Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbassato

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Donna Paola

244882
Matilde Serao 1 occorrenze
  • 1897
  • Enrico Voghera editore
  • Roma
  • Verismo
  • UNICT
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L'ufficiale svizzero era in uniforme, tutto gallonato, tutto scintillante di oro: ma teneva il capo abbassato sul petto. - Che avete fatto? - chiese ella, duramente. - Sono scappato, signora. Fuggo da tre ore; due ore siamo stati nascosti in una macchia, il mio cavallo e io. - Non avete preso parte alla battaglia? - No, signora, vi dico che sono scappato. - E perchè? - chiese ella a quel colosso. - Perchè avevo paura - disse lui, semplicemente. - Oh! - fece soltanto lei, celandosi il volto per ribrezzo. - Avete ragione - disse lui, umilmente.- Ma la paura non si vince: sono fuggito. - Non vi vergognate, non vi vergognate? - chiese ella, tremando di emozione. Egli non rispose. Si vergognava, forse. Stava buttato sulla sedia, grande corpo accasciato dalla viltà. - E i vostri soldati? - Chissà! - disse il maggiore, levando le spalle. - Chi ha vinto, dunque? - Non lo so. Avranno vinto gli Italiani. - E siete fuggito? - Già. Vi ripeto, avevo paura. Che m'importa della battaglia? Voi dovete salvarmi, signora. - Io? - Sì. Dovete farmi fuggire. Voglio ritornare a Napoli, in sicurezza. Ho famiglia io: ho figli io: che me ne importa di Francesco II? Salvatemi, signora, ve ne scongiuro. - E perchè dovrei farlo? - Perchè siete donna, perchè siete buona, perchè anche voi avete una figlia... e capite... - Siete un nemico, voi, - V'ingannate, sono un disertore. - Ebbene? - Significa che io temo egualmente i Borbonici, come i Garibaldini. Se mi trovano i vostri, sono un nemico e mi fucilano; se mi trovano i Borbonici, sono un disertore e mi fucilano. Ecco perchè vi chieggo di salvarmi. - Se rientrate a Napoli vi fucileranno. - Garibaldi è buono - disse umilmente il maggiore svizzero. - È una vergogna - ripetette lei duramente. - Lo so; ma che posso farci? Salvatemi voi. - Stamane avreste lasciato - morire la mia bambina. - Che potevo fare? - Eppure il re contava su voialtri! Che uomini siete. dunque? - O signora mia, per carità, non ne parliamo; se avete viscere di madre, trovatemi un mezzo per fuggire. - Io non ne ho. - Lasciatemi stare qua, in questa stanza. - Se vi ci trovano, siamo perduti tutti. - È vero - disse lui, dolorosamente. La bambina aveva ascoltato tutto il discorso, guardando ora sua madre, ora il maggiore. Adesso, ambedue tacevano Egli era immerso nel più profondo avvilimento; ella era combattuta da tanti sentimenti diversi. - Ho anch'io un bimbo di questa età - mormorò il maggiore. - Non Io vedrò più, forse. -Aspettatemi qui - disse donna Cariclea; decidendosi. E uscì. Il maggiore si era inginocchiato vicino al letto e aveva baciata la piccolina. Donna Cariclea tardava. Alla fine, muta, lieve come un'ombra, ritornò. Portava un involto di panni: - Smorzerò il lume - disse, con voce breve, superando ogni ritrosia di donna - toglietevi I'uniforme e mettete questi abiti. Così fece. Dopo pochi momenti ella riaccese il lume; il maggiore era vestito da contadino e l'uniforme giaceva per terra. Egli se ne stava tutto umile, tutto contrito. - Bisogna nascondere quest'uniforme e questa spada - disse lui, - trovandosi, sareste perduta. - È vero - disse lei. - Spezzate dunque la spada. Senza esitare, egli tentò di spezzare la spada sul ginocchio. Ma la buona lama resisteva Alla fine, con la tensione dei suoi muscoli robusti, la spezzò. - Scucite i galloni dall' uniforme - ordinò donna Cariclea. Parzialmente, il maggiore strappò i galloni del suo uniforme. Ella raccolse tutto. - Andiamo a buttarli via. Egli la segui per le scale; essa lo guidava con un fioco cerino. Scesero nel cortile macchinalmente, ella buttò i frammenti della spada nel profondo pozzo, che era in mezzo al cortile. Il maggiore sospirò di sollievo. Poi passarono vicino alla conserva dell'olio; ella vi buttò l'uniforme disadorno di galloni. Alla fine, passando presso un mucchio di letame, ella vi buttò i galloni, rivoltandoli con una pala, per farli andare sotto. - Dio mio, ti ringrazio! - esclamò il maggiore. - E il cavallo? che facciamo del cavallo? Se lo trovano siamo perduti. - È vero - mormorò lui. - Bisogna farlo scomparire. Ora lo ammazzo. - Con che? - Non ho armi, è vero. Andarono presso il cavallo. La buona bestia nitrì; il maggiore fremette di paura. Poi, sciolse le redini dall'anello, trasse il cavallo fuori del portone e rinchiuse il portone. Stettero a sentire, il maggiore e donna Cariclea. Per un pezzo il cavallo scalpitò sulla soglia, battè col capo contro il legno della porta; ma poi ne sentirono il galoppo furioso e pazzo per la campagna. - Domani la campagna sarà piena di cavalli fuggenti - mormorò il disertore. - Andiamo su - fece lei. Risalirono. La bimba era sempre sveglia. Donna Cariclea si chinò e baciò sulla guancia la sua figliuola. In atteggiamento confuso il maggiore aspettava. - Sentite - disse donna Cariclea. - Io ho fatto svegliare Peppino, il boaro. È una creatura bestiale, ostinata e fedele. Farà tutto quello che gli ho detto. Ha messo una scala alla finestra del grande salone. Dà sull'orto. Voi scenderete per quella scala; siete forte, mi pare? - Fortissimo. - Bene; andrete a traverso i campi, ma senza affrettarvi, dovrete avere il passo dei contadini che vanno al mercato. Parlate poco con Peppino, i contadini non parlano. Avete i baffi di un signore e di un militare; ecco le forbici, tagliateveli. Egli eseguì senz'esitare. - Bene. Andrete a passare il Volturno, molto al disotto di Capua; là troverete una scafa, passerete il fiume e vi recherete a Napoli. Peppino vi lascerà, tornerà indietro, non dirà mai una parola con nessuno. Noi, probabilmente, non c'incontreremo più. Tanto meglio. Ma se ci dovessimo mai incontrare, badate bene, non mi ringraziate, non mi tendete la mano, non mi salutate, non mostrate di conoscermi. Se lo faceste, vi darei del disertore sulla faccia. Addio, dunque, signore. - Addio, signora. E fece per accostarsi al letto, donde la bimba lo guardava, e voleva baciarla. - No - fece la madre opponendosi. Egli uscì. Donna Cariclea lo sentì scambiare una parola con Peppino che l'aspettava pazientemente, seduto nell'ombra dello stanzone; udì lo scricchiolio della scala sotto quel corpo pesante; udì i due passi quasi allontanarsi. Allora si accostò al letto della sua piccolina, si curvò su lei: - Pensa che questo sia un sogno, Caterina; dimentica, dimentica tutto, piccolina mia.

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