Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbassate

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Cosima

243693
Grazia Deledda 1 occorrenze
  • 1947
  • Arnoldo Mondadori Editore
  • Milano
  • verismo
  • UNICT
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Visitò la camera dall'altro lato del pianerottolo; passò il dito sugli intarsi del tavolino rotondo, e provò a sedersi sul vecchio sofà le cui molle si erano abbassate. Le piacevano i mobili diversi dai soliti di casa; e invero anche le sedie imbottite, di noce e di stoffa verdastra, che completavano l'arredamento di quella camera quasi signorile, erano interessanti; poiché il sedile era mobile e si poteva toglierlo dal fondo della sedia per spazzolarlo con comodo. Ecco che ella ne solleva uno, piano piano, osservandone l'imbottitura interna sostenuta da striscie di grossa tela; e pensa che se avesse qualche cosa da nascondere, quello sarebbe il posto migliore. Nascondere! Questa, anche, era una delle sue piú segrete e forti aspirazioni; e questa, anche, si spiegò piú tardi, collegandola all'istinto degli avi che vivevano sulle montagne e nascondevano le loro cose per sottrarle alla rapina dei nemici. Poi ritornò sulla scala; altre cose interessanti, per lei, erano una finestrina vuota aperta sulla parete interna fra una rampata e l'altra, e, affacciandovisi, ella fantasticava un precipizio, una cascata di lava soffermatasi con quei gradini azzurrognoli; e sopra tutto una finestra piú grande, segnata ma non aperta sull'alto della parete che finiva sul soffitto. Chi aveva segnato quell'apertura che non si apriva, quel rettangolo scavato sul muro che, se sfondato, avrebbe lasciato vedere un grande orizzonte di cielo e di lontananze? Forse era stato un capriccio del muratore, forse si pensava a una sopraelevazione della casa, cui sarebbe stata poi utile quell'apertura: ad ogni modo, Cosima si incantava ogni volta a guardarla; l'apriva con la sua fantasia, e mai in vita sua vide un orizzonte piú ampio e favoloso di quello che si immaginava nello sfondo di quel segno polveroso e pieno di ragnatele. Però, anche l'armadio a muro del pianerottolo, era della stessa famiglia; e poiché nella camera della madre s'era di nuovo fatto silenzio, ella ridiscese cauta, e sollevò la tendina di percalle a fiori rossi e gialli. Tante cose straordinarie arricchivano le due mensole trasversali: a quella piú alta Cosima non poteva arrivarci, e doveva allontanarsi di due passi per vederci bene; ed era giusto che le cose lassú non dovessero toccarsi, come non si toccano i sacri oggetti dell'altare. Con l'altare la mensola aveva qualche rassomiglianza, coi quattro candelabri in fila, due di ottone, due di rame; e in mezzo un vaso di vetro; ma l'oggetto più meraviglioso era un grande piatto di cristallo, finemente inciso come nel diamante appoggiato alla parete di fondo; Cosima non ricordava di averlo mai veduto adoperare, e neppure aveva un'idea dell'uso che poteva farsene; questo lo rendeva piú raro, quasi misterioso: le pareva, vagamente, un simbolo, un piatto sacro, proveniente da antichi tesori e magari una immagine del sole, della luna, dell'ostensorio quando il sacerdote lo innalza e lo fa vedere alle folle adoranti. E lei adorava davvero quel piatto, alto, intoccabile; lo adorava - e questo anche lo capí molto piú tardi - perché rappresentava l'arte e la bellezza. Nella mensola di sotto c'erano stoviglie, ampolle, e alcune tazze per caffè, bellissime anch'esse, dipinte di rose pallide e dorature delicate; e i relativi cucchiaini di ottone, col manico lavorato; fin qui il dito di Cosima poteva arrivare, ma solo il dito, per sfiorare una rosellina sul candore della porcellana, come si sfiora una rosa vera che è proibito di cogliere; poi la tenda ricade, come un sipario, su quell'altare, su quel giardino; ed ella ritorna sulla scala, conta i gradini, è sull'ultimo pianerottolo, quasi eguale a quello di sotto; ma invece dell'armadio a muro c'è qui un'altra comodità: due fornelli, caso mai si dovesse un giorno servirsi di quell'ambiente per uso di cucina. E la piccola sognatrice pensa che un giorno dovrà anche lei sposarsi, come la madre, come le zie, e abitare lassú, e in quei fornelli manipolare i cibi per sé e la famiglia. Per adesso le due camere, a destra e a sinistra, coi pavimenti di legno quasi ancora grezzo, sono le piú povere della casa; con lettini di ferro, i pagliericci pieni di foglie crepitanti di granone, una tavola, alcune sedie. Ma in quella dei ragazzi esiste pure una grande ricchezza; uno scaffale pieno di libri: libri vecchi e libri nuovi, alcuni di scuola, altri comprati da Santus nell'unica libreria della piccola città. Cosima non sa ancora leggere, ma capisce le figure, e sebbene anche qui sia proibito di toccare, apre piano piano un grande libro di fogli grossi, anzi di cartoni color cilestrino, tutti segnati di punti gialli, ch'ella sa che cosa sono: sono le stelle, nell'atlante celeste. Dopo di che non le rimane che guardare dalle finestre aperte; una sulla strada, l'altra sullo spazio dell'orto e poi su degli orti attigui, fin dove questi scendono alla valle invisibile, dalla quale si sollevano i monti: monti grigi vicini, con macchie di boschi, con profili marcati di roccie, con torri di granito: monti piú lontani, di calcare azzurrognolo, quasi luminosi al sole di maggio; e altri monti ancora, piú alti, piú azzurri, evanescenti, monti di leggenda e di sogno. La finestra che guarda sulla strada è meno pittoresca, ma anch'essa interessante e viva. Solo un breve marciapiede corre davanti la casa: il resto della strada è selciato di ciottoli, con una cunetta centrale per lo scolo dell'acqua piovana. Le case sono abbastanza civili; appartengono quasi tutte ai parenti del signor Antonio. Quella in fondo è del fratello prete, don Ignazio tabaccone e trasandato; poi viene quella di zia Paolina, vedova benestante con i figli pastori e agricoltori; poi anche quella di zia Tonia, anche lei benestante, con un figlio che studia per droghiere. Il padre di questo ragazzo è morto, tuttavia zia Tonia non è vedova: poiché ha preso un secondo marito, ma dopo un mese di matrimonio lo ha cacciato via di casa, e infine si è separata legalmente da lui; è una donna simpatica, energica, intelligente, e le persone piú gioviali del quartiere la visitano giornalmente, nelle ore di riposo; giocano a carte, discutono, combinano burle, mascherate di carnevale, tengono allegro tutto il vicinato. La casa piú importante è però quella abitata dal canonico, di fronte: un vero fortilizio, con cortili e giardini interni, uno dei quali, quasi pensile, pieno di rose, di melograni, con un gelso alto carico di piccoli frutti violetti. Di là si stende un panorama di case e casupole che formano il quartiere piú caratteristico e popolare della piccola città, e il campanile bianco della chiesa del Rosario emerge sopra i tetti bassi e scuri come un faro tra gli scogli.

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