Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

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Numero di risultati: 6 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Mitchell, Margaret

222010
Via col vento 6 occorrenze
  • 1939
  • A. Mondadori
  • Milano
  • Paraletteratura - Romanzi
  • UNICT
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Invece di abbassare gli occhi o di guardarla con aria di sfida come facevano le altre donne allegre quando si trovavano dinanzi alle signore, Bella aveva ricambiato il suo sguardo, fissandola con un'espressione quasi compassionevole che aveva fatto salire le fiamme al volto di Rossella. Ma ora non poteva accusarlo; non poteva adirarsi, chiedergli fedeltà né svergognarlo, come non poteva scusarsi di averlo incolpato della morte di Diletta. Si sentiva oppressa da un'apatia stupefatta, da un'infelicità che non riusciva a comprendere, un'infelicità piú profonda di qualunque cosa ella avesse mai conosciuto. Era abbandonata come non era mai stata. E aveva paura di non potersi piú rivolgere a nessuno, eccettuato a Melania. Perfino Mammy, il suo principale appoggio, era tornata a Tara. Tornata per rimanervi. Non aveva dato spiegazioni della sua partenza. I suoi occhi stanchi avevano guardato con tristezza Rossella, quando le aveva chiesto i danari per il biglietto ferroviario. Alle lagrime, alle suppliche di Rossella che le chiedeva di rimanere, Mammy aveva solo risposto: «Mi pare di sentire miss Elena che dire: "Mammy, vieni a casa; tuo compito essere finito". Cosí io andare a casa». Rhett che aveva udito il discorso, le diede il denaro e le accarezzò un braccio. - Hai ragione, Mammy, miss Elena ha ragione. Il tuo compito qui è finito. Vai a casa. Se hai bisogno di qualche cosa fammelo sapere. - E poiché Rossella prorompeva in nuove insistenze: - Taci, sciocca! Lasciala andare! Come vuoi che qualcuno rimanga volentieri in questa casa.... adesso? Nei suoi occhi era una luce cosí strana e cosí viva, che Rossella indietreggiò sgomenta. - Dottor Meade, credete che possa... che abbia perso il cervello? - interrogò piú tardi, trascinata a consultare il dottore dalla propria inquietudine. - No, - disse il medico; - ma beve come un otre e se non la smette si ammazzerà. Voleva molto bene alla bimba, Rossella; e scommetto che beve per dimenticarla. Quello che vi consiglio è di dargli un altro bambino piú presto che potrete. - Ah! - esclamò Rossella amaramente, nell'uscire dallo studio. Era piú facile a dirsi che a farsi. Sarebbe ben contenta di avere un altro bambino, molti altri bambini, se in tal modo avesse potuto togliere quell'espressione dagli occhi di Rhett e riempire gli spazi dolorosi del proprio cuore. Un bimbo che avesse la bruna bellezza di Rhett, e un'altra piccina. Sí, un'altra piccina, bella, gaia, vivace, piena di risa, non come quella scioccona di Ella! Perché Dio non aveva preso Ella, se doveva toglierle uno dei suoi figli? Ella non le dava alcun conforto ora che Diletta era scomparsa. Ma sembrava che Rhett non desiderasse un'altra creatura. Almeno, non veniva mai nella sua camera, quantunque la porta non fosse mai chiusa, ma anzi socchiusa in maniera invitante. Pareva che non vi tenesse. Che non tenesse a nulla, se non al whisky e a quella donna sciupata coi capelli rossi. Era diventato amaro, mentre prima era piacevolmente beffardo; brutale, mentre le sue frecciate erano una volta temperate dalla celia. Dopo la morte di Diletta, molte signore del vicinato che erano state attratte dalle maniere graziose che aveva con la sua piccina, desiderarono mostrargli la loro simpatia. Lo fermavano per istrada per dirgli delle parole gentili o gli rivolgevano un saluto dai loro porticati o dai cortili. Ma ora che Diletta era scomparsa, anche le sue buone maniere scomparvero. Egli rispondeva brevemente e con asprezza ai saluti e alle condoglianze piú affettuose. Ma, cosa strana, le signore non si offesero. Comprendevano o credevano di comprendere. Quando lo vedevano passare al tramonto, tanto ubriaco che a stento si reggeva in sella, scansando quelli che volevano salutarlo, dicevano: - Povero diavolo! - e raddoppiavano i loro sforzi per essere buone e gentili. Provavano molta pena per lui che nel suo crepacuore non trovava a casa altro conforto che Rossella. Tutti sapevano quanto ella fosse fredda e senza cuore; ed erano inorriditi dell'apparente facilità con cui si era rimessa dal colpo provato per la morte della figliuola, non accorgendosi o non volendosi accorgere dello sforzo che si nascondeva dietro a quella tranquillità. Rhett aveva tutte le simpatie della città; cosa di cui non gli importava nulla. Rossella aveva le antipatie generali e, per una volta, avrebbe accolto ben volentieri la cordialità dei vecchi amici. Invece nessuno andava da lei, eccetto zia Pitty, Melania e Ashley. Solo i nuovi amici vennero, nelle loro magnifiche carrozze, ansiosi di mostrarle la loro solidarietà, di distrarla con pettegolezzi sul conto di altri amici di cui non le importava nulla. Tutti quei «nuovi venuti», tutti quegli estranei! Non la conoscevano. Non la conoscerebbero mai. Non sapevano che cos'era stata la sua vita prima di raggiungere quella salda posizione nella bella casa di Via dell'Albero di Pesco. Ed essi non le parlavano di quella che era stata la loro vita prima di avere i ricchi broccati e gli eleganti equipaggi. Ignoravano le sue lotte, le sue privazioni, tutto ciò che dava valore oggi alla grande casa, ai vestiti lussuosi, all'argenteria, ai ricevimenti. Non sapevano. Gente venuta chi sa da dove, che viveva alla superficie delle cose, che non aveva in comune con lei ricordi di guerra, di fame, di lotte, che non aveva radici che sprofondavano nella stessa terra rossa. Nella sua solitudine, le sarebbe piaciuto passare i pomeriggi con Maribella o con Fanny, con la signora Elsing o la signora Whiting e perfino con la temibile e bellicosa signora Merriwether. O con la signora Bonnell o... con qualsiasi delle vecchie amiche e vicine. Perché esse sapevano. Avevano conosciuto la guerra, il terrore, l'incendio, avevano visto morire persone care prima del tempo; erano state affamate e stracciate, avevano vissuto col lupo dietro alla porta. E avevano ricostruito la loro fortuna dalle rovine. Sarebbe un conforto sedere con Maribella, ricordando che anche questa aveva perduto un bimbo, morto nella pazza fuga dinanzi all'esercito di Sherman. Sarebbe un sollievo la presenza di Fanny, poiché entrambe avevano perduto il marito nei tremendi giorni della legge marziale. Sarebbe una triste gioia ridere con la signora Elsing, ricordando il viso della vecchia signora mentre spingeva a pazza corsa il suo cavallo il giorno in cui Atlanta era caduta, mentre il bottino di viveri presi al commissariato veniva disseminato per istrada. E sarebbe piacevole discorrere con la signora Merriwether, ormai sicura per la produzione della sua panetteria; piacevole dire: - Vi ricordate come andavano male le cose subito dopo la resa? Vi ricordate quando non sapevamo come avremmo fatto per procurarci un paio di scarpe? E guardate adesso come stiamo! Sí, sarebbe piacevole. Ora comprendeva perché, quando due ex-confederati si incontravano, parlavano della guerra con sollievo, con orgoglio, con nostalgia. Erano stati giorni che avevano messo alla prova i loro cuori; ma essi li avevano superati. Erano veterani. Anche lei era una veterana, ma non aveva camerati coi quali rievocare le vecchie battaglie. Oh, essere nuovamente con la propria gente, con la gente che era passata attraverso le stesse vicende e di cui conosceva i patimenti... eppure sapeva quanta parte di se stesso ciascuno vi aveva lasciato! Ma tutti costoro, non sapeva come, si erano allontanati. Capiva che era colpa sua. Non se ne era mai curata finora... ora che Diletta era morta ed essa era sola e spaurita; e vedeva dall'altra parte della sua lucente tavola da pranzo un estraneo bruno e ubriaco che dileguava dinanzi ai suoi occhi.

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Infatti, Mammy aveva sempre cercato di abbassare la sua presunzione. Il piccolo Wade non era piú una seccatura, perché tutta la famiglia, bianchi e negri, lo idolatravano; vi era un'incessante rivalità fra chi aspirava a tenerlo in grembo. Melania era specialmente tenera con lui. Anche nei momenti in cui urlava piú disperatamente, ella lo trovava adorabile e aggiungeva: - Che tesoro! Vorrei che fosse mio! A volte Rossella faceva fatica a dissimulare i propri sentimenti; trovava ancora che Zia Pitty era la piú stupida delle vecchie e la sua fatuità e inconsistenza la irritava in sommo grado. Aveva per Melania un'antipatia che andava crescendo col passar dei giorni; a volte le toccava uscire bruscamente dalla stanza quando Melania, raggiante di orgoglio amoroso, parlava di Ashley o leggeva ad alta voce le sue lettere. Ma in complesso la vita trascorreva felicemente quanto era possibile, date le circostanze. Atlanta era piú interessante di Savannah o di Charleston o di Tara, e offriva una tale quantità di strane occupazioni da tempo di guerra che ella aveva poco tempo per pensare o annoiarsi. Solo qualche volta, quando spegneva la candela e sprofondava la testa nei guanciali, sospirava e pensava: «Se Ashley non si fosse sposato! Se non dovessi andare a curare i feriti all'ospedale! Oh, se almeno avessi qualche corteggiatore!» Aveva immediatamente avuto orrore di fare l'infermiera, ma non poteva sfuggire a quel dovere, perché faceva parte dei due comitati, quello della signora Meade e quello della signora Merriwether. Questo significava quattro mattine della settimana in un ospedale opprimente e maleodorante, coi capelli avvolti in un asciugamano e un pesante grembiale che la copriva dal collo ai piedi. Tutte le signore di Atlanta, vecchie o giovani, facevano le infermiere con un entusiasmo che a Rossella sembrava un po' fanatico. Ritenevano che ella fosse imbevuta dello stesso fervore patriottico e sarebbero state scandalizzate se avessero saputo quanto poco le importava della guerra. Eccettuata la continua preoccupazione che Ashley potesse essere ucciso, la guerra non la interessava affatto; e se assisteva gli ammalati era unicamente perché non sapeva come potersi esimere da quell'obbligo. Certamente nel fare l'infermiera non vi era nulla di romantico. Per lei, significava gemiti, delirio, morte e cattivi odori. Gli ospedali erano pieni di uomini sudici, pidocchiosi, con la barba lunga; che puzzavano terribilmente e avevano nel corpo delle ferite tanto orrende da far rivoltare lo stomaco. Gli ospedali puzzavano di cancrena; era un odore che colpiva le narici molto prima che si aprisse la porta e che rimaneva a lungo nelle mani e nei capelli e la ossessionava nei suoi sogni. Mosche, zanzare e mosquitos volteggiavano ronzando e cantando a sciami nelle corsie, tormentando gli uomini che imprecavano e singhiozzavano debolmente; e Rossella, grattando le proprie punture di zanzara, agitava ventagli di foglie di palma finché le spalle non le facevano male; e allora si metteva a desiderare che tutti gli uomini morissero. A Melania, invece, sembrava non dessero noia gli odori, le ferite, le nudità; e Rossella trovava strano ciò, in quella che sembrava la piú timida e pudibonda delle donne. A volte, mentre reggeva bacinelle e strumenti al dottor Meade che tagliava delle carni incancrenite, Melania era pallidissima. E una volta, dopo una di quelle operazioni, Rossella la trovò in guardaroba che vomitava tranquillamente in un asciugamano. Ma finché si trovava dove il ferito poteva vederla, era gentile, allegra e piena di simpatia; gli uomini la chiamavano "angelo misericordioso". Anche a Rossella sarebbe piaciuto essere chiamata cosí; ma questo portava con sé il toccare uomini formicolanti di pidocchi, ficcare le dita nella gola di ammalati incoscienti per vedere se soffocavano per avere inghiottito una cicca; fasciare tronconi e togliere vermi dalla carne che si andava corrompendo. No, non le piaceva fare l'infermiera! Forse sarebbe stato sopportabile se avesse potuto usare del suo fascino sui convalescenti, perché molti di loro erano simpatici e di buona famiglia; ma essendo vedova non poteva farlo. Le signorine della città, a cui non si permetteva di andare all'ospedale per timore che vedessero cose non adatte ai loro occhi verginali, si occupavano di quelli. Non impedite dal matrimonio o dalla vedovanza, esse facevano strage fra i convalescenti; e anche le meno attraenti - notò Rossella cupamente - non tardavano ad esser fidanzate. Eccettuati gli ammalati e i feriti gravi il mondo di Rossella era esclusivamente femminile, e questo l'addolorava, perché ella non aveva mai avuto simpatia né fiducia nel proprio sesso e, quel ch'era peggio, esso l'annoiava profondamente. Per tre pomeriggi settimanali doveva recarsi ai comitati di lavoro per la preparazione di fasciature delle amiche di Melania. Le ragazze che tutte quante avevano conosciuto Carlo, erano buone e premurose con lei in queste riunioni, specialmente Fanny Elsing e Maribella Merriwether, figlie delle vecchie nobili della città. Ma la trattavano con deferenza, come se lei fosse una donna anziana e finita. E le loro continue chiacchiere sui balli e gli spasimanti la rendevano invidiosa dei loro divertimenti e irritata perché la sua vedovanza la escludeva da essi. Diamine, era tre volte piú graziosa di Fanny e di Maribella! Oh, com'era ingiusta la vita! E come era sciocco che tutti credessero che il suo cuore era nella tomba di Carlo! Invece era in Virginia con Ashley! Ma nonostante queste afflizioni, Atlanta le piaceva. E il suo soggiorno si prolungava, mentre le settimane passavano.

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. - Molti di loro starebbero assai meglio in uniforme grigia e in Virginia - rispose senza curarsi di abbassare la voce. Parecchie madri, orgogliose dei loro figliuoli che erano nella milizia, udirono l'osservazione. La signora Guinan divenne scarlatta e poi pallida, perché il suo venticinquenne Guglielmo era nella compagnia. Rossella fu sbalordita nell'udire simili parole da Melly e dinanzi a tutti. - Melly! - esclamò. - Sai benissimo che è vero, Rossella. Non parlo dei ragazzi e dei vecchi. Ma vi sono nella milizia molti che potrebbero tenere in mano un fucile; ed è ciò che dovrebbero fare in questo momento. - Ma... ma... - cominciò Rossella che non aveva mai pensato a questo - qualcuno deve pur rimanere a casa per... - Che diamine le aveva detto Guglielmo Guinan per giustificare la sua presenza in Atlanta? - Qualcuno deve pur rimanere a casa per proteggere lo Stato da un'invasione. - Nessuno ci ha invaso e nessuno ci invaderà - replicò freddamente Melania, guardando verso il gruppo della milizia. E il miglior mezzo per tenere lontani gli invasori è andare in Virginia a battere gli yankees. Quanto alla storia che la milizia deve impedire una sollevazione dei negri... è la cosa piú sciocca che io abbia mai udita. Perché dovrebbe sollevarsi il nostro popolo? È un'ottima scusa, questa, per i codardi. Scommetto che sconfiggeremmo gli yankees in un mese se la milizia di tutti gli Stati andasse a combattere. Ecco! - Ma Melly! - esclamò di nuovo Rossella guardandola sbalordita. Gli occhi neri di Melania ardevano di collera. - Mio marito non ha avuto paura di andare e neanche il tuo. E preferirei che fossero morti tutti e due piuttosto che vederli qui a casa... Oh, cara, perdonami! Come sono crudele e imprudente! Afferrò il braccio di Rossella come per scusarsi e quella la fissò. Ma in quel momento non pensava a Carlo morto. Pensava ad Ashley. Se morisse anche lui? Si volse in fretta e sorrise automaticamente al dottor Meade che si avvicinava al loro banco. - Brave, figliuole - fece salutandole. - Siete state molto gentili a venire. So che per voi è stato un sacrificio; ma tutto si fa per la Causa. Ora vi dirò un segreto. Ho trovato un modo per fare parecchio denaro per l'ospedale; ma temo che qualche signora sarà scandalizzata. Si fermò e ridacchiò mentre si grattava la barbetta caprina. - Che cosa? Ditecelo, siate buono! - Veramente è meglio farvelo indovinare. Ma voialtre ragazze dovrete difendermi, se i membri della chiesa propongono di espellermi dalla città per questo. Del resto, è per l'ospedale. Vedrete. Non è mai stato fatto niente di questo genere. Proseguí pomposamente verso un gruppo di accompagnatrici in un angolo e proprio mentre le due giovani si volgevano l'una all'altra per discutere sulle possibilità di quel segreto, ecco avvicinarsi due vecchi signori i quali dichiararono ad alta voce che desideravano dieci metri di merletto. «Beh, meglio vecchi che niente» pensò Rossella misurando il merletto e rassegnandosi pudicamente ad essere accarezzata sotto il mento. I vecchi si rivolsero poi verso il banco dei rinfreschi ed altri presero il loro posto. Il loro banco non aveva tanti clienti come gli altri, dove risuonavano la risata squillante di Maribella Merriwether e la risatina sommessa di Fanny Elsing e le allegre risposte delle ragazze Whiting. Melly vendeva oggetti inutili ad uomini che non sapevano che cosa farne, tranquilla e serena come una negoziante, e Rossella modellava il suo contegno su quello della cognata. Dinanzi a tutti i banchi, eccettuato il loro, era una folla di ragazze che ciarlavano e di uomini che compravano. I pochi che si avvicinavano al loro banco parlavano della propria camerateria universitaria con Ashley, dicevano che era un bravo soldato, oppure accennavano rispettosamente a Carlo, affermando che la sua morte era stata una grande perdita per Atlanta. Quindi la musica attaccò il ritmo irregolare di «Johnny Booker, aiuta i negri!» e Rossella ebbe voglia di urlare. Desiderava ballare. Ne sentiva il bisogno. Guardò il pavimento e batté i piedi in cadenza; i suoi occhi ardevano di una fiamma verde. Attraverso la sala un uomo, appena arrivato e ancora fermo sulla soglia della porta, li vide, sussultò riconoscendoli e osservò piú attentamente quegli occhi dal taglio obliquo nel volto caparbio e ribelle. Quindi ghignò fra sé riconoscendo l'invito che qualsiasi uomo avrebbe potuto leggervi. Era vestito di panno nero; alto in modo da superare tutti gli ufficiali che gli erano accanto, con le spalle larghe ma la vita sottile, e dei piedi assurdamente piccoli nelle scarpe verniciate. Il suo abito severo, con la camicia finemente pieghettata e i calzoni elegantemente allacciati sotto le uose molto alte, contrastava stranamente col suo volto e con la sua figura; appariva tutto agghindato, con gli abiti di un «dandy» su un corpo da atleta, e segretamente pericoloso sotto la sua graziosa indolenza. Aveva i capelli nerissimi e i baffi piccolini erano anch'essi neri, tagliati corti come quelli di uno straniero in paragone a quelli lunghi e sfioccati degli ufficiali di cavalleria che gli erano accanto. Sembrava - ed era - un uomo di appetiti viziosi e svergognati. Aveva un aspetto di sicurezza e di spiacevole impertinenza; vi era anche un lampo di malizia nei suoi occhi che fissavano audacemente Rossella, finché questa, sentendo finalmente il suo sguardo, si volse verso di lui. Ebbe l'impressione di riconoscerlo, pur non riuscendo dapprima a ricordare chi fosse. Ma era il primo uomo che, da molti mesi, le mostrasse un certo interesse; perciò gli sorrise gaiamente. Rispose con un piccolo cenno al suo inchino; ma quando egli mosse verso di lei con una singolare andatura, flessuosa come quella degli indiani, ella portò la mano alla bocca con un gesto d'orrore, riconoscendolo. Rimase paralizzata, come colpita dal fulmine, mentre egli si apriva un varco attraverso la folla. Quindi si voltò, pronta a fuggire nella sala dei rinfreschi; ma la sua gonna si impigliò in un chiodo del banco. La tirò furiosamente, lacerandola; ma intanto egli era giunto accanto a lei. - Permettete - disse chinandosi a staccare delicatamente il volano. - Non speravo che vi ricordaste di me, miss O'Hara. La sua voce suonò bizzarramente piacevole al suo orecchio; era la voce ben modulata di un signore, sonora e col leggero accento strascicato di Charleston. Ella lo fissò implorante, col volto che si era coperto di rossore al ricordo del loro ultimo incontro, e si trovò di fronte gli occhi piú neri che avesse mai visto, che brillavano di una gaiezza spietata. Fra tutti gli uomini del mondo che avrebbero potuto capitare in quel luogo, bisognava che fosse proprio quel tremendo individuo che aveva assistito a quella scena con Ashley che le dava tuttora degl'incubi; quell'odioso mascalzone che rovinava le fanciulle e non era ricevuto dalle persone perbene; quell'uomo spregevole che aveva detto - e con ragione! - che lei non era una signora. Al suono di quella voce Melania si volse e, per la prima volta in vita sua, Rossella ringraziò il cielo per l'esistenza di sua cognata. - Ma... è il signor Butler, non è vero? - E Melania sorrise lievemente tendendogli la mano. - Vi ho conosciuto... - Nella felice circostanza dell'annunzio del vostro fidanzamento - la interruppe egli chinandosi a baciarle la mano. - Siete molto gentile a ricordarvi di me. - E che cosa fate cosí lontano da Charleston, Mister Butler? - Affari, Mrs. Wilkes, e affari poco divertenti. Da ora in poi dovrò andare avanti e indietro dalla vostra città. Non soltanto debbo portar dentro le merci, ma anche sorvegliare come vengono distribuite. - Portar dentro... - cominciò Melania aggrottando la fronte; e subito dopo ebbe un sorriso di piacere. - Ma allora... voi siete il famoso capitano Butler di cui ho sentito tanto parlare... quello che attraversa il blocco! Figuratevi, tutte le ragazze qui dentro indossano abiti che sono stati introdotti da voi. Rossella, non sei emozionata... Che hai, tesoro? Ti senti male? Siedi... Rossella piombò sulla sedia, respirando cosí affannosamente che ebbe paura che le stringhe del suo busto si rompessero. Oh, che cosa tremenda! Non aveva mai pensato di poter nuovamente incontrare quell'uomo. Egli prese dal banco il suo ventaglio nero e cominciò a sventolarla con sollecitudine, troppa sollecitudine; il suo volto era grave ma gli occhi brillavano ancora maliziosamente. - Fa troppo caldo qui - disse poi. - Non fa meraviglia che miss O'Hara si senta poco bene. Volete che vi accompagni a una finestra? - No. - Il monosillabo fu pronunciato con tanta durezza che Melly la guardò stupita. - È un pezzo che non è piú miss O'Hara - riprese poi Melania. - È la signora Hamilton.. mia cognata. - E le lanciò un breve sguardo affettuoso. Rossella si sentí soffocare vedendo l'espressione del bruno volto di pirata del capitano Butler. - Sono sicuro che è una gioia per entrambe queste graziose signore - replicò questi con un lieve inchino. Era l'osservazione che facevano tutti gli uomini; ma detta da lui, a Rossella sembrò che significasse proprio il contrario. - Immagino che i vostri mariti siano qui stasera, in questa lieta occasione? Sarebbe un piacere per me rinnovarne la conoscenza. - Mio marito è in Virginia - rispose Melania alzando fieramente la testa. - Ma Carlo... - La sua voce si spezzò. - È morto al campo - disse Rossella con voce atona. Quasi masticò le parole. Oh, non se ne andava mai quell'uomo? Melly la guardò stupita e il capitano ebbe un gesto di rimprovero verso se stesso. - Care signore... non immaginavo...! Dovete perdonarmi. Ma permettete a un estraneo di dirvi che morire per il proprio paese è vivere per sempre. Melania gli sorrise attraverso le lagrime, mentre Rossella sentí dentro di sé un impeto di collera e d'odio impotente. Egli aveva nuovamente fatto un'osservazione gentile, il complimento che qualunque gentiluomo avrebbe fatto in simili circostanze; ma certo senza pensarne neanche una parola. Si burlava di lei. Sapeva che ella non aveva amato Carlo. E Melly era tanto sciocca da non capire quello che vi era sotto le sue parole. «Dio mio, speriamo che nessuno lo capisca!» pensò con un sobbalzo di terrore. Avrebbe detto quello che sapeva? Certo non era un gentiluomo; e perciò sarebbe stato capacissimo di spiattellare ogni cosa. Lo guardò e vide che la sua bocca era un po' abbassata agli angoli con beffarda simpatia, mentre egli continuava ad agitare il ventaglio. Qualche cosa in quell'espressione fu per lei come una sfida e le fece tornare le forze in un impeto di antipatia. Bruscamente gli strappò di mano il ventaglio. - Sto benissimo - disse sgarbatamente. - È inutile sventolarmi per scompigliarmi i capelli. - Rossella, cara! Capitano, dovete scusarla. Non è... È fuori di sé quando sente parlare di Carlo... e forse non saremmo dovute venire qui stasera. Siamo ancora in lutto, come vedete; e per lei è uno sforzo... tutta questa gaiezza e la musica... povera figliuola! - Capisco - rispose egli con studiata gravità; ma nel rivolgere a Melania uno sguardo che penetrò fino in fondo nei suoi dolci occhi turbati, la sua espressione mutò. Sul suo volto bruno si dipinse il rispetto e una certa gentilezza. - Credo che siate una piccola donna molto coraggiosa, Mrs. Wilkes. - E non una parola per me! - disse fra sé, indignata, Rossella, mentre Melly sorrideva un po' confusa e rispondeva: - Oh Dio, no, capitano Butler! Il comitato dell'ospedale ci ha pregate di tenere questo banco perché all'ultimo momento... Un copricuscino? Eccone uno graziosissimo, con la bandiera. Si volse a tre soldati di cavalleria che si erano avvicinati al banco. Per un momento, Melania pensò che il capitano Butler era molto gentile. Poi si augurò che qualche cosa di piú sostanziale che la tarlatana fosse tra il suo abito e la sputacchiera che era di fianco al banco, perché la mira dei soldati con la bocca piena di tabacco masticato non era cosí esatta come quella che essi dimostravano con le loro pistole. Quindi dimenticò il capitano, Rossella e la sputacchiera, perché nuovi clienti circondavano il banco. Rossella era rimasta tranquillamente seduta a sventagliarsi, senza osare alzare gli occhi e augurandosi di vedere il capitano sulla tolda della sua nave. - Vostro marito è morto da un pezzo? - Oh sí. Quasi da un anno. - Un'eternità, naturalmente. Rossella non ne era ben certa; ma sulla qualità adescatrice di quella voce non potevano esservi dubbi. Comunque, non rispose. - Siete stata maritata per molto tempo? Perdonate la mia domanda, ma sono stato a lungo assente da questi luoghi. - Due mesi - rispose Rossella involontariamente. - Una vera tragedia - proseguí la voce tranquilla. «Che Dio lo maledica» pensò Rossella con violenza. «Se fosse un altr'uomo non farei altro che prendere un'aria glaciale e congedarlo. Ma egli sa di Ashley e sa che non amavo Carlo. Ed ho le mani legate.» Non rispose e guardò il suo ventaglio. - E questa è la vostra prima comparsa in società? - So che la cosa può sembrare strana - si affrettò a spiegare. - Ma le ragazze McLure che dovevano vendere a questo banco son dovute partire e non vi era nessun altro; quindi Melania ed io... - Nessun sacrificio è troppo grande per la Causa. Strano: le stesse parole della signora Elsing. Ma quando le aveva pronunciate lei, le erano sembrate tutte diverse. Le salí alle labbra una risposta bruciante ma la inghiottí. Dopo tutto, lei si trovava colà non per la Causa ma perché era stanca di stare in casa. - Ho sempre pensato - aveva ripreso il capitano riflessivamente - che il sistema del lutto e di imprigionare le donne nel crespo per il resto della vita impedendo loro le gioie piú naturali, è tanto barbaro quanto il sutti indiano. - Il sutti? L'uomo rise ed ella arrossí della propria ignoranza. Detestava le persone che usavano parole che le erano sconosciute. - In India quando un uomo muore, lo bruciano invece di seppellirlo; e sua moglie si arrampica sul rogo funerario e viene arsa con lui. - Che cosa orribile! E perché lo fanno? La polizia non lo impedisce? - No davvero. Una donna che non si facesse bruciare insieme al proprio marito sarebbe socialmente una fuori casta. Tutte le donne indú di una certa importanza parlerebbero di lei perché non si è comportata come deve una donna ben nata... precisamente come quelle degne signore in quell'angolo parlerebbero di voi se stasera foste apparsa qui vestita di rosso e se vi metteste a dirigere una danza. Personalmente io ritengo il sutti un uso molto piú misericordioso che il nostro simpatico costume meridionale che seppellisce vive le vedove. - Come osate dire che io sono una sepolta viva! - Come ci tengono le donne alle catene che le imprigionano! Voi ritenete barbaro il costume indú... ma avreste avuto il coraggio di apparire qui questa sera se la Confederazione non avesse avuto bisogno di voi? Gli argomenti di questo genere confondevano sempre Rossella. Questo poi la confondeva doppiamente perché ella aveva una vaga idea che contenesse un fondo di verità. Ma adesso era venuto il momento di prendere la rivincita. - È naturale che non sarei venuta. Sarebbe stato... oltre che irrispettoso... si sarebbe potuto credere che io non am... Gli occhi di lui attesero le sue parole con un'espressione cinicamente divertita; ed ella non riuscí a proseguire. Egli sapeva che Rossella non aveva amato Carlo, e non le consentiva di fingere i bei sentimenti che non provava. Che cosa terribile, terribile, aver a che fare con un individuo che non era un gentiluomo! Un gentiluomo aveva sempre l'aria di credere a una signora, anche quando sapeva che mentiva. Questa era la cavalleria del Sud. Il sesso forte obbediva alle regole e diceva soltanto le cose corrette, cercando di render facile la vita alle signore. Ma costui sembrava che non si curasse in alcun modo delle regole ed evidentemente si divertiva a parlar di cose di cui nessuno parlava mai. - Attendo con ansia. - Siete detestabile - disse ella smarrita, abbassando gli occhi. Egli si appoggiò sul banco chinandosi finché la sua bocca fu accanto al suo orecchio e bisbigliò, in un'ottima imitazione del tiranno che si vedeva a volte sulle scene: - Non temete, bella signora! Il vostro colpevole segreto è chiuso nel mio cuore. - Oh, - mormorò Rossella febbrilmente - come potete dire una cosa simile? - L'ho fatto per tranquillizzarvi. Che cosa volete che vi dica? «Siate mia, o bella, altrimenti rivelerò ogni cosa?» Ella incontrò involontariamente i suoi occhi e vide che erano canzonatori come quelli di un bambino. E allora rise. Dopo tutto la situazione era buffa. Anch'egli rise, e cosí forte che alcune delle signore che erano nell'angolo si voltarono a guardare. Vedendo che la vedova di Carlo Hamilton si divertiva, o sembrava divertirsi con 'un estraneo, avvicinarono le teste, disapprovando.

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Decise quindi di fare abbassare alquanto la cresta a quell'uomo. La sua conoscenza del di lei segreto gli dava un vantaggio esasperante; bisognava dunque trovar modo di metterlo al di sotto. Dominò l'impulso di dirgli schiettamente ciò che pensava di lui. Si prendono piú mosche con lo zucchero che con l'aceto, come diceva spesso Mammy, e lei si disponeva adesso ad acchiappare e sottomettere quel moscone in modo che egli non potesse piú averla in suo dominio. - Grazie - gli rispose dolcemente, - fraintendendo deliberatamente la sua ironia. - Un complimento come questo, da una celebrità come il capitano Butler è davvero prezioso. Egli gettò indietro il capo e rise francamente; abbaiò - pensò Rossella con asprezza, mentre il rosso le tornava sul volto. - Perché non dite quello che pensate veramente? - le chiese egli abbassando la voce in modo che, nel vocio generale, giunse soltanto alle sue orecchie. - Perché non dite che sono un fiero mascalzone e non sono un signore, e che debbo andarmene o mi farete cacciar via da uno di quei valorosi giovinotti in uniforme? La risposta aspra era già sulla punta della sua lingua; ma dominandosi eroicamente, Rossella replicò: - Macché, capitano Butler! Come correte! Come se tutti ignorassero che siete famoso, che siete coraggioso e che... che... - Sono deluso sul vostro conto. - Deluso? - Sí. In occasione del nostro primo fausto incontro avevo supposto di aver finalmente trovato una ragazza che fosse non soltanto bella, ma anche coraggiosa. Ora vedo che siete soltanto bella. - Vorreste dirmi che sono codarda? - Si agitava come una gallina. - Precisamente. Vi manca il coraggio di dire quello che sentite. Quando vi conobbi, pensai: questa è una ragazza come ce n'è una in un milione. Non è come quelle altre stupidine che credono a tutto ciò che le mamme e le bambinaie dicono, e agiscono in conseguenza, quali che siano i loro sentimenti. E nascondono sentimenti e desideri e piccoli dolori sotto una quantità di parole gentili. Pensai: Miss O'Hara è una ragazza di uno spirito raro. Sa che cosa vuole e non ha riguardo a dire quel che le passa per la mente... o a gettare dei portafiori. - Oh! - esclamò ella lasciandosi vincere dall'ira. - Allora vi dirò proprio quello che penso. Se aveste avuto un briciolo di superiorità non vi sareste avvicinato a parlare con me. Avreste compreso che desideravo non avervi mai piú sotto gli occhi! Ma non siete un gentiluomo! Siete un individuo villano e ripugnante. E siccome le vostre luride e piccole navi riescono a passare sotto il naso agli yankees, voi credete di avere il diritto di venire qui a beffarvi di uomini coraggiosi e di donne che sacrificano tutto per la Causa... - Basta, basta, - pregò egli con un sorriso. - Siete partita ottimamente, dicendo quel che pensavate; ma ora non cominciate a parlarmi della Causa. Sono stufo di sentirne parlare e scommetto che lo siete anche voi... - Ma come potete... - ricominciò Rossella perdendo il controllo; quindi si trattenne subito, irritatissima contro se stessa per essere caduta in quella trappola. - Ero sulla soglia della porta prima che voi mi vedeste e osservavo le altre giovani. Sembrava che il volto di tutte fosse fuso in uno stesso modello. Il vostro no. Voi avete un viso sul quale si legge facilmente. Eravate svagata e potrei garantire che non pensavate né alla Causa né all'ospedale. Sul vostro volto era scritto che desideravate ballare, divertirvi, e che non potevate. Ed eravate furibonda di questo. Ditemi la verità. Ho ragione? - Non ho altro da dirvi, capitano Butler - ella rispose il piú cerimoniosamente possibile, cercando di raccogliere attorno a sé i brandelli della propria dignità. - Pavoneggiatevi quanto vi pare perché siete il «grande sforzatore del blocco» ma astenetevi dall'insultare le donne. - Il «grande sforzatore del blocco»! È uno scherzo. Vi prego di darmi ancora un attimo del vostro tempo prezioso prima di sprofondarmi nelle tenebre. Non vorrei che una cosí graziosa patriota facesse un errato apprezzamento su quello che è il mio contributo alla Causa della Confederazione. - Non tengo affatto ad ascoltare le vostre vanterie. - Il blocco per me è un affare che mi fa guadagnare dei quattrini. Quando non mi renderà piú lo abbandonerò. Che ve ne pare? - Penso che siete un mascalzone mercenario... proprio come gli yankees. - Infatti - sogghignò il capitano. - E gli yankees mi aiutano a far quattrini. Figuratevi che il mese scorso ho ancorato la mia nave proprio nel porto di Nuova York per caricare della mercanzia. - Come? - esclamò Rossella eccitata e interessata suo malgrado. - E non vi hanno sparato addosso? - Povera innocente! Neppur per sogno. Vi sono nell'Unione molti bravi patrioti che non sono affatto alieni dal guadagnare del denaro vendendo merci alla Confederazione. Io ancoro la mia nave dinanzi a Nuova York, compro dalle ditte yankee (naturalmente per contanti) e me ne vado. E quando la cosa diventa un po' pericolosa, vado a Nassau, dove gli stessi bravi patrioti hanno portato per me munizioni e articoli di moda. È piú comodo che andare in Inghilterra. A volte non è tanto facile riuscire a penetrare a Charleston o a Wilmington.... Ma non potete immaginare come si arriva lontani con un po' di denaro... - Oh, sapevo che gli yankees erano abietti; ma ignoravo... - Perché sofisticare sugli yankees che guadagnano onestamente qualche quattrinello vendendo il loro Paese? Fra cento anni nessuno se ne ricorderà piú. E il risultato sarà lo stesso. Essi sanno che la Confederazione sarà battuta: perché non dovrebbero guadagnarci sopra? - Battuti... noi? - Senza dubbio. - Volete farmi il favore di lasciarmi... o dovrò chiamare la mia carrozza e andarmene a casa per liberarmi di voi? - Un'ardente piccola ribelle - fece egli con un altro sogghigno. Si inchinò e si allontanò lasciandola ansimante di indignazione e di collera impotente. In lei era un amaro dispetto che non riusciva ad analizzare; simile a quello di un bimbo che vede crollare una sua illusione. Come aveva osato, colui, oscurare la gloria di quelli che attraversavano il blocco e come osava dire che la Confederazione sarebbe battuta? Bisognava fucilarlo per questo; fucilarlo come un traditore. Si guardò attorno e vide i visi noti, cosí sicuri del successo, cosí coraggiosi, cosí devoti; un piccolo brivido freddo le passò attraverso il cuore. Battuti? Ah no; non costoro! Certamente no! Il solo pensarlo era impossibile e sleale. - Che cosa stavate mormorando? - chiese Melania volgendosi a lei appena i suoi clienti si furono allontanati. - Ho visto che Mrs. Merriwether non ti lasciava con gli occhi; e sai che ha la lingua lunga... - Ah, quell'uomo è insopportabile! Un vero villanzone! - rispose Rossella. - Quanto alla vecchia Merriwether, lascia pure che parli. Sono stufa di far la bambina per suo uso e consumo. - Ma via, Rossella! - esclamò Melania scandalizzata. - Ssst! - fece Rossella. - Il dottor Meade sta per fare un altro discorso. Il chiacchiericcio si interruppe nuovamente e la voce del dottore si alzò ancora una volta, prima di tutto per ringraziare le signore che avevano dato cosí volenterosamente i loro gioielli. - Ed ora, signore e signori, vi proporrò una sorpresa: un'innovazione che forse potrà urtare qualcuna di voi. Ma vi prego di considerare che tutto ciò si fa per l'ospedale e a beneficio dei nostri giovani feriti o ammalati. Tutti si tesero in avanti cercando di immaginare che cosa avrebbe potuto proporre il dottore, un uomo cosí serio. - Stanno per cominciare le danze; e il primo numero, senza dubbio sarà una danza scozzese, un reel seguito da un valzer. Le danze seguenti, polke, mazurke e scottish, saranno precedute da brevi reels Reel (pron. riil): è una danza scozzese abbastanza vivace, ballata da due o piú coppie; la sua musica è scritta generalmente in tempo ordinario (quattro quarti) ma qualche volta anche in tempo di giga di sei per otto, o due terzine di crome. (N. d. T.). Conosco la gentile rivalità per condurre bene i reels, e perciò... - Il dottore inarcò le sopraciglia e lanciò uno sguardo canzonatorio verso l'angolo dove sua moglie sedeva insieme alle signore anziane. - Se voi, signori, desiderate condurre un reel con la dama di vostra scelta, dovete concorrere in un'asta di cui io sarò il banditore. Le dame saranno aggiudicate ai migliori offerenti e il ricavato andrà all'ospedale. I ventagli si fermarono improvvisamente e la sala fu attraversata da un'ondata di mormorii eccitati. L'angolo delle signore era in pieno tumulto e la signora Meade, desiderosa di sostenere suo marito in un'azione che in cuor suo disapprovava, si trovava in assoluto svantaggio. Le signore Elsing, Merriwether e Whiting erano rosse d'indignazione. Ma improvvisamente la Guardia Nazionale lanciò un'evviva che fu seguito da tutti i presenti. Le ragazze batterono le mani e saltarono eccitate. - Non ti pare che sia... che sia... come una piccola asta di schiavi? - sussurrò Melania, guardando incerta il bellicoso dottore che fino ad ora le era sempre apparso perfetto. Rossella non disse nulla, ma i suoi occhi brillarono e il suo cuore fu contratto da una pena leggera. Se almeno non fosse stata una vedova! Se fosse ancora Rossella O'Hara, con un abito verde mela guarnito di velluto verde scuro, e delle tuberose nei capelli neri... sarebbe lei a condurre quella danza. Sí, senza dubbio. Vi sarebbero una dozzina di uomini a battersi per lei e a pagare al dottore delle belle cifre. Oh, dover sedere qui a far da tappezzeria contro la sua volontà e vedere Fanny o Maribella condurre la danza come la piú bella ragazza di Atlanta! Al di sopra del tumulto risuonò la voce del piccolo zuavo col suo accento creolo: - Se posso... venti dollari per Miss Maribella Merriwether. Maribella si nascose arrossendo dietro la spalla di Fanny e le due fanciulle celarono il volto ognuna nel collo dell'altra ridacchiando mentre altre voci cominciavano a gridare altri nomi ed altre cifre. Il dottor Meade aveva ricominciato a sorridere, ignorando completamente i bisbigli indignati che venivano dalle signore del Comitato ospedaliero. Da principio la signora Merriwether aveva dichiarato fermamente e ad alta voce che la sua Maribella non avrebbe mai partecipato ad una simile gara; ma poiché il nome di sua figlia veniva gridato sempre piú spesso e la cifra aveva già superato i settantacinque dollari, le proteste cominciarono a diminuire. Rossella teneva i gomiti appoggiati al banco e guardava quasi ferocemente la folla eccitata che rideva affollandosi attorno alla piattaforma con le mani piene di banconote della Confederazione. Ora tutte ballerebbero, tranne lei e le vecchie signore. Tutti si divertirebbero, meno lei. Vide Rhett Butler dietro il dottore, e prima che potesse mutare l'espressione del suo volto, egli la scorse e abbassò un angolo della bocca sollevando un sopracciglio. Ella sollevò il mento e si volse altrove. In quel momento udí il proprio nome... pronunciato da un'inconfondibile voce charlestoniana che superò il frastuono. - Mrs. Carlo Hamilton... centocinquanta dollari... in oro. Un improvviso zittio attraversò la folla all'udire la somma e il nome. Rossella fu cosí sbalordita che non riuscí neanche a muoversi. Rimase seduta col mento fra le mani e gli occhi spalancati di meraviglia. Tutti si volsero a guardarla. Ella vide il dottore curvarsi sulla piattaforma e mormorare qualche cosa a Butler. Probabilmente gli diceva che essa era in lutto e non poteva ballare. Ma Rhett crollò le spalle incurante. - Forse un'altra delle nostre bellezze? - suggerí il dottore. - No - rispose Rhett ostinato, guardando la folla. - Mrs. Hamilton. - Vi dico che è impossibile - insistette il dottore. - Mrs. Hamilton non vorrà... La voce di Rossella le uscí di bocca quasi senza sua volontà, irriconoscibile. - Sí, son pronta! Balzò in piedi col cuore che le martellava cosí violentemente che temette di non potersi reggere; l'eccitazione di esser nuovamente il centro dell'attenzione, di esser la piú desiderata e - soprattutto! - la prospettiva di ballare... - Non me ne importa! Non m'importa quello che diranno! - mormorò trascinata da una specie di follia. Drizzò la testa e uscí dal banco battendo i tacchi come nacchere e tenendo il suo ventaglio nero completamente spiegato. Per un attimo scorse il volto incredulo di Melania, l'espressione delle vecchie signore, le fanciulle petulanti, i soldati che approvavano con entusiasmo. Quindi si trovò in mezzo alla sala e vide Rhett Butler che avanzava verso di lei, fra due ali di folla, col suo beffardo e detestabile sorriso. Ma non gliene importava... Stava per ballare... Per condurre il reel. Gli rivolse un piccolo cenno e un sorriso abbagliante; egli si inchinò con una mano sul petto. Levi, benché inorridito, si rimise rapidamente e urlò: - Scegliete le vostre dame! E l'orchestra intonò il reel più bello di tutti: «Dixie».

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Ella sapeva sorridere con garbo, camminare facendo ondeggiare i cerchi della sua gonna in modo attraente, sapeva guardare un uomo in faccia e poi abbassare gli occhi e battere le palpebre rapidamente in modo che sembrasse il tremito di una dolce emozione; e, soprattutto, aveva imparato a nascondere agli uomini un'intelligenza acuta sotto un viso dolce e semplice come quello di un bambino. Elena con la sua voce ammonitrice e Mammy con le sue costanti censure cercavano d'inculcare in lei le qualità che l'avrebbero resa veramente desiderabile come moglie. - Devi essere piú dolce, cara, piú remissiva - diceva Elena. - Non devi interrompere gli uomini che ti parlano, anche se credi di saperne piú di loro sull'argomento. Gli uomini non amano le ragazze troppo perspicaci. - Ragazze superbe che darsi arie e dire «voglio questo, voglio quello» di solito non trovare marito - profetizzava cupamente Mammy. - Le ragazze dovere abbassare occhi e dire «bene signore» e poi «Sí signore» e «avete ragione signore.» Le insegnarono dunque tutto ciò che una gentildonna doveva sapere, ma ella imparò soltanto la vernice della gentilezza. Non apprese mai la grazia interiore da cui questa gentilezza doveva sgorgare, e non vedeva neppure la ragione di apprenderla. Le apparenze bastavano, perché le apparenze della signorilità le acquistavano dei corteggiatori; ed ella non desiderava di piú. Geraldo proclamava che sua figlia era la piú bella di cinque Contee, e con un certo fondo di verità; infatti ella ebbe proposte di matrimonio da quasi tutti i giovani del vicinato ed anche da luoghi lontani, come Atlanta e Savannah. A sedici anni, grazie a Mammy e ad Elena, appariva gentile, simpatica e briosa, mentre in realtà era volontaria, vana e caparbia. Aveva ereditato la facile eccitabilità del padre irlandese e nulla della natura altruista e indulgente di sua madre, se non d'apparenza. Elena non si rese mai completamente conto che era soltanto una vernice, perché Rossella le mostrava soltanto il suo volto migliore, nascondendo le sue scappate, piegando il suo temperamento e apparendo in presenza di Elena piú dolce che poteva, perché sua madre, con un solo sguardo di rimprovero, riusciva a mortificarla fino alle lagrime. Ma Mammy non aveva illusioni sul suo conto ed era continuamente sul «chi vive» per le screpolature della vernice. Gli occhi di Mammy erano piú acuti di quelli di Elena, e Rossella non ricordava di essere mai riuscita ad ingannarla per molto tempo. Non che questi due mentori affettuosi deplorassero la vivacità, il fascino e la disinvoltura della giovinetta. Di tali qualità le donne meridionali andavano fiere. Erano invece preoccupate dalla natura impetuosa e dalla cocciutaggine di Geraldo che risorgevano in lei; e talvolta temevano che questi difetti non si sarebbero potuti nascondere prima che ella facesse un buon matrimonio. Ma Rossella intendeva sposarsi - e sposare Ashley - e perciò voleva apparire modesta, docile, e leggera, se queste erano le qualità che attraevano gli uomini. Non sapeva perché gli uomini fossero cosí; sapeva soltanto che questi metodi funzionavano. La cosa non l'interessò mai tanto da farle cercare la ragione di questo, poiché ella ignorava il lavorio interiore di ogni essere umano, e perfino il suo. Sapeva soltanto che se ella diceva o faceva «cosí - e cosà» gli uomini invariabilmente rispondevano col complimento «cosí - e cosà». Era come una formula matematica e non piú difficile di questa, perché la matematica era l'unica materia che era sembrata facile a Rossella quando andava a scuola. Se conosceva poco il raziocinio maschile, conosceva ancor meno quello femminile, perché le donne l'interessavano poco. Non aveva mai avuto un'amica e non ne aveva mai sentito la mancanza. Per lei tutte le donne, comprese le sue due sorelle, erano nemiche naturali che inseguivano la stessa preda: l'uomo. Tutte le donne, eccetto sua madre. Elena O'Hara era diversa, e Rossella la considerava come qualche cosa di sacro, fuori da tutto il resto del genere umano. Da bambina confondeva sua madre con la Vergine Maria, ed ora che era grande non vedeva ragione di mutare la sua opinione. Per lei Elena rappresentava la completa sicurezza che solo il cielo o una madre possono dare. Ella sapeva che sua madre era la personificazione della giustizia, della verità, della tenerezza affettuosa e della profonda saggezza: una gran dama. Rossella desiderava molto di essere come sua madre. La sola difficoltà era che essendo giuste e sincere, tenere e altruiste, si lasciavano sfuggire la maggior parte delle gioie della vita e senza dubbio si allontanavano molti corteggiatori. La vita era troppo breve per rinunciare a tante cose piacevoli. Un giorno, quando avesse sposato Ashley e fosse vecchia, un giorno, quando ne avrebbe il tempo, cercherebbe di essere come Elena. Ma fino allora...

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La fissò a lungo costringendola finalmente ad abbassare lo sguardo che era rivolto a lui con atto di sfida; allora sedette di faccia a lei e si versò un altro bicchiere di liquore. Rossella cercò di riflettere rapidamente per trovare una linea di difesa. Ma ciò non le era possibile finché egli non parlava, poiché non sapeva che specie di accusa le sarebbe fatta. Rhett beveva lentamente, guardandola da sopra al bicchiere; ella cercava di dominare i suoi nervi per non tremare. Per un po' di tempo il volto di lui non mutò espressione; finalmente scoppiò in una risata, continuando a fissarla; e quella sghignazzata la fece nuovamente tremare. - Una commedia divertente quella di stasera, vero? Ella non rispose, ma contorse le dita dei piedi nelle pantofole, nello sforzo di dominare il suo tremito. - Una commedia piacevole, con tutti i suoi personaggi. Il villaggio riunito per lapidare la donna colpevole; il marito ingannato che assume la difesa di sua moglie come deve fare un gentiluomo; la donna tradita che sopporta tutto con spirito cristiano e copre i colpevoli col manto della sua immacolata reputazione. L'amante... - Ti prego! - Niente affatto. È troppo divertente. L'amante con l'aria di un maledetto imbecille che si augurava la morte. Che impressione si prova, cara, nell'avere accanto la donna che detesti e che cerca di nascondere i tuoi peccati? Stai seduta! Ella sedette. - Non credo che dopo questo il tuo affetto per lei aumenterà. Senza dubbio ti domandi se ella sa tutto di te e di Ashley... ti domandi perché ha agito cosí, sapendo... e se lo ha fatto per salvare la propria faccia. E pensi che è stata una sciocca, anche se il suo gesto ti ha salvato la pelle; ma... - Non ti voglio ascoltare. - Sí, mi ascolterai. E ti dico questo per alleviare la tua preoccupazione. Melania è una sciocca, ma non nella maniera che credi tu. È ovvio che qualcuno le ha raccontato; ma lei non ha creduto. Non avrebbe creduto neanche se avesse visto coi suoi occhi. È troppo onesta per poter concepire la disonestà nelle persone che ama. Non so che stupidaggine le ha raccontato Ashley; ma lei avrebbe creduto qualunque cosa perché vuol bene a lui e a te. Non so perché ti voglia bene, ma ti ama. E questa sarà una delle tue croci. - Se tu non fossi cosí ubriaco e insolente, ti spiegherei tutto - ribatté Rossella ricuperando un po' di dignità. - Ma ora... - Le tue spiegazioni non mi interessano. Conosco la verità meglio di te. E se ti alzi ancora una volta, giuro a Dio... Ciò che è ancor piú divertente della commedia di stasera, è il fatto che mentre mi negavi cosí virtuosamente le gioie del tuo letto a causa dei miei molti peccati, nel fondo del tuo cuore bramavi ardentemente Ashley. «Nel fondo del tuo cuore bramavi ardentemente...» Bella frase, no? Vi sono molte belle frasi in quel Libro, vero? «Quale libro?» si chiese affannosamente, follemente Rossella, mentre i suoi occhi erravano frenetici per la stanza, osservando il cupo scintillare delle massicce argenterie nella debole luce, la tenebra spaventosa degli angoli. - E io sono stato messo fuori perché i miei rozzi ardori erano troppo violenti per la tua raffinatezza... perché non volevi avere piú bambini. Ed ho trovato fuori di qui il modo di consolarmi piacevolmente dei tuoi rigori. Intanto tu passavi il tempo a seguire la pesta del sofferente signor Wilkes. Ma perché soffre, che Dio lo fulmini? Perché non può esser fedele a sua moglie col cuore e infedele col corpo. Perché non si decide? Tu non avresti obiezione, vero?, ad avere dei bambini da lui... facendoli passare per miei? Ella balzò in piedi con un grido; e Rhett rise di quel riso sardonico che le faceva gelare il sangue. La respinse nella sua sedia con la sua grande mano bruna e si curvò sopra di lei. - Osserva le mie mani, cara - disse aprendole e chiudendole dinanzi ai suoi occhi. - Ti potrei fare a brani senza fatica; e lo farei se questo giovasse a toglierti dalla mente Ashley per sempre. Ma sarebbe inutile. Quindi farò in altro modo. Metterò le mie mani cosí, ai lati della tua testa, e scrollerò il tuo cranio come una noce: cosí riuscirò a farne uscire quel pensiero. Le aveva afferrato il capo ficcando le mani tra i capelli sciolti; erano mani dure e carezzevoli e il volto verso il quale egli rivolse la faccia di lei era quello di un estraneo con una voce strascicata da ubriaco. Il coraggio materiale non aveva mai fatto difetto a Rossella; di fronte al pericolo esso le ritornò facendole irrigidire la spina dorsale e socchiudere gli occhi. - Lasciami, pazzo ubriaco. Con sua sorpresa, egli la lasciò e sedendo sull'orlo della tavola si versò un altro bicchierino. - Ho sempre ammirato la tua presenza di spirito, mia cara. E mai piú di adesso che sei con le spalle al muro. Ella si strinse maggiormente nello scialle. Se potesse tornare in camera sua, girare la chiave nella serratura e sentirsi sola! Bisognava farsi credere non impaurita da quel Rhett che non aveva mai conosciuto. Si alzò senza fretta, benché le tremassero le ginocchia, si strinse lo scialle attorno ai fianchi, rigettò i capelli dal viso. - Non sono con le spalle al muro - profferí con voce tagliente. - Non mi metterai mai con le spalle al muro, Rhett, né mi farai paura. Non sei altro che un ubriacone il quale è stato per tanto tempo con delle donnacce, che non comprende altro se non infamia e disonestà. Non puoi capire Ashley né me. Hai vissuto troppo a lungo nel sudiciume. E sei geloso di ciò che non puoi capire. Buona notte. Si volse con indifferenza e si avviò verso la porta; ma uno scoppio di risa la fece fermare. Si voltò e lo vide attraversare la stanza avvicinandosi a lei. Se almeno cessasse quella tremenda risata, in nome di Dio! Che c'era da ridere in tutto questo? Le si accostò; e Rossella volle indietreggiare verso l'uscio, ma si trovò contro al muro. Egli le posò le mani pesantemente sulle spalle e la inchiodò alla parete. - Smetti di ridere. - Rido perché mi fai pena. - Pena? Pensa a te stesso, piuttosto! - Ma sí; mi fai pena, mia graziosa scioccherella. Ti offende, non è vero? Perché tu non sopporti né la beffa né la pietà; non è cosí? Smise di ridere premendole sulle spalle cosí forte da farle male. L'espressione del suo volto mutò; ed egli si chinò su lei cosí da vicino che il forte odore di whisky del suo alito la costrinse a volgere il capo. - Geloso, io? E perché no? Sí, sono geloso di Ashley Wilkes. Perché no? Oh, puoi fare a meno delle spiegazioni. So che fisicamente mi sei stata fedele. Era questo che volevi dirmi? L'ho sempre saputo. Conosco troppo bene Ashley Wilkes e la sua razza. So che è un uomo onesto e un gentiluomo. Mentre tu ed io non siamo né onesti né gentiluomini; non è vero? Per questo prosperiamo! - Lasciami andare. Non voglio stare qui a farmi insultare. - Non ti insulto affatto. Sto lodando le tue virtú fisiche. Ma non credere con questo di avermela data a bere. Tu credi che gli uomini siano degli imbecilli, Rossella; e non apprezzi mai l'intelligenza e la forza dei tuoi avversari. Io non sono punto sciocco. Credi che non sappia che quando eri fra le mie braccia ti figuravi che io fossi Ashley Wilkes? Ella spalancò la bocca: sul suo volto apparvero terrore e meraviglia. - Una cosa piacevolissima. Piuttosto fantastica. Come se si fosse stati in tre in un letto dove si sarebbe dovuto essere in due. - Le scrollò le spalle, ebbe un singulto, e sorrise beffardo. - Sicuro; mi sei stata fedele perché Ashley non ti ha voluta. Ma non gli avrei davvero rifiutato il tuo corpo, che diamine! So che cosa vale un corpicino, specialmente di donna. Ma gli invidio il tuo cuore e il tuo caro spirito caparbio e senza scrupoli. Quell'imbecille non desidera il tuo spirito, ed io non desidero il tuo corpo. Posso comprare delle donne a minor prezzo. Ma desidero il tuo cervello e il tuo cuore e non li avrò mai; come tu non avrai mai il cervello di Ashley. E perciò mi fai pena. Anche attraverso il suo terrore, la beffa di lui la punse. - Ti faccio pena? - Sí; perché sei una bambina. Una bimba che piange perché vuole la luna. Che ne farebbe, se l'avesse? E tu che faresti di Ashley se lo avessi? Mi fa pena vederti gettar via la felicità e cercare di avere qualche cosa che non ti renderebbe mai felice. Perché sei una sciocca e non sai che si può esser felici solo coi propri simili. Se io e la signora Melly fossimo morti e tu potessi avere il tuo caro innamorato, credi che saresti felice con lui? No, perdio! Perché non lo conoscerai mai, non saprai mai ciò che pensa, non lo comprenderai mai come non comprendi musica, poesia, libri e tutto ciò che non è dollari e centesimi. Mentre noi due, cara moglie del cuor mio, avremmo potuto esser perfettamente felici, se tu avessi voluto, perché ci somigliamo. Siamo due furfanti, Rossella; e nessun ostacolo ci arresta quando desideriamo una cosa. Avremmo potuto esser felici, perché io ti amavo e perché ti conosco, Rossella, cosí perfettamente come Ashley non potrebbe mai... E se ti conoscesse, ti disprezzerebbe... Ma no; tu devi continuare per tutta la vita a cercar di avere un uomo che non puoi comprendere. E io, mia cara, continuerò a cercare delle prostitute. E credo che saremo una coppia migliore di molte altre. La lasciò bruscamente e si avviò barcollando verso la bottiglia. Per un attimo Rossella rimase inchiodata al suolo, col cervello attraversato da tanti pensieri che non riuscí a soffermarsi su nessuno per esaminarlo. Rhett aveva detto che l'amava. Era vero? O lo aveva detto perché era ubriaco? O era uno dei suoi cattivi scherzi? E Ashley... la luna. Attraversò di corsa il vestibolo buio, come se fosse inseguita da mille demoni. Poter arrivare alla sua stanza! Si torse una caviglia e perse una pantofola. Mentre si fermava a raccoglierla, sentí di avere accanto nell'oscurità Rhett, che correva leggermente come un indiano. Sentí sul viso il suo alito ardente e le mani di lui la afferrarono violentemente sotto lo scialle, sulla pelle nuda. - Mi hai mandato in giro per la città mentre cercavi di avere lui. Perdio, questa è la notte in cui nel mio letto saremo soltanto in due! La sollevò e cominciò a salire le scale. La testa di lei posava sul suo petto e Rossella udiva il martellare del suo cuore. Si sentiva soffocare; provò a gridare, sgomenta. Egli continuò a salire nelle tenebre. Era un estraneo, un pazzo; e quell'oscurità che l'atterriva era piú buia della notte. Lui stesso era come la morte; e la trasportava su braccia nodose che le facevano male. Egli si fermò sul pianerottolo e voltandole improvvisamente il capo la baciò con una violenza che distrusse in lei ogni altra sensazione, eccetto il buio in cui si sentiva sprofondare e quelle labbra sulle sue. L'uomo tremava, come se fosse scosso da un vento di tempesta; e le sue labbra scendendo dalla bocca di lei, trovarono la carne morbida che lo scialle, cadendo, aveva lasciato scoperta. Mormorava parole che ella non udiva; le sue labbra suscitavano in lei sensazioni mai provate. Ella era immedesimata nella tenebra, ed egli pure era tenebra; nulla era mai esistito prima di quel momento se non l'oscurità e quelle labbra di fuoco. Cercò di parlare, ma egli le chiuse ancora la bocca con la sua. E ad un tratto ella provò un brivido che non aveva mai conosciuto: gioia, terrore, follia, eccitazione, abbandono a braccia che erano troppo forti, labbra troppo cocenti, fato troppo rapido. Per la prima volta in vita sua aveva trovato qualcuno piú forte di lei, qualcuno che non poteva tiranneggiare né spezzare, qualcuno che la tiranneggiava e la spezzava. E le morbide braccia di lei si strinsero intorno al collo maschile e le sue labbra tremarono sotto quelle di lui mentre essi salivano ancora nell'oscurità, un'oscurità dolce e vorticosa che li avvolgeva completamente.

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