Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Racconti 1

662673
Capuana, Luigi 2 occorrenze
  • 1877
  • Salerno Editrice
  • prosa letteraria
  • UNIFI
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Il leggiero tremito di tutta la persona, il rapido battere delle palpebre abbassate erano l'unico indizio da cui Alberto poté capire che stringeva fra le braccia un corpo vivo! Come poco prima, gl'immani alberi del viale stormivano leggermente; nel cielo, d'un nero d'inchiostro, brillavano poche stelle ... Con la testa vagellante, e il respiro affannato, Alberto si sentiva avvolto da una vampa, da capo a piedi ... Appena scostatosi dall'uscio che s'era subito richiuso ... Gli era parso? ... No; il bianco fantasma era di nuovo lí, accennante; di nuovo, un mormorio di voce femminile si perdeva inintelligibile nell'oscurità ... Egli si lanciò per esalar su quelle labbra l'anima agonizzante: - Addio! ... Addio! - ripeteva, aspirando il respiro di lei. Ella intanto, con fremito lieve della voce, dolcemente, gli mormorava all'orecchio: - Oh, no, addio! A rivederci, amore! - Napoli, maggio 1888@. 1888.

Nel salottino bianco dove ella soleva starsene sdraiata su una poltrona, il bruno della sua carnagione prendeva i toni caldi del bronzo e gli occhi sognavano sotto le palpebre abbassate a mezzo, fissati sopra le belle mani ornate di anelli che voltava di tanto in tanto. Ora che aveva rinunciato, dopo sei soli mesi, all'esercizio della sua professione, perché Cristina non poteva patire il puzzo dei contadini che aspettavano nell'anticamera il signor avvocato e urlavano nello studio, pei loro affari, Enrico passava in casa gran parte delle giornate, attorno a lei; baciandole le belle mani affusolate; baciandole la fronte alta, ombrata da ciocchettine folleggianti; baciandole le tumide labbra sanguigne che parevano fatte apposta pei baci ... - E non ne davano mai! Ella lo lasciava fare, ma non lo ricambiava; e sbadigliava allorché quegli, per isvagarla, le raccontava o una storiella letta sui giornali, o qualche ricordo della vita di studente, o gli canticchiava nell'orecchio un motivo del Ballo in maschera, solleticandole le gote con la punta dei baffi, per vedere di stuzzicarla e di scuoterla. - Via, lasciami stare! - Ti annoi? - In questa casaccia! Pare una prigione. - Andiamo dalla mamma, dalla zia. - Se per non annoiarmi debbo stare sempre in giro! ... - Ma è una casetta comoda, pulita, come ce n'è poche in paese. Forse, se vuoi, un pochino fuor di mano ... - Un pochino? ... E le catapecchie lí di faccia? ... E il pergolato da questa parte? ... E il sudicio stallatico dall'altra? - Che possiamo farci? - E si tormentava, vedendo che ella non gliene ragionava piú, chiusa nella sua stizza mal celata. In verità, c'era da sentirsi irritare da quelle catapecchie affumicate, da quel pergolato che dava un'aria rustica alla via, da quello stallatico che appestava col suo puzzo di concime ... Ah, se egli avesse potuto vendere quella casa, o comprarne un'altra! ... Ma non era neppure da pensarci; sarebbe stato un tracollo. Diventavano già un mezzo tracollo le troppe spese in vestiti, in oggetti di oro, in cosettine capricciose, tutte per lei. Ma ad ogni vestito nuovo che doveva umiliare amiche e invidiose, Cristina gli si mostrava, senza eccessive tenerezze, cosí riconoscente; ma ad ogni incalzante regalo di un paio di buccole, d'un anello, d'un braccialetto, usciva cosí a un tratto, sebbene per poco, da quel suo contegno d'altiera riserva: ma ad ogni bizzarro gingillo, lo ricompensava con cosí strano lampo d'affettuosa intim ità, che Enrico - no, non era possibile! - non sapeva resistere alla tentazione di quelle attrattive. La sua fissazione oramai era una casettina allegra in via Lunga o, meglio, nella piazza della Collegiata. Le poche volte che andava fuori solo, ronzava attorno a questa o a quella casetta di via Lunga, facendo calcoli e progetti; o, seduto davanti il casino, sotto la casa comunale, guardava con occhiate gelose i palazzetti che si pavoneggiavano nella gran piazza, coi terrazzini, le terrazze e le loro facciate ingrigite dagli anni ma ridenti di sole. - Cosí avrebbe fatto fra non molto la bella casa dell'arciprete, ancora in costruzione! - E sospirava, quasi ogni palmo di muro che cresceva sotto la cazzuola e il martello degli operai fosse stato un dispetto fatto a lui. Andando a passeggio con la moglie, trovava sempre qualche pretesto per non farla passare di là; e, se non poteva farne a meno, s'ingegnava di distrarne l'attenzione dalla casa dell'arciprete, che veniva su a vista d'occhio nell'angolo fra la piazza e la via Lunga, ostentando il bel portone, le bugne, e i capricciosi intagli delle mensole di pietra bianca di Siracusa. Cristina non gli dava retta; e squadrava la facciata e l'impalcatura da cima a fondo, da una cantonata all'altra; e il suo dispetto a quella v ista, tanto piú forte quanto piú chiuso, trapassava il cuore d'Enrico pari a una lama di coltello. - Ho comprato la casa dell'arciprete, per farti piacere! ... - Cristina aperse tanto di occhi: - Non è un cattivo scherzo? - Enrico passò cosí la piú bella giornata di vita sua, aggirandosi con lei per quelle stanze appena rivestite d'intonaco grosso, tutte ingombre di materiali - travi, imposte senza ferramenti addossate alle pareti, fra mucchi di trucioli e fra arnesi d'ogni sorta - ma splendidamente ariose per la gran luce che vi penetrava dagli otto larghi terrazzini in quella giornata d'aprile. - Povero arciprete! Non se l'è potuta godere. - Ce la godremo noi - ella rispose. E tornando a casa a braccetto, gli fece prendere un giro largo, per incontrare piú gente a cui poter rispondere: - Veniamo dalla casa nuova. Che bellezza! - Sí, è proprio una bellezza - replicavano tutti; - ma, via, l'avete pagata salatina -. Donna Momma, appena saputo quel colpo di pazzia di suo figlio, gli era piombata in casa come una bomba: - Che? Hai dunque perduto la testa? E tu, tu te ne stai lí, zitta zitta? - Io non m'impiccio di affari; mio marito fa quel che gli pare e piace - rispose Cristina. Allora donna Momma alzò la voce contro suo figlio: - Grullo! Ti fai menare pel naso. Peggio per te! ... Sí, mangerai sassi, con quella casa! Tuo padre ammassò la roba a furia di stenti, e tu la butti dalla finestra; non ti è costata nulla. Hai preso anche la laurea per chiasso. - Zitta, mamma, zitta! - Tua madre è una villana - gli disse Cristina quasi con le lagrime agli occhi. Per piú giorni ella non riparlò della casa nuova, né di altro. Quando suo marito sfoggiava fantastici progetti per l'avvenire, si degnava appena di sorridergli, o gli domandava solamente: - E questi lavori? Non finiscono piú. La colpa è tua; non sai far nulla alla spiccia -. Né si accorgeva delle nubi che gli oscuravano di tratto in tratto la fronte, a ogni scadenza di pagamento, a ogni nuova spesa a cui egli si lasciava andare, preso da vertigine, quantunque capisse di commettere una pazzia. Né badava alle visite di quella faccia smunta e butterata di usuraio che veniva ogni tre mesi, tenendo in testa il cappellaccio unto, brontolando: - Ma, signor avvocato! ... Ma, signor avvocato! - Pur di mandarlo via presto, Enrico firmava a occhi chiusi nuove obbligazioni sempre piú complicate e piú gravose, blandendolo, stringendogli la mano per ingraziarselo, accompagnandolo fino all'uscio, dopo che era stato strozzato peggio da quegli artigli di arpia ... E dimenticava tutto, appena sua moglie gli veniva davanti fredda, impassibile, ma sempre bella, con quei grandi occhi nerissimi, con quelle tumide labbra fresche e sanguigne che strappavano i baci. A intervalli, un dubbio gli straziava l'animo: - Tutto invano? Quel corpo divinamente modellato è dunque di bronzo? Non batte un cuore dentro quel seno? ... Non ha un'anima costei? Trovava però subito da scusarla: - Che vuoi? È fatta a questo modo: bisogna amarla qual'è! Cristina accettava quell'adorazione come cosa naturale e dovuta; e solo in alcuni rari istanti provava un senso di dispetto contro quell'uomo che le pareva non facesse mai abbastanza per lei. Allora, sdraiata sul canapè o su la poltrona, con l'aria incerta di chi guardi attraverso una nebbia, sognava a occhi aperti una piú completa felicità con un'altra persona piú degna, ma che non prendeva nella fantasticheria neppure la determinata apparenza d'uomo; e se Enrico, in quel punto, le si faceva accosto e le rompeva la delizia di quel sogno a occhi aperti, ella gli si rivoltava brusca: - Lasciami stare! - - Finalmente tutto è al posto! - Cristina trasse un sospirone: - Ah! Ed ebbe un capriccio che mise Enrico di buon umore: - Dobbiamo andarvi a sera avanzata, per svegliarci là la mattina dopo, come da un sogno diventato realtà. - Oh, brava! ... Cara! - Erano entrati difilato nella camera da letto, per non perdere l'illusione di destarsi dal loro bel sogno diventato realtà. La lampada di bronzo, come al Rosmarino, diffondeva su ogni cosa la penombra della sua tenera luce azzurrognola. Enrico gongolava. Cristina intanto si cavava lentamente le buccole con le belle manine piene di anelli, e levava via, ad una ad una, le forcine dai capelli, lasciando cascare prima le lunghe trecce nere dei lati, poi quelle della crocchia, gran mazzo fitto serpeggiante sulle spalle, che ella scosse rovesciando indietro superbamente la testa. Al sottile profumo che si diffuse nell'aria, Enrico prese sua moglie in braccio, come una bimba mezza addormentata che la mamma porti a letto; e Cristina, sguizzando con un grido fra le coperte, vi si raggomitolava, da freddolosa, voltandogli le spalle. - Smetti, Enrico. Lasciami dormire; vo' levarmi per tempo -. Egli stette cosí fino al mattino, guardando fisso la palla azzurra della lampada pendente della volta, con l'orecchio intento al leggiero respiro di lei profondamente addormentata. Quasi fosse stata lí sola sola! Quasi egli non si fosse mezzo rovinato per lei, con la pazza prodigalità di quella casa, di quei mobili, e d'ogni altra cosa messale sotto i piedi, per sgabello, pur di averne il ricambio d'un po' di affetto, d'un qualsiasi segno di gradimento! ... E invece! ... Ah! Voleva rimproverarla, appe na svegliata, domani. Ma non osò dirle nulla quando, lasciatisi baciare gli occhi ancora sonnacchiosi, ella si maravigliò, lamentandosi: - Come? Il sole è già alto? ... Oh, Dio che accapacciatura! Forse l'umido della camera ... - Dormigliona ... Ma che! - Nell'aprire, l'uno dopo l'altro, gli scuri di tutte le imposte, egli sorrideva vedendole strizzare gli occhi all'avvampare improvviso del sole che, a traverso i cristalli, accendeva mille allegri riflessi su le pareti, per le volte, su pei mobili nuovi, lucidissimi. E Cristina girava attorno l'altera testa da lo sguardo ghiaccio sotto le sopracciglia un po' aggrottate: - Guarda. Queste stanze paiono vuote ... - Eppure tu hai veduto quanta roba! ... - Si perde nello spazio, non figura. E quel giallo del canapè e delle poltrone! Fa male agli occhi. Quel tavolino là, cosí scompagnato! E queste cornici! Come sono piccine, meschine! - Rimedieremo. A poco a poco. Capisci, abbiamo fatto anche troppo. - E si comincia assai bene con la testa che mi si spacca! - Era tornata a buttarsi sul letto, scontenta, disillusa, rovesciando il proprio cattivo umore addosso al marito, che già trovava giuste le osservazioni di lei: - Infatti, queste stanze paiono vuote. Il giallo della stoffa del canapè e delle poltrone, sí, è troppo arrabbiato! - Enrico ricevette con poca buona grazia la visita della solita faccia smunta e butterata che veniva giusto per fargli il mirallegro ed anche per rammentargli le benedette scadenze che erano già lí lí ... - Auf! Non mi lasciate rifiatare! - Ma, signor avvocato! ... Voi siete una persona intelligente ... E Merluzzo, come lo chiamavano, gettando attorno furbe occhiate di stima, mettendo un prezzo a ogni cosa, per abitudine e per tranquillarsi - non si sapeva mai! - diventava insinuante, dava buoni consigli. - Giudizio, signor avvocato! Economia, economia! Dico bene, signora? - Cristina, che attraversava in quel momento la stanza, non gli rispose, non si voltò nemmeno. - Quel visaccio di marcia mi fa schifo. Pagalo - ella disse al marito. - E che faccia un crocione al nostro uscio -. Enrico la guardò, sbalordito: - Dunque sua moglie non capiva, non aveva mai capito l'enormità del sacrifizio fatto per lei! ... Pagalo! ... Ed egli già provava il capogiro sull'orlo dell'abisso scavatosi con le proprie mani sotto i piedi. Pagalo! ... - Quasi domani colui e gli altri creditori non potessero venire a spogliarlo zitti zitti, e lasciarlo fra le nude mura di quella casa che aveva già inghiottito anche il prezzo dell'altra! Pagalo! ... Pagalo! ... Enrico non trovava piú pace, giorno e notte. La notte poi c'era qualcuno che gli teneva sbarrati gli occhi per non farlo dormire, intanto che Cristina gli russava leggermente al fianco, tutta ritirata in un canto, con le belle braccia seminude stese sul guanciale attorno il capo, in delizioso ab bandono. E quelle giornate come passavano rapide, divorandosi il terribile mese che portava in coda il veleno delle fatali scadenze! - Ah, se non avessi la fierezza di non volere intaccare neppure d'un soldo la dote di lei! ... Ma dovrò arrivarvi, per forza! ... Cosí almeno la casa diverrà sua proprietà; sarà il meno peggio -. Allorché gliene fece motto, Cristina si inalberò, dura, inflessibile - No vo' saperne: no, no! - Perché ti metti in collera? Dico per chiasso -. Gli era mancato il coraggio d'insistere innanzi a quel: "No, no!" cosí recisamente pronunziato; gli era mancato il coraggio di tentar di farle intendere che era pel meglio, per la pace di lei stessa. "No, no!" E se lo sentiva rintronare dentro il cervello, come tanti colpi di mazzuolo. "No, no!" E se lo sentiva picchiare sulla schiena, su tutta la persona, ogni giorno piú, dopo che anche sua madre gli aveva risposto: - Oh, io non voglio entrarci nei vostri pasticci! La roba di tuo padre te la sei presa tutta, fino all'ultimo soldo ... La mia, aspetta che io abbia chiusi gli occhi ... E, per ora, ne ho poca voglia -. E cosí pure lo zio canonico: - Donde vuoi che li cavi i quattrini, se il governo si succhia tutto e c'è il gastigo di Dio sopra le campagne? - Cristina non badava all'insolita taciturnità del marito, a quei profondi sospiri che gli scappavano involontariamente, di tanto in tanto. Si confondeva coi vasi di fiori dei terrazzini che dovevano far bella mostra per la festa di san Michele e per la fiera, quando la processione, con gli stendardi delle confraternite, con la statua del santo su la barella, seguita dalla banda impennacchiata, sarebbe passata lí sotto, all'andata e al ritorno. Avrebbe invitati gli amici, ora che non aveva piú bisogno di scom odarsi per andare a godere la vista della processione in casa altrui. E pensava a pararsi, a lisciarsi, per godersi il fresco a vespro sul terrazzino centrale di quella bella casa nuova che tutti guardavano con invidia, e che attirava l'occhio dei passeggieri appena scendevano dalla corriera davanti la posta, lí di faccia, mentr'ella fingeva di non accorgersene, con quell'aria altiera che strappava l'ammirazione. - È la mano di Dio! - rispondeva inesorabilmente donna Momma a chi le parlava degli imbarazzi del figliuolo. - Non ha ubbidito a sua madre, ha voluto fare di suo capo ... Ben gli stia! - Enrico, a quelle parole, scrollava la testa: - La mano di Dio! - E, pur di far piacere alla sua Cristina, si sarebbe rovinato da capo, a occhi chiusi. Quel maraviglioso corpo di donna insensibile lo teneva ammaliato fortemente; lo riduceva un bambino. Con lei dimenticava subito ogni preoccupazione di interessi, ogni danno: - Oh, quel bronzo finalmente si animerà fra le mie braccia! - La notte però, quando le sue palpebre non volevano chiudersi neppure un momento e Cristina gli dormiva accanto, egli chinava ansiosamente l'orecchio sul petto di lei, scostandone con cautela, adagino adagino, la camicia: - Sí, il cuore batte regolarmente qui sotto ... Ma dunque? ... Ma dunque? E, una notte, un soffio di pazzia gli era passato sul viso: - Se avesse spaccato quel seno caldo e palpitante, per accertarsi che lí sotto c'era un cuore come in tutti gli altri! ... Aveva dovuto levarsi da letto, perché le dita gli si contorcevano. Se fosse restato un altro momentino, avrebbe conficcato in quelle belle carni, rabbiosamente le unghie, simile a una bestia feroce. E si era contentato di baciarle a fior di labbra, e scappar di camera. E, dopo, gli pareva di avere fatto un orribile sogno, e non voleva neppure rammentarselo. - Già, non sto bene. Ho la febbre -. Il dottore, a capo chino, picchiando leggermente con la punta della mazzettina sul pavimento, aspettava che la signora gli facesse qualche domanda mentre l'ammalato, assopito dalla violenza della febbre, con la testa voltata di fianco, le occhiaie livide, la bocca semiaperta sotto i biondi baffi arruffati e rovesciati in giú, respirava forte, sibilando; quasi avesse avuto dentro il petto un viluppo di cose vive che non voleva uscir fuori e gli zufolava ora in alto, nella gola, ora in basso, nello stomaco te so e gonfiante le coperte. La signora non diceva nulla, impassibile, mezza annoiata, si vedeva, di quella malattia che già durava da una settimana e non accennava a diminuire. Poi l'ammalato diè uno scossone, riaperse gli occhi intorbidati e, con le labbra riarse, esclamò: - Cristina - In ogni momento, quegli sguardi stanchi e smorti la cercavano, le si inchiodavano addosso quando l'avevano trovata, la seguivano per la camera in tutti i movimenti, la invocavano supplicanti, rivolti all'uscio donde era uscita, si rianimavano un istante appena la vedevano ricomparire: - Cristina! - Siamo qua, caro avvocato - disse il dottore. E ricominciò le sue osservazioni, tastandogli il polso, saggiando il calore della pelle su le guance e su la fronte, premendogli lo stomaco teso e rimbombante come un tamburo; e scrollava il capo, pensoso, voltando di tratto in tratto gli occhi verso la signora che, seduta da piè del letto, si guardava le belle mani quasi non avesse altro da fare. - Dottore, guaritemi presto ... per lei! - Il dottore gli rispondeva di sí col benevolo sorriso delle persone abituate agli spettacoli tristi. E cosí eran passati altri due giorni, nell'opprimente silenzio di quella camera, rotto soltanto dal fil di voce del malato che chiamava continuamente: - Cristina! - La voleva vicino, per stringerle la mano, per richiederla di un bacio, atteggiando a un bacio le labbra scottanti ... - Sta' tranquillo - gli rispondeva sua moglie. - Bada piuttosto a guarire, per la festa -. Ella pensava alla festa che già rumoreggiava nella piazza, dove rizzavano i palchetti per le bande musicali e piantavano gli ultimi pali per la illuminazione e pei festoni; e su quella fronte altiera e su quelle labbra tumide e sanguigne lampeggiava la grande stizza per la malattia di suo marito, sopraggiunta cosí male a proposito, quasi a posta per contrariarla! Merluzzo stava attorno al dottore, attendendolo a ogni visita giú nel portone, su le spine per le notizie: - Il Signore deve accordare cent'anni di vita a questo galantuomo! Ma se la disgrazia però ... - Una mattina il dottore gli disse: - L'avvocato va male. La signora, non sospetta niente; corro da donna Momma, per sgravio di coscienza -. Quegli allora montò i gradini di marmo a quattro a quattro: - Chiamatemi la signora - disse alla serva. E vedendo che la signora tardava, si era introdotto, in punta di piedi, fino all'uscio della camera del malato. Cristina si rizzò, fulminandolo dall'alto in basso con terribile sguardo. Colui però le accennò con la mano, umilmente, aspettando nell'altra stanza, togliendosi di capo il cappellaccio unto appena la vide venire, sebbene venisse repugnante. Si faceva piccino, le si strisciava dinanzi come un verme, movendo la testa di qua e di là, con occhi obliqui e voce compunta: - In questo momento non bado ai miei interessi ... In caso di disgrazia, sono garantito. Ma non è giusto che il signor avvocato si sia messo allo sbaraglio, con la grande spesa di questa casa per amore di lei; e, all'ultimo, debba venir la suocera ad afferrarla per un braccino e a metterla fuori dell'uscio ... - Cristina tese gli orecchi, fissandolo inquieta: - Ma ... mio marito non sta male. - Per l'altra vita sí, signora mia! - Quel viso bruno impallidí, quelle labbra sanguigne si scolorarono, quasi donna Momma l'avesse già afferrata per un braccino, e stesse per metterla fuori dell'uscio - Che posso fare? - Subitamente dimessa, con una preghiera negli occhi, si era accostata all'uomo dalla faccia smunta e butterata che poco prima le faceva schifo. - Senta, signora mia ... - E lasciò che colui la prendesse per una mano e la trascinasse nell'altra stanza piú appartata dove potevasi ragionare a quattr'occhi. - In caso di disgrazia, meglio aver da fare con costei, che con quel diavolo di donna Momma - pensava Merluzzo. Donna Momma, capitata mentre il notaio e i testimoni scendevano le scale, montò su col sangue alla testa, le lagrime agli occhi: - Come? Mio figlio muore e non me ne fate sapere niente? - E alla vista della nuora che, soddisfatta del testamento, teneva tra le mani una mano del moribondo: - Non te la godrai, no, la sua roba! - si mise a gridare - Enrico, Enrico! Figliuolo mio! - Il disgraziato cercava, con gli occhi che non ci vedevano piú, la figura adorata di sua moglie; e moveva le labbra senza poter piú pronunziare quel nome che doveva essere il suo estremo sospiro. Mineo, giugno 1884@. 1884.

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