Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbassate

Numero di risultati: 5 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Mitchell, Margaret

221552
Via col vento 5 occorrenze
  • 1939
  • A. Mondadori
  • Milano
  • Paraletteratura - Romanzi
  • UNICT
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Sembrava la camera di una scolaretta, col suo lettino stretto a spalliera bassa, le tendine abbassate, i tappeti chiari; cosí diversa dalla sontuosità della camera da letto di Rossella coi suoi mobili intagliati, le tende di broccato rosso, i tappeti di velluto. Melania era a letto: sotto le coperte la sua figura era minuta e sottile come quella di una bimba. Due trecce nere le ricadevano ai lati del volto; sotto agli occhi chiusi si disegnavano due profondi cerchi violacei. Vedendola, Rossella rimase come radicata a terra, appoggiata allo stipite. Malgrado la semioscurità, vedeva che il volto di Melania aveva un color di cera giallognola, come se non avesse piú sangue; e il naso era stranamente assottigliato. Fino a quel momento Rossella aveva sperato che il dottor Meade fosse in errore. Ma ora sapeva. Aveva visto in ospedale troppi visi che avevano quell'espressione; e sapeva che cosa presagiva. Melania era moribonda; ma per un momento il cervello di Rossella rifiutò di arrendersi. Non poteva morire. Era impossibile che morisse. Dio non lo permetterebbe perché lei, Rossella, ne aveva troppo bisogno. Non se ne era mai resa conto prima. Ma ora la verità sorgeva dai piú ascosi recessi della sua anima. Ella aveva sempre fatto assegnamento su Melania come su stessa, senza saperlo. Ora Melania moriva e Rossella sapeva che non avrebbe potuto fare a meno di lei che era stata la sua spada e la sua difesa, la sua forza e il suo conforto. Attraversò la stanza in punta di piedi, col cuore stretto dal panico. «Non posso lasciarla morire!» pensò; e piombò accanto al letto in un gran fruscío di vesti. Afferrò la manina che giaceva sulla coperta e fu nuovamente atterrita sentendola cosí fredda. - Sono io, Melly - disse. Gli occhi di Melania si apersero un poco; poi, come se fosse stata soddisfatta nel vedere che era veramente Rossella, si richiusero. Dopo una pausa la moribonda trasse un respiro e mormorò: - Mi prometti? - Oh, tutto quello che vuoi! - Beau... ti occuperai di lui? Rossella poté soltanto annuire, sentendosi soffocare, e strinse lievemente la mano che era nella sua, per assentire. - Te lo do. - Vi fu un debole tentativo di sorriso. - Te lo diedi già una volta, prima... ricordi? prima che nascesse. Se si ricordava? Come poteva dimenticare quel periodo? Risentí precisamente come se fosse allora il calore soffocante del pomeriggio di settembre; ricordò la paura degli yankees, udí Io scalpiccío delle truppe in ritirata, riudí la voce di Melania che la pregava di tenere con sé il bambino se lei fosse morta... ricordò anche che quel giorno aveva odiato Melania e sperato che morisse. «L'ho uccisa io» pensò con angoscia superstiziosa. «Ho desiderato cosí spesso la sua morte; e Dio mi ha ascoltata e mi punisce. » - Non parlare cosí, Melly! Sai che supererai anche questo... - No. Prometti. Rossella deglutí. - Certo che prometto. Lo tratterò come se fosse mio figlio. - Collegio? - La voce di Melania era debolissima. - Certo! Università di Harvard, Europa e tutto ciò che sarà necessario... un pony... lezioni di musica... Oh Melly, ti supplico! Tenta di guarire! Il silenzio ricadde; sul volto di Melania apparvero i segni di una lotta per raccogliere la forza di parlare ancora. - Ashley... - disse. - Tu e Ashley... - E la voce tacque nuovamente. Il cuore di Rossella si fermò e le pesò come un masso di granito. Melania sapeva. Rossella lasciò cadere il capo sulla coperta e un singhiozzo che non volle uscire la strinse alla gola come una morsa di ferro. Melania sapeva. E Rossella non provava piú vergogna, piú nulla se non un selvaggio rimorso di avere per tanti anni offeso quella soave creatura. Melania aveva sempre saputo... eppure era rimasta sua amica. Oh, poter rivivere quegli anni! Non poserebbe mai piú i suoi occhi su quelli di Ashley... - O Dio - pregò rapidamente - ti supplico, falla vivere! Sarò buona con lei. Non parlerò piú con Ashley finché vivo, se la fai guarire! - Ashley... - riprese Melania debolmente; e le sue dita cercarono di toccare il capo chino di Rossella. Il pollice e l'indice riuscirono ad afferrare una ciocca di capelli, con la stessa forza che avrebbe avuto un bambino. Rossella comprese il desiderio della morente: che ella levasse il capo. Ma come incontrare lo sguardo di Melania e leggervi la conoscenza del suo tradimento? - Ashley... - mormorò nuovamente Melania. Rossella sentí che sarebbe assai meno tremendo per lei guardare in faccia Iddio, nel giorno del Giudizio Universale, e leggere la sentenza nei Suoi occhi. La sua anima si contorse, ma ella alzò il capo. Vide gli stessi occhi neri pieni di dolcezza, infossati e resi opachi dalla morte imminente; la stessa bocca affettuosa che tentava faticosamente di trarre il respiro. In essi non era alcun rimprovero, alcuna accusa... solo l'ansia di non avere abbastanza forza per parlare. Per un attimo Rossella fu cosí stupita che non provò neanche sollievo. Poi un fiotto di calda riconoscenza verso Dio la inondò; e per la prima volta dalla sua infanzia ella levò al Cielo una preghiera priva di egoismo. «Ti ringrazio, Dio mio. So che non ne sono degna; ma Ti ringrazio perché non glielo hai fatto sapere.» - Che vuoi dire di Ashley, Melly? - Ti... occuperai di lui? - Certo. - Si raffredda... cosí facilmente. Vi fu una pausa. - Occupati... dei suoi affari... capisci? - Capisco. Me ne occuperò. Fece un altro sforzo. - Ashley non è... un uomo pratico. Solo la morte poteva far riconoscere questo a Melania. - Occupati di lui, Rossella... ma... che non se ne accorga. - Sorveglierò lui e i suoi affari, senza che se ne accorga. Fingerò di dargli dei suggerimenti. Melania cercò di sorridere; i suoi occhi ebbero un'espressione di trionfo nell'incontrare quelli di Rossella. Il loro sguardo suggellò il contratto: la protezione di Ashley Wilkes contro un mondo troppo aspro per lui, passava da una donna a un'altra, e l'orgoglio maschile di Ashley non sarebbe mai stato umiliato dalla conoscenza di questo patto. Dopo la promessa di Rossella i lineamenti di Melania si distesero e sul suo volto apparve un'espressione di pace. - Sei cosí intelligente... e coraggiosa... e sei sempre stata cosí buona con me... A queste parole il singhiozzo liberò la gola di Rossella, la quale si chiuse la bocca con una mano. Aveva l'impulso di urlare come una bambina e di prorompere: «Non sono stata buona con te! Ti ho fatto torto! Non ho mai fatto nulla per te, ma solo per Ashley!» Si alzò in piedi bruscamente mordendosi un dito per riacquistare il dominio di sé. Le tornarono alla mente ancora una volta le parole di Rhett. «Ti vuol bene. Questa sarà la tua croce.» La croce era adesso piú pesante. Non bastava aver cercato in ogni modo di toglierle Ashley! Melania, che aveva avuto per tutta la vita una fiducia cieca in lei, le conservava lo stesso affetto e la stessa fiducia anche nella morte. No, non poteva parlare. Non poteva neanche dirle nuovamente: «Fai uno sforzo per vivere». Doveva lasciarla andare cosí, senza sforzi, senza pena, senza lacrime. L'uscio si aperse piano; il dottor Meade apparve sulla soglia facendole un cenno imperioso. Rossella si curvò sul letto, ricacciando indietro le lagrime e prendendo una mano di Melania se la posò contro la guancia. - Buona notte - le disse; e la sua voce fu piú ferma di quanto credeva. - Prometti... - e il sussurro fu ancor piú lieve questa volta. - Tutto, cara. - II capitano Butler... sii buona con lui. Ti... ti ama tanto. «Rhett?» pensò Rossella stupita; ma le parole rimasero senza significato per lei. - Sí, cara - rispose automaticamente; e dopo aver baciato leggermente la mano, la posò di nuovo sul letto. - Dite alle signore di venire subito - le mormorò il dottore mentre ella gli passava davanti. Con gli occhi annebbiati, Rossella vide Lydia e Pitty seguire il dottore, tenendo con le due mani le gonne accostate ai fianchi per impedire che frusciassero. L'uscio si chiuse dietro a lei e la casa fu silenziosa. Ashley non si vedeva. Rossella appoggiò il capo alla parete, come una bimba cattiva posta in un angolo, e premette una mano sulla gola che le doleva. Dietro quella porta Melania se ne stava andando e con lei se ne andava la forza che l'aveva inconsciamente sorretta per tanti anni. Perché, perché non aveva mai compreso quanto amasse Melania, quanto bisogno avesse di lei? Ma chi avrebbe mai pensato a quella piccola donna come a una torre di sostegno? Melania cosí timida dinanzi agli estranei, Melania che non osava dire ad alta voce la propria opinione, che temeva la disapprovazione delle vecchie signore, Melania che non aveva il coraggio di fare «sciò» a una gallina?! Eppure... Il pensiero di Rossella tornò attraverso gli anni a quel caldo meriggio a Tara, quando una nuvoletta di fumo grigio si levava da un corpo vestito di azzurro e Melania era al sommo della scala con la sciabola di Carlo fra le mani. Ricordò di aver pensato in quel momento: «Che sciocca! Non ha neanche la forza di alzare una spada!» Ma sapeva che se fosse stato necessario, Melania avrebbe sceso quella scala di corsa e avrebbe ucciso lo yankee... o ne sarebbe stata uccisa. Sí, Melania, con la spada in mano, era stata pronta a combattere per lei. Ed ora, guardandosi tristemente indietro, Rossella comprendeva che Melania era sempre stata al suo fianco con una spada in mano, discreta come un'ombra, amandola e lottando per lei con appassionata fedeltà, combattendo contro yankees, fuoco, povertà, opinione pubblica e perfino contro gli amati parenti. Rossella sentí il proprio coraggio e la propria fiducia in se stessa abbandonarla, quando si rese conto che la spada che aveva fiammeggiato fra lei e il mondo era rinchiusa per sempre nella sua guaina. «Melly è la sola amica che ho mai avuto» pensò tristemente «la sola donna, eccetto la mamma, che mi abbia mai voluto veramente bene. Anche lei è come la mamma. Tutti quelli che la conoscevano si afferravano alle sue gonne.» E ad un tratto ebbe l'impressione che dietro quell'uscio chiuso giacesse Elena che lasciava il mondo una seconda volta. Le parve di essere nuovamente a Tara, dinanzi al mondo, nella desolazione di sapere che non poteva fronteggiare la vita senza la terribile forza di chi era dolce, gentile, tenero di cuore.

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Mentre attraverso le folte ciglia abbassate ella lo guardava, Rhett le rivoltò la mano per baciarne anche il palmo, e a un tratto respirò piú velocemente. Anche Rossella in quel momento vide il palmo della propria mano, come se non lo avesse mai visto, e si sentí mancare il cuore. Era la mano di un'estranea, non la mano bianca, morbida, tutta fossette di Rosella O'Hara. Era una mano indurita dal lavoro, arsa dal sole, screpolata e incallita. Le unghie erano spezzate e irregolari; nel pollice era una vescica in via di guarigione. La cicatrice della bruciatura prodotta il mese scorso dal grasso bollente era lucida e rossa. Rossella vide tutto ciò in un lampo, con orrore, e istintivamente strinse il pugno. Neanche adesso Rhett levò il capo. Neanche adesso ella vide il suo volto. Le riaperse il pugno senza pietà, le prese l'altra mano e rimase a fissarle senza parlare. - Guardatemi - disse finalmente alzando la testa; la sua voce era tranquilla. - E smettete quell'aria umiliata. Involontariamente ella lo guardò con un'espressione di sfida e di turbamento. Gli occhi di lui scintillavano e le sue sopracciglia brune erano inarcate. - Dunque le cose vanno benino a Tara, non è vero? E il raccolto del cotone rende tanto che voi potete andare in giro a visitare i parenti. Che cosa avete fatto con queste mani...? Vangato? Ella cercò di svincolarsi; ma Rhett la trattenne e le posò un dito sui calli. - Queste non sono le mani di una signora - e gliele posò nuovamente in grembo. - Tacete! - ella esclamò provando un attimo di sollievo nel sentirsi nuovamente capace di esprimere i propri sentimenti. - Che cosa v'importa di quello che faccio con le mani? «Che sciocca!» pensò frattanto con ira. «Dovevo farmi prestare i guanti di zia Pitty o rubarglieli. Ma non mi ero accorta che le mie mani fossero in questo stato. E ora ho perso il controllo di me stessa ed ho rovinato ogni cosa!» E questo proprio nel momento in cui stava per fare la sua dichiarazione! - Senza dubbio le vostre mani non mi riguardano - rispose Rhett freddamente e si appoggiò indolentemente alla spalliera della sua sedia con aria ingenua. La faccenda diventava difficile. Chi sa, forse parlandogli con dolcezza... - Siete poco gentile a respingere le mie povere mani, soltanto perché la settimana scorsa sono andata a cavallo senza guanti e me le sono sciupate... - Accidempoli, che cavallo! - La voce di lui era ugualmente calma e dolce. Avete lavorato come un negro, con quelle mani. Perché non dite la verità? Perché darmi ad intendere che le cose a Tara vanno bene? - Ma insomma, Rhett... - Qual'è il vero scopo della vostra visita? Avevo quasi creduto alle vostre moine e stavo per convincermi che eravate addolorata che io... - Ma sí, Rhett, sono addolorata! Davvero... - Niente affatto. Se anche mi appiccassero a non so che altezza, non ve ne importerebbe nulla. È scritto chiaramente sul vostro viso, cosí come il lavoro faticoso è scritto sulle vostre mani. Voi volete qualchecosa da me e perciò avete inscenato questa commedia. Perché non siete venuta a dirmelo francamente? Avreste avuto piú probabilità di raggiungere il vostro scopo, perché se vi è una virtú che stimo in una donna è la franchezza. Ma no: siete venuta qui a far dondolare i vostri orecchini e a fare delle smorfie come una prostituta che spera di accaparrarsi un cliente. Non aveva alzato la voce pronunciando queste ultime parole, ma per Rossella furono come una frustata; ed ella vide con disperazione il naufragio di tutte le sue speranze. Se egli avesse avuto uno scoppio d'ira come a molti altri uomini sarebbe accaduto, Rossella avrebbe ancora trovato modo di prenderlo. Ma la calma mortale della sua voce la sgomentò. Benché fosse un detenuto e nella stanza accanto vi fossero gli yankees, ella comprese improvvisamente che era pericoloso mettersi in contrasto con Rhett Butler. - Evidentemente la memoria mi ha fatto difetto. Dovevo ricordarmi che voi siete come me e non fate mai nulla senza uno scopo. Vediamo, dunque. Che diamine potevate avere in mente, signora Hamilton? Possibile che abbiate supposto che vi avrei chiesta in moglie? Ella divenne di porpora e non rispose. - Eppure non potete aver dimenticato che molte e molte volte ho affermato che non sono tipo da matrimonio! Poiché ella non rispondeva, egli riprese con subitanea violenza. - Non lo avevate dimenticato? Rispondetemi! - Non lo avevo dimenticato - rispose Rossella miserabilmente. - Siete una giocatrice, Rossella - rise Rhett. - Avete creduto che l'essere chiuso qui, lontano da ogni contatto femminile, mi avrebbe messo in tale stato che avrei abboccato all'amo come un povero pesciolino... «E se non fosse stato per le mie mani...!» pensò Rossella con ira. - Ora la verità è venuta fuori; mi manca soltanto conoscere i vostri motivi. Vedete un po' se siete capace di dirmi perché volevate accalappiarmi nella rete matrimoniale. Nella sua voce era una nota soave, quasi beffarda, ed ella riprese un po' di coraggio. Forse tutto non era ancora perduto. Certo non vi era piú da pensare al matrimonio; ma di questo, malgrado la sua disperazione, fu quasi contenta. Vi era qualche cosa, in quell'uomo immobile, che la sgomentava; sicché ora il pensiero di sposarlo le appariva spaventoso. Ma forse, con un po' di abilità e sapendo toccare il tasto dei ricordi, potrebbe ottenere il prestito. Diede al suo viso un'espressione infantile e supplichevole. - Oh, Rhett... potreste aiutarmi... se voleste esser buono! - Non c'è nulla che mi piaccia di piú che l'esser buono. - Rhett, per la nostra vecchia amicizia, vorrei che mi faceste un favore. - Oh, finalmente la signora dalle mani callose viene a dirmi il vero scopo della sua visita. Mi pareva bene che «visitare gli infermi e i carcerati» non fosse il vostro genere. Di che avete bisogno? Denaro? La rudezza di questa domanda distrusse ogni speranza di condurre la faccenda in maniera guardinga e sentimentale. - Non siate cosí cattivo, Rhett! - La sua voce era lusingatrice. - Ho bisogno di un prestito da voi... Trecento dollari. - Finalmente la verità! Si parla d'amore ma si pensa ai quattrini. Com'è femminile questo! E vi occorrono assolutamente? - Sí... Cioè, non assolutamente, ma mi farebbero comodo. - Trecento dollari. È una bella somma. Per che cosa vi serve? - Per pagare le imposte su Tara. - Dunque, vi occorre una sovvenzione. Giacché siete qui per affari, parlerò anch'io da uomo d'affari. Che garanzia mi date? - Come? - Garanzia. Sicurezza della restituzione. Non ho nessuna voglia di perdere una simile cifra. - La sua voce aveva una falsa dolcezza; ma Rossella non la rilevò. Sperava ancora che la faccenda potesse aggiustarsi. - I miei orecchini. - Non mi interessano. - Vi darò un'ipoteca su Tara. - Che volete che ne faccia di una proprietà fondiaria? - Potreste... potreste... è un'ottima piantagione. E non perderete nulla. Vi rimborserò col ricavato del prossimo raccolto. - Non ne sono molto sicuro. - Si appoggiò indietro, alla spalliera della sedia, e si mise le mani in tasca. - I prezzi del cotone stanno scendendo. I tempi sono difficili e il denaro è scarso. - Mi prendete in giro, Rhett! Coi milioni che avete... Gli occhi neri di lui brillavano maliziosamente mentre egli la fissava. - Dunque, tutto va bene e voi non avete un bisogno assoluto di questo denaro. Mi fa piacere di saperlo. Sono ben contento che per i vecchi amici la vita sia abbastanza facile. - Rhett, per l'amor di Dio... - riprese Rossella disperata, perdendo il coraggio e il controllo di sé. - Parlate piú sommessa. Spero che non vorrete che gli yankees vi sentano. Vi hanno mai detto che avete gli occhi di un gatto... di un gatto nell'oscurità? - Non mi tormentate, Rhett! Vi dirò tutto. Ho assoluto bisogno del denaro. Ho... ho mentito in tutto e per tutto. Le cose... vanno alla peggio. Il babbo è... non è piú in sé, da quando è morta la mamma; e non può aiutarmi in nessun modo; è ridotto come un bambino. Non abbiamo un solo contadino per coltivare il cotone e siamo in tanti a mangiare: tredici persone! Le tasse sono altissime. Voglio dirvi tutto, Rhett! Per un anno siamo stati sempre in procinto di morire di fame. Oh, non potete sapere! È terribile svegliarsi con la fame e andare a letto con la fame... E non avere un vestito che dia un po' di calore; i bambini sono sempre raffreddati e sofferenti... - Dove avete preso questo bel vestito? - È fatto con le tende della mamma - rispose, troppo disperata per tacere questa vergogna. - Ho resistito al freddo e alla fame, ma ora... i «carpetbaggers» hanno aumentato le tasse. E bisogna pagare! Non ho che una moneta d'oro da cinque dollari. E se non pago... mi prenderanno Tara! E io... noi non possiamo perdere la nostra terra, la nostra casa! - Perché non mi avete detto subito tutto questo invece di far languire il mio cuoricino suscettibile... sempre debole quando si tratta di belle signore? No, Rossella, non piangete. Avete usato tutti i trucchi possibili, meno questo; e non so se potrei resistere. Ho già il cuore abbastanza lacerato dalla delusione di avere scoperto che volevate il mio denaro e non la mia affascinante persona. Ella ricordò che Rhett spesso diceva delle verità scherzando e lo guardò per comprendere se egli era veramente addolorato. Si interessava davvero a lei? Era realmente stato in procinto di farle una proposta quando si era accorto delle sue mani callose? Ma gli occhi neri la guardavano con un'espressione che non era amorosa, e la bocca rideva beffarda. - Non mi piace la vostra garanzia. Non sono un piantatore. Che altro potete offrirmi? Finalmente era giunto il momento... Coraggio! Trasse un profondo respiro e lo guardò schiettamente, senza civetteria, mentre la sua mente cercava di non indietreggiare dinanzi a ciò che temeva di piú. - Ho... ho me stessa. - Davvero? La linea della mascella di lei si assottigliò e i suoi occhi divennero di smeraldo. - Vi ricordate quella sera, durante l'assedio, sotto al porticato di zia Pitty? Mi diceste... che mi desideravate. Egli si gettò nuovamente indietro, appoggiando la spalliera della seggiola alla parete; il suo volto bruno era impenetrabile. Una luce si agitò un attimo nei suoi occhi, ma egli tacque. - Diceste... che non avevate mai desiderato tanto nessuna donna. Se mi desiderate ancora, Rhett, potete avermi. Farò tutto ciò che vorrete; ma per carità, scrivetemi un ordine per il denaro! La mia parola vi deve bastare. Giuro che non mi trarrò indietro. Se volete, ve lo metterò in iscritto. Egli la guardò in modo strano, sempre impenetrabile; Rossella non avrebbe saputo dire se era divertito o disgustato. Se almeno avesse pronunciato una parola! Ella sentí le fiamme salirle al viso. - E bisogna che io abbia il denaro senza indugio, Rhett. Altrimenti ci metteranno in mezzo alla strada; quel maledetto sorvegliante che era alle dipendenze del babbo vuoi diventare proprietario di Tara... - Un momento. Che cosa vi fa credere che io vi desideri ancora? Che cosa vi fa supporre che potete valere trecento dollari? Generalmente le donne non raggiungono questo prezzo. Ella arrossí fino alla radice dei capelli; non poteva essere piú umiliata di cosí. - Perché fate questo? Perché non lasciate perdere la proprietà e non ve ne andate ad abitare con miss Pittypat? Metà della casa vi appartiene... - Dio benedetto! - esclamò Rossella. - Siete pazzo? Io non posso lasciar perdere Tara. È la mia casa. Non la lascerò finché avrò respiro! - Gli irlandesi - e riabbassò i piedi anteriori della sedia togliendosi le mani di tasca - sono la razza piú infernale che vi sia. Mettono un ardore inverosimile nelle cose piú sbagliate. Per esempio, la terra. Come se una zolla non fosse identica a un'altra zolla... Dunque, stabiliamo chiaramente questa faccenda. Siete venuta da me con una proposta commerciale. Io vi darò trecento dollari e voi diventerete la mia amante. - Sí. Ora che la parola ripugnante era stata detta, ella si sentí sollevata; la speranza si ridestò in lei. Rhett aveva detto «vi darò». Nei suoi occhi era una luce diabolica, come se la cosa lo divertisse sommamente. - Eppure, quando ho avuto la sfacciataggine di farvi la stessa proposta, mi avete messo alla porta. E mi avete gratificato di un certo numero di insulti, aggiungendo che non volevate arrischiare di mettere al mondo «un mucchio di bastardi». Questo lo dico soltanto perché sto cercando di capire le stranezze della vostra mentalità. E tutto questo mi convince una volta di piú che la virtú è semplicemente una questione di prezzo. - Oh, Rhett, continuate pure! Se avete voglia di insultarmi, dite tutto quello che volete, ma datemi il denaro! Ora si sentiva piú tranquilla. Conoscendo Rhett, era certa che egli l'avrebbe tormentata e insultata per vendicarsi del passato e anche del suo recente tentativo. Ebbene, sopporterebbe tutto. Per Tara, valeva la pena. Tutto si poteva sopportare. Rialzò il capo. - Me lo darete? Egli la fissò come se si stesse divertendo, e quando rispose la sua voce ebbe una soave brutalità: - No, non ve lo darò. Le sembrò quasi di non capire. - Non potrei darvelo, anche se volessi. Non ho un quattrino con me. E non ho un dollaro ad Atlanta. Ho un po' di denaro, sí, ma non qui. E non vi dirò quanto né dove. Ma se io cercassi di fare un assegno, gli yankees vi si avventerebbero sopra e non prenderemmo piú nulla, né voi né, io. Che ne dite? Il volto di lei divenne verdastro, e la sua bocca si contorse come quella di Geraldo in una rabbia omicida. Balzò in piedi con un grido incoerente che fece immediatamente cessare il mormorio di voci nella stanza accanto. Con un guizzo di pantera Rhett le fu vicino, mettendole una mano sulla bocca e afferrandola alla vita con l'altro braccio. Ella lottò violentemente, cercando di mordergli la mano, di dargli dei calci, di urlare la sua ira, la sua disperazione, il suo odio, la sua angoscia, il suo orgoglio ferito. Si dibatté e si torse su quel braccio di ferro, ma egli la teneva cosí stretta da farle male; anche la mano che le aveva posto sulla bocca le serrava crudelmente le mascelle. Era pallidissimo sotto il suo colore abbronzato e i suoi occhi erano ansiosi mentre la sollevava completamente da terra; sedette nuovamente, stringendosela al petto, raccogliendola sulle sue ginocchia tutta contorta. - Cara, per l'amor di Dio! Zitta! Non urlate! Altrimenti entreranno qui... Calmatevi! Volete che gli yankees vi vedano in questo stato? Non le importava nulla di essere vista da chiunque; non aveva altro che un feroce desiderio di ucciderlo. Ma si sentí prendere dal capogiro: stentava a respirare; Rhett la soffocava; il busto la stringeva come una morsa di ferro. Udí la sua voce diventare piú fievole e lontana e il volto di lui chino sul suo fu avvolto da una specie di nebbia sempre piú densa, finché non lo vide piú. Tornando in sé, fece qualche lieve movimento: le dolevano tutte le ossa e si sentiva debole e sbalordita. Semisdraiata sulla sedia, era senza cappello; Rhett le dava dei lievi colpetti sul polso, mentre i suoi occhi neri la scrutavano ansiosamente. Il giovine capitano cercava di farle inghiottire un bicchierino di acquavite; gliene aveva sparso metà sul collo. Gli altri ufficiali giravano intorno senza saper che fare, parlando sottovoce e agitando le mani. - Credo... di essere svenuta. - E la propria voce le parve cosí lontana che la spaventò. - Bevi questo - disse Rhett prendendo il bicchiere e accostandoglielo alle labbra. Ella ricordò l'accaduto e lo guardò; ma era troppo stanca per adirarsi. - Ti prego, per amor mio. Inghiottí un sorso e cominciò a tossire; ma egli la costrinse ad inghiottire ancora. Ingoiò e il liquido ardente le bruciò la gola. - Ora mi pare che stia meglio, signori - disse Rhett - ed io vi ringrazio molto. L'idea che io debba essere giustiziato l'ha sconvolta. Il gruppo in uniformi azzurre si agitò un poco confusamente; vi fu qualche sguardo imbarazzato, qualche colpetto di tosse, poi tutti uscirono. - Se posso ancora esservi utile... - disse il giovine capitano soffermandosi sulla soglia. - No, grazie. Uscí e richiuse l'uscio. - Bevete un altro sorso. - No. - Bevete. Bevve ancora; il calore si diffuse per il suo corpo e le diede un po' di forza. Fece per alzarsi in piedi, ma egli la trattenne. - Lasciatemi. Ora me ne vado. - Non ancora. Aspettate un momento. Potreste svenire di nuovo. - Preferisco svenire per istrada piuttosto che stare qui con voi. - Ma io non voglio che vi sentiate male per istrada. - Lasciatemi andare. Vi odio. Egli accennò un debole sorriso. - Questo vi somiglia. Si vede che state meglio. Rossella cercò per un momento di richiamare la sua collera; ma era troppo stanca e debole per potere odiare e provare qualsiasi sentimento violento. La sconfitta le pesava come il piombo. Aveva giocato e aveva perduto tutto. Questa era la fine della sua ultima speranza; la fine di Tara e di ogni cosa. Rimase a lungo con gli occhi chiusi, sentendo vicino a sé il respiro di lui; il calore dell'acquavite diffondendosi nel suo corpo le diede una fittizia energia. Quando finalmente riaperse gli occhi e lo vide, la collera la invase nuovamente. Vedendole aggrondare le sopracciglia, Rhett sorrise. - State meglio. Si vede dal vostro cipiglio. - Sí, sto bene. Ma voi, Butler, siete un odioso farabutto, il piú gran mascalzone che io abbia mai conosciuto! Sapevate benissimo quello che vi avrei detto e sapevate che non potevate darmi il denaro. Avreste dunque potuto evitarmi... - Evitarvi di dire quello che avete detto? Neanche per sogno. Ho cosí poche distrazioni qui! E non ho mai udito nulla di piú piacevole. - Improvvisamente rise del suo vecchio riso beffardo. Udendolo ella balzò in piedi afferrando il suo cappello. Egli la prese per le spalle. - Non ancora! Vi sentite abbastanza bene da poter parlare con un po' di senso comune? - Lasciatemi andare! - Vedo che state bene. E allora ditemi una cosa. Ero io la sola cartuccia che potevate sparare? - I suoi occhi erano attenti e pronti a spiare ogni mutamento del volto di lei. - Che volete dire? - Ero il solo uomo col quale potevate tentare...? - Che ve ne importa? - Piú di quello che immaginate. Ditemi dunque. Avete altri uomini a cui ricorrere? - No! - Incredibile. Non riesco a immaginarvi senza una riserva di cinque o sei innamorati. Certamente qualcuno potrebbe accettare la vostra proposta. Ne sono tanto sicuro che vorrei darvi un piccolo consiglio. - Non so che farmene dei vostri consigli. - Voglio darvelo lo stesso. È la sola cosa che posso darvi adesso. Quando volete ottenere qualche cosa da un uomo, non siate cosí schietta come siete stata con me. Siate piú insinuante, piú seducente. Il risultato sarà migliore. Una volta eseguivate questo gioco alla perfezione. Ma poco fa, quando mi avete offerto la vostra... hm.... garanzia per il mio denaro, siete stata troppo dura. Ho visto degli occhi come i vostri una volta, a venti passi di distanza, durante un duello alla pistola; e vi assicuro che non è una vista piacevole. Ciò non risveglia l'ardore nel petto di un uomo. Non è cosí che si trattano gli uomini, mia cara. Voi state dimenticando la vostra educazione e tutte le arti che vi sono state insegnate. - Non ho bisogno che mi diciate come devo comportarmi - replicò Rossella; e si mise il cappello con le mani tremanti di stanchezza. Fu stupita che egli avesse voglia di scherzare, sentendosi la corda intorno al collo, e sapendo lei in condizioni cosí pietose. Non si accorse neppure che egli aveva le mani sprofondate in tasca, coi pugni stretti, come se facesse uno sforzo contro la propria impotenza. - Allegra - le disse mentre ella si annodava i nastri del cappello. - Potrete venire ad assistere alla mia impiccagione; questo vi farà bene. Salderà tutti i vostri vecchi rancori contro di me... anche quest'ultimo. E io vi nominerò nel mio testamento. - Grazie; ma c'è il pericolo che vi impicchino quando sarà troppo tardi per pagare le tasse - rispose Rossella con una subitanea malizia che superò quella di lui.

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Ma se avesse avuto queste qualità, probabilmente sarebbe stato abbastanza intelligente da accorgersi della disperazione che si annidava sotto le sue palpebre pudicamente abbassate. Cosí com'era, egli non conosceva tanto le donne da poter menomamente sospettare ciò che Rossella pensava. Per lei, questa era una fortuna; ma senza dubbio non aumentava la sua stima per Franco.

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Stringeva nella sua quella piccola mano fiduciosa e vedeva le lunghe ciglia nere abbassate che disegnavano due semicerchi sulle guance rosee, e comprendeva di aver fatto per la prima volta da che era al mondo un gesto romantico ed eccitante. Lui, Franco Kennedy, aveva preso fra le sue braccia forti quella debole creatura; era una sensazione inebriante! Nessun amico e nessun parente assisté al loro matrimonio. Come testimoni furono chiamati degli estranei che passavano in istrada. Rossella aveva voluto cosí ed egli aveva acconsentito riluttante, perché avrebbe voluto che sua sorella e suo cognato di Jonesboro fossero presenti. E un piccolo ricevimento nel salotto di Pitty, con gli amici che bevevano alla loro salute, gli avrebbe fatto molto piacere. Ma Rossella non volle neanche la zia Pitty. - Solo noi due, Franco! - supplicò stringendogli il braccio. Come un ratto! Ho sempre desiderato di essere rapita prima di sposarmi! Ti prego, amor mio, fallo per me! Queste parole affettuose, nuove per le sue orecchie, e le lagrime apparse nei begli occhi verdi, lo convinsero. Dopo tutto, un uomo doveva fare qualche concessione alla sua sposa, specialmente in quanto concerne cose sentimentali! E prima di rendersene conto, si trovò ammogliato.

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Altri direbbero che tu distruggi delle barriere che non avrebbero mai dovuto essere abbassate di un centimetro... Certamente Will non è dell'aristocrazia, mentre alcune persone della tua famiglia vi hanno appartenuto. I suoi occhi penetranti corsero al ritratto della nonna Robillard. Rossella pensò a Will, scarno, incolore, dolce, con la sua eterna pagliuzza in bocca, il suo aspetto completamente privo di energia, come la maggior parte dei «crackers». Certo non aveva dietro di sé una lunga fila di antenati dotati di ricchezza, di autorità, di aristocrazia. Il primo della sua famiglia che aveva messo piede sul suolo di Georgia era stato probabilmente un bancarottiere o un servo. Will non era stato in collegio; come istruzione non aveva avuto che quattro anni di scuola rurale. Però era onesto e leale, paziente e lavoratore. Ma non era un signore; e secondo le idee dei Robillard, Súsele faceva un matrimonio al disotto della sua condizione. - Dunque tu approvi l'entrata di Will nella tua famiglia? - Sí - rispose Rossella brutalmente, pronta a rispondere male alla vecchia signora alla prima parola di biasimo. - Dammi un bacio - disse invece con suo stupore la nonna, sorridendo con approvazione. - Non ti ho mai voluto bene come adesso, Rossella. Sei sempre stata aspra, anche da bambina, e a me non piacciono le donne aspre; dato che sono abbastanza dura anch'io. Ma mi piace il tuo modo di affrontare le cose. Non perdi il tempo in lamentele quando una cosa non si può evitare, anche se è sgradevole. Salti gli ostacoli coraggiosamente come un buon cavallerizzo. Rossella sorrise incerta e baciò ubbidiente la guancia grinzosa che le si presentava. Era piacevole udire delle parole di approvazione, anche se il loro significato era un po' oscuro. - Molta gente troverà da ridire perché tu permetti a Súsele di sposare un «cracker», benché tutti vogliano bene a Will. Ma tu non te ne curare. - Non mi sono mai curata di quello che dice la gente. - Lo so. - Nella voce della vecchia era una sfumatura di acidità. - Dunque, lascia dire. Probabilmente sarà un matrimonio felice. Certamente, Will non muterà mai aspetto e anche se guadagnerà molto denaro non renderà mai Tara un luogo com'era ai tempi di tuo padre. Ma in fondo è un signore; per lo meno ne ha l'istinto. Solo un signore di nascita avrebbe potuto dire le cose che egli ha detto dianzi... È vero; nessuno ci può sopraffare; ma noi possiamo essere prostrati dalla nostalgia di cose che non abbiamo piú... e dal ricordo. Sí, Will farà del bene a Súsele e a Tara. - Allora mi approvate perché permetto questo matrimonio? - Dio mio, no! Come potrei approvare l'entrata di un «cracker» in una vecchia famiglia? Ma Súsele ha bisogno di un marito; e dove lo troverebbe? E tu dove troveresti un buon intendente per Tara? Questo però non vuol dire che la cosa mi piaccia piú di quanto piaccia a te. «A me piace» pensò Rossella cercando di comprendere il significato di quanto la vecchia signora stava dicendo. «E sono contenta che Will la sposi. Perché dovrebbe dispiacermi?» Era perplessa e un po' vergognosa come sempre quando le venivano attribuite emozioni e sentimenti che gli altri provavano e che lei non condivideva. La nonna si sventagliò con un ventaglio di palma e continuò: - Non approvo il matrimonio; ma sono anch'io pratica come te. So anch'io che è inutile protestare e lamentarsi. Nella mia famiglia c'è un detto: «Sorridi e sopporta». E noi abbiamo sopportato sorridendo tante di quelle cose, perché era necessario. Siamo scappati dalla Francia con gli Ugonotti, dall'Inghilterra coi Cavalieri, dalla Scozia col principe Carlo, da Haiti davanti ai negri e ora siamo stati battuti dagli yankees. E sai perché? Drizzò la testa e Rossella pensò che somigliava a un vecchio pappagallo. - Non lo so - rispose cortesemente ma profondamente annoiata. - Te lo dico io. Perché noi ci pieghiamo dinanzi all'inevitabile. Noi non siamo come l'avena che quando è matura si irrigidisce e non si piega secondo il vento; siamo come il grano saraceno che ondeggia, e quando il vento è passato si rialza dritto e forte quasi come prima. Quando vengono le disgrazie, noi ci pieghiamo dinanzi all'inevitabile e sopportiamo sorridendo. E quando siamo nuovamente forti, diamo un calcio alle persone dinanzi alle quali ci siamo piegati. Questo è il segreto per sopravvivere. Fece una pausa come se attendesse un commento di Rossella; ma questa non sapeva che cosa dire e tacque. La vecchia riprese: - Sí, i nostri rialzano la testa; mentre qui vi sono tante persone che ne sono incapaci. Guarda per esempio che cos'è diventata la povera Catina Calvert. Piú abietta di suo marito! Guarda la famiglia McRae. Schiacciata, smarrita, senza saper che fare se non piagnucolare sui tempi passati. Guarda... sí, quasi tutti nella Contea, eccetto il mio Alex e la mia Sally, tu, Giacomo Tarleton, le sue figlie e pochi altri. Il resto è andato a fondo perché mancava di linfa, perché non è riuscito a risollevarsi. Gente che non ha capito mai altro che denaro e schiavi; e senza questi due elementi, fra un'altra generazione saranno diventati dei «proletari bianchi». - Dimenticate i Wilkes. - No, non li dimentico. Ho avuto la cortesia di non nominarli, perché Ashley è ospite di questa casa. Ma giacché sei stata tu a fare il loro nome... guardali! C'è Lydia che, da quanto mi hanno detto, è una zitellona rinsecchita con degli atteggiamenti di vedova perché Stuart Tarleton è stato ucciso; non fa nulla per dimenticarlo e cercare un altro uomo. Certo non è giovine; ma forse, se si desse un po' di pena, potrebbe trovare un vedovo magari con figli. La povera Gioia ha sempre avuto il cervello di un passerotto. E quanto ad Ashley... guardalo un po'! - Ashley è un bravissim'uomo! - lo difese Rossella con fervore. - Non ho mai detto il contrario; ma è bisognoso di aiuto come una tartaruga coricata sul dorso. Se la famiglia Wilkes riesce a superare questo periodo difficile, è perché c'è Melania che vince le difficoltà; non Ashley. - Melly? Dio mio, nonna! Che dite? Io ho vissuto abbastanza con Melly per sapere che è timida e malaticcia e non ha il coraggio di fare «sciò» a una gallina! - E a che serve fare «sciò» a una gallina? Mi è sempre sembrata una vera perdita di tempo... Sarà incapace di fare «sciò» a una gallina, ma è capacissima di farlo a tutto il mondo, al governo yankee, o a chiunque minacci il suo Ashley o il suo bimbo o le sue nozioni di distinzione. Lei ha un modo di fare che non è il tuo, Rossella, né il mio. È la maniera che avrebbe usato tua madre. Sí, Melly mi ricorda la tua mamma quando era giovine... E forse riuscirà a rimettere in piedi la famiglia Wilkes. - Oh, Melly è piena di buon senso. Ma fate torto ad Ashley... - Smettila, via! Ashley era nato per leggere dei libri e nient'altro. Questo non aiuta un uomo a togliersi dagli impicci. Ho sentito dire che è il peggior aratore della Contea. Confrontalo al mio Alex! Prima della guerra, Alex era il giovinotto piú inutile del mondo; non aveva mai pensato ad altro che ad aver delle belle cravatte, a ubriacarsi, a litigare e a stuzzicare le ragazze. Guardalo adesso! Ha imparato a fare il coltivatore perché altrimenti sarebbe morto di fame, e con lui tutti noi. Adesso coltiva il miglior cotone della Contea... sicuro! È meglio del cotone di Tara! E s'intende di porci e di pollame. E vedrai che quando tutto questo tremendo periodo della ricostruzione sarà finito, il mio Alex sarà ricco come suo padre e come suo nonno. Ma Ashley... Rossella si strinse nelle spalle. - Tutto questo non mi fa né caldo né freddo. - Hai torto - disse la nonna fissandola con lo sguardo penetrante. - Questa è la via che hai seguito da quando sei andata ad Atlanta. Non credere che pure essendo seppelliti in provincia, non si sappiano le cose. Anche tu sei mutata col mutar dei tempi. Sappiamo che hai relazione con gli yankees e con tutti i nuovi ricchi per cercare di guadagnar denaro con loro. Fai pure. Ma quando avrai guadagnato tutto quello che potrai, prendili a calci perché non ti serviranno piú. Sono sicura che lo farai come va fatto, altrimenti correrai il rischio di rovinarti. Rossella la guardò cercando di comprendere queste parole. Le sembravano arabo; inoltre ella era ancora irritata per aver sentito Ashley paragonato a una tartaruga rovesciata. - Credo che abbiate torto a proposito di Ashley - disse bruscamente. - Non sei abbastanza scaltra, Rossella. - Questa è la vostra opinione - ribatté Rossella seccamente, col desiderio di darle uno schiaffo. - Oh, sei scaltra per quel che riguarda dollari e centesimi. Questa è una scaltrezza maschile. Ma non hai la furberia delle donne. Non hai abilità nel giudicare le persone. Gli occhi di Rossella cominciarono a lanciare fiamme mentre le sue mani si aprivano e si chiudevano con movimento convulso. - Ti ho fatto arrabbiare, vero? - chiese la vecchia signora sorridendo. - È proprio quello che volevo. - Davvero? E perché, se è lecito? - Avevo le mie buone ragioni. La nonna si appoggiò alla spalliera della poltrona e Rossella ebbe improvvisamente l'impressione che fosse stanca e incredibilmente vecchia. Le piccole mani che stringevano il ventaglio, erano gialle e ceree come quelle di un morto. La collera svaní dal cuore della giovane, la quale si curvò in avanti e prese fra le sue una di quelle mani. - Siete una cara, vecchia bugiarda - disse. - Tutte queste storie le avete dette unicamente per, distogliermi dal pensiero del babbo, non è vero? - Non fare la sciocca! - esclamò burberamente la vecchia signora ritraendo la mano. - In parte è stato per questo, in parte perché ti ho detto la verità; e tu sei troppo stupida per capirlo. Ma sorrise un poco, sicché il cuore di Rossella si vuotò di ogni pensiero di collera. - Grazie lo stesso. Siete stata molto buona a parlare con me... e sono contenta che siate d'accordo meco per il matrimonio di Will con Súsele, anche se... molta altra gente lo disapprova. La signora Tarleton rientrò nel vestibolo portando due bicchieri di siero. Non era molto abile nelle faccende domestiche, quindi i bicchieri traboccavano. - Sono andata fino alla capanna del burro per prenderlo - disse. - Bevetelo subito, perché stanno tornando dalla sepoltura. Ma davvero, Rossella, permetti che Súsele sposi Will? Magari è anche troppo buono per lei; ma è un campagnolo e... Gli occhi di Rossella incontrarono quelli della nonna. In questi era una scintilla di malizia in risposta al suo sguardo.

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