Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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IL FIGLIO DEL CORSARO ROSSO

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Salgari, Emilio 1 occorrenze

Marciavano già da qualche ora sempre in mezzo alle canne, quando il bucaniere si fermò di colpo, dicendo rapidamente: - Abbassatevi! Il conte il basco ed il guascone si erano affrettati ad obbedire. - Che cosa c'è dunque? chiese il conte, dopo qualche istante di attesa. - Rimanete qui, signore, rispose Buttafuoco. - Siamo piú vicini di quello che crediamo alla villa della marchesa; non so però se potremo facilmente raggiungerla. Io mi domando se per caso gli spagnuoli hanno indovinato le nostre intenzioni. - Perché dite questo, Buttafuoco? - Mi spiegherò quando sarò tornato. - Vi allontanate? - È necessario, signor conte: ma la mia assenza non sarà lunga. Voglio essere certo che non cadiate in qualche imboscata. Quello che vi raccomando è di non muovervi, qualunque cosa dovesse accadere, e se vi attaccano, di resistere fino al mio ritorno, altrimenti non saprei piú ritrovarvi fra tutte queste canne e queste erbe palustri. E poi potreste cadere nella savana tremante che deve trovarsi sulla vostra destra, e non uscireste mai piú da queste sabbie. - Dunque siamo seriamente minacciati? - disse il signor di Ventimiglia un po' preoccupato della brutta piega che prendevano le cose. - Non so nulla per ora. Addio, signor conte, e se non mi spaccano il cranio con una palla, mi rivedrete presto. Ciò detto il bucaniere si mise a scivolare fra le canne, senza produrre il piú leggero rumore, allontanandosi velocemente. - Che questa caccia non finisca piú? - disse il guascone. - Signor conte, avete fatto male a lasciare San Domingo. Se foste ritornato nella mia soffitta, nessuno sarebbe venuto a cercarvi di certo. - Ma se volevate accopparci! - disse Mendoza. - Perché vi avevo creduto due ladri - rispose don Barrejo. - Se avessi saputo con quali persone avevo da fare, non avrei sfoderato la mia draghinassa. Speriamo che tutto finisca bene. Non è la pelle che mi dispiacerebbe perdere, bensí i miei dobloni. - Ci tenete tanto? - Un guascone non è mai stato un signore - rispose l'avventuriero con gravità. - Il signor conte può affermarlo. - Io tengo piú alla mia carcassa, quantunque nemmeno i baschi siano mai stati castellani, don Barrejo. - Zitti! - disse il signor di Ventimiglia. - Non è il momento di discutere con la lingua, bensí con l'archibugio. Aveva aperto con precauzione il gruppo di canne che serviva loro di nascondiglio e osservava attentamente dinanzi a sé. - Vengono? - chiese Mendoza. - Non vedo nessuno; eppure se fossi a bordo della mia fregata, mi troverei meglio che qui, anche se ci fossero due galeoni dietro poppa. Un leggiero fruscio si fece udire in quel momento, poi, dopo qualche istante, comparve Buttafuoco. - Partiamo subito, signore! - disse - o non giungeremo mai piú alla fattoria della marchesa. Stiamo per essere circondati. - Ancora? - chiese il conte. - Sono già giunti? Eppure odo sempre i cani latrare verso la savana! - Io non so quante cinquantine si siano messe in campagna per catturarci. A quanto pare gli spagnuoli ci tengono a prendervi. Dopo tutto, non hanno torto: i tre corsari hanno lasciato troppi ricordi nel golfo del Messico! In marcia, signori! Ogni minuto perduto è un grave pericolo di piú per noi. - Riusciremo a passare inosservati? - Sí, lungo la savana tremante - rispose Buttafuoco. Ripartirono velocemente, tenendosi nascosti dietro alle canne, guidati dal bucaniere. Di quando in quando Buttafuoco si gettava a terra e accostava un orecchio al suolo, ascoltando attentamente, poi si rialzava e ripartiva con maggiore velocità. Dopo cinque o seicento metri, i quattro fuggiaschi si trovarono sulla riva di un'altra savana. - Questo è il momento terribile! - disse Buttafuoco. - Le cinquantine sono sulla nostra sinistra. Vi concedo cinque minuti di riposo poiché avrete da mettere, molto probabilmente, le vostre gambe ad una dura prova. - Finiremo col diventare cani levrieri - disse Mendoza, scuotendo il capo. - Questo è un allenamento in piena regola. Il bucaniere lasciò trascorrere i cinque minuti, poi si alzò dicendo: - Tenete pronti gli archibugi! Vengono! ... - Ah! ... poveri i miei dobloni! - mormorò il guascone. Buttafuoco si era slanciato a corsa disperata. Pareva che un improvviso terrore avesse colto quell'uomo che pure sembrava avesse un cuore di bonzo. Ad un tratto si udirono alcuni colpi di archibugio, accompagnati da altissime grida e da latrati furiosi. Le cinquantine si erano accorte del passaggio dei fuggiaschi ed avevano aperto il fuoco. - Fulmini! Piove piombo! - esclamò il guascone, il quale apriva piú che poteva le sue lunghe e magrissime gambe. Alcuni uomini, preceduti da parecchi cani, si erano slanciati fuori dai gruppi di canne, urlando a piena gola: - Ferma! ... Ferma! ... - Sparate prima sui cani! - gridò Buttafuoco. - È necessario! Si era fermato contro il tronco d'una palma e aveva imbracciato l'archibugio. Sette bestiacce giungevano l'una dietro l'altra, con le gole spalancate, urlando come lupi famelici. Buttafuoco sparò il primo colpo, abbattendo il capo-fila che era il piú grosso e che probabilmente doveva essere anche il piú feroce e pericoloso. Il conte ed i suoi compagni a loro volta fecero fuoco, gettandone giú altri, poi snudarono le spade, tenendosi in parte riparati dietro al tronco della palma. Non erano indiani da scappare dinanzi a quei feroci mastini che incutevano agli ingenui figli dell'America centrale, non abituati a vedersi assaliti da bestie cosí grosse, tanta paura Un luccicare d'acciaio, sette od otto colpi, menati con forza terribile, e le bestie rimasero a terra, sbudellate o decapitate. Gli spagnuoli, che avevano contato sull'assalto di quei mastini, vedendoli stramazzare l'uno dietro l'altro, ricominciarono a sparare, ma essendo costretti a far fuoco correndo, le loro palle non colpivano mai il segno, anche a causa dei canneti, dietro ai quali si riparavano i fuggiaschi. Buttafuoco ed i suoi compagni avevano subito ripresa la corsa, non avendo alcun desiderio d'impegnare una battaglia che non offriva nessuna possibilità di riuscire a loro favorevole, dato il numero degli assalitori. Sbarazzatisi dei cani, i soli che avrebbero potuto raggiungerli e dare loro molto da fare, si erano raccomandati alle proprie gambe, poiché ormai la loro salvezza non consisteva che nella robustezza e resistenza dei garretti. Buttafuoco, abituato alle fughe precipitose, correva con uno slancio invidiabile. Quel diavolo d'uomo, quantunque non piú giovane, filava come un vero daino inseguito da una muta furibonda. Chi si trovava male era sempre Mendoza, il quale non finiva mai di borbottare, assicurando di essere ormai finito, dopo tante scappate. Il guascone invece allargava sempre piú le sue gambe smisurate e pareva che se ne ridesse di quella corsa indiavolata. Buttafuoco pure, di quando in quando, faceva qualche breve sosta per sparare qualche archibugiata, ma piú per concedere ai suoi compagni un mezzo minuto di riposo che colla speranza di abbattere qualche nemico. Quella corsa furiosa durava da circa mezz'ora e gli spagnuoli erano rimasti tanto indietro da non scorgerli piú, quando Buttafuoco andò a urtare contro una palizzata. - Siamo salvi! - gridò. - Ecco la fattoria della marchesa di Montelimar!

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