Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Nanà a Milano

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Arrighi, Cletto 1 occorrenze

Nanà sorridendo, cogli occhi abbassati, che si sarebbero fin detti modesti in quel punto, faceva saltar sul palmo la nappetta d'un cuscino che le stava accanto. E non rispondeva. Essa cominciava a trionfare e assaporava con voluttà il piacere della vittoria. Enrico ripetè: - Non volete? Nanà gli stese la mano, e rispose: - Ci si può riflettere. E lo piantò là, perchè... forse... qualcuno l'aveva chiamata. Nessuno assolutamente l'aveva chiamata. Tutti però segretamente la reclamavano. La conversazione, dove non era lei, languiva. Non per quello che ci mettesse lei, ma per quello ch'essa, senza volerlo, ispirava agli altri. Un ah! generale fra gli uomini l'accolse dunque quand'ella si staccò da Enrico e venne a sedere fra la Romea e la grande coquette prémièr rôle rôleAllora la conversazione si rifece generale. - L'assenza dell'oggetto che si ama - sclamò Bonaventuri che non faceva segreti delle sue ammirazioni per Nanà - l'assenza dell'oggetto amato fa lo stesso effetto del vento sulle fiamme: spegne le fiamme deboli e aumenta le forti. - Che filosofo! - Non sono io. È Larochefoucauld. - Voleva ben dir io! - Che cos'è l'adulterio? Ne ho letta una definizione nuova non so dove... aspettate... Non mi ricordo. L'adulterio è una bancarotta fraudolenta della moglie a cui il marito resta sotto col proprio capitale. Va bene? - Sì, e poi? - Soltanto che invece di essere disonorato chi ha fatto fallimento resta disonorato chi ci resta sotto. Verso le undici venne il thè. thè.Nanà aveva dichiarato a' suoi amici che avrebbe recitata la sua scena e cantati i couplets dopo il thè, per tenerli tutti riuniti fino ad ora tarda. Nel porgere la tazza ad Enrico gli disse sotto voce: - Ora mi vedrete nel mio costumino di Parigi, pettinata alla greca; e se mi direte che ho proprio una testa artistica forse... forse mi deciderò a venire da voi. Di lì a poco Nanà entrò nel suo penetral più sacro a travestirsi. Comparve mezz'ora dopo in un delizioso costumino di fantasia che faceva risaltar in modo mirabile le forme opime. Un applauso entusiastico l'accolse. Battevan palma a palma anche le donne, che pur fremevano di rabbia nel loro interno. Nanà era così innamorata di sè e degli applausi che non s'accorgeva o non pensava al dolore che essa procacciava alle proprie amiche, alle quali toccava assistere a' di lei trionfi intimi. Nessuna donna è più nemica di colei che si mostra seducente e adorata in sua presenza. Guardate in una festa da ballo, dove compaia a un tratto qualche astro, e vedrete le occhiate bieche, e gli sguardi di traverso, in tutte le altre donne che prima comparivano sciolte, sorridenti e felici. La Romea, per esempio, che si sapeva tanto diseredata di curve, arrabbiò come una dannata al mostrarsi di quella maravigliosa figlia di Eva, sfolgorante di gioventù e di bellezza, e si sentì presa a un tratto da un'immensa voglia di piangere. Fu la sola che non ebbe l'ipocrisia di battere le mani. Ben inteso che le altre fingevano di battere; ma accostavano adagino palma a palma per non aumentar il fracasso. Gli uomini invece pareva volessero impazzire di gioia e di ammirazione. E avevano perfettamente ragione. Chi non si scuote all'idea della bellezza artistica è un ciuco. Inebbriati da quella apparizione essi perdevano perfino la misura delle manifestazioni decenti e scordavano appunto che in mezzo a loro stavano sette infelici creature, che sorridendo si mordevano le labbra a sangue e soffrivano per quegli omaggi e per quei gridi, come se ricevessero in viso le più mortali ingiurie. Ma è così. Certi giovinetti non sanno dissimulare e mentire se non precisamente quando farebbero invece assai meglio a dire la verità. Un "zitto, silenzio, basta" s'elevò da ogni parte quando Nanà fè' cenno che avrebbe incominciata la scena. Ella si mise dunque a recitare abbastanza male un monologo che la si era fatta scrivere per un'occasione consimile, tutto pieno di motti a due tagli e di idee lascive. Gli spettatori, tranne O'Stiary, giubilavano. Le donne facevano mostra qualche volta di scandolezzarsi onde aver il diritto di dire poi di Nanà cose oscene, per ringraziarla del pranzo. Quel monologo era una birbonata qualunque, intermezzato da couplets, che Marliani accompagnava al piano. Gli applausi scoppiavano fragorosi, pazzi, ad ogni refrain. refrain.E le donne intanto sussurravano sottovoce agli uomini di condurle a casa. Una aveva l'emicrania, l'altra male al petto. La Romea protestava mal di denti. Non c'erano, che la buona Giannella e la signora Fanny, che avessero pigliato il loro partito e che lodassero schiettamente l'artista e la donna bella. Appena ebbe finito l'ultimo ouplet, Nanà fuggì via con un fare modesto ed infantile, che piacque immensamente agli uomini, e che fece sempre più bestemmiar le donne, in petto. Marliani tentò da balordo di seguirla verso la stanza da letto, ma Nanà gli chiuse bravamente l'uscio in faccia. Questo tratto sollevò una salva sterminata di nuovi applausi, e un ridere saporito e grasso in tutti quanti. - Che ne dite? - domandò Nanà a Enrico tornando nel salotto vestita come dianzi. - Voi siete adorabile, e io vi amo come un pazzo - disse Enrico. Nanà trasse un lungo e tacito respiro dal petto. - Verrete voi nel mio studio? - Domani alle due aspettatemi.

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