il becco non è forte come quello dei picchi tipici: è però abbastanza duro per forare il legno. Quindi il Colaptes della Prata è a considerarsi come un picchio, in tutte le parti essenziali della sua organizzazione. Persino alcuni caratteri di minore importanza, come il colore, il suono aspro della voce e il volo ondulatorio, tutto mi persuade della sua affinità coi nostri comuni picchi. Ma questo picchio, come posso assicurare dietro le mie proprie osservazioni e quelle dell'esatto Azara, in certi distretti non si arrampica mai sugli alberi, e costruisce il nido nelle cavità delle rive. In certi altri distretti lo stesso picchio, come Hudson assicura, visita gli alberi, e pratica dei fori nei tronchi per porvi il suo nido. Voglio addurre ancora un esempio di variate abitudini di vita, tolto dallo stesso gruppo. Il De Saussure ha descritto un Colaptes messicano, del quale ci racconta che pratica dei fori nel duro legno per deporvi i suoi depositi di ghiande.

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Una coda bene sviluppata essendosi formata in un animale acquatico, può poi essere stata impiegata per qualunque altro fine, cioè come caccia-mosche, o quale organo prensile, o quale appoggio per girare come nel cane, benchè tale aiuto debba essere assai tenue, perchè il lepre, che quasi non ha coda, può volgersi correndo abbastanza velocemente.

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Degli argomenti prescelti da un abile naturalista per provare che l'elezione naturale sia insufficiente a spiegare i primi gradini delle strutture utili, ho parlato abbastanza e forse più che abbastanza, e spero d'aver dimostrato che da questo lato non sorgono grandi difficoltà. Mi si è in quest'incontro offerta l'opportunità di diffondermi un poco intorno a quelle gradazioni di struttura che spesso si associano a cambiamento di funzioni; è questo un argomento importante che non fu sufficientemente sviluppato nelle precedenti edizioni di quest'opera. Voglio ora riassumere gli esempi citati nelle righe che precedono.

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Però quest'istinto dello struzzo americano e del Molothrus bonariensis non fu ancora abbastanza perfezionato, perchè uno sterminato numero di uova rimane sparso sulle pianure; per modo che in un solo giorno di caccia ne raccolsi non meno di venti abbandonate e guaste.

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Quest'ultima alternativa non fu studiata abbastanza; ma io ritengo, dietro le osservazioni che mi furono comunicate dal signor Hewitt (il quale fece molte esperienze sull'ibridismo dei gallinacei), che la morte precoce dell'embrione è una causa molto frequente della sterilità dei primi incrociamenti. Il Salter ha recentemente pubblicato i risultati a cui giunse colle sue osservazioni sopra 500 uova, le quali erano ottenute da tre specie di Gallus e de' loro ibridi. La maggior parte delle uova era fecondata, e nel maggior numero delle uova gli embrioni, o erano solamente in parte sviluppate ed allora abortite, oppure erano quasi mature, ma i pulcini incapaci di rompere il guscio. Dei pulcini nati, oltre i quattro quinti erano morti nel primi giorni o tutt'al più nelle prime settimane, «senza una causa evidente, a quanto pare, per semplice mancanza di vitalità», così che delle 500 uova 12 soli pulcini vennero allevati. La morte precoce degli embrioni ibridi avviene nello stesso modo probabilmente anche nelle piante. Almeno consta che gli ibridi di specie molto diverse sono spesso deboli e nani, e muoiono presto. Di questo fatto Max Wichura ha dato recentemente alcuni esempi osservati sugli ibridi del salice. Forse merita qui di esser detto che gli embrioni nati in seguito a partenogenesi dalle uova non fecondate dal bombice del gelso, o dall'incrociamento di due specie distinte, percorsero i primi stadii embrionali e poi perirono (Nota XXXI). Prima di conoscere questi fatti, io esitavo a credere alla morte precoce degli embrioni ibridi, giacchè gli ibridi, quando sono nati, sono generalmente sani e vivono per lungo tempo, come vediamo nel caso del mulo comune. Gli ibridi però si trovano in circostanze molto diverse, prima della loro nascita e dopo di essa; quando gli ibridi nascono e vivono in un paese in cui i loro due genitori possono prosperare, si trovano generalmente in condizioni di vita opportune. Ma un ibrido non partecipa che per una sola metà alla natura e costituzione della di lui madre, e quindi prima del parto, fintanto che egli continua ad essere nutrito nell'utero materno, oppure nell'uovo o nel seme prodotto dalla madre, può essere esposto a condizioni di vita in qualche modo disadatte, e per conseguenza può essere soggetto a perire fino dal primo periodo; tanto più che tutti gli esseri molto giovani sembrano eminentemente sensibili alle condizioni di vita insolite o nocive. Dopo tutto ciò la causa deve cercarsi piuttosto in una certa imperfezione all'atto originale di impregnazione, che determina un imperfetto sviluppo dell'embrione, anzichè nelle condizioni cui più tardi è esposto.

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I primi incrociamenti tra le forme abbastanza distinte, da ritenersi quali specie, e fra i loro ibridi sono in generale, ma non universalmente, infecondi. La sterilità presenta tutte le gradazioni possibili, ed è soventi volte tanto leggera, che i due più precisi ed abili esperimentatori che si conoscano, giunsero a conclusioni diametralmente opposte nel classificare le forme su questa base. La sterilità è variabile, per attitudine innata, negl'individui della stessa specie, ed è sommamente suscettibile di soggiacere all'influenza delle condizioni favorevoli o sfavorevoli. Il grado di sterilità non corrisponde precisamente all'affinità sistematica, ma è governato da parecchie leggi curiose e complesse. Generalmente è diversa, e talora molto diversa, nei reciproci incrociamenti delle medesime due specie. Nè sempre è uguale nei primi incrociamenti e negli ibridi che ne derivano.

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I primi incrociamenti fra le forme conosciute per varietà, o abbastanza distinte per essere considerate varietà, e la loro prole meticcia sono generalmente fecondi, ma non lo sono universalmente, come per errore si è spesso stabilito. Nè codesta quasi generale e perfetta fecondità può sorprendere, quando rammentiamo come ci troviamo esposti ad argomentare con un circolo vizioso rispetto alle varietà nello stato di natura; e quando ricordiamo che le varietà in massima parte vennero prodotte allo stato di domesticità, per mezzo della elezione delle semplici differenze esterne, e non furono lungamente esposte ad uniformi condizioni di vita. E giova specialmente ricordarsi che la domesticità lungamente continuata tende evidentemente ad eliminare la sterilità e quindi non può produrre questa medesima qualità. Indipendentemente dalla questione di fecondità, esiste per ogni altro riguardo la più stretta generale somiglianza fra gli ibridi ed i meticci, sia nella variabilità, sia nel potere di assorbirsi a vicenda dopo ripetuti incrociamenti, sia nell'eredità dei caratteri di ambedue le forme-madri. Infine, sebbene ci sia affatto ignota la vera causa della sterilità dei primi incrociamenti e degli ibridi, e del fenomeno che le piante e gli animali diventano sterili, quando siano rimossi dalle loro condizioni naturali, nondimeno mi sembra che i fatti annoverati in questo capitolo non siano in contraddizione coll'idea che le specie fossero originariamente semplici varietà.

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Io credo che noi ci formiamo un concetto erroneo, quando tacitamente ammettiamo che il sedimento venga depositato sopra quasi tutto l'intero letto del mare ed abbastanza sollecitamente da coprire e preservare gli avanzi fossili. Dappertutto sopra una estensione proporzionatamente enorme dell'oceano, la brillante tinta azzurra dell'acqua ne dimostra la purezza. I molti casi conosciuti di formazioni coperte, dopo un enorme intervallo di tempo, da un'altra e più recente formazione, senza che il letto sottoposto abbia sofferto nell'intervallo alcuna denudazione, o alcun laceramento, non sembrano potersi spiegare che nell'ipotesi che il fondo del mare rimanga spesso per lungo tempo in una condizione inalterata. Se gli avanzi fossili rimangono immersi nella sabbia o coperti di ghiaia, quando questi strati emergono, generalmente verranno decomposti dalla filtrazione delle acque di pioggia che sono pregne di acido carbonico. Alcune delle molte sorta di animali, che vivono sulle coste fra le acque alte e le basse, sembra che debbano conservarsi di rado. Per es., le varie specie di Chthamalinæ (sotto-famiglia di cirripedi sessili) ricoprono le rocce di tutto il mondo, in grandissimo numero; esse abitano esclusivamente il littorale, eccettuata una sola specie del Mediterraneo che vive nelle acque profonde e che fu trovata fossile in Sicilia; al contrario niun'altra specie è stata fin qui trovata nelle formazioni terziarie; pure sappiamo che il genere Chthamalus esisteva nel periodo cretaceo. Finalmente molti immensi depositi, che hanno richiesto un tempo lunghissimo alla loro formazione, sono affatto privi di avanzi organici, senza che ne possiamo indicare la causa. Un esempio dei più notevoli ci è offerto dal flysch che consta di schisto argilloso ed arenaria, e con una potenza di parecchie migliaia di piedi (ad es. di seimila piedi), si estende almeno per trecento miglia inglesi da Vienna fino alla Svizzera. E sebbene questa ingente massa sia stata esaminata diligentemente, nessun fossile vi fu rinvenuto, ad eccezione di pochi resti vegetali.

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Forse niun fatto mi ha prodotto una impressione uguale a quella che provai nell'esaminare, per molte centinaia di miglia, le coste dell'America meridionale che furono nell'epoca più recente sollevate di parecchie centinaia di piedi; mentre notai la mancanza di qualunque deposito recente abbastanza forte da sussistere, anche per un breve periodo geologico. Lungo tutta la spiaggia occidentale, che è abitata da una particolare fauna marina, gli strati terziari sono sviluppati tanto debolmente, che con ogni probabilità non resterà alcuna memoria delle varie faune marine successive nelle età future. Ma un po' di riflessione basta a chiarire perchè in queste coste che si sollevano sul lato occidentale dell'America meridionale, non possa trovarsi in alcun punto una estesa formazione con avanzi recenti o terziari: benchè la quantità di sedimento accumulato nelle epoche trascorse sia stata grande, attesa l'enorme degradazione delle coste rocciose e per la continua alluvione dei fiumi melmosi che si gettano nel mare. Senza dubbio, la ragione è che i depositi littorali o sub-littorali sono continuamente disgregati ed asportati, di mano in mano che, per il sollevamento lento e graduale della terra, vengono esposti all'azione dissolvente dei flutti di costa.

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Aggiungerò che l'unica antica formazione terziaria delle coste occidentali dell'America del Sud, che era abbastanza grande da resistere alle degradazioni che dovette sopportare, ma che difficilmente si conserverà fino ad una lontana epoca geologica, fu certamente depositata durante l'abbassamento del suolo, ed acquistò così una ragguardevole grossezza.

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E qui incontriamo una obbiezione molto seria; imperocchè sia cosa dubbia, che la terra abbia esistito un tempo abbastanza lungo in tale stato da essere abitabile pegli organismi. W. Thompson ha conchiuso che la solidificazione della crosta terrestre difficilmente è avvenuta avanti meno che 20 o più che 400 milioni di anni, ma probabilmente avanti non meno che 90 o non più che 200 milioni di anni. Questi limiti assai vasti dimostrano quanto siano incerte le indicazioni del tempo; e probabilmente saranno da introdursi nel problema altri elementi. Croll calcola il tempo trascorso dopo il periodo cambriano a circa 60 milioni di anni; ma a giudicare dalla piccola somma di cambiamenti avvenuta nel mondo organico dopo il principio dell'epoca glaciale, questo tempo sembra troppo breve per aver prodotto tutti quei molti ed importanti cambiamenti degli organismi, che di certo sono successi dal periodo cambriano in poi; nè possono credersi sufficienti i 140 milioni d'anni preceduti, per lo sviluppo delle svariate forme di vita che già esistevano durante lo stesso periodo cambriano. Sembra però probabile, come ha fatto osservar W. Thompson, che la terra nei primi tempi sia stata soggetta a cambiamenti delle fisiche condizioni più rapide e più violente che non al presente; al certo tali cambiamenti avrebbero prodotto dei cambiamenti corrispondentemente rapidi negli esseri organici che allora abitavano il nostro globo.

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Perciò possiamo spiegare il motivo per cui tutte le specie di una medesima regione si modificano, dopo un periodo di tempo abbastanza vasto, mentre quelle che non si trasformano debbono estinguersi.

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Una specie infatti dà origine dapprima a due o tre varietà; queste sono lentamente convertite in specie, le quali alla lor volta producono, per gradi ugualmente lenti, altre specie, e così di seguito: come le ramificazioni di un grande albero da un solo tronco, fino a che il gruppo sia divenuto ricco abbastanza.

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Ho esposto le ragioni che m'inducono a pensare che la maggior parte delle nostre più grandi formazioni, ricche di fossili, dovette depositarsi nei periodi di abbassamento; e che gli intervalli di lunga durata, in cui non avveniva alcun deposito, dovettero verificarsi in quei periodi, nei quali il letto del mare fu stazionario, oppure si elevò, od anche quando il sedimento non era abbastanza abbondante e pronto, da rivestire e conservare gli avanzi organizzati. In queste lunghe lacune suppongo che gli abitanti di ogni regione soggiacessero ad una considerevole quantità di modificazioni e avvenissero molte estinzioni e che vi fossero anche molte migrazioni dalle altre parti del mondo. Siccome abbiamo ragione di credere che vaste superfici del globo subiscano contemporaneamente il medesimo movimento, gli è probabile che delle formazioni esattamente simultanee siano state spesso accumulate sopra estesi spazi nella medesima parte del mondo; ma non possiamo rettamente conchiudere che ciò abbia dovuto accadere invariabilmente, e che le grandi aree siano state costantemente affette da movimenti conformi.

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Le memorie geologiche, imperfette in ogni tempo, non si estendono abbastanza nel passato, a mio avviso, per dimostrare con evidenza incontrovertibile che, nei limiti della storia conosciuta del mondo, l'organizzazione ha progredito immensamente. Anche al presente, considerando i membri di una medesima classe, i naturalisti non sono unanimi nello stabilire quali sian le forme più elevate: così alcuni riguardano i selaci come i pesci più perfetti, perchè si avvicinano ai rettili in alcuni punti importanti della loro struttura; altri invece riguardano come più elevati i teleostei. I ganoidi sono intermedi fra i selaci e i teleostei; questi ultimi sono al presente largamente preponderanti in numero; ma anticamente esistevano soltanto i selaci e i ganoidi; e in tal caso secondo il tipo di perfezione prescelto, potrà dirsi che i pesci hanno progredito o regredito nell'organizzazione. Sembra inutile lo studiarsi di paragonare nella scala progressiva degli esseri i membri dei tipi distinti; chi vorrà decidere se la seppia sia più elevata dell'ape - di quell'insetto che il grande Von Baer credeva essere, «in fatto di una organizzazione più perfetta del pesce, benchè sopra un altro tipo?». È credibile che nella complessa lotta per la vita i crostacei, per esempio, anche fra quelli che non sono i più elevati nella propria classe, possano battere i cefalopodi che sono i più perfetti fra i molluschi; e questi crostacei, benchè non abbiano uno sviluppo molto elevato, potrebbero occupare un posto molto alto nella scala degli animali invertebrati, se si giudicasse dietro il più decisivo di tutti gli altri indizi, cioè la legge della lotta. Prescindendo dalla difficoltà che incontriamo nel decidere quali forme siano le più avanzate nella organizzazione, noi dovremo paragonare fra loro, non solo i membri più elevati di una classe in due diversi periodi - benchè questo sia certamente uno dei più importanti elementi e forse il principale nel confronto, - ma anche tutti gli individui, superiori ed inferiori di questi due periodi. In un'epoca antica i molluschi più elevati e gli inferiori, vale a dire, i cefalopodi e i brachiopodi, formicolavano in gran numero; mentre al presente questi ordini furono ridotti immensamente; quando all'opposto altri ordini, intermedi nel grado dell'organizzazione, si accrebbero in vaste proporzioni. Conseguentemente alcuni naturalisti hanno sostenuto che i molluschi erano una volta assai più sviluppati e perfetti che oggi non siano; ma d'altronde potrebbe addursi un caso contrario e più fondato, quando si consideri la grande diminuzione avvenuta nei molluschi inferiori, e tanto più che i cefalopodi esistenti, benchè sì ristretti in numero, hanno una organizzazione più elevata dei loro antichi rappresentanti. Inoltre fa d'uopo considerare i numeri proporzionali rispettivi delle classi superiori ed inferiori nella popolazione del mondo corrispondenti ai due periodi; se, per esempio, oggi abbiamo cinquantamila specie di animali vertebrati e se sappiamo che a un'epoca anteriore non ne esistevano che diecimila, noi dobbiamo ritenere che codesto aumento nel numero delle classi più elevate implica un grande spostamento delle forme inferiori; e ciò forma un deciso progresso nell'organizzazione sul globo. Noi possiamo quindi desumere quanto insormontabile sia la difficoltà che si opporrà sempre nel confrontare con perfetta esattezza, sotto queste relazioni estremamente complesse, il grado dell'organizzazione delle faune imperfettamente conosciute dei successivi periodi della storia terrestre.

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Mi sono studiato di provare che le memorie e gli avanzi geologici sono sommamente imperfetti; che solo una piccola porzione del globo fu esplorata geologicamente a dovere; che certe classi soltanto di esseri organizzati furono largamente conservate in uno stato fossile; che il numero degli avanzi fossili e delle specie che si custodiscono nei nostri musei è assolutamente un nulla, in confronto del numero incalcolabile di generazioni che debbono essere passate, anche durante una sola formazione; che enormi intervalli di tempo separano quasi tutte le nostre formazioni consecutive, per essere l'abbassamento del suolo quasi necessario perchè si accumulino depositi ricchi di fossili e abbastanza elevati da resistere alle degradazioni future; che probabilmente l'estinzione doveva essere maggiore nei periodi di abbassamento, e la variazione più forte nei periodi di sollevamento, nei quali i resti fossili si saranno conservati meno perfettamente; che ogni singola formazione non si è accumulata per mezzo di una deposizione continua; che la durata di ogni formazione forse è corta in confronto della durata media delle forme specifiche; che la migrazione ha esercitato una influenza importante sulla prima apparizione di forme nuove in ogni regione e in ogni formazione; che le specie ampiamente diffuse sono quelle che variarono maggiormente e che più spesso diedero origine a nuove specie; e che le varietà furono dapprima semplicemente locali. E finalmente, sebbene ogni specie abbia dovuto passare per molti stadii transitorii, è probabile che i periodi, nei quali ciascuna abbia subìto delle modificazioni, siano stati numerosi e lunghi misurandoli cogli anni, ma invece brevi se si confrontino coi periodi, nei quali rimase inalterata. Tutte queste cause insieme possono spiegare in massima parte perchè tra le specie di un gruppo noi troviamo bensì molte forme intermedie, ma non si rinvengono infinite serie di varietà che a gradi insensibili collegano insieme le forme estinte e le attuali. Non si deve poi dimenticare che se fossero trovate delle varietà intermedie tra due o più forme, esse sarebbero considerate come altrettante specie nuove e distinte, ove non si potesse stabilire l'intera catena; giacchè non possiamo sostenere di conoscere un esatto criterio per distinguere le specie dalle varietà.

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I prodotti del primo incrociamento fra due razze pure sono abbastanza e qualche volta straordinariamente uniformi, come notai nei colombi. Ma quando tali prodotti sono incrociati gli uni cogli altri per molte generazioni, di rado rinvengonsi due soggetti che siano simili; ed è allora che si palesa l'estrema difficoltà o meglio la perfetta inattendibilità dell'impresa.

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L'epoca glaciale, misurata con un numero di anni, deve aver durato lungamente; e se pensiamo che alcune piante ed animali naturalizzati in pochi secoli si sono estesi sopra vaste superfici, quel tempo apparirà lungo abbastanza per qualsiasi grado di migrazione. Man mano che il freddo aumentava, le forme artiche invadevano le regioni temperate; e pei fatti su citati non può sussistere alcun dubbio che alcune delle forme dominanti temperate più vigorose e più diffuse abbiano invaso le bassure equatoriali. Allo stesso tempo gli abitanti di queste bassure calde saranno migrati verso le regioni tropiche e subtropiche del Sud, giacchè in quel periodo l'emisfero australe era più caldo. Non appena col declinare dell'epoca glaciale i due emisferi riacquistarono la primitiva temperatura, le forme nordiche temperate, le quali abitavano nelle bassure sotto all'equatore, saranno state cacciate nell'antica loro patria, o saranno state distrutte, e sostituite dalle forme equatoriali reduci dal Sud. Frattanto alcune delle forme nordiche temperate avranno quasi certamente, ascendendo, raggiunto il più vicino altipiano, e se questo era sufficientemente elevato, vi si saranno lungamente conservate, a guisa delle forme artiche sulle montagne dell'Europa. E saranno sopravvissute anche colà, dove il clima non era loro interamente favorevole; imperocchè il mutamento di temperatura sarà avvenuto assai lentamente, e senza dubbio le piante posseggono una certa capacità di acclimazione, come risulta dal fatto ch'esse trasmettono ai loro discendenti un diverso potere costituzionale di resistere al caldo ed al freddo.

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Nè potrebbe dirsi, in base dell'opinione comunemente adottata delle creazioni, che in quei luoghi mancasse il tempo per la creazione dei mammiferi; molte isole vulcaniche infatti sono abbastanza antiche, come lo provano le meravigliose degradazioni che soffrirono e i loro strati terziari; vi fu inoltre del tempo sufficiente per la produzione di specie endemiche appartenenti ad altre classi; ed è cosa nota che sui continenti i mammiferi appariscono e si perdono più rapidamente degli altri animali inferiori. Sebbene non si incontrino mammiferi terrestri nelle isole oceaniche, pure in quasi tutte queste isole si osservano dei mammiferi volanti. La Nuova Zelanda possiede due pipistrelli che non si trovano in qualsiasi altra parte del mondo; l'isola Norfolk, l'Arcipelago Viti, le isole Bouin, gli arcipelaghi delle Caroline e delle Marianne e l'Isola Maurizio, posseggono tutte i loro pipistrelli speciali. Ora potrebbe domandarsi, come la supposta forza creatrice abbia formato su quelle isole remote soli pipistrelli e non altri mammiferi? Secondo il mio modo di vedere, a quest'interrogazione può rispondersi agevolmente; perchè niun mammifero terrestre può essere trasportato sopra grandi spazi di mare, ma i pipistrelli possono facilmente volare fino a quelle isole. Si sono veduti pipistrelli che erravano di giorno sull'Oceano Atlantico a molta distanza dalle terre, e due specie dell'America settentrionale sia regolarmente, sia accidentalmente visitano la Bermuda alla distanza di 600 miglia dal continente. Ho appreso dal Tomes, che ha studiato particolarmente questa famiglia, che molte di queste specie hanno una estensione enorme e si trovano sui continenti e sulle isole più lontane. Conseguentemente non ci resta che da supporre che queste specie erranti siano state modificate, mediante l'elezione naturale nelle loro nuove dimore, in relazione alla nuova loro posizione: e allora facilmente capiremo la presenza dei pipistrelli endemici sulle isole, colla mancanza di tutti gli altri mammiferi terrestri.

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Ma questo fatto non è abbastanza fondato; al contrario abbiamo delle prove maggiori nel senso opposto: mentre sappiamo che gli allevatori dei bovini, dei cavalli e di parecchi animali di lusso, non possono stabilire positivamente, se non qualche tempo dopo la nascita, quali saranno i pregi o la forma definitiva di un animale. Noi lo vediamo manifestamente nei nostri stessi fanciulli; infatti non possiamo mai conoscere se diverranno grandi o piccoli, nè quali saranno le loro fattezze precise. La questione non consiste nel sapere a quale periodo della vita ogni variazione sia stata prodotta, ma bensì quando si sia spiegata interamente. La causa può aver agito, e credo che in generale abbia agito anche prima che l'embrione fosse formato; e la variazione può attribuirsi all'azione delle condizioni, alle quali l'uno o l'altro parente, od anche i loro antenati furono esposti, sugli elementi sessuali del maschio e della femmina. Deve essere affatto indifferente pel benessere di un animale giovane che egli acquisti la maggior parte de' suoi caratteri un poco prima od un poco più tardi nella sua vita, finchè egli rimane nell'utero della madre o nell'uovo, e finchè viene nutrito e protetto da' suoi genitori. Non sarebbe, per esempio, di alcuna importanza per un uccello, che prende più facilmente il proprio alimento quanto più lungo ne sia il becco, il possedere o no un becco di questa lunghezza particolare, finchè continuano a nutrirlo i suoi genitori.

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Non devesi però dimenticare che la supposta legge di rassomiglianza delle antiche forme di vita alle fasi embrionali delle forme recenti può essere vera, e nullameno restare per lungo tempo od anche per sempre senza alcuna dimostrazione, per non essere le nostre memorie geologiche abbastanza estese nelle epoche trascorse. In alcuni casi la legge non si troverà confermata, quando cioè in una forma antica nel suo stato di larva si è adattata ad una speciale condizione di vita, ed ha trasmesso il medesimo stato larvale ad un intero gruppo di discendenti, imperocchè questi allo stadio di larva non somiglieranno allo stato adulto di una forma ancor più antica.

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Passando alla distribuzione geografica, le difficoltà che si incontrano nella teoria della discendenza modificata sono abbastanza serie. Tutti gli individui della stessa specie e, tutte le specie del medesimo genere e perfino i gruppi più elevati debbono derivare da parenti comuni; e perciò per quanto distanti ed isolate siano le parti del mondo in cui si trovano attualmente, essi debbono essere passati, nel corso delle generazioni successive, da un qualche luogo a tutti gli altri. Spesso siamo affatto incapaci di congetturare come questo passaggio possa essere avvenuto. Tuttavia abbiamo dei motivi di credere che qualche specie conservasse la medesima forma specifica per lunghi periodi, per epoche enormemente lunghe, se misurate cogli anni, e quindi non dobbiamo dare troppa importanza alla vasta diffusione occasionale di una medesima specie; perchè nei periodi molto lunghi vi sarà sempre stata una maggiore probabilità per le grandi migrazioni, con mezzi d'ogni sorta. Una estensione discontinua ed interrotta può spiegarsi frequentemente coll'estinzione delle specie nelle regioni intermedie. Non si potrà negare che noi siamo tuttora molto ignoranti quanto alla portata dei diversi cambiamenti climatologici e geografici che si fecero sulla terra nei periodi moderni; questi cambiamenti avranno facilmente agevolato le migrazioni. Ho voluto darne un esempio, procurando di dimostrare quanto sia stata efficace la influenza del periodo glaciale sulla distribuzione delle medesime specie e delle specie rappresentative in tutto il mondo. Ma ci sono ancora affatto ignoti i molti mezzi occasionali di trasporto. Riguardo poi alle specie distinte che abitano in regioni molto distanti ed isolate, siccome il processo di modificazione fu necessariamente assai lento, tutti i mezzi di migrazione saranno stati possibili, durante un periodo di tempo molto lungo; per conseguenza la difficoltà della vasta diffusione delle specie di uno stesso genere viene alquanto diminuita.

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Inoltre i soli esseri organizzati di certe classi possono essere conservati nello stato di fossili, almeno in una quantità abbastanza grande. Molte specie, una volta formate, non subiscono mai ulteriori cambiamenti, ma si estinguono senza lasciare dei discendenti modificati; e i tempi, durante i quali le specie soggiacquero a certe modificazioni, furono lunghi sì, se calcolati con un numero di anni, ma probabilmente corti al confronto di quelli, durante i quali le specie rimasero inalterate. Le specie molto sparse variano più delle altre, e di sovente le varietà sono dapprima locali, - e queste due cause rendono meno facile la scoperta delle forme intermedie. Le varietà locali non si diffondono in altre regioni lontane, finchè non siano state modificate e perfezionate notevolmente; e quando passano in nuove contrade, e che vi siano poi scoperte in una formazione geologica, si crederà che vi fossero create improvvisamente e saranno classificate semplicemente quali specie nuove. Le formazioni furono in generale intermittenti nella loro accumulazione; ed io sarei per vedere che la loro durata fosse più breve della durata media delle forme specifiche. Le formazioni successive sono separate generalmente l'una dall'altra da periodi enormi in cui non avveniva alcuna deposizione; perchè le formazioni fossilifere abbastanza profonde da resistere alle future corrosioni possono generalmente accumularsi soltanto là dove si depone molto sedimento, sul letto del mare che si abbassa. Negli alterni periodi di elevazione e di livello stazionario, le memorie geologiche generalmente mancano. In questi ultimi periodi si avrà probabilmente maggiore variabilità nelle forme viventi; mentre in quelli di abbassamento sarà maggiore l'estinzione.

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Se si considerino degl'intervalli di tempo abbastanza lunghi; la geologia manifestamente dichiara che tutte le specie si sono cambiate: e che si sono trasformate nel modo stabilito dalla mia teoria, perchè si cambiarono lentamente e gradatamente. Questo fatto risulta chiaramente dall'osservazione che gli avanzi fossili delle formazioni consecutive sono invariabilmente assai più affini fra loro, di quelli delle formazioni separate da un lungo periodo.

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Ma oltre queste differenze, tutti i naturalisti hanno riconosciuto esistere anche delle varietà che furono considerate abbastanza distinte da meritare una speciale menzione nelle loro opere sistematiche. Nessuno può tracciare una chiara distinzione fra le differenze individuali e le piccole varietà poco distinte, oppure fra le diverse varietà bene distinte, le sottospecie e le specie. Nei diversi continenti, o nelle diverse parti di un medesimo continente separate tra loro da barriere di qualsiasi genere, e sulle isole prossime ad un continente, quante forme non esistono che alcuni esperti naturalisti considerano come semplici varietà, altri come razze geografiche o sottospecie, altri ancora come specie distinte sebbene affini!

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La credenza che le specie fossero produzioni immutabili era quasi inevitabile, finchè si ritenne che la storia del mondo fosse di una breve durata; ma ora che abbiamo acquistato qualche idea del corso dei tempi, noi non siamo troppo disposti a credere, senza prove, che le memorie geologiche siano abbastanza complete da fornirci una chiara dimostrazione della trasformazione delle specie, se queste furono soggette a variazioni.

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I sistematici avranno solo da decidere (e ciò non sarà sempre facile) se ogni data forma sia abbastanza costante e distinta dalle altre forme, da essere suscettibile di una definizione; e quando possa definirsi, se le differenze siano abbastanza importanti da meritare un nome specifico. Quest'ultimo punto diverrà una considerazione assai più essenziale che oggi non sia; perchè le differenze, per quanto piccole, fra due forme qualsiasi, quando non siano connesse da gradazioni intermedie, sono considerate dalla maggior parte dei naturalisti come sufficienti ad elevare le due forme al rango di specie. Quindi noi saremo costretti a riconoscere che la sola distinzione possibile fra le specie e le varietà ben marcate consiste in ciò: che queste ultime sono attualmente collegate da gradazioni intermedie, mentre al contrario le specie furono in tal guisa collegate in epoca più antica. Per conseguenza, senza rigettare la considerazione della esistenza presente di gradazioni intermedie fra due forme qualsiansi, noi saremo condotti a pesare con maggior accuratezza e a dare un valore più forte all'attuale complesso delle differenze che passano fra le medesime. Egli è molto probabile che le forme, ora conosciute generalmente come semplici varietà, possono in seguito meritare un nome specifico, come la Primula vulgaris e la Primula veris; ed in tal caso il linguaggio comune ed il linguaggio scientifico saranno in armonia. In somma avremo da trattare le specie come si trattano i generi da quei naturalisti che ammettono essere i generi combinazioni puramente artificiali, fatte per comodità. Questa non può essere una prospettiva molto lieta; ma noi almeno saremo liberi dalla vana ricerca dell'essenza ignota del termine specie.

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Lo stesso graduato processo di perfezionamento ha luogo nelle piante, conservando occasionalmente i migliori individui, sia che essi diversifichino abbastanza per essere alla prima apparenza riguardati come distinte varietà, sia che essi derivino da due o più razze o specie, con o senza incrociamento. Il progresso manifestasi con evidenza nell'aumento delle dimensioni e nella bellezza che oggi si osserva nella viola del pensiero, nella rosa, nel pelargonio, nella dalia e in altri fiori, quando si confrontino colle più antiche varietà delle medesime specie. Niuno potrebbe mai aspettarsi di ottenere subito una viola del pensiero o una dalia dal seme di una pianta selvatica, o di produrre improvvisamente una pera succosa col seme d'una pera selvatica; benchè si potesse riuscirvi col mezzo di una semente cresciuta allo stato selvatico ma proveniente da un frutto coltivato. La pera coltivata negli antichi tempi, al dire di Plinio, pare sia stata un frutto di qualità molto inferiore. Certe opere d'orticoltura si diffondono sulla meravigliosa abilità de' giardinieri che ottennero sì magnifici risultati con materiali tanto scarsi; pure nessuno ebbe la coscienza delle lente trasformazioni che egli contribuiva ad operare. Tutta la loro arte consistette semplicemente nel seminare sempre le migliori varietà note, e non appena sorgeva casualmente una varietà alquanto superiore, la sceglievano per riprodurla. I giardinieri dell'epoca classica che coltivarono le migliori pere che poterono procurarsi, non hanno mai pensato agli stupendi frutti che noi un giorno avremmo mangiato; quantunque noi li dobbiamo, in qualche parte, allo studio da essi impiegato per scegliere e perpetuare le migliori varietà raccolte.

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Per riunire un gran numero di individui d'una specie in un paese, è necessario che essi sieno posti in condizioni di vita abbastanza favorevoli a riprodurvisi liberamente. Quando gli individui sono pochi, tutti riescono a riprodursi, qualunque siano le loro qualità, il che impedisce la manifestazione dell'azione elettiva. È probabile che la condizione più importante sia quella che l'animale o la pianta sieno per l'uomo talmente utili ed apprezzabili, che egli ponga la più seria attenzione anche alle leggiere variazioni dei caratteri e della struttura di ogni individuo. Senza queste condizioni nulla può farsi. Io ho inteso dire seriamente essere stato un caso felicissimo che la fragola abbia cominciato a variare quando i giardinieri cominciarono ad osservarla attentamente. Senza dubbio la fragola ha sempre variato dacchè la si coltiva, ma queste leggere variazioni furono trascurate. Appena i giardinieri si presero la premura di scegliere gli individui i quali producevano frutta più grosse, più precoci e più profumate degli altri, e quando allevarono le piante giovani, onde presceglierne ancora le piante migliori e propagarle: allora, coll'aiuto di incrociamenti con altre specie, apparvero quelle ammirabili varietà che si sono ottenute negli ultimi cinquant'anni.

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Noi abbiamo grandi ragioni per credere che molte di queste forme dubbie, o strettamente affini, hanno conservato costantemente i loro caratteri nel paese nativo abbastanza a lungo per essere credute buone e vere specie. Nella pratica, allorchè un naturalista può congiungere due forme qualsiansi per mezzo di altre forme dotate di caratteri intermedi, egli denota come specie la più comune, o quella che fu descritta per la prima, e classifica l'altra come varietà. Frattanto si offrono casi, che non voglio enumerare in questo luogo, nei quali riesce sommamente difficile decidere se una forma debba mettersi come varietà d'un'altra, anche se le medesime siano strettamente legate da forme intermedie; e tale difficoltà non viene appianata dal riconoscere che le forme intermedie sono ibridi. Anzi avviene spesso che una forma si consideri come varietà d'un'altra, non dalla cognizione dei legami intermedi, ma dall'ipotesi formata per analogia dall'osservatore, che essi esistano in qualche luogo, o che possano essere esistiti in altre epoche, e allora apresi un'ampia porta ai dubbi e alle congetture.

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Le forme locali sono in ciascuna isola abbastanza costanti e distinte; se però si confrontino tra di loro tutte le forme delle diverse isole, le differenze si presentano talmente piccole e graduali, che torna impossibile classificarle o descriverle, benchè le forme estreme siano sufficientemente definite. Le razze geografiche o sottospecie sono forme locali ben determinate ed isolate; ma siccome non differiscono tra di loro per caratteri molto marcati ed importanti, così non può essere stabilito da una prova, ma soltanto dall'opinione individuale, quali si debbano considerare come specie e quali come varietà. Le specie infine rappresentative occupano nella economia naturale di cadauna isola lo stesso posto come le forme locali e le sottospecie; ma siccome le distingue un maggior grado di diversità di quello che corre tra le forme locali e le sottospecie, così i naturalisti le considerano come buone specie. Nondimeno è impossibile indicare un criterio esatto, col quale si possano riconoscere le forme variabili, le forme locali, le sottospecie e le specie rappresentative.

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Se la distanza fra l'Europa e l'America è grande abbastanza, lo sarà anche quella che passa fra l'Europa e le Azzorre, o Madera, o le Canarie, o parecchie isolette di questo piccolo arcipelago.

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Hooker ad aggiungere che, dopo l'attenta lettura dei miei manoscritti e dopo l'esame di quelle tavole, egli crede che i principii che andrò svolgendo siano abbastanza ben fondati. Però l'argomento che io debbo necessariamente trattare con tanta brevità è abbastanza complicato e perplesso, e richiede alcune allusioni alla lotta per l'esistenza, alla divergenza dei caratteri ed alle altre questioni che saranno discusse più innanzi.

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Ma le mie tavole provano altresì che in ogni paese limitato le specie più comuni, vale a dire di maggior numero di individui, e le specie più disseminate nella loro regione nativa (circostanza che non devesi confondere con una grande estensione e neppure fino ad un certo punto coll'essere comuni) sono quelle che danno più spesso origine a varietà abbastanza spiccate per essere enumerate nelle opere di botanica. Dunque le specie più fiorenti o, come potrebbero chiamarsi, le specie dominanti, cioè aventi una grande estensione geografica, sono le più sparse nel paese da esse abitato e posseggono anche un numero maggiore di individui; e producono più spesso delle altre quelle varietà tanto distinte che io considero come altrettante specie nascenti. Ciò poteva prevedersi, dacchè le varietà debbono lottare necessariamente contro gli altri abitanti della medesima regione per acquistare un certo grado di permanenza. Ora le specie dominanti hanno anche una probabilità maggiore di lasciare una discendenza, la quale, benchè leggermente modificata, gode pure dei vantaggi che assicurano alla specie-madre la prevalenza sulle altre specie indigene. Queste osservazioni sul predominio delle specie non si applicano, s'intende, che alle forme organiche, le quali entrano in lotta fra loro, ed in ispecie ai membri dello stesso genere o della stessa classe che hanno analoghe abitudini di vita. Rispetto all'essere comuni, o al numero d'individui d'una specie, il confronto deve istituirsi soltanto fra i membri di uno stesso gruppo. Una pianta può riguardarsi come dominante, se si distingue per la quantità maggiore di individui e sia più diffusa di tutte le altre della medesima regione, le quali non esigono condizioni di vita troppo diverse. Tale pianta non è meno dominante, nel senso da noi attribuito a questa espressione, anche in confronto di qualche conferva acquatica o di qualche fungo parassita infinitamente più sparso e numeroso; ma se una specie di conferva o di fungo parassita supera tutte le affini, nelle predette condizioni essa diverrà la specie dominante della propria classe.

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Egli comincia spesso la sua elezione da qualche forma semi-mostruosa, o almeno da qualche modificazione abbastanza palese per attirare la sua attenzione, ovvero tale da promettergli degli evidenti vantaggi. Allo stato di natura, la più significante differenza di struttura o di costituzione basta a distruggere l'esatto equilibrio esistente tra le forme lottanti, e può così effettuare la loro conservazione. Quanto leggiere e mutabili sono le viste e gli sforzi dell'uomo! quanto breve è il suo tempo! e conseguentemente quanto imperfetti non saranno i suoi prodotti confrontati con quelli accumulati dalla natura negl'interi periodi geologici! Possiamo noi meravigliarci adunque che le produzioni della natura siano nei loro caratteri meglio distinte che non le produzioni dell'uomo; che quelle siano assai più adattate alle più complicate condizioni di esistenza e portino l'impronta d'un'opera molto più perfetta?

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