Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

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Il marito dell'amica

245109
Neera 1 occorrenze
  • 1885
  • Giuseppe Galli, Libraio-Editore
  • Milano
  • Verismo
  • UNICT
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Rileggeva in quei giorni la Parisina, l'Edmengarda, Portia, tutte le storie truci di donne adultere - le leggeva raggomitolata sul divanuccio basso del gabinetto verde mare, coi trasparenti abbassati sulle cortine rosa delle finestre, immersa in un languore pizzicante, pieno di visioni. Il suo piacere maggiore era quello di immaginarsi che fosse veramente caduta; inventava il luogo, il come e il quando. Alfredo le avrebbe detto così e così - ella avrebbe risposto così e così. Chiudeva gli occhi e sentiva nel collo l'alito caldo di Bandini. Si immergeva in quel voluttuoso corrompimento della fantasia fino ad averne le vertigini, e poi saltava in piedi, colle braccia levate gridando: Sono pura! Sono pura! Un po' davvero, un po' affettata, le venne una febbricciuola, accompagnata da dolori reumatici, che la obbligarono a letto; dove Sofia si adagiò rassegnata, circondandosi di una nube di trine, di fiocchi color perla e color cielo appuntati su cuffiette trasparenti; in mezzo a lunghi accappatoi profumati d'ireos, a pezzuole cifrate, e a boccette di aceto aromatico. Il ritratto del suo bambino chiuso in una bella cornice di metallo niellato, con una viola nell'angolo, le stava davanti appeso alla parete. Formava dei progetti seri. Una volta guarita suo figlio tornava a casa; ella stessa se ne sarebbe occupata, sorvegliando i suoi giuochi, l'istruzione e l'igiene; lo avrebbe condotto a fare delle lunghe passeggiate, gli avrebbe insegnato presto che la vita non è altro che un martirio. Se Maria, seduta ai piedi del letto, accennava qualche volta ad un prossimo ritorno in America, ella balzava fuori, avvinghiandosele al collo, supplicandola di non rapirle l'amicizia, il più gran conforto che aveva dopo suo figlio. E Maria restava; presa alle attrattive dell'affetto, della carità; attaccandosi ogni giorno più a quella donna, che avrebbe potuto odiare e che invece amava con un sentimento bizzarro misto di compassione e di abnegazione. Una sera, Sofia dormiva; Maria erasi indugiata più a lungo del solito presso il letto, assorta nelle malinconiche riflessioni che scaturivano a lei da ogni oggetto e dai confronti che le riusciva impossibile il non fare - che faceva anche con una gioia amara, l'unica che le fosse ora concessa. Ella non rifuggiva dai tristi pensieri del suo amore, perchè erano sempre pensieri d'amore, pensieri di Emanuele; e preferiva soffrire con lui odiarlo anche, anzichè liberarsene, dimenticando. Il pendolo si era fermato; Maria non sapeva che ora fosse, ma si alzò sbigottita udendo risuonare nella stanza attigua il passo di Emanuele. Fino a quel giorno ella era riuscita ad evitare un incontro che non credeva pericoloso, ma che trovava della sua dignità l'eludere. Fu dunque con un movimento rapido che aperse l'uscio, decisa di attraversare il salotto senza fermarsi, rispondendo brevemente al saluto del professore. - Maria... - egli disse ponendosele davanti mentre stava per uscire dall'altra parte - Maria, perché fuggite? Era turbato, pallido. Il lume che teneva in mano gli rischiarava tutto il volto, dolcissimo in mezzo alla barba bionda. Maria non trovò una sola parola. - Ve ne prego... Era sempre la sua voce temperata, cristallina; senza effetti di chiaroscuro, vibrante naturale sotto l'impulso del cuore. - È tardi... - Ve ne prego, una sola parola... - Che cosa? Ella ebbe il coraggio di guardarlo, seria, colla fronte alta, mentre il cuore le martellava. Ed egli pure la guardò con tenerezza somma. - Maria, non negatemi il favore di potermi giustificare. - Giustificare? E di che? La durezza dell'accento di lei parve colpirlo; soggiunse con maggior dolcezza ancora, quasi umilmente: - So di avere dei torti agli occhi vostri, ma credetelo, sono torti apparenti, che espio come torti reali. - Non vi ho chiesto delle confessioni. - Permettetemi almeno una discolpa. - A qual pro? Il passato è sepolto. - Siete spietata; non volete neppure conservare una memoria scevra di rancore? - Non ho rancore. - Sì... lo vedo, voi mi credete un vile mentre non sono che un disgraziato. - Vi ingannate; ho di voi la stessa opinione che ebbi sempre... ma lasciamo questi discorsi, a che giovano? Si scostò, facendo un passo verso l'uscio.. Egli la prese per le mani, guardandola supplichevolmente, con una scintilla negli sguardi.. Aveva deposto il lume su di una scansia alta; si trovavano nella penombra dell'uscio aperto, come una volta, quando ella lo aspettava sulla scaletta solitaria e che egli se la stringeva pazzamente al petto. - Ma infine che volete? - mormorò Maria con voce che non era più ferma. Emanuele non rispose subito; solo all'atto che ella fece per sciogliere le mani, una parola gli uscì strozzata dalla gola e la disse a bassa voce, tremando, come un fanciullo che teme di essere battuto. - Vi amo. Maria non gridò, ma ebbe la stessa sensazione come se il fulmine le fosse passato davanti agli occhi; un freddo di paura e di ribrezzo la prese alla nuca, poi una vampa ardente le innondò il volto. Sedette. Egli al vederla così immobile, rigida, che non accennava nè a rispondergli, nè a fuggire, gli si inginocchiò davanti, timido, con le lagrime in fondo agli occhi: - Ascoltatemi, Maria, ascoltatemi per pietà. Sapete che ho passata la vita sui libri, non conosco le frasi galanti che sono come la scherma dell'amore. Altri al mio posto vi parlerebbe con maggior riflessione; io non so neppure quel che mi dica... Comprendo vagamente che dovrei tacere, ma non mi è possibile. Soffro da otto giorni come un dannato. Abbassò la testa sul lembo dell'abito di lei. Maria lo lasciò fare; sembrava pietrificata; cogli occhi sbarrati guardava davanti a sè, come una sonnambula che vede mondi ignoti agli altri mortali. Egli continuò sempre con quella voce che pareva un lamento, dolce, infantile, con una nota scorata di uomo che non spera nulla: Dovrei... no, non recito una parte. Amica mia, ch'io abbia ragione o torto non dico che la verità: è la mia scusa. Piansi tanto dell'abbandono, al quale mi costrinse allora la povertà della mia carriera, che solo oggi comprendo come si possa piangere di più. Tuttavia il tempo aveva cicatrizzata la mia ferita; ve lo confesso... non sono sincero? Mi ritenevo guarito, speravo di avervi dimenticata... il vostro matrimonio vi aveva contribuito moltissimo... ero troppo fiero, troppo onesto per pensare di approfittarne giammai... mi credete nevvero? Disilluso sull'amore e scettico, accettai più tardi un matrimonio di convenienza, fui punito nella perdita delle mie ultime illusioni... Ora vi ho riveduta, e nell'istante che i miei occhi si fissarono nei vostri, tutti questi anni di oblio scomparvero. Io vi ritrovo nel mio cuore così viva come se non foste uscita mai. Ebbene, non mi rispondete? Le labbra di Maria si contrassero a un sorriso strano, spasmodico. Egli le si avvicinò più ancora, senza che ella opponesse nessuna resistenza. - Non avete pietà di me?... Maria si scosse finemente, retrocedendo la sedia: - Pietà, di voi? Di voi? Si arrestò un momento, mettendosi la mano sugli occhi, quasi a persuadersi che non sognava. -E siete voi, Emanuele, che mi chiedete pietà? Voi a cui io la chiesi invano, orfana, abbandonata, struggendomi nel vostro amore? Ma non vi ho io amato fino al delirio, non vi ho dato i più begli anni della mia giovinezza, non ero pronta per voi a qualunque lotta? Voi solo mi respingeste. Che volete adesso? Che posso fare per voi?... Andatevene. L'ira, lo sdegno, il disprezzo fremevano nella sua voce. Emanuele avvilito mormorò: - Non mi perdonate ancora! Ella fece un gesto vivace. No, non mi avete perdonato. Ma che debbo offrirvi per placare la vostra collera? Eccomi disarmato nelle vostre mani; fate di me quello che volete... Colpitemi e sarete vendicata. - Quello che è stato è stato - disse Maria levandosi in piedi - dimentichiamo entrambi. - Null'altro? - Io vi perdono. Poi trascinata da una tenera pietà, soggiunse: - Da lungo tempo vi ho perdonato. Nelle giornate solitarie, in paese straniero, la mente ricorreva volontieri ai dolci sogni del passato. Rifacevo la vostra vita... Quando mancano tutte le gioie si tenta qualche volta la gioia crudele di rimuovere il ferro nella ferita. Io volli immaginarmi la vostra gioventù, atrofizzata da uno scetticismo precoce, rifugiarsi tutta nella idealità dei libri. Con uno sforzo del pensiero vi seguii attraverso i dedali complicati ed aridi dei vostri studi prediletti; a forza di conversare coi morti vi lasciaste sfuggire dalle dita le fila che vi univano ai viventi... eravate vecchio a trent'anni. E quando a voi si confidò il cuore ardente di una fanciulla, trasaliste di quel legger brivido dell'insetto che un bambino trapassa collo spillo, ma la ferita non fece sangue. Voi non sapeste amare. - È vero. Sono un triste scettico che non conobbe della vita altro che il lato cattivo, che non trovò in una felice serenità della mente la fede, che non seppe trarre dall'amore le sue forze maggiori: costanza e sacrificio. Ma questo disgraziato destinato a fare intorno a sé degli infelici, è egli stesso il più infelice di tutti. Se sapeste quante volte invidiai i caratteri caldi e appassionati che attirano le simpatie e che proiettano intorno tanti raggi da illuminare tutto ciò che li circonda! I poeti, gli artisti, i soldati, i martiri, tutti quelli che sorridono, che piangono, che amano, che combattono, essi sono i beniamini della natura. Noi, siamo i reietti. Ma vi è ancora peggio; quando uno dei nostri intorpidito dal lungo sonno, si sveglia, quando dopo tanti anni di tenebre e di negazione scorge improvvisamente la luce e la verità, se vuole rialzarsi, se cerca anch'egli una croce o una bandiera, allora non gli si crede. È un castigo meritato, direte, ma è molto crudele. Un leggero incarnato gli era salito alle guancie; la fiamma che prima gli brillava nelle pupille si era velata di una profonda mestizia. L'orgoglio solo gli impediva di piangere. - Se questa crudeltà esiste, essa non sta in me, ma nella forza di avvenimenti che non posso cambiare. Gli tese la mano, risoluta e calma, padrona della situazione. Egli non osò trattenerla. - Sia. Ma non troverete voi una parola di dolcezza per colui che fu il vostro primo amore? Nel cuore di Maria si combatteva una fiera battaglia; distolse gli occhi da lui: - Dite l'unico. E lo lasciò solo, nella penombra della stanza che la candela illuminava appena.

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