Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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I PIRATI DELLA MALESIA

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Salgari, Emilio 1 occorrenze

La scala fu abbassata e l'ufficiale, Yanez, Ada, Sandokan e tutti gli altri salirono in coperta dove li attendevano ansiosamente il capitano e l'equipaggio. L'ufficiale presentò Yanez al capitano del vascello, un bell'uomo sulla quarantina con due grossi mustacchi e la pelle abbronzata dal sole equatoriale. - È una vera fortuna, signore, l'essere arrivato in così buon punto - disse il capitano stringendo vigorosamente la destra che il portoghese gli porgeva. - Certamente, mio caro capitano. Mia sorella sarebbe morta. - È vostra sorella, signor ambasciatore? - chiese il capitano, guardando la pazza che non aveva ancor pronunciato parola. - Sì, capitano, ma l'infelice è pazza. - Pazza? - Sì, comandante. - Così giovane e così bella! - esclamò il capitano guardando con occhio compassionevole la vergine della pagoda. - Forse sarà stanca. - Lo credo, capitano. - Sir Strafford, conducete la signora nella migliore cabina di poppa. - Permettete però che il suo servo la segua - disse Yanez. - Accompagnala, Kammamuri. Il maharatto prese per mano la giovinetta e seguì l'ufficiale a poppa. - Anche voi, signore, dovete essere stanco e affamato - disse il capitano, rivolgendosi a Yanez. - Non dico di no, capitano. Sono due lunghe notti che non si dorme affatto e due giorni che appena si assaggia cibo. - Dove eravate diretti? - A Sarawak. A proposito, permettetemi, capitano, di presentarvi S.A.R. Orango Kahaian fratello del sultano di Varauni - disse Yanez presentando Sandokan. Il capitano strinse con entusiasmo la mano della Tigre della Malesia. - By God! - esclamò. - Un ambasciatore e un principe sul mio vascello? Ciò è un avvenimento. Non occorre che vi dica, signori, che la mia nave è a vostra disposizione. Mille grazie, capitano - rispose Yanez. - Siete anche voi in rotta per Sarawak? Precisamente, e faremo il viaggio insieme. Quale fortuna! Vi recate forse dal rajah James Brooke? - Sì, capitano, devo firmare un trattato importantissimo. - Lo conoscete il rajah? - No, capitano. - Vi presenterò io, signor ambasciatore. Sir Strafford, conducete questi signori nel quadro di poppa e fate servire loro il pranzo. - E i nostri marinai, dove li alloggerete, capitano? - chiese Yanez. - Nel frapponte, se non vi spiace. - Grazie, capitano. Yanez e Sandokan seguirono l'ufficiale che li condusse in una vasta cabina fornita di lettucci e ammobiliata con molta eleganza. Le due finestre, riparate da grossi vetri e da cortine di seta, davano sulla poppa della nave e permettevano alla luce e all'aria di entrare liberamente. - Sir Strafford - disse Yanez, - chi abbiamo vicino alla nostra cabina? - Il capitano alla vostra destra, e vostra sorella a sinistra. - Benissimo. Scambieremo qualche parola attraverso le pareti. L'ufficiale si ritirò, avvertendoli che sarebbe stato subito servito il pranzo. - Ebbene, fratellino mio, come va? - chiese Yanez quando furono soli. - Va tutto a gonfie vele - rispose Sandokan: - quei poveri diavoli ci credono davvero due galantuomini. - Che cosa ne dici del vascello? - È un legno di prima classe che farà ottima figura a Sarawak. - Hai contato gli uomini di bordo? - Sì, sono una quarantina. - Accidenti! - esclamò il portoghese facendo una brutta smorfia.- Hai paura di quaranta uomini? - Non dico di no. - Siamo in buon numero e tutti scelti, Yanez. - Ma hanno dei buoni cannoni, gli Inglesi. - Ho incaricato Hirundo di venirmi a dire di quali mezzi dispone il vascello. Il ragazzo è furbo e ci dirà tutto. - Quando faremo il colpo? - Questa notte. Domani, a mezzogiorno, saremo alla foce del fiume. - Zitto, ecco lo steward. Il garzone portava, aiutato da due mozzi, un lauto pranzo: due sanguinolenti beefsteaks, un colossale pudding, scelte bottiglie di vino francese e di gin. I due pirati, che avevano appetito, si sedettero a tavola, assaltando bravamente il pranzo. Stavano intaccando il pudding, quando al di fuori si udì un passo silenzioso e un leggero sibilo. - Entra, Hirundo - disse Sandokan. Un bel giovanotto, color del bronzo, ben piantato, con lo sguardo vivo entrò chiudendo dietro di sé la porta. - Siedi e narra, Hirundo - disse Yanez. - Dove sono i nostri? - Nel frapponte - rispose il giovane dayaco. - Che cosa fanno? - Accarezzano le armi. - Quanti cannoni vi sono nella batteria? - chiese Sandokan. - Dodici, Tigre. - Questi inglesi sono ben armati. James Brooke avrà un osso duro da rosicchiare, se gli salterà il ticchio di abbordarci. Con una sola bordata manderemo a picco il suo famoso Realista. - Lo credo, Tigre. - Odimi, Hirundo, e cacciati in testa le mie parole. - Sono tutto orecchi. - Che nessuno dei nostri si muova, per ora. Quando la luna tramonterà, rovesciate i cannoni della batteria e salite in massa sul ponte gridando: al fuoco! al fuoco! I marinai, gli ufficiali e il capitano saliranno in coperta e noi daremo loro addosso, se non si arrenderanno. Mi hai capito? - Perfettamente, Tigre della Malesia. Avete altro da dirmi? - Sì, Hirundo. Quando uscirai di qui, entrerai nella cabina della vergine della pagoda, che è attigua a questa, e dirai a Kammamuri di barricare solidamente la porta e di non uscire finché durerà il combattimento. - Ho capito, Tigre della Malesia. - Vattene e obbedisci. Hirundo uscì ed entrò nella cabina della vergine della pagoda sacra. - Li ammazzeremo tutti? - No, Yanez, li costringeremo ad arrendersi. Mi spiacerebbe uccidere questi uomini che ci hanno accolto con tanta gentilezza. I due pirati terminarono tranquillamente il pasto vuotando parecchie bottiglie, sorseggiarono il thè recato dallo steward e si sdraiarono nei loro lettucci, aspettando pazientemente il segnale per precipitarsi in coperta. Verso le otto il sole sparve sotto l'orizzonte e le tenebre si stesero a poco a poco, sull'ampia superficie d'acqua che diventava rapidamente oscura. Sandokan diede uno sguardo fuori dal finestrino. A babordo, a grande distanza, gli sembrò di vedere una massa nerastra ergersi verso le nubi: a poppa, pure assai lontana, una vela biancastra che radeva l'orizzonte. - Siamo in vista del monte Matang - mormorò. - Domani saremo a Sarawak. Tese gli orecchi, avvicinandosi alla porta della cabina. Udì due persone scendere la scaletta, un bisbiglio, poi due porte aprirsi e chiudersi; una a destra e l'altra a sinistra. - Bene - tornò a mormorare. - Il capitano e il luogotenente sono entrati nelle loro cabine. Tutto va a meraviglia. Accese il suo scibouk che aveva avuto il tempo di salvare dal naufragio insieme alle pistole, alla sua scimitarra e al suo kriss d'inestimabile prezzo, e si mise a fumare colla maggiore tranquillità. Poco dopo udì suonare nella cabina del capitano le nove, poi le dieci, indi le undici. Sussultò come se fosse stato colpito da una pila elettrica. Balzò dal letto. - Yanez - esclamò. - Fratello - rispose il portoghese. La Tigre della Malesia fece due passi verso l'uscio colla mano destra sull'impugnatura della scimitarra. Un grido terribile rimbombò nel ventre del vascello perdendosi sul mare. - Al fuoco! al fuoco! - Saliamo! - esclamò Sandokan. I due pirati, aperta la porta, si slanciarono sul ponte come tigri.

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