Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Una notte d'estate

249548
Anton Giulio Barrili 1 occorrenze
  • 1897
  • Enrico Voghera editore
  • Roma
  • Verismo
  • UNICT
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Una testina aggraziata su di un collo morbidamente flessuoso, incorniciata di capelli neri lucidi, che in ciocche leggermente increspate si rigiravano con una semplicità virginea sovra gli orecchi di madreperla; il viso di un ovale purissimo, vero impasto di latte e di rose, con un tocco di rosso vermiglio sulle labbra, con due linee sottili di nero d'ebano sugli archi delle orbite abbassate, che non consentivano di vedere, ma lasciavano intravedere dalla ampiezza loro e dalla loro profondità lo splendore degli occhi; e su quel bianco rosato della carnagione di un fior diffuso di pesche sul ramo, non ancor brancicate dall'uom della villa; tale era la apparizione che il signor Ascanio contemplava estatico, non osando trarre il fiato, nè quasi battere le palpebre. Così, dugento cinquant'anni prima d'allora, un altro rintontito, dal vano della sua stessa finestra, aveva contemplato nel vano di un'altra, e forse proprio di quella. Ma che sciocco, il signor Ascanio, ad essere stato sei mesi in quel suo alloggio, senza accostarsi mai alla finestra del suo studio, senza mai mettere il naso fuori di là! Quando deve accamparsi, il buon generale studia il terreno intornò a sè, per saper bene dove si trovi, per non esser colto alla sprovveduta, nè di qua, nè di là. Dovunque si vada ad abitare, bisogna conoscere gli approcci, sapere che vicini si hanno, e che vicine, per Bacco. Vedete, infatti; c'era lì una bellissima creatura ch'egli non sapeva decorare del suo riverito nome e cognome, che egli non aveva mai vista prima d'allora. Sicuro, egli che aveva la sua Genova sulla punta delle dita, egli che a teatri, a feste, a passeggiate aveva imparato a conoscere tutte le bellezze, giovani, mature e stagionate della Superba, egli non conosceva quella sua stupenda vicina. Fiore modesto e casalingo, naturalmente; e se ne stava nel suo vaso, come il Gladiolus Inarimensis, contento di risplendere nell'aura quieta del suo davanzale al secondo piano, dove non giungevano gli occhi del viandante a indovinarlo, o, se pure ci fossero giunti per caso, avrebbero fatto prendere un torcicollo al loro legittimo padrone, quando egli fosse consigliato di volgersi lassù troppo spesso. Ah, spadacciòla d'Ischia! spadacciòla d'Ischia! Come voleva metterla lui alla moda, facendone venire di tutte le varietà, da tutti i giardini d'Italia! A buon conto, sarebbe andato quel giorno medesimo dal cavalier Bucco, suo grande amico e gran giardiniere nell'orto botanico della Università genovese. - Signor Giovanni, gli avrebbe detto, signor Giovanni, mio riverito, spadacciòla d'Ischia vuol essere. Me ne dia una pianta, se l'ha; me la trovi ad ogni costo, se non l'ha. Una spadacciòla d'Ischia, o la morte. Così era lui, lo sapete, impetuoso, impaziente, matto come quattro cavalli. Ah, la bella vicina non avrebbe indugiato molto a vedere un Gladiolus Inarimensis sul davanzale del vicino. Doveva egli collocarlo quel medesimo giorno? O nella notte, perchè facesse più colpo la mattina seguente? Per intanto, la bella vicina aveva veduto il vicino matto. Si era fatta rossa, vedendosi osservata da quegli occhi fissi, che avevano tutta l'aria di volersela sorbire, e si era ritirata a fronte china; ma dopo essere rimasta ancora qualche minuto secondo, per non parere una sciocca, vergognosa o scontrosa. Ed egli aveva approfittato di quella sosta, per salutarla rispettosamente; ed ella aveva risposto all'atto cerimonioso con un cenno cortese del capo. Addio, luce! Per un poco di tempo non avrebbe più avuta la sorte di vederla. Così pensando, il signor Ascanio si ritrasse a sua volta, per ripigliare la sua conversazione con Tribolino. Capiva già che lo spiritello impertinente si sarebbe preso spasso di lui. Facesse a sua posta; perchè, celiando e ridendo, gli parlasse di lei. Ma il folletto non era più là, sulla catasta di Grevii e dei Gronovii; nè gli era dato di scovarlo altrove, per quanto guardasse a destra e a sinistra, e in alto e in basso. Neanche gli venne sott'occhio la cassa minuscola, col minuscolo martello; due notabili arnesi, che egli ben ricordava dove li avesse veduti ancora, quando Tribolino era venuto d'un salto a collocarsi sulla sua scrivania. - Tribolino! - gridò. - Tribolino! - Nessuna risposta; nè di parole nè di risate. Non scricchiolavano neanche i mobili, che, si capisce, si fanno vivi solamente di notte. - Genius Ioci! - ripigliò, dopo una breve pausa. - Agathôs daimon... kakòs daimon, che il diavolo ti porti! Ma che modo di trattare è il tuo? - Sempre così, i folletti; quando non ne avete bisogno, vengono a rompervi le scatole; quando li cercate, sono spariti, e non c'è verso di farli tornare. Un colpettino secco si udì, ma sull'uscio dello studio. Il signor Ascanio tralasciò subito di taroccare.

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