Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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IL RE DEL MARE

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Salgari, Emilio 6 occorrenze

Yanez, non curante del fumo e della pioggia di scintille, salì rapidamente la scala che era abbassata e si slanciò verso il ponte di comando insieme ad una mezza dozzina di malesi. Cercava di salvare sir Moreland, innanzi a tutto, se le granate del Re del Mare lo avevano risparmiato. Stavano aprendosi il passo fra i rottami e i cadaveri che ingombravano la coperta, quando avvenne una esplosione a prora che li scaraventò tutti in mare. Il colpo fu così forte che Yanez, che era stato proiettato presso una della baleniere, svenne. Fortunamente i malesi l'avevano veduto piombare in acqua ed ebbero il tempo di ripescarlo quasi subito e di trarlo sulla barcaccia che si era accostata. L'incrociatore, sventrato a prora, calava rapidamente, Sambigliong e gli uomini delle scialuppe che erano subito saliti a bordo, ridiscendevano precipitosamente, portando dei feriti che avevano sottratti con grandi pericoli ai turbini di fuoco. La nave calava. Le sue murate ben presto scomparvero e le onde invasero bruscamente la coperta spazzandola dal cassero alla ruota di prora e soffocando d'un sol colpo le fiamme. La barcaccia e le baleniere fuggivano a tutta forza di remi mentre intorno alla nave s'allargava un gorgo gigantesco. La bandiera di Sarawak mostrò ancora per un momento, ai raggi del sole, i suoi colori, poi s'inabissò. Tutto era finito! L'incrociatore scendeva, fra i muggiti del vortice gigante, negli abissi del golfo. Le quattro scialuppe, sfuggite a tempo all'attrazione del gorgo scavato dalla nave, superata una gigantesca muraglia liquida che si estendeva con mille fragori sul mare, tornavano frettolosamente verso il Re del Mare che fumava a cinquecento metri dal luogo del disastro. La superficie del golfo era ingombra di rottami e di cadaveri. Casse, barili, pezzi di fasciame e di tramezzate ondeggiavano in tutte le direzioni. Sambigliong si era subito occupato del portoghese, mentre altri s'affaccendavano intorno ad un giovane ufficiale che era stato salvato nel momento in cui la nave stava per scomparire e che sembrava fosse stato gravemente ferito, avendo la giubba inzuppata di sangue. Yanez fortunatamente non aveva riportata alcuna lesione nello scoppio. Più che altro era rimasto stordito dall'improvvisa volata e dal frastuono prodotto dall'esplosione. Ed infatti alla prima sorsata di ginepro fattagli inghiottire dal dayako, tornò subito in sè e aprì gli occhi. - Come vi sentite, signor Yanez? - gli chiese Sambigliong con apprensione. - Sono tutto scombussolato e pesto, ma mi pare che nulla vi sia di rotto, - rispose il portoghese, sforzandosi a sorridere. - E la nave? - Affondata. - E sir Moreland? - È qui, nella baleniera. L'abbiamo salvato per miracolo. Yanez si alzò senza aver bisogno dell'aiuto del dayako. Il giovane comandante dell'incrociatore giaceva sul fondo della barcaccia, col petto denudato, il volto pallidissimo e chiazzato di sangue e gli occhi chiusi. - Morto! - esclamò. - No, rassicuratevi, ma la ferita che ha riportato al fianco deve essere grave. - Chi l'ha colpito? - chiese Yanez con ansietà. - Tu, Sambigliong? - Io! No, signor Yanez, è l'esplosione che lo ha ridotto in quello stato. Qualche frammento di granata gli ha aperto il fianco. - Presto! A bordo! - Ci siamo già, signor Yanez. Le quattro scialuppe avevano abbordato il Re del Mare presso la scala, la quale era stata già abbassata. Fu lasciato il posto alla barcaccia. Due uomini presero delicatamente il comandante dell'incrociatore sempre svenuto e colle dovute precauzioni salirono la scala, seguìti da Yanez e da quattordici marinai dell'incrociatore, i soli superstiti strappati alle onde. Sandokan, che aveva assistito impassibile alla distruzione della nave avversaria, li attendeva sulla cima della scala. Vedendo il capitano ed i marinai del rajah, levò il turbante, dicendo con voce grave: - Onore ai valorosi. Poi strinse silenziosamente la mano a Yanez. Darma che si trovava a qualche passo insieme a Surama, pallidissima, profondamente commossa dall'orribile scena svoltasi sotto i suoi occhi, si era avanzata verso i marinai che trasportavano il disgraziato comandante. - Egli è morto, è vero? - chiese con voce rotta. - No, - rispose Yanez. - Pare però che la ferita sia grave. - Oh, mio Dio! - esclamò la giovane. - Silenzio, - disse Sandokan. - Fate largo al valore sfortunato. Si porti il comandante nella mia cabina. Con un gesto che non ammetteva replica, arrestò Darma e Surama, poi seguì i marinai nel quadro, insieme a Yanez e a Tremal-Naik. Il medico di bordo, un americano che, come i macchinisti e i quartiermastri cannonieri, aveva accettato l'offerta fattagli da Sandokan di rimanere a bordo fino alla fine della campagna, era subito accorso. - Venite, signor Held, - gli aveva detto Sandokan. - Il comandante dell'incrociatore pare assai aggravato. - Farò il possibile per salvarlo, signore, - aveva risposto l'americano. - Conto su di voi. Entrarono nella cabina, dove sir Moreland era già stato deposto sul ricco letto del pirata. - Aspettate i miei ordini nel corridoio, - disse Sandokan ai due marinai, - e che gli infermieri si tengano pronti. Il medico aveva denudato interamente sir Moreland. Non aveva che una sola ferita, quella al fianco, ma era orribile. Il proiettile che lo aveva colpito, qualche frammento di granata di certo, aveva lacerate le carni per una lunghezza di venti centimetri, scavando una specie di solco. Il sangue scorreva a fiotti dalla laceratura, minacciando di dissanguare rapidamente il ferito. - Che cosa ne dite, signor Held? - chiese Yanez, fissandolo come se avesse voluto indovinargli il pensiero. - La ferita è più dolorosa che grave, - rispose il medico. - Ha perduto molto sangue, però questo inglese è robusto. - Non potreste garantirmi la sua guarigione? - La vita di quest'uomo non corre alcun pericolo, ve l'assicuro. Sandokan stette un momento silenzioso, guardando lo smorto viso dell'inglese, poi disse come parlando fra sè: - Meglio così: quest'uomo potrebbe un giorno esserci utile. Stava per uscire, quando un profondo sospiro, seguìto da un rauco gemito, sfuggì dalle labbra scolorite dell'inglese. Il dottore aveva messe le mani sulla ferita per riunire le due labbra ed a quel contatto il comandante dell'incrociatore aveva trasalito, poi aperto gli occhi. Girò all'intorno uno sguardo semi-spento, arrestandolo prima sul dottore, poi su Yanez, che stavagli dall'altra parte del letto. Le sue labbra si schiusero, poi mormorò con un filo di voce: - Voi! ... - Non parlate, sir Moreland, - disse il portoghese. - Il dottore ve lo proibisce. Il comandante fece col capo un gesto negativo, poi raccogliendo tutte le sue forze, disse ancora e con voce più chiara quantunque spezzata: - La ... mia ... spada ... è rimasta ... sulla ... mia ... nave ... - Non l'avrei accettata, signore, - disse Sandokan. - Mi rincresce solo che sia affondata colla nave, perchè non posso restituirvela. Voi siete un valoroso ed io vi stimo. Il giovane con uno sforzo supremo alzò la destra porgendola al suo avversario, il quale gliela strinse delicatamente. - I miei ... uomini? - chiese ancora sir Moreland, mentre una rapida commozione gli alterava il viso. - Ne abbiamo salvati ... basta, non affaticatevi. - Grazie ... - mormorò il ferito. Poi s'abbandonò richiudendo gli occhi: era nuovamente svenuto. - A voi, dottore, - disse Sandokan. - Non dubitate, signore, lo curerò come fosse vostro figlio. A me gli infermieri! Mentre gli uomini richiesti entravano con disinfettanti, rotoli di cotone fenicato e numerose bottigliette, Sandokan rifece lentamente le scale, con Yanez e Tremal-Naik, rimontando in coperta. Darma che li aspettava sulla porta del quadro, s'appressò al portoghese. - Signor Yanez, - gli sussurrò, sforzandosi di rendere la sua voce ferma. Il portoghese la guardò per qualche istante senza rispondere, poi sorrise e le strinse silenziosamente la mano. - Lo salveranno? - chiese Darma con angoscia. - Lo spero, - rispose Yanez. - T'interessa molto quel giovane, Darma? - È un valoroso ... - Sì e qualche cosa di più anche. - Se guarirà, lo terrete prigioniero? - Vedremo che cosa deciderà Sandokan; ma è probabile. Darma raggiunse Surama che si era un po' scostata, mentre Yanez s'accostava a Sandokan che stava parlando animatamente con Tremal-Naik. - Che cosa ti pare di quel giovane? - gli chiese. - È quello che comandava il forte di Macrae? - Sì, - risposero ad una voce Tremal-Naik e Yanez. - Quell'uomo ha del fegato, - disse Sandokan. - È stata una vera fortuna per noi a catturarlo. Se il rajah avesse una mezza dozzina di quei comandanti ci darebbero troppo da fare. Quello non deve essere un inglese puro sangue. È troppo bruno. - Mi ha detto che sua madre sola era inglese, - disse Tremal-Naik. - Faceva parte della flotta anglo-indiana prima? - Sì, come luogotenente, così mi disse una sera. - Che cosa ne faremo di lui? - chiese Yanez. - Lo terremo come ostaggio, - rispose Sandokan. - Un giorno potrebbe esserci utile. In quanto agli altri prigionieri li farai imbarcare su una scialuppa e li lascerei liberi di raggiungere la costa. - Ed ora, dove volgerai le tue imprese? - chiese Tremal-Naik. - Io e Yanez abbiamo già formato il nostro piano di guerra, - rispose Sandokan. - Nostro primo, anzi principale disegno, è quello di non lasciarci sorprendere dalle squadre di Sarawak e da quelle inglesi. È certo che cercheranno di riunirsi per schiacciarci d'un colpo solo; se troviamo il modo di aver sempre carbone a nostra disposizione, colla velocità di cui è dotato il Re del Mare potremo riderci del rajah e anche del governatore di Labuan. - È appunto perciò che vi consiglierei, innanzi a tutto e prima che abbia luogo la riunione delle due squadre, di tentare un colpo contro i depositi di carbone che si trovano alla foce del Sarawak, - disse Tremal-Naik. - È quel che tenteremo, - rispose Sandokan. - Andremo poi a distruggere quelli che gli inglesi hanno sull'isoletta di Mangalum. Privi dei loro rifornimenti, noi avremo buon gioco sugli uni e sugli altri e potremo gettarci sulle linee di navigazione e dare un colpo mortale ai commerci inglesi colla Cina e col Giappone. Approvate questa mia idea? - Sì, - risposero ad una voce Yanez e Tremal-Naik. - Ho però un altro progetto, - continuò Sandokan dopo un breve silenzio. - Di fare insorgere i dayaki di Sarawak. Tra di loro abbiamo dei vecchi amici, quelli che ci aiutarono a rovesciare James Brooke. Io vorrei mandare a loro un buon carico d'armi onde possano mettersi in campagna. Con noi in mare e quei terribili tagliatori di teste alle spalle, il rajah ed il suo alleato, il figlio di Suyodhana, non si troverebbero certo su un letto di rose. - Supponi che il figlio del capo dei thugs si trovi col rajah? - chiese Tremal- Naik. - Ne sono sicuro, - rispose Sandokan. - E anch'io, - aggiunse Yanez. - Avete dato un appuntamento alla Marianna? - chiese l'indiano. - Ci aspetta al capo Tanjong-Datu con carico di carbone, di munizioni e di armi! - Che vi sia di già? - Lo suppongo. - Allora andiamo a Sarawak, - concluse Tremal-Naik.

Il praho aveva urtato contro la piattaforma inferiore della scala che era stata subito abbassata. Un uomo sui cinquant'anni, solidamente piantato, con una barbetta brizzolata tagliata a punta, che indossava una divisa di panno azzurro cupo con bottoni dorati ed un berretto con gallone, attendeva sulla piattaforma superiore. Yanez pel primo balzò sui gradini e salì rapidamente, dicendo al comandante della nave, in inglese: - Grazie, signore, del vostro aiuto. Ancora qualche minuto e la mia testa andava ad aumentare la collezione di quei terribili cacciatori di crani. - Sono ben felice, signore, di avervi salvato, - rispose il comandante, tendendogli la destra e dandogli una stretta vigorosa. - Qualunque altro uomo bianco, d'altronde, avrebbe fatto altrettanto. Con quei furfanti non ci vuole misericordia, come non ci vogliono mezze misure. - Ho l'onore di parlare al comandante? - Sì, signore ... - Yanez de Gomera, - rispose il portoghese. Il comandante aveva fatto un soprassalto. Prese Yanez per una mano, traendolo sulla tolda per lasciare il passo libero a Sambigliong ed agli altri che portavano il pellegrino e si mise a guardarlo con viva curiosità, ripetendo: - Yanez de Gomera! Questo nome non mi è nuovo, signore. By God! Sareste voi il compagno di quell'uomo formidabile che anni or sono ha detronizzato James Brooke, lo sterminatore dei pirati? - Sì, sono quello. - Ero a Sarawak il giorno in cui Sandokan vi entrò coi guerrieri di Muda Hassim e le sue invincibili tigri. Signor de Gomera, sono ben felice di avervi prestato un po' d'aiuto. Ma che cosa volevano quegli uomini da voi? - È una istoria un po' lunga a narrarsi. Ditemi, signore, voi non siete inglese? - Mi chiamo Harry Brien e sono americano della California. - E questa nave che è così poderosamente annata, meglio d'un incrociatore di prima classe? - Oh molto meglio! - disse l'americano, sorridendo. - Credo che finora non ve ne sia una seconda in tutta la Malesia e nel Pacifico. Forte, a prova di scoglio, con artiglierie formidabili e rapida come una rondine marina. Si volse verso i marinai che stavano loro d'intorno, interrogando curiosamente i compagni del portoghese, mentre il medico di bordo prodigava le prime cure al pellegrino, dal cui petto usciva un filo di sangue. - Date la colazione a quelle brave persone, - disse loro. - E voi signor de Gomera, seguitemi nel quadro. Ah! Che cosa devo fare del vostro praho? - Abbandonatelo alle onde, comandante, - rispose il portoghese. - Non vale la pena di prenderlo a rimorchio. - Dove desiderate che vi sbarchi? - Più vicino a Mompracem che vi sarà possibile, se non vi spiace. - Vi condurremo direttamente colà, si trova quasi sulla mia rotta e la visiterò volentieri. Venite, signor de Gomera. Si diressero verso poppa e scesero nel quadro, mentre la nave, dopo che i marinai ebbero issato le due scialuppe e tagliati gli ormeggi del praho, riprendeva la sua corsa verso il sud. Il comandante fece portare una colazione fredda nel salotto poppiero e invitò Yanez a dare l'assalto. - Possiamo discorrere anche mangiando e bevendo, - disse amabilmente. - La mia cucina è a vostra disposizione, signor de Gomera, al pari della mia cantina particolare. Quando il pasto fu finito, l'americano conosceva già tutte le disgraziate avventure toccate al suo commensale sulla terra dei dayaki, per opera del misterioso pellegrino e anche la pericolosa situazione in cui trovavasi Sandokan. - Signor de Gomera, - disse, offrendogli un manilla profumato, - vorrei proporvi un affare. - Dite, signor Brien, - rispose il portoghese. - Sapete dove stavo per recarmi? - Non lo saprei indovinare. - A Sarawak per cercare di vendere questa nave. Yanez si era alzato, in preda ad una visibile commozione. - Voi volete vendere la vostra nave! - esclamò. - Non appartiene alla marina da guerra americana? - Niente affatto, signor de Gomera. Era stata costruita nei cantieri d'Oregon, per conto del sultano di Shemmerindan, il quale voleva vendicare, a quanto mi fu detto, suo padre uccisogli dagli olandesi nella sanguinosa sconfitta inflitta a quei predoni molti anni or sono. - Nel 1844, - disse Yanez. - Conosco quell'isola. - Il sultano aveva già versato ai costruttori un'anticipazione di ventimila sterline, promettendo l'intero pagamento alla consegna della nave, ed un forte regalo se fosse riuscita tale da poter sfidare impunemente le navi olandesi. Non abbiamo lesinato e, come avete potuto osservare, questo piroscafo vale meglio d'un incrociatore di prima classe. Disgraziatamente quando condussi la nave alla foce del Cotti, fui informato che il sultano era stato assassinato da un suo parente, ad istigazione degli olandesi, a quanto pare, per evitare una nuova campagna. Il suo erede non ne volle sapere della nave, abbandonandoci l'anticipo fattoci. - Quello là è una bestia, - disse Yanez. - Con un simile piroscafo avrebbe potuto far tremare anche il sultano di Varauni. - Da Ternate ho telegrafato ai costruttori e mi hanno incaricato di offrirla al rajah di Sarawak o a qualche sultano. Signor de Gomera, vorreste acquistarla? Con questa voi potreste diventare il re del mare. - Vale? - chiese Yanez. - Gli affari sono affari, signore, - disse l'americano. - I costruttori chiedono cinquantamila sterline. - Ed io, signor Brien, ne offro sessantamila, pagabili sul banco di Pontianak, a condizione che mi lasciate il personale di macchina a cui offrirò doppia paga. - Sono gente che non rifiuterà, avventurieri della più bella razza, pronti a chiudere ed aprire una valvola ed a sparare il fucile. - Accettate? - By God! È un affare d'oro, signor de Gomera, e non me lo lascerò sfuggire. - Dove volete sbarcare col vostro equipaggio? - A Labuan possibilmente, per prendere il postale che va a Shangai, da cui troveremo facile imbarco per San Francisco. - Quando saremo a Mompracem farò mettere a vostra disposizione un praho onde vi sbarchi in quell'isola, - disse Yanez. Estrasse un libriccino che teneva gelosamente nascosto in una fascia che portava sotto la camicia, si fece dare una penna e appose delle firme su diversi biglietti. - Ecco degli chèques per sessantamila sterline, pagabili a vista sul banco di Pontianak, dove io e Sandokan abbiamo un deposito di tre milioni di fiorini. Signor Brien, da questo momento la nave è mia e ne assumo il comando. - Ed io, signor de Gomera, da comandante divento un pacifico passeggero, - disse l'americano, raccogliendo gli chèques. - Signor de Gomera, visitiamo la nave. - Non mi occorre mi è bastato uno sguardo per giudicarla. Solo desidero conoscere il numero delle bocche da fuoco. - Quattordici pezzi, fra cui quattro da trentasei, un'artiglieria assolutamente formidabile. - Mi basta: devo occuparmi del pellegrino. O egli mi dice dove la scialuppa ha condotto Tremal-Naik e Darma o lo martirizzo fino a che esalerà l'ultimo respiro. - Conosco un mezzo infallibile per costringerlo a parlare, l'ho appreso dalle nostre pelli-rosse, - disse l'americano. - Sempre la rotta su Mompracem, signor de Gomera? - Ed a tiraggio forzato, - rispose il portoghese. - È probabile che in questo momento Sandokan stia per misurarsi cogli inglesi e non ha che dei prahos. - E voi, signor de Gomera, avete a disposizione una nave da cacciare tutti a fondo. Pezzi da 36! Faranno saltare le cannoniere di Labuan come giuocattoli. Lasciarono il quadro e salirono in coperta. La nave filava a tutto vapore verso il sud-ovest, con una velocità assolutamente sconosciuta ai piroscafi di quell'epoca. Quindici nodi all'ora e sei decimi. Chi avrebbe potuto gareggiare con quel piroscafo americano che filava come una rondine marina o poco meno? Yanez ne era entusiasmato. - È un fulmine! - aveva detto ad Harry Brien. - Con tale nave, nè gli inglesi di Labuan, nè il rajah di Sarawak mi fanno paura. Sandokan, se volesse, potrebbe dichiarare la guerra anche all'Inghilterra! Kammamuri in quel momento gli si appressò, dicendogli: - Signor Yanez, la ferita del pellegrino non ha alcuna importanza. La vostra palla deve aver colpito prima qualche cosa di duro, probabilmente l'impugnatura del tarwar, che quell'uomo portava alla cintura e l'ha colpito solamente di rimbalzo, strisciando su una costola. - Dov'è? - In una cabina di prora. - Signor Brien, volete accompagnarmi? - Sono con voi, signor de Gomera, - rispose l'americano. - Cerchiamo di strappare il velo che nasconde quel misterioso personaggio. Scesero nella corsia di babordo di prora ed entrarono in una stanzetta che serviva d'infermeria. Il pellegrino giaceva su una branda, guardato da Sambigliong e da un marinaio della nave. Era un uomo sui cinquant'anni magrissimo, dalla pelle assai abbronzata, coi lineamenti fini come quelli degli indiani delle alte caste e gli occhi nerissimi, penetranti, animati da un fuoco sinistro. Aveva i piedi e le mani legate e conservava un mutismo feroce. - Capitano, - disse Sambigliong a Yanez, - ho veduto or ora il petto di quest'uomo e vi ho scorto un tatuaggio rappresentante un serpente con una testa di donna. - Ecco la prova che egli è veramente un thug indiano e non già un arabo maomettano, - rispose Yanez. - Ah! Uno strangolatore! - esclamò l'americano, guardandolo con vivo interesse. Il prigioniero udendo la voce di Yanez aveva trasalito, poi aveva alzato il capo, fissandolo con uno sguardo ripieno d'odio. - Sì, - disse, - sono un thug, un amico devoto di Suyodhana, che aveva giurato di vendicare su Tremal-Naik, su Darma, su te e più tardi sulla Tigre della Malesia la distruzione dei miei correligionari. Ho perduto la partita quando credevo di averla vinta: uccidimi. Vi è qualcuno che penserà a vendicarmi e più presto di quello che credi. - Chi? - domandò Yanez. - Questo è il mio segreto. - Che io ti strapperò. Un sorriso ironico sfiorò le labbra dello strangolatore. - E mi dirai anche dove quella scialuppa a vapore ha condotto Tremal-Naik, Darma ed i miei Tigrotti sfuggiti al fuoco dei tuoi lilà. - Questo non lo saprai mai! - Adagio, signor strangolatore, - disse l'americano. - Permettetemi di avvertirvi che io conosco un mezzo infallibile per farvi parlare. Non resistono nemmeno le pelli-rosse, che sono d'una cocciutaggine incredibile. - Voi non conoscete gli indiani, - rispose il thug. - Mi ucciderete, ma non mi strapperete una sillaba. L'americano si volse verso il suo marinaio dicendogli: - Prepara sul ponte un paio di tavole ed un barile d'acqua. - Che cosa volete fare, signor Brien? - chiese Yanez. - Ora lo vedrete, signor de Gomera. Fra due minuti quest'uomo parlerà, ve lo prometto. - Voi, - aggiunse poi rivolgendosi a Sambigliong e a Kammamuri, - prendete quest'uomo e portatelo in coperta.

Con pochi colpi di remo le scialuppe attraversarono la distanza, abbordando la scala di tribordo che era rimasta abbassata. - Capitano, - disse il tenente, quando sir Moreland giunse in coperta, salutato dagli hurrà strepitosi dell'equipaggio, - la mia nave è tutta a vostra disposizione. - Non chiedo che una cabina per me e una per ciascuno dei miei compagni. Giudicherete voi, comandante della nave, se potrete trattarli come prigionieri di guerra, dopo però che mi avrete ascoltato. Miss Darma, signor de Gomera, attendetemi. Mentre la nave riprendeva il largo, il capitano ed il tenente scesero nel quadro dove ebbero un lungo colloquio. Quando risalirono, sir Moreland era sorridente e pareva molto lieto. - Miss, signor de Gomera, - disse accostandosi a loro, - voi non verrete ricondotti a Labuan, perchè la nave deve recarsi a Sarawak senza indugio. - Dove verremo consegnati al rajah, - disse Yanez. - È tutto quello che noi possiamo fare, quantunque io avessi desiderato ben altro, - disse il capitano con un sospiro. - E che cosa, sir Moreland? - chiese Darma. L'anglo-indiano scosse il capo senza rispondere, poi offrendo il braccio alla giovane e conducendola verso la poppa, le disse con certa agitazione. - Vorrei strapparvi una promessa, miss. - Quale, sir Moreland? - chiese Darma. - Di non imbarcarvi più sul Re del Mare. - Se sono prigioniera? - Il rajah vi rimetterà subito in libertà. - È impossibile, Sir: colà vi è mio padre ed egli non lascerà il Re del Mare. La sua sorte è unita a quella degli ultimi pirati di Mompracem. - Pensate che io un giorno mi troverò nuovamente dinanzi alla nave di Sandokan e che forse toccherà a me colarla a fondo e dare anche a voi la morte, io che darei invece tutto il mio sangue per voi. Che cosa rispondete, miss Darma. - Lasciate tutto al destino, sir Moreland, - rispose la giovane. - Eppure mi amate. Darma lo guardò, senza rispondere; i suoi occhi erano umidi. - Ditemelo, Darma. - Sì, - mormorò ella, con una voce così lieve che parve un soffio. - Mi giurate di non dimenticarmi? - Ve lo giuro. - Ho fede nel nostro destino, Darma. - Ed io temo invece che sarà fatale ad entrambi. Il nostro affetto è nato sotto una cattiva stella, sir Moreland, lo sento, - disse la giovane con voce triste. - Non parlate così, miss Darma. - Che volete, sir Moreland, vedo buio nel nostro avvenire. Mi pare che una catastrofe non lontana minacci noi due. Questa guerra sarà fatale anche a noi. - Voi potrete evitare questo pericolo, Darma. Esso sta nascosto negli abissi dell'Atlantico. - Ed in quale modo? - Abbandonando il Re del Mare al suo destino, ve lo dissi già. - No, sir Moreland. Finchè sventolerà la bandiera delle tigri di Mompracem, Darma, la protetta di Sandokan e Yanez, non lascerà la nave. - E non sapete dunque che essi sono destinati a perire tutti? Le migliori e le più possenti navi della marina inglese fra poco piomberanno su questi mari e spazzeranno via il corsaro. Fuggirà, vincerà forse altre battaglie, eppure presto o tardi dovrà soccombere sotto le nostre artiglierie. - Ve lo dissi ancora: noi sapremo morire da valorosi, al grido di: Viva Mompracem! - Bella e coraggiosa, come una vera eroina! - esclamò sir Moreland, guardandola con ammira rione. - Ed il fiotto di sangue sarà fatale a tutti! ... Yanez si era in quel momento accostato con precipitazione. - sir Moreland! - esclamò. - Una nave a vapore corre su di noi. È stata già segnalata dal comandante. - Che sia il Re del Mare! - esclamò Darma. - Si sospetta che sia una nave da guerra. Guardate: i marinai si preparano al combattimento. La fronte di sir Moreland si era oscurata, mentre un rapido pallore si era diffuso sul suo viso. - Il Re del Mare, - mormorò con voce sorda. - Esso viene a spezzare la mia felicità. Il tenente lo aveva raggiunto, tenendo in mano un cannocchiale. - Sir James, - disse. - Una nave e molto grossa, se non m'inganno, punta su di noi. - Che sia una delle nostre? - chiese il capitano. - No, perchè viene dal nord-est, mentre la nostra squadriglia si è diretta verso Sarawak colla speranza di trovare il corsaro in quella direzione. Un punto nero, che ingrandiva rapidamente, sormontato da due nere colonne di fumo, era apparso all'orizzonte e pareva che si dirigesse verso il gruppo di Mangalum, muovendo a grande velocità. Sir Moreland aveva puntato il cannocchiale e guardava con estrema attenzione. Ad un tratto l'istrumento gli sfuggì dalle mani: - Il Re del Mare! - esclamò con voce rauca, mentre gettava su Darma uno sguardo ripieno di tristezza. - Sandokan! - esclamò Yanez. - Nemmeno questa volta mi appiccheranno! - È il corsaro? - chiese il tenente. - Sì, - rispose sir Moreland. - Daremo battaglia e l'affonderemo, - disse il tenente. - Volete farvi colare a picco? Fra pochi minuti nave e uomini saranno in fondo al mar della Sonda. Ci vuole ben altro, che un incrociatore di terza classe per affrontare quella nave, la più moderna, la più rapida e la più formidabile di quante ve ne siano. - Eppure non mi lascerò catturare senza combattimento, - rispose il tenente. - Non lo vorrei nemmeno io, amico; credo però che noi lo eviteremo. Le conseguenze sarebbero per noi disastrose. - In quale modo? - Fate calare in acqua una scialuppa e lasciate che io vada prima a parlamentare colla Tigre della Malesia. Voi perderete i due prigionieri, io perderò molto di più, ve lo giuro, ma voi salverete la vostra nave e il vostro equipaggio. - Vi obbedisco, Sir James. Mentre i marinai calavano una baleniera, il Re del Mare che avanzava con una velocità di dodici nodi all'ora, piombava sull'incrociatore. Le sue possenti artiglierie delle torri di prora, erano già state puntate e si preparavano a coprire di fuoco e d'acciaio il minuscolo nemico ed a colarlo a fondo alla prima bordata. Il lungo nastro rosso, segno di combattimento, era salito sventolando sull'albero di prora, mentre la bandiera rossa di Mompracem, adorna d'una testa di tigre veniva innalzata su quella di poppa. Sandokan, vedendo l'incrociatore inglese arrestarsi, issare bandiera bianca e calare in mare una scialuppa, aveva ordinato macchina indietro, fermandosi a milleduecento metri dall'avversario. - Pare che l'inglese non si senta abbastanza forte per misurarsi con noi, - aveva detto a Tremal-Naik che lo aveva raggiunto nella torretta. - Che voglia arrendersi? Non saprei cosa farne di quella nave. - Le prenderemo le artiglierie e le munizioni, oltre il carbone, - rispose l'indiano. - Potranno servire ai nostri amici dayaki di Sarawak. - Sì, eppure mi spiacerebbe perdere altro tempo, - disse la Tigre della Malesia. - Dobbiamo cercare Yanez e Darma. - Speri di trovarli ancora sullo scoglio? - chiese Tremal-Naik con angoscia. - Non ne dubito. Io li ho veduti approdare, prima che le tenebre coprissero quell'isolotto. Oh! Un capitano nella baleniera! Che venga a offrirci la sua spada? Avrei preferito un combattimento, giacchè sento una smania furiosa di tutto distruggere. - Tigre della Malesia, - disse in quel momento Sambigliong, il quale aveva puntato un cannocchiale sulla scialuppa. - È mai possibile! Che io mi inganni o che sia realmente lui! Guardate! Guardate! - Che cosa hai veduto? - È lui, vi dico, è lui! - Chi lui? - sir Moreland. - Moreland! - esclamò Sandokan, prima impallidendo e poi arrossendo, mentre un lampo di speranza gli balenava negli sguardi. - Moreland a bordo di quel legno! Allora Yanez ... Darma ... Come possono trovarsi su quella nave? È impossibile, ti sei ingannato, Sambigliong. - No, guardate, ci ha scorti e ci saluta agitando il berretto. Sandokan si era slanciato fuori dalla torretta. Un grido di gioia gli sfuggì. - Sì, è lui, sir Moreland! ... La baleniera, sotto la spinta di dodici remi, s'avanzava rapidissima. L'anglo-indiano, in piedi a poppa, salutava ora col berretto, senza abbandonare la barra del timone. - Abbassate la scala! - gridò Sandokan. L'ordine era stato appena eseguito che la baleniera abbordava. Sir Moreland salì rapidamente a bordo, dicendogli con una certa freddezza: - Sono lieto di rivedervi, signore, e di potervi dare una notizia che gradirete assai. - Yanez ... Darma? ... - gridarono ad una voce Sandokan e Tremal-Naik. - Sono a bordo di quella nave. - Perchè non li avete condotti qui? - chiese Sandokan aggrottando la fronte. L'anglo-indiano che era diventato estremamente serio e che parlava con voce quasi imperiosa, rispose: - Vengo per intavolare delle trattative, signore. - Che cosa volete dire? - Che il comandante vi consegnerà il signor Yanez e miss Darma a condizione che voi lasciate tranquilla quella nave, che come ben vedete non sarebbe in grado di misurarsi con la vostra. Sandokan ebbe un istante di esitazione, poi rispose: - Sia pure, sir Moreland. Saprò ritrovarla più tardi. - Fate abbassare la bandiera di combattimento. Il comandante comprenderà che voi avete accettato la sua proposta e vi manderà subito i prigionieri. Sandokan fece un segno a Sambigliong e pochi istanti dopo il nastro rosso veniva fatto scendere in coperta. Quasi nel medesimo istante una seconda scialuppa si staccava dal fianco del piccolo incrociatore: vi erano sopra Darma e Yanez. - sir Moreland, - disse Sandokan, - dove vi ha raccolti quella nave? - A Mangalum, - rispose l'anglo-indiano, senza levare gli occhi dalla scialuppa che s'accostava rapidissima. - Vi eravate salvati sullo scoglio? - Sì, - rispose il capitano, che pareva avesse perduta la sua abituale cordialità e che fosse in preda a delle profonde preoccupazioni. La seconda scialuppa era giunta. Yanez e Darma avevano salito precipitosamente la scala, cadendo l'uno nelle braccia di Sandokan e la seconda in quelle di suo padre. Sir Moreland, pallidissimo, guardava con occhio triste quella scena. Quando si furono separati, si volse verso Sandokan, chiedendogli: - Ed ora mi tratterrete ancora prigioniero? La Tigre della Malesia stava per rispondere, quando Yanez lo prevenne. - No, sir Moreland, voi siete libero. Tornate a bordo dell'incrociatore. Sandokan non aveva nascosto un gesto di stupore. Probabilmente non era quella la risposta che intendeva dare all'anglo-indiano, nondimeno non replicò. - Signori, - disse allora l'anglo-indiano con voce grave, fissando bene in viso Sandokan e Yanez, - spero di rivedervi presto, ma allora saremo terribili nemici. - Vi aspettiamo, - rispose freddamente Sandokan. S'accostò a Darma e le tese la mano, dicendole con accento triste: - Che Brahma, Siva e Visnù vi proteggano, miss. La fanciulla che appariva profondamente commossa, strinse la mano senza parlare. Pareva che avesse un nodo alla gola. L'anglo-indiano finse di non vedere le mani che Yanez, Sandokan e Tremal-Naik gli porgevano, salutò militarmente e scese rapidamente la scala senza volgersi indietro. Quando però la scialuppa che lo conduceva verso il piccolo incrociatore passò dinanzi la prora del Re del Mare alzò la testa e vedendo Darma e Surama sul castello, le salutò col fazzoletto. - Yanez, - disse Sandokan, traendo da parte il portoghese. - Perchè lo hai lasciato andare? Egli poteva diventare un ostaggio prezioso. - Ed un pericolo per Darma, - rispose Yanez. - Essi si amano. - Me n'ero accorto. È un bel giovane e valoroso, ha sangue anglo-indiano nelle vene al pari di Darma ... chissà? Dopo la campagna. Stette un momento come immerso in un profondo pensiero, poi riprese: - Cominciamo le ostilità: gettiamoci sulle vie di navigazione e cerchiamo, finchè le squadre ci cercano nelle acque di Sarawak, di fare il maggior male possibile ai nostri avversari.

Intanto un uomo era disceso sulla piattaforma della scala della nave americana, che era stata subito abbassata e si era slanciato sulla coperta cadendo fra le braccia aperte di Yanez. Era di statura piuttosto alta, stupendamente sviluppato, con una testa bellissima, d'aspetto fiero ed energico, colla pelle assai abbronzata, gli occhi nerissimi che pareva avessero dentro un fuoco e la capigliatura folta, ricciuta e nera come l'ala d'un corvo, che cadevagli sulle spalle. La barba invece, appariva un po' brizzolata mentre sulla fronte si disegnavano alcune rughe che non dovevano essere precoci. Vestiva all'orientale, con una casacca di seta azzurra a ricami d'oro e maniche ampie, stretta alla cintura da un'alta fascia di seta rossa sorreggente una splendida scimitarra e due pistole dalle canne lunghissime e arabescate ed i calci ad intarsi d'avorio e d'argento; aveva calzoni larghi, alti stivali di pelle gialla a punta rialzata e sul capo un turbantino di seta bianca con un pennacchio fermato da un diamante grosso quasi come una noce. Una bellissima fanciulla, che indossava un costume di donna indiana, lo seguiva. - Sandokan! - aveva esclamato Yanez, stringendoselo al petto. - Tu, battuto! E anche tu, mia Surama! Un lampo ardente balenò negli sguardi del comandante della squadriglia dei velieri, mentre il suo viso assumeva una terribile espressione d'odio e nel medesimo tempo di dolore. - Sì, battuto per la seconda volta e ancora dal medesimo nemico, - disse poi con voce sorda. - Cacciato da Mompracem! - Non l'avrei certo lasciata per far piacere a loro, Yanez. - Tutto perduto? - Hanno distrutto tutto, quei cani. I villaggi sono in fiamme, la popolazione è stata massacrata senza risparmiare nè le donne, nè i fanciulli, colla ferocia ben nota degli inglesi quando si sentono più forti e si trovano dinanzi a delle genti di colore. Anche la nostra casa non sussiste più. - Ma perchè questo assalto improvviso? Sandokan, invece di rispondere aveva volto lo sguardo in giro, guardando la tolda della magnifica nave che si copriva di marinai americani. - Dove hai trovato questo incrociatore? - chiese poscia. - Che cos'hai fatto in questi giorni? E Tremal-Naik? E Darma? E la Marianna? E chi sono questi uomini bianchi che prendono le difese delle tigri di Mompracem? - Sono avvenute delle cose gravissime, fratellino mio, dopo la mia partenza pel Kabatuan, - rispose Yanez. - Ma prima che ti racconti ciò, dimmi dove ti recavi ora. - In cerca di te, innanzitutto, poi di un nuovo asilo. Non mancano le isole al nord del Borneo dove potersi posare e prepararsi alla vendetta, - disse Sandokan. - La Tigre della Malesia farà udire ancora il suo ruggito sulle spiagge di Labuan e anche su quelle di Sarawak. Yanez fece un segno al capitano che stava fermo a pochi passi, in attesa di ricevere gli ordini del nuovo proprietario della nave, poi, dopo averlo presentato a Sandokan, gli chiese: - Dov'è che desiderereste sbarcare, capitano? - Possibilmente a Labuan, dove mi sarà più facile trovare imbarchi per Pontianak e poi ho due uomini laggiù che potrebbero darvi delle preziose informazioni, signor de Gomera. Rimarranno a vostra disposizione fino a che ne avrete bisogno, tutto il personale di macchina che ha accettato le vostre proposte e due quartiermastri artiglieri onde istruire i vostri malesi nel servizio dei pezzi. Sarei ben lieto di rimanere in vostra compagnia e prendere parte alla campagna, che non ne dubito, inizierete contro quei signori dalle bandiere rosse inquartate. - Avanzatevi lentamente su Labuan in modo da potervi giungere di notte. I prahos potranno seguirci senza difficoltà, essendo il vento fresco, - ordinò Yanez. Poi, passato un braccio sotto il destro di Sandokan, lo trasse verso poppa e scesero entrambi nel quadro, seguìti dalla giovane indiana. In quel momento le cannoniere, il brigantino e l'incrociatore scomparivano fra le nebbie dell'orizzonte. - Narrami che cosa è successo a Mompracem, innanzitutto, - disse Yanez, mentre sturava una bottiglia di whisky e fissava sorridendo Surama. - Perchè ti sono piombati addosso? Kammamuri che era giunto alla fattoria di Tremal-Naik mi aveva già narrato che il governatore di Labuan desiderava prenderti l'isola. - Sì, e col pretesto che la mia presenza costituiva un continuo pericolo per quella colonia ed incoraggiava i pirati bornesi, - rispose Sandokan. - Non credevo però che spingesse le cose tanto oltre verso di noi, che abbiamo reso all'Inghilterra un così grande servigio sbarazzando l'India dalla setta dei thugs. Invece quattro giorni or sono un messo inglese mi recò l'ordine di sgombrare l'isola entro quarantott'ore, sotto la minaccia di cacciarmivi colla forza. Scrissi allora al governatore che l'isola da vent'anni era stata occupata da me e che per diritto mi apparteneva e che la Tigre della Malesia era tale uomo da difenderla a lungo; quand'ecco che ieri sera, senza alcuna dichiarazione di guerra, mi vedo piombare addosso la squadra che tu hai trattata così bene, mentre un'altra, composta di piccoli velieri, sbarcava sulle rive occidentali quattro compagnie di cipai con quattro batterie di artiglieria. - Canaglie! - esclamò Yanez, indignato. - Ci hanno considerati come fossimo ancora dei pirati! - Peggio, come degli antropofagi, - disse Sandokan, con voce fremente. - A mezzanotte i villaggi sorpresi erano in fiamme ed i loro abitanti massacrati con inaudita ferocia, mentre la squadra apriva un fuoco terribile contro le nostre trincee della piccola baia, distruggendomi buona parte dei prahos. Quantunque preso fra due fuochi, fra i pezzi delle navi e le batterie dei cipai, ho resistito disperatamente fino all'alba, respingendo più di quattordici attacchi; poi, quando vidi che ogni resistenza era inutile, mi sono imbarcato cogli avanzi delle mie bande ed a colpi di cannone mi sono aperto il passo fra gli incrociatori e le cannoniere, riuscendo a fuggire in tempo. - Ed ora che cosa intendi fare? La Tigre della Malesia alzò la destra agitandola come se impugnasse qualche arma e si preparasse a vibrare un colpo mortale, poi, contraendo le labbra come la belva di cui portava il nome, disse con uno scoppio d'ira spaventevole: - Che cosa penso di fare? Come vent'anni or sono ho fatto tremare Labuan, tornerò a spargere il terrore su tutte le sue coste. Dichiaro la guerra all'Inghilterra ed a Sarawak insieme. - Od al figlio di Suyodhana? Sandokan aveva fatto un soprassalto. - Che cosa hai detto, Yanez? - gridò, guardandolo con profonda sorpresa. - Che l'uomo che ha sollevati i dayaki del Kabatuan, che ha fatto muovere il governatore di Labuan e quello di Sarawak per cacciarci da Mompracem è il figlio della Tigre dell'India che tu hai uccisa a Delhi. Sandokan era rimasto muto: pareva che quella inaspettata rivelazione lo avesse fulminato. - Aveva un figlio, il capo degli strangolatori indiani! - esclamò finalmente. - E molto abile e molto risoluto e deciso a vendicare la morte di suo padre, - aggiunse Yanez. - Noi abbiamo perduta già la nostra isola, tutte le fattorie di Tremal-Naik sono state distrutte e quel caro amico e Darma si trovano in sua mano. - Te li hanno rapiti! - gridò Sandokan. - Dopo un combattimento terribile che sarebbe terminato colla morte di tutti, senza l'arrivo provvidenziale di questa nave. Sandokan si era messo a girare pel salotto cogli scatti d'una belva rinchiusa in una gabbia, la fronte burrascosamente aggrottata e le mani raggrinzite sul petto. - Narrami tutto, - disse ad un tratto, fermandosi dinanzi al portoghese e vuotando d'un fiato solo una tazza di whisky. Yanez, più brevemente che potè, raccontò le diverse avventure toccategli dopo la partenza da Mompracem e che già noi conosciamo. Sandokan le aveva ascoltate in silenzio, senza interromperlo. - Ah! Questa nave è nostra? - disse quando Yanez ebbe finito. - Sta bene: faremo guerra all'Inghilterra, a Sarawak, al figlio di Suyodhana, a tutti! - E dei nostri prahos che cosa ne farai? Non potrebbero seguire questa nave che fila come un pesce veliero. Vorresti affondarli? - Li manderemo nella baia d'Ambong. Colà abbiamo degli amici e terranno in consegna i nostri velieri fino al nostro ritorno, mantenendo un equipaggio solo sulla Marianna. - Che ci seguirà? - Potremmo averne bisogno più tardi. Lasciarono il quadro e salirono in coperta, dove Kammamuri, il prode maharatto, e Sambigliong li attendevano. La nave filava a piccolo vapore verso oriente, seguìta a breve distanza dalla Marianna di Sandokan e dai prahos, i quali avevano il vento in favore. In lontananza si profilavano debolmente le alture di Labuan, indorate dagli ultimi raggi del sole, prossimo ormai al tramonto. Alle nove di sera l'incrociatore s'arrestava a mezzo miglio dalla spiaggia, di fronte al luogo ove aveva sbarcato i due marinai potendo darsi che il segnale venisse fatto quella notte istessa. Nessuno aveva acceso i fanali, nemmeno la poderosa nave onde non attirare l'attenzione delle cannoniere inglesi a guardia dell'isola. Erano trascorse quattro ore, quando un razzo verde, s'alzò sulla cima d'una scogliera. Yanez, Sandokan, l'americano e la giovane indiana che stavano chiacchierando sulla plancia di comando, seduti su delle poltrone a dondolo, si erano bruscamente alzati. - Il segnale dei miei uomini! - aveva esclamato lo yankee. - Sapevo che erano due furbi quelli e che non avrebbero perduto il loro tempo nelle taverne di Victoria. Ad un suo comando un marinaio lanciò un razzo rosso a cui i due americani risposero subito con un altro d'eguale colore. Poco dopo una sottile linea oscura si staccava dalla scogliera, lasciandosi dietro una scia fosforescente. Il mare, saturo di nottiluche, luccicava sotto i colpi dei remi come se dei getti di zolfo fuso scorressero sotto la scialuppa. Yanez aveva fatto abbassare la scala. Dieci minuti dopo l'imbarcazione abbordava la grossa nave e i due americani salivano frettolosamente. - Dunque? - chiesero ad una voce Yanez ed il comandante, con ansietà. - Siamo riusciti al di là delle nostre speranze, signori, - rispose uno dei due. - Sbrigati a spiegarti, Tom, - disse lo yankee. - Sai dove sono state condotte quelle persone? - Sì, capitano. L'ho saputo da un nostro compatriotta che montava quella scialuppa a vapore di cui vi ha parlato il signore, - disse, accennando a Yanez. - Si è fermata a Labuan quella scialuppa? - chiese il portoghese. - Solo pochi minuti per rinnovare la provvista di carbone e per sbarcare quel nostro compatriotta a cui una palla aveva spezzato un braccio, - rispose il marinaio. - Mi disse quell'uomo che a bordo vi era un indiano, una fanciulla e cinque malesi. - E dove li hanno condotti? - A Redjang, nel fortino di Sambulu. - Nel sultanato di Sarawak! - esclamò Sandokan. - Allora è stato quel rajah che li ha fatti rapire? - No, signore. Il nostro compatriotta ci ha detto che è stato un uomo che si fa chiamare il Re del Mare ma che pare abbia l'appoggio, più o meno velato, del governatore di Labuan e del rajah. - Non sa chi è costui? - chiese Yanez. - Lui stesso lo ignora, non avendolo mai veduto. Ma tuttavia ha assicurato che quell'uomo è potente e che è amico del rajah - disse il marinaio. Si volse verso il comandante americano: - Volete sbarcare qui? - gli chiese. - Preferirei piuttosto qui che su di un'altra costa. - Non avrete dei fastidi da parte degli inglesi, dopo quello che avete fatto? - Nessuno mi conosce, signore, e poi sono suddito americano e gli inglesi non oseranno molestarmi. D'altronde inventerò una storiella qualunque per spiegare la mia presenza sulle coste di Labuan: un naufragio per esempio avvenuto molto al largo, la presa della mia nave da parte dei pirati bornesi o qualcos'altro. Non inquietatevi per me. - V'incarichereste di affidare una lettera all'ufficio postale di Victoria pel governatore di Labuan? - Figuratevi se vi negherei un tal favore, signore. - Vi avverto che si tratta d'una dichiarazione di guerra. - Me l'ero immaginato, - rispose l'americano. - Mi guarderò dall'avvertire il governatore di averla impostata io. - Yanez, - disse Sandokan, volgendosi all'amico, - preleva dalla mia cassa, che si trova nella mia cabina della Marianna, mille sterline che regalerai all'equipaggio americano e fa' preparare le scialuppe onde sbarchi. Scendo un momento nel quadro a scrivere la lettera pel governatore. Quando tornò sul ponte, l'equipaggio americano che doveva lasciare la nave, escluso il personale di macchina ed i due quartiermastri cannonieri che avevano già firmato l'arruolamento, lo salutò con un formidabile: - Hurrà alla Tigre della Malesia! Hurrà! Hipp! Hipp! Hipp! Sandokan reclamò con un gesto un breve silenzio, poi fatti salire a bordo della nave i comandanti dei prahos e la maggior parte dei suoi Tigrotti, lesse ad alta voce: Noi Sandokan, soprannominato Tigre della Malesia, ex principe di Kini-Ballon e Yanez de Gemerà legittimi proprietarii dell'isola di Mompracem, notifichiamo al signor governatore di Labuan che da oggi dichiariamo la guerra all'Inghilterra, al rajah di Sarawak ed all'uomo che è da loro protetto. Da bordo del Re del Mare: 24 maggio 1868. SANDOKAN E YANEZ DE GOMERA Un urlo terribile, selvaggio, si scatenò come un uragano dai petti delle terribili tigri di Mompracem. - Viva la guerra! Morte ed esterminio alle giacche rosse! - Signore, - disse il comandante americano, tendendo a Sandokan la destra, - vi auguro di dare a quel prepotente di John Bull una dura lezione. Della potenza della nave che v'ho venduto, ne rispondo pienamente e nessun'altra che si trovi in questi mari potrà tenervi testa. Prima però di lasciarvi vi voglio fare una domanda e darvi un consiglio. - Parlate, - disse Sandokan. - La nave non possiede che cinquecento tonnellate di carbone, provvista che, anche economizzata, non potrà durarvi più d'un mese. Servitevi più che potete delle vele, perchè dopo la vostra dichiarazione di guerra, avrete chiusi i porti olandesi e del sultanato di Bruni che si manterranno indubbiamente neutrali e che si rifiuteranno di provvedervi. - Avevo già pensato a questo, - rispose Sandokan. - Mandate, quindi, prima che la guerra scoppi, la vostra Marianna a caricare carbone a Bruni e datele un appuntamento in qualche punto della baia di Sarawak onde la vostra nave non rimanga senza combustibile in sul più bello della guerra. Il carbone per voi non sarà meno prezioso della polvere, ricordatevelo. - In caso disperato andrò a saccheggiare i depositi che gli inglesi hanno su certe isole pel rifornimento delle loro squadre, - rispose Sandokan. - Ed ora, signori, buona fortuna, - disse l'americano, stringendo energicamente le mani ai due antichi pirati di Mompracem. Mise la lettera nel portafoglio e scese la scala. Il suo equipaggio aveva già preso posto nelle imbarcazioni che erano guidate da numerosi pirati. La squadriglia prese subito il largo, dopo un altro fragoroso urrah. Mezz'ora dopo, le imbarcazioni, sbarcato l'equipaggio americano sulla spiaggia di Labuan, fecero ritorno. La Marianna ed i prahos avevano sciolte le vele, pronti a salpare pel nord e raggiungere il porto amico di Ambong, con equipaggi ridotti, essendo la maggior parte dei loro marinai passati sull'incrociatore. - Ed ora, - disse Sandokan, quando ebbe dato gli ultimi ordini ai comandanti dei legni e che questi si misero in marcia, - andiamo a liberare Tremal-Naik ed abbattere la potenza del rajah di Sarawak, suoi alleati e protetti. Un momento dopo, il Re del Mare, come era stata battezzata la poderosa nave americana, si slanciava a tutto vapore verso il sud, per raggiungere la baia di Sarawak.

La barcaccia, che aveva rallentato il cammino, abbordò l'enorme nave presso l'anca di tribordo, sotto la scala che era stata abbassata d'un colpo solo.

Manovrò in modo da coprire la scialuppa dai tiri delle artiglierie avversarie, opponendo ai proiettili i suoi poderosi fianchi, poi la scala fu abbassata d'un colpo solo. L'ingegnere Horward, Darma e Surama con Kammamuri erano usciti dalla torretta di poppa, gridando: - Presto! ... Presto! ... Salite! ... Alcuni marinai avevano già calati i paranchi per issare la scialuppa. Yanez, Sandokan, Tremal-Naik ed i loro compagni si slanciarono sulla scala, dopo d'aver assicurato i ganci. - Finalmente! - esclamò l'americano. - Credevo che non arrivaste in tempo. - A posto gli artiglieri! - gridò Sandokan. - Doppi timonieri alla ruota! ... - Avremo da fare per sbarazzarci della squadra; però siamo forti e veloci, - disse Yanez.

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