Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Galateo morale

197016
Giacinto Gallenga 1 occorrenze
  • 1871
  • Unione Tipografico-Editrice
  • Torino-Napoli
  • paraletteratura-galateo
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Lo dico schiettamente, io soffro assai allo spettacolo di quei duelli ad armi non sempre cortesi fra persone legali; duelli in cui la posta è in vita e l'onore, la morte e l'infamia d'una creatura umana; duelli in cui il motore dell'accusa e della difesa è lunge talvolta dall'essere morale, ma è qualcosa di ben diverso dall'interesse che si dice di nutrire per la società o per l'individuo; in cui il largheggiare dei giudici a pro dell'uno o dell' altra non è sempre l'effetto di filantropici e caritatevoli sensi; duelli finalmente in cui l'aula della giustizia si trasforma troppo sovente in arena di declamazione e l'arte elocutoria viene abbassata da qualche suo discepolo alle concitate invettive, alle satire mordaci, alle incivili e non sempre oneste insinuazioni. Non sono poi mai arrivato a comprendere come si possa, nel concetto delle civili persone, conciliare la riverenza ai magistrati col modo di comportarsi di una parte del pubblico che assiste a quelle giudiziali tenzoni. Se un difensore scherzoso, come ve ne ha tanti, lancia con garbo o senza garbo un frizzo al Presidente o al Ministero Pubblico (i frizzi, le celie sono ammessi alle Assisie anche allorché si tratta di processi capitali); se un imputato cinico ed insolente risponde con arroganza ed ischerni alle domande dei giudici, quelle facezie, quelle brutalità destano in seno di quella brillante assemblea risa sonore, applausi infiniti, press'a poco come si accolgono in certi teatri e in certi drammi le lepidezze e le sguaiataggini del pagliaccio, quali un correttivo alla serietà dell'azione. Lascio in dispute quella parte di pubblico che va alle Corti d'assisie per confortare (o minacciare) della propria presenza e dei propri gesti i complici men fortunati o meno astuti che siedono sul banco dell'infamia, e per apprendere dallo svolgimento dei processi criminali i modi di perfezionarsi nelle malizie di uno scellerato mestiere; e mi rivolgo soltanto a quei pochi dilettanti che si recano ad assistere a quei drammi di vergogne e di dolori all'unico scopo di ammazzare la noia o di procurarsi comechessia delle emozioni, e dico loro: il tribunale non è il nemico ma il protettore di quelle società a cui appartenete; e il cantare, come talora avviene, vittoria per le sue sconfitte equivale sovente al rallegrarsi di aver veduto a soccombere la giustizia, equivale al far festa; perché si spezzino le catene del ladro, del falsario, dell'assassino. No, non è da popolo colto l'atteggiarsi ad avversario di chi concorre colla severità dei giudizi e delle pene a ripararvi dagli assalti dei furbi e dei facinorosi: chi non rispetta la dignità del poter civile deve aspettarsi di cadere sotto quello della sciabola, e, qualche volta eziandio, sotto quello della piazza, il peggiore, il più dispotico di tutti i poteri; la grandezza d'una nazione va di pari passo colla reverenza all'autorità ed alle leggi: esempi l'Inghilterra, l'America, Roma antica fino al tempo dei Gracchi. «Siamo schiavi delle leggi, affinché possiamo dirci veramente liberi» sono parole del grande avvocato Romano. «Dove un rispetto ragionevole verso il pubblico magistrato promuove il sentimento dell'obbedienza , ivi è necessaria minore severità nel sistema penale» sentenza del Gioia. «V'hanno due generi di corruzione: l'uno quando il popolo è corrotto dalle leggi (e questo è male incurabile perché consiste nello stesso rimedio); l'altro quando il popolo non osserva le leggi». Così Montesquieu. E finalmente chiuderò queste citazioni con le parole bellissime dell'Azeglio. «La più importante educazione politica è quella che insegna a rispettare la legge. Senza questo rispetto si può mutar forma di governo, trovar nuovi ordini, costituzioni perfette quanto si vuole; tutto sarà inutile, non si riuscirà che al disordine ed all'anarchia».

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