Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbassato

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Il codice della cortesia italiana

184486
Giuseppe Bortone 2 occorrenze
  • 1947
  • Società Editrice Internazionale
  • Torino
  • verismo
  • UNICT
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Ci si muove dal proprio posto soltanto quando il sipario è abbassato. E non ci si precipita verso l'uscita, specialmente se si è con signore; né ci si accalca allo spogliatoio. Qui, ritirando le proprie cose, si paga la quota prescritta, beninteso anche per le signore che si accompagnano, o si dà una mancia in proporzione degli oggetti depositati e del posto occupato in teatro. Una signora che si è accompagnata a teatro, specie se invitata, si riaccompagna a casa: onere, in verità non sempre gradito ai signori uomini. Se essa dispensa dal farlo, non si insisterà. Se desidera andare in vettura, si cerca questa e si paga la corsa. Se si dispone di vettura propria, salvo casi eccezionali, per i quali bisognerà scusarsi, non si manda a prenderla o a riaccompagnarla, ma si va. Una signora che s'invita da sé potrà essere dispensata dal pagare la sua quota: se lo rifacesse, insisterà per pagare. Va da sé che queste norme subiscono oggi delle profonde modificazioni - nei particolari, non nelle linee generali - perché, essendo le donne un po' da per tutto, si mettono spesso d'accordo, per esempio, con i colleghi d'ufficio; nel qual caso, si fa « alla romana ». In questo caso, specialmente, le signore e le signorine insistano per evitare ai signori uomini la noia e, talora, il supplizio dell'accompagnamento. Credano: per quanto cavallereschi essi sieno, preferirebbero pagar per loro due posti a teatro piuttosto che accompagnarle a casa. E poi, che bisogno c'è? Era doveroso al tempo dei rapimenti briganteschi o romantici, e quando, per la solitudine e per il buio delle vie, si poteva andare incontro a molestie. Ma oggi chi oserebbe dar noia a una donna che vada veramente per i fatti suoi? Senza dire che qualsiasi donna, sol con uno sguardo, può agghiacciare e far fare marcia indietro al piú intraprendente ed insistente dei seccatori. In Italia, all'uscita dal teatro, non usa accompagnare le signore al caffè o al ristorante: altrove, specialmente in Francia, è quasi di prammatica. C'è, in fine, chi, al teatro, si vergogna di farsi vedere « in alto » e preferisce non andarvi. È uno dei tanti indizi della stupidità umana; prima di tutto, perché, al teatro, si va per noi, per un nostro godimento, non per gli altri; il secondo luogo, se c'è della gente che crede di « essere onorata » da una poltrona o da un palco delle file cosí dette nobili, s'accomodi pure; tanto piú se la sua borsa non ne soffre: ma si può anche « onorare » una modesta sedia, o un palco dalla terza fila in su. È forse una colpa, per le persone intelligenti ed oneste, esser povere?

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Se il pelo è abbassato, si batte il velluto con un giunco flessibile e si espone dal rovescio al vapore d'acqua. Per rimettere a nuovo i vestiti, tuffarli e agitarli in un bagno di benzina ; passarli in un nuovo bagno di benzina; se erano molto sudici, in un terzo: avvolgerli in un panno pulito , strizzarli e metterli ad asciugare all'ombra. Per evitare il raccorciamento dei tessuti di lana. - S'immergono in acqua con allume o con acetato d'allumina. Dopo asciugati, s'immergono nuovamente in acqua con fosfato di sodio ; indi, si lavano con acqua e sapone, e si risciacquano. I guanti di pelle si lavano benissimo strofinandoli con un pezzo di flanella impregnata di una miscela fatta, in parti uguali, di sapone in polvere e acqua ossigenata. I guanti lavabili di pelle. - S'infilano e si lavano le mani in acqua tiepida e sapone di Marsiglia. Si risciacquano le mani inguantate in parecchie acque tiepide: nell'ultima, si può aggiungere qualche goccia di glicerina. Si levano i guanti, si sfregano leggermente con uno straccio delicato, s'imbottiscono di ovatta e si sospendono. Non asciugarli al fuoco. Perché la benzina non lasci l'alone, è bene mettervi qualche presa di fecola di patate. Prima di smacchiare è bene far risaltare ed ammollire le macchie, esponendole al vapore acqueo ; ed è bene altresí non bagnarle coll'acqua prima di levarle. Per ben pulire le pellicce, si adopera della crusca fatta riscaldare in un vaso. La si getta sulla pelliccia distesa e si sfrega. Sbattere dal rovescio, spazzolare. Le pellicce bagnate non si asciugano, né si lisciano, ma vanno scosse delicatamente e, lontano da sorgenti di calore, messe ad asciugare nel senso contrario del pelo. Le volpi, per es. con la testina in giú. - Ovvero si stendono e si spolverano di acido borico in scaglie. Dopo alcune ore, si spazzolano delicatamente nel senso del pelo, o basta soltanto scuoterle. Le pellicce chiare si puliscono stendendole su una tavola, spazzolandone delicatamente e accuratamente il pelo, e stropicciando parecchie volte con magnesia calcinata o con creta in polvere. Passarvi poi una flanella morbida e pulita, scuotere la pelliccia e batterla con un giunco fine e flessibile fino a che non vi sia piú polvere. Le pellicce scure si puliscono come le precedenti; soltanto che, invece della magnesia o della creta, bisogna adoperare la segatura di cedro. Contro le tarme prima di riporre le lane, usa spolverarle di borace in polvere; mettere nei sacchi dei rami di valeriana, di ruta, di lavanda, di antropogono; dei fogli di carta assorbente imbevuti in essenza di trementina ; o, qua e là negli armadi, dei pezzettini di spugna imbevuti di essenza di lavanda, o dei sacchettini con della buona canfora: spandere con uno schizzetto, sugli oggetti di lana, pellicce, ecc. un po' della seguente miscela: Foglie di assenzio gr. 15; pepe nero gr. 10; canfora gr. 5; fiori di piretro gr. 5: polverizzare separatamente e mescolare intimamente. Contro mosche e zanzare. - Per evitare che entrino in casa, bruciare qualche granello di benzoino o di canfora, o un cucchiaio di polvere di fiori di piretro, o un cucchiaio di foglie secche di zucca: o avere nelle stanze una piccola spugna imbevuta di essenza di lavanda; o una pianta di ricino coltivata in vaso; o tenere sui davanzali delle finestre delle bacinelle con soluzione di formolo. Per evitare le punture delle zanzare, lavarsi seralmente viso, collo e mani con infusione concentrata di camomilla o con decozione di legno quassio. Per non sentirne il bruciore, schiacciare sulla puntura un fiore di geranio; o toccare con la tintura di iodio, con l'ammoniaca, con l'alcool, con la glicerina. Verdura in sala. - Riempire un piatto di sabbia fine, inumidirla, cospargerla fittamente di semi di crescione. Mantenere la sabbia sempre umida. Lattuga improvvisata. - Dopo aver tenuto per 12 ore i semi di lattuga nell'alcool denaturato, si seminano in terriccio, concimato con calce viva e stereo di colombi. Si innaffia frequentemente e, dopo due giorni, si può cogliere la lattuga. Per prolungare la vita dei fiori, tenerne i gambi in: acqua l. 1, sali d'ammoniaca gr. 5 con un pezzetto di carbone di legna. Lavatura dei capelli. - Prima si spazzolano con cura; poi si lavano con acqua al legno di Panama; infine, si risciacquano con acqua tiepida, in cui si sia messa qualche cucchiaiata di buon aceto. Sudore eccessivo alle mani. - Fare parecchie frizioni al giorno con la seguente miscela: Alcool, gr. 50, glicerina gr. 50, acido salicilico gr. 5, balsamo del Perù gr. 5. Per i geloni. - Se la pelle è soltanto arrossata frizionarla mattina e sera con alcool benzoinato all'adrenalina all'1 %. Se la pelle è lesa, tenere il gelone sempre coperto e mettervi su una pomatina picrica all' 1%. La bowle si prepara mettendo in un boccale, parecchie ore prima di servirsene, del vino bianco, con qualche cucchiaiata di zucchero e qualche bicchierino di cognac. Vi si aggiunge un po' di frutta di stagione: delle fragole, o delle pesche, o delle albicocche, ecc., tagliate in piccoli pezzi (se si adoperano quelle sciroppate, bisogna diminuire la quantità dello zucchero: non manca quasi mai l'ananas) e si mette il boccale in fresco. Al momento di servirsene, nelle famiglie modeste, si aggiunge dell'acqua minerale, anche artificiale e preparata lí per lí; nelle famiglie che possono, si aggiunge una bottiglia di spumante. Si serve in bicchieri col manico, attingendo dal boccale con lo speciale ramaiolino; e si offre tanto nelle ore pomeridiane quanto in quelle serali. Torta imperiale. - Battere bene 6 torli d'uovo: incorporandovi a mano a mano gr. 250 di zucchero, gr. 250 di mandorle pestate fini, un arancio e un limone grattugiati interamente, con la buccia. Aggiungere i bianchi montati a neve, versare in una teglia imburrata e mettere al forno moderato per una ventina di minuti. Spolverare con zucchero vanigliato. Tartufi di città. - Sciogliere al fuoco, con una cucchiaiata di latte, gr. 150 di cioccolata in polvere. Ritirare e incorporarvi successivamente 1 etto di ottimo burro, gr. 80 di zucchero, gr. 60 di mandorle pestate, un pizzico di vaniglina, 2 torli d'uovo. Dopo alcune ore, farne dei tartufini e rotolarli in altra cioccolata in polvere. Noccioline di serra. - Pestare gr. 200 di nocciole tostate, aggiungendovi gr. 200 di zucchero e gr. 200 di cioccolata in polvere: odore di vainiglia. Impastare con 2 bianchi d'uovo, amalgamare, farne delle palline e rotolarle in zucchero cristallino. Liquore di caffè. - A sciroppo fatto con zucchero gr. 300 e acqua gr. 100 aggiungere caffè preparato con acqua gr. 250 e polvere freschissima di moka gr. 70. Completare con alcool a 95 gr. 150. Odore appena di vainiglia. Filtrare. - Di mandarini. - In un litro di alcool a 95, in infusione per 2 giorni, un bastoncello di cannella frantumata, 2 chiodi di garofano, una noce moscata grattugiata e la parte piú superficiale della buccia di 10 mandarini e 2 aranci. Mescolare poi con uno sciroppo fatto con acqua l. 1 e zucchero kg. 1. Lasciar riposare un giorno e filtrare con carta. - All'uovo. - Frullar bene 6 torli d'uovo, finchè divenuti biancastri. Far bollire 500 gr. di latte con 400 gr. di zucchero. Quando questo è perfettamente raffreddato, incorporarlo con le uova. Aggiungere in ultimo, adagio adagio e rimestando, 130 gr. di alcool a 95 e 130 di buon marsala, in cui si sia sciolto un cucchiaino abbondante di zucchero vanigliato. Conserva di caffè. - Par bollire in gr. 1500 d'acqua, per dieci minuti, gr. 300 di caffè macinato. In altro recipiente, far sciogliere a fuoco forte gr. 650 di zucchero solo. In questo zucchero color oro scuro si versa il caffè depurato dei fondi; e siccome lo zucchero si rapprende, lo si lascia liquefar di nuovo a fuoco lento. Raffreddato, imbottigliare: si conserva a lungo: un cucchiaino in una tazza di latte; due in una tazza d'acqua bollente: ottimo dissetante. Liquore di ginepro. - Acquavite litri 1, bacche gr. 75, anici gr. 2, cannella gr. 1 ; far macerare per 8 giorni filtrare e mescolare con sciroppo di acqua gr. 125, zucchero g. 250. Le bacche di ginepro si bruciano anche negli appartamenti che si vogliono disinfettare. Vino chinato. - Si fanno macerare in 50 gr. d'alcool gr. 30 di corteccia di china calisaya polver. per 24 ore. Si aggiunge un litro di buon vino, rosso o bianco. Si lascia il tutto per 10 giorni, agitando ogni tanto, poi si cola e si filtra. Tonico, aperitivo, febbrifugo. - Far macerare per 48 ore in gr. 200 di alcool a 95 gr. 30 di china rossa polv, e gr. 30 di china gialla. Aggiungervi poi due litri di ottimo vino rosso o bianco: lasciare cosí per 10 giorni, agitando ogni tanto; indi, filtrare e imbottigliare. Mandorlata. - Parti uguali di zucchero e di mandorle: queste né tostate né liberate della seconda buccia. Pochissima acqua al fuoco, farvi sciogliere lo zucchero; aggiungere le mandorle e qualche cucchiaino di cioccolatta o di cacao. Far addensare e versare a cucchiaiate su un marmo unto di olio. Biscotti primavera. - Fior di farina 0,200, zucchero 0,125, latte mezzo bicchiere, burro 0,25 (o due cucchiaiate d'olio), la buccia di un limone grattugiata, bicarbonato gr. 5, cremortartaro gr. 5. Impastare, distendere come sfoglia, tagliare e al forno per dieci minuti su teglia infarinata. Torta casalinga. - 16 cucchiaiate di latte, 4 di olio, 6 di zucchero, la buccia grattugiata di un limone, fior di farina quanto basta per composto denso scorrevole. Aggiungere bustina di buon lievito (o 5 gr. bicarb. e 5 di cremortartaro) e al forno moderato in teglia unta. Ponce imperiale. - Mettere in un boccale tre cucchiaini di tè, la parte piú esterna della buccia di un limone, poi il limone ripulito della parte bianca, sbarazzato dei semi, e tagliato in pezzetti: aggiungervi gr. 500 di zucchero. Versarvi sopra un litro d'acqua bollente, coprire e lasciare in infusione per mezz'ora. Indi, passare il tutto attraverso uno staccio di seta o un panno; aggiungere un litro di buon rhum, agitare e imbottigliare. Quando si serve, si riscalda senza farlo bollire.

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Gambalesta

216097
Luigi Capuana 1 occorrenze
  • 1947
  • Società Editrice Tirrena
  • Livorno
  • paraletteratura-ragazzi
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Cuddu, credendo che quegli stesse per sparare, aveva abbassato la testa, turandosi le orecchie per non sentire il botto. - Morte a nessuno! - replicò il signore in tuba. - I birri saranno carcerati e processati per soddisfazione del popolo... Chi volesse torcer loro un capello, sarà fucilato! Colui che brandiva la pistola, si mordeva le mani: - Che rivoluzione è questa, se non si ammazzano i birri? - sbraitava. - Arrestatelo! - ordinò il signore in tuba. Compare Sidoro, afferratolo pel petto, toglieva di mano la pistola a quel furibondo, e cercava di calmarlo. - Vuoi andare in carcere? Rivoluzione senza sangue... Il comitato ha avuto quest'ordine... I birri saranno processati... Guarda! Spuntava dalla via di rimpetto un gruppo di gente armata, coi birri ammanettati, pallidi come cenci lavati, col terrore della morte negli occhi, barcollanti su le gambe, e diretti verso il carcere là vicino. Quel furibondo cominciò a sputarli. Compare Sidoro lo tratteneva a stento. - Viva l' Italia! Viva l' Italia! - gridarono soltanto coloro che facevano la rivoluzione. E il gruppo che conduceva i birri in carcere attraversò la piazza tra un silenzio profondo. Il cartellone venne affisso al muro, allato alla merceria di compare Sidoro, ed egli vi si piantò davanti da sentinella, col soffione in ispalla, tenendo a distanza i ragazzi. La bandiera già sventolava dalla finestra della casa di faccia. La bottega sottostante era stata sùbito trasformata in Corpo di guardia. Cuddu si avvicinava intanto a compare Sidoro. - Ero venuto, per la lettera... - gli disse sottovoce. - Non ce n' è più bisogno. Caso mai ti manderò a chiamare. Parecchi contadini si erano accostati a guardare il cartellone attaccato al muro; uno di essi lo compitava a stento: - Chi ruba, sarà fucilato! Chi ferisce o ammazza, sarà fucilato - ripeteva ad alta voce compare Sidoro. - Ora andrete al molino senza pagare la polizza... E non più colèra!... Tuo padre è morto di colèra; l' ho visto morire io - si era rivolto a uno dei contadini. - Gli buttarono il veleno dietro la porta... i birracci... Mah! Erano comandati, poveri diavoli!... Nuovo re, nuova legge! E riprendeva a passeggiare su e giù davanti al cartellone, come una sentinella, Cuddu, in due salti, era tornato a casa. Un gruppo di donne filavano, al sole, accanto a la sua porta, ragionando della rivoluzione. Una vecchia rammentava i fatti del quarantotto. La sera della festa di San Rocco, era parso il finimondo: fucilate di qua, fucilate di là; volevano ammazzare tutti i galantuomini e fare la repubblica. Ma i galantuomini si erano armati e avevano ammazzato Pietro Sgarro che intendeva di prendersi la roba di tutti e dividerla coi compagni. Lo avevano lasciato morto su la spianata della chiesa della Trinità, nero come il carbone... E ogni notte, chi passava pel sacrato, ne vedeva lo spirito che si dibatteva per terra, bestemmiando, e poi, precipitandosi dal muraglione, spariva... Cuddu si era fermato ad ascoltare; neppure sua madre si era accorta di lui. - Ora non ammazzano nessuno! - egli disse. - Chi ruba è fucilato! Chi ammazza è fucilato!

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