Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Il talismano della felicità

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Boni, Ada 19 occorrenze

Si può essere d'accordo nel non abusarne, ma l'usarne ci toglierà spesso, e con una spesa insignificante, da qualche preoccupazione, quando, ad esempio, il brodo non sarà riuscito abbastanza sapido, o i sughi non abbiano raggiunto quel gusto che ci prefiggevamo, ecc. ecc. In questi, e in tanti altri casi consimili, un mezzo cucchiaino di estratto di carne salva magnificamente la situazione.

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Non consigliamo di mettere sale nell'acqua in cui debbono cuocere le fettuccine, perchè la salsa di alici è già abbastanza sapida. Ad ogni modo gustate il condimento e se del caso aggiungete un pizzico di sale.

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Molti si accontentano di tritare gli spinaci lessi sul tagliere, ma in questo caso la pasta non risulta abbastanza fine. Mettete sulla tavola di cucina da trecento a quattrocento grammi di farina, fate la fontana, rompete nel mezzo tre uova, aggiungete gli spinaci passati, un pizzico di sale e impastate il tutto come per la solita pasta all'uovo. È difficile precisare dosi esatte per la farina perchè alcune qualità assorbono più ed altre meno. Regolatevi per il meglio, cercando di ottenere una pasta piuttosto dura e ben lavorata. Stendetela in una o due sfoglie non troppo sottili e mettete ad asciugare le sfoglie su una tovaglia leggermente infarinata. Siccome gli spinaci comunicano un po' di umidità alla pasta, ci vorrà un pochino più di tempo prima che questa asciughi in modo che si possa tagliare senza che si attacchi. Quando dunque vedrete che la pasta è bene asciutta, spolverizzatela di farina, arrotolatela su se stessa e ritagliatela in tante fettuccine di un mezzo centimetro abbondante. Aprite le tagliatelle, e raccoglietele in un vassoio con salvietta perchè finiscano di asciugare. Fatte le tagliatelle bisogna preparare il sugo alla bolognese, il quale, anche, è un po' diverso dal solito sugo di umido. Per la quantità di pasta da noi data e che può bastare a quattro o cinque persone, prendete 150 grammi di carne magra di manzo e tritatela sul tagliere, o meglio passatela alla macchinetta con 50 grammi di pancetta salata (ventresca). Mettete sul fuoco una casseruola con 50 grammi di burro, una cipolla, una carota gialla e una costola di sedano, il tutto minutamente tritato, aggiungete la carne col grasso di maiale, un chiodo di garofano, e fate rosolare finchè carne e legumi abbiano preso un colore piuttosto scuro. Bagnate allora con un po' di brodo o acqua, condite con un po' di sale, aggiungete un cucchiaino da caffè — non più — di conserva di pomodoro, mescolate, coprite la casseruola e fate cuocere pian piano su fuoco moderato. C'è una tradizione bolognese più raffinata che consiglia di bagnare l'intingolo con latte invece che con brodo o acqua. È questione di gusti... e di spesa. Certo è che l'aggiunta di latte comunica alla salsa una maggiore finezza. Quando l'intingolo avrà sobollito per una mezz'ora si potranno aggiungere qualche fegatino di pollo, qualche dadino di prosciutto, qualche fungo secco fatto rinvenire in acqua fredda e qualche fettina di tartufo bianco. Ma tutte queste aggiunte sono facoltative e se ne potrà fare benissimo a meno, ottenendo ugualmente un ottimo risultato. Ultimata anche la salsa, lessate le tagliatelle, scolatele e conditele con l'intingolo, aggiungendo ancora qualche pezzetto di burro e del parmigiano grattato. Potrete mangiarle subito, o meglio lasciarle stufare un pochino nella terrina, coperte e vicine al fuoco affinchè possano insaporirsi meglio. Potendo disporre di qualche cucchiaiata di crema di latte, si può unire alla salsa al momento di condire le tagliatelle. In questo caso non è necessaria l'aggiunta del burro. Ci sono infine altri che dopo aver fatto arrosolare legumi e carne, prima di bagnarli col brodo, l'acqua o il latte, aggiungono nella casseruola una cucchiaiata di farina che serve a legare di più l'intingolo. Queste, le tagliatelle verdi. Crediamo inutile soffermarci sulle comuni tagliatelle alla bolognese, poinon differiscono dalle precedenti che per essere fatte con pasta all’ uovo senza spinaci, fermo restando tutto il resto.

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Perchè le donne di cucina non sono abbastanza diligenti. Infatti questa pietanzina che pure è di una semplicità incredibile,

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Il pesce cuoce abbastanza presto e generalmente un quarto d'ora di ebollizione lenta è sufficiente. Appena il pesce sarà cotto estraetelo, pezzo per pezzo, appoggiandolo su un piatto, passate la cottura da un colabrodo e rimettete il liquido al fuoco per farlo restringere un poco. Prendete adesso un buon pezzo di burro, circa mezzo ettogrammo, mettetelo sulla tavola e impastatelo, con la mano o con una larga lama di coltello, con un cucchiaio scarso di farina. Mettete questo burro nell'intingolo, mescolate, e vedrete che pian piano la salsa si addenserà e prenderà un aspetto vellutato. Rimettete dentro i pezzi del pesce, lasciate scaldare senza far più bollire e poi travasate il tutto in un piatto, contornando con qualche crostino di pane fritto nel burro e, volendo fare le cose elegantemente, con qualche gambero di acqua dolce cotto a parte in un po' di vino bianco.

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Non è necessario mettere il sale essendo il tonno già abbastanza salato di per sè.

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Impastate il tutto con un uovo intero, due cucchiaiate di parmigiano grattato, sale, un po' di prezzemolo e di basilico tagliuzzato e lavorate bene l'impasto che deve risultare compatto e abbastanza duro. Formatene un polpettone. Prendete una casseruola ovale o un qualunque altro recipiente più largo che alto, metteteci dell'acqua sufficiente per sei minestre, una cipolla, una costola di sedano, una radica gialla, del prezzemolo, un pomodoro in pezzi, sale e fate bollire. Appena questo brodo bollirà immergete il polpettone preparato e abbassate subito il fuoco perchè l'ebollizione possa protrarsi insensibilmente per due ore. Bollendo troppo forte il polpettone si romperebbe e non si rassoderebbe uniformemente. Dopo due ore di cottura tiratelo su, mettetelo in un piatto, ricoprite il polpettone con un altro piatto in modo che sia pigiato leggermente. Quando sarà freddo tagliatelo in fette, disponetele nel piatto di servizio, e ricoprite queste fette con salsa maionese. Del brodo potrete servirvene per minestra.

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Mettete le fettine sul tagliere e se non fossero abbastanza sottili spianatele leggermente. Avrete preparato delle foglie di salvia fresca e mezzo ettogrammo di prosciutto diviso in tante fettine per quanti sono i pezzi di carne. Su ogni bistecchina ponete una foglia di salvia e una fettina di prosciutto e per impedir loro di muoversi appuntateli sulla carne con uno stecchino: nè più nè meno di come fareste per appuntare con uno spillo due stoffe fra loro. Mettete al fuoco una teglia di rame con un po' meno di mezzo panino di burro, e quando il burro sarà liquefatto mettete a cuocere i saltimbocca, che condirete con poco sale — il prosciutto contribuisce in parte a dar sapore alla carne — e un pizzico di pepe. Conducete la cottura vivacemente e appena la carne avrà preso colore da una parte, voltatela dall'altra. In tutto non dovrà stare al fuoco che pochissimi minuti. Accomodate i saltimbocca in un piatto disponendoli in modo che la fetta di prosciutto rimanga di sopra; versate una cucchiaiata o due d'acqua nella teglia, staccando con un cucchiaio di legno la cottura della carne, aggiungete un altro pezzetto di burro e appena questo sarà liquefatto versate la salsetta sui saltimbocca e mangiateli subito. La carne va presentata in tavola senza togliere gli stecchini e può essere servita semplice e con un contorno di fagiolini al burro, piselli, carciofi, sparagi, patate, ecc. Alcuni trattori fanno i saltimbocca anche con la carne di manzo, ciò che è un errore; altri, ancor meno scrupolosi non esitano a servirsi addirittura del cavallo: forse pensando che trattandosi di salti... in bocca il cavallo è l'animale più adattato.

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. — Troppo onore, forse — soleva dire il suo padrone — per un mangiatore di ghiande, ma non abbastanza per un cercatore di tartufi!

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Dovrete tenerla al fuoco da venticinque a trenta minuti non più, sempre che il fuoco sia abbastanza gaio da poter assicurare la cottura. Le beccacce vanno cotte all'ultimo momento e vanno servite ben calde, quindi regolatevi nel metterle a cuocere affinchè non abbiano ad attendere troppo. Un'operazione che invece richiede un pochino più di tempo è quella dei crostini, che, come sapete, accompagnano deliziosamente la beccaccia. Con le interiora di ogni beccaccia vengono sei crostini. Quindi regolatevi in conseguenza a seconda del numero delle beccacce che dovrete cucinare. Da un pane a cassetta possibilmente raffermo, ritagliate delle fette di pane spesse un centimetro scarso e della grandezza di una carta da giuoco. Prendete una teglia in cui i crostini possono stare allineati in un solo strato, mettete del burro in questa teglia, fatelo soffriggere e quando sarà ben sciolto e fumante friggete i crostini da una sola parte avvertendo che il pane non dovrà abbrustolirsi ma prendere una leggerissima colorazione bionda: quindi i crostini debbono stare pochissimo al fuoco. Quando avrete fritto tutte le fette di pane, estraetele e lasciate il burro nella teglia perchè servirà ancora. Mettete adesso sul tagliere tutte le interiora della beccaccia e cioè i polmoni, il cuore, il fegato e le budelline, mettete anche sul tagliere due fegatini di pollo o tre se sono piccini e tritate il tutto grossolanamente. Mettete adesso un po' di burro in una padellina, passateci il trito di fegatini di pollo e interiora di beccaccia, condite con sale e pepe, mezza foglia di lauro, un ramoscello di timo e un pizzico di maggiorana. Fate cuocere mescolando e quando i fegati saranno ben cotti, passate il tutto in un mortaio e pestate ogni cosa. Dopo pestato passate il composto attraverso un setaccio, forzando con un cucchiaio di legno e raccogliete la farcia in una scodella. Mettete adesso sul fuoco una piccola casseruolina o un tegamino con un dito d'acqua e nell'acqua sciogliete un cucchiaino scarso di estratto di carne in vasetti. Mettete in un bicchiere un dito d'acqua fredda e in essa sciogliete mezzo cucchiaino di fecola di patate. Quando l'acqua della casseruolina bollirà e l'estratto di carne si sarà ben sciolto versate in questo sugo un po' della farina di patate disciolta, fino a che la salsa diventerà molto spessa. Mescolatela e quando vedrete che è bene infittita, toglietela dal fuoco e mischiateci una cucchiaiata di buon marsala. Ripetiamo che questa salsa deve essere molto densa. Travasate questa salsa ottenuta nella scodella della farcia, aggiungete un rosso d'uovo e mescolate bene per amalgamare ogni cosa. Con un cucchiaio distribuite in parti uguali questa farcia sui crostini appoggiandola sulla parte del pane che è stata fritta. Con una lama di coltello pareggiate bene la farcia dandole una forma bombata e poi allineate i crostini nella teglia che avrete lasciata in disparte, dove deve esserci ancora del burro avanzato dalla prima cottura dei crostini. Se questo burro non fosse in quantità sufficiente aggiungetene un altro pochino. Dieci minuti prima di servire la beccaccia, infornate la teglia affinchè la parte inferiore del pane possa colorirsi a sua volta, e nello stesso tempo, la farcia possa rassodarsi e colorirsi leggermente. Al momento di mandare in tavola, togliete dallo spiede la beccaccia, liberatela dalle fettine di lardo poste sul petto, e ai lati del piatto, accomodate i crostini guarnendo la vivanda con qualche ciuffo di crescione, risciacquato, bene asciugato e non condito. Se i crostini fossero molti, li farete servire in un altro piatto, a parte. La dose che noi abbiamo dato è per la interiora di una sola beccaccia. Regolatevi quindi in proporzione.

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Fatto questo, prendete dei quadratini di rete di maiale, grandi abbastanza da poterci avvoltolare il tordo, e in questa rete rinchiudete l'animale. Passate ancora sui tordi così preparati un pennello bagnato di burro liquefatto, e poi rotolate ogni tordo in mollica di pane grattata, facendola bene aderire con le mani o con una lama di coltello. Disponete i tordi così preparati su una gratella e fateli arrostire su della brace bene accesa per una diecina di minuti, ungendoli di quando in quando.

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Conditela con un pizzico di pepe bianco, pochissimo sale, poichè il prosciutto è già abbastanza saporito di per sè, e unite adagio adagio un bicchiere (un quinto di litro) di panna di latte montata, che avrete fatto preparare dal vostro lattaio, raccomandandogli di non metterci zucchero, nè tanto meno liquore: panna montata pura e semplice. Volendo fare una cosina più elegante potrete arricchire il piatto con qualche cucchiaiata di prosciutto cotto tagliato in grossi dadi e qualche pezzetto di tartufo nero tagliato anche a dadi. Ma, ripetiamo, tutto questo è facoltativo. Per l'aggiunta della panna montata, che unirete al composto piano piano, mescolando con grande leggerezza, la purè di prosciutto sarà diventata leggera come una schiuma. Prendete adesso una stampa speciale a questo genere di lavori, detta stampa da «mousse», e che è liscia, senza [immagine e didascalia: Stampa per schiuma fredda (mousse) ] buco in mezzo e col suo coperchio. In mancanza della stampa speciale potrete servirvi di una stampa liscia da budino od anche di una piccola casseruola. Con un nonnulla di olio spalmate leggermente l'interno della stampa. L'oleatura deve essere leggera come un velo. Nella stampa mettete adesso il composto di prosciutto, e battete leggermente la stampa sopra un panno ripiegato affinchè non debbano rimanere vuoti nell'interno; coprite con un foglio di carta bianca la «mousse», chiudete col coperchio e mettete in ghiaccio per un paio d'ore. Invece di oleare la stampa si potrebbe anche foderarne l'interno con della carta bianca, ciò che facilita ugualmente l'uscita della «mousse» dalla stampa al momento di andare in tavola; ma l'oleatura è più sbrigativa. Quando la schiuma sarà ben congelata, capovolgetela su un piatto rotondo, e, se credete, circondatela di rettangoli di gelatina. Ottima per questo scopo, e in genere per tutti i piatti freddi, la nostra gelatina sbrigativa.

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In inverno questo burro dovrà essere ammorbidito, ma d'estate non ce ne sarà bisogno, essendo il burro già abbastanza molle di per sè. Con un cucchiaio di legno incominciate a montare il burro così da renderlo soffice e spumoso. Aggiungete allora lo zucchero, e dopo un poco incominciate col mettere un rosso d'uovo, mescolate e poi aggiungete due o tre cucchiaiate di farina, poi sempre mescolando, ancora un rosso, indi altre due o tre cucchiaiate di farina e finalmente le due uova intiere alternandole sempre con un po' di farina. Man mano che lavorate l'impasto aggiungete anche, a piccole quantità, del latte tiepido fino alla quantità complessiva di mezzo bicchiere scarso, aggiungete anche il sale e finalmente il lievito che come vi abbiamo detto dovrà aver raddoppiato il suo volume. Togliete allora il cucchiaio e con la mano incominciate a sbattere la pasta come se si trattasse di lavorare un babà. Quando la pasta sarà elastica e lucida e si staccherà in un sol pezzo dalla terrina completatela con l'uvetta sultanina, la scorzetta di cedro ritagliata in listerelle e la raschiatura del limone. Lavorate un altro pochino, poi coprite la terrina con un panno ripiegato in quattro e mettete nuovamente a lievitare in luogo tiepido per un paio d'ore. Prendete adesso una stampa della capacità di un paio di litri e col buco in mezzo. Questa stampa potrà essere a pareti liscie o meglio a grosse scanalature verticali ciò che caratterizza la speciale forma del Kugelhupf. Ungete abbondantemente di burro tutto l'interno della stampa e poi metteteci dentro i filetti di mandorle che, girando opportunamente la stampa in tutti i versi, farete aderire allo strato di burro. Per intenderci, tutto l'interno della stampa dovrà essere rivestito dai filetti di mandorle. Se ne avanzassero rovesciate la stampa per farne cadere l'eccesso. Trascorse le due ore prendete la pasta lievitata sgonfiatela battendola col palmo della mano, e poi fatela cadere, a pezzi, nella stampa. La pasta arriverà alla metà. Rimettete la stampa in luogo tiepido e lasciate che raggiunga, lievitando ancora, gli orli della stampa stessa. Infornate allora il dolce a forno di calore regolare e lasciate cuocere da venti a venticinque minuti, più o meno secondo la forza del forno, e quando la pasta si sarà ben dorata, togliete la stampa dal forno, lasciate riposare qualche minuto e finalmente sformate il dolce.

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Si mangia freddo e leggermente inzuccherato, e la pasta conserva abbastanza bene, anche dopo qualche tempo, la sua freschezza.

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Prendete quattro cucchiaiate abbastanza colme di farina (100 grammi), che impasterete con la metà di un panino di burro da un ettogrammo, mezzo cucchiaino da caffè di sale e un paio di cucchiaiate di latte o di acqua. Fate l’ impasto con le mani e procurate che la pasta vi risulti piuttosto soda. Durante la stagione fredda converrà tenere prima il burro in un ambiente tiepido affinchè abbia ad ammorbidirsi quel [immagine e didascalia: Gâteau Mariage] [immagine e didascalia: Trionfo in pastigliaggio con bonbons variati]

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Mettete in una piccola casseruola quattro cucchiaiate abbastanza colme di farina (100 grammi) e un uovo intero. Servendovi di un cucchiaio di legno stemperate tutto ciò con un bicchiere di latte che verserete a poco a poco affinchè non si formino grumi. Quando latte, farina e uova si saranno perfettamente amalgamati, mettete la casseruola sul fuoco e, sempre mescolando, fate cuocere la crema per qualche minuto fino a che si sarà bene addensata, e abbia perduto il sapore di farina. Uniteci allora, fuori del fuoco, una cucchiaiata colma di zucchero in polvere, un rosso d'uovo e la buccia raschiata di un limone. Vi raccomandiamo di non dimenticare questa aggiunta del limone, perchè comunica alla crema un particolare profumo. Versate il composto sul marmo di cucina o in un piatto grande, distendetelo all'altezza di circa mezzo centimetro e lasciatelo freddare. Così il marmo come il piatto dovranno essere leggermente bagnati d'acqua; il composto va steso con un coltello a lama larga. Quando la crema sarà fredda dividetela in tanti quadratini o rombi di circa cinque centimetri di lato che solleverete delicatamente con una lama di coltello, passerete nella farina, nell'uovo sbattuto e poi nel pane grattato. Non vi spaventate se andando a tagliare il composto, esso vi sembrerà un po' molle. Se i pezzi fossero così duri da staccarsi facilmente senza perdere nulla della loro forma geometrica, la crema non avrebbe la sua morbidezza caratteristica. Voi dunque solleverete pian piano i quadratini di crema senza preoccuparvi troppo se perdono la loro forma, e dopo che li avrete passati nell'uovo e nel pane, darete loro una forma corretta accomodandoli con una lama di coltello che appoggerete successivamente sui quattro lati e sulla superficie del quadratino. Pochi minuti prima di mangiare friggete queste piccole creme nello strutto o nell'olio, procurando che la padella sia piuttosto calda. Quando avranno preso un bel colore biondo accomodatele in un piatto con salvietta, spolverizzatele di zucchero e fatele servire. Con questa dose otterrete una quindicina di piccole creme.

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Trattandosi di preparazioni eseguite in famiglia dove, naturalmente, non si possono avere a propria disposizione i vari utensili di cui può disporre il professionista, ci si può anche fermare qui, e si sarà ottenuto, pur con semplicità di mezzi, un risultato già abbastanza soddisfacente. Il lavoro più importante ed anche più difficile, così per le violette candite, come per i fiori d'arancio e le rose, che, su per giù, subiscono tutti la medesima preparazione, è quello della rifinitura a regola d'arte, cioè la brillantatura. Non ostante, come ho già detto, ci si possa arrestare alla prima parte già descritta, esporrò brevemente anche il sistema della brillantatura, per qualcuna tra le più volenterose delle lettrici di questo volume, che vorrà cimentarvisi.

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Invece di far bollire le bottiglie — operazione abbastanza lunga — si può passare la polpa a crudo, e per ogni chilogrammo di essa unire un grammo di acido salicilico. Mescolare, mettere in bottiglie, chiudere semplicemente con un tappo di sughero e conservare in dispensa. In un modo o nell'altro, potrete conservare in bottiglia oltre le albicocche, le pesche, le fragole, il ribes, ecc.

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Prima di procedere alla filtrazione assaggiate il liquore e se non vi sembrerà abbastanza profumato potrete aggiungere un altro pochino di tintura. La tintura che rimarrà, la restringerete, senza le buccie, in una bottiglietta che conserverete ben tappata. Vi si conserverà a lungo e potrà servirvi per preparare altro liquore. Questa crema di mandarino, pur nella sua semplicità, è ottima e profumatissima.

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