Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbassare

Numero di risultati: 4 in 1 pagine

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Lo stralisco

208422
Piumini, Roberto 2 occorrenze
  • 1995
  • Einaudi
  • Torino
  • paraletteratura-ragazzi
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— disse, senza abbassare lo sguardo. — Sí, Madurer. Sono qui, — disse il burban a bassa voce. Anche lui, invisibile sul cuscino, respirava profondamente. Il suo fiato, piú vasto e lento di quello di Madurer, sembrava l'onda del vento che piegava lo stralisco.

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. — Alla fine, — disse il Signore facendo abbassare subito la voce di tutti, — alla fine ci siamo detti: scelgano loro. Piú di tutti noi, voi sarete rispettosi della vostra differenza, e generosi nella decisione. Scegliete dunque, maestri, chi di voi, se vorrà, potrà svolgere questo incarico prezioso, per il quale è annunciata, naturalmente, una generosa ricompensa. Non bisogna che lo facciate subito, s'intende. Il Doge tacque. Senza guardare il fratello, Giovanni prese la parola. — Illustre Signore, e voi nobili Anziani, non mi occorre consultare mio fratello Gentile io lo indico senza dubbio, e subito, come il piú adatto alla missione, la cui proposta onora anche me. Io non voglio, e certo nemmeno lui, discorrere qui, per questa ragione, sui diversi modi della nostra arte: cioè di come io penso e faccio le opere di pittura, o di come le pensa e fa lui... Se voi avete discusso, se vi siete accalorati, è stato vostro diritto e gioco: ma noi, quando insieme scoprimmo sotto lo sguardo amoroso e leale di Jacopo nostro padre, le diversità del nostro stile, subito le accettammo ed amammo come fossero parte dell'uno e dell'altro: in tale modo che mai ne vorremmo o sapremmo fare oggetto fra noi di discussione, e tanto meno di preferenza e contesa. Altre ragioni, in verità decisive, spingono invece a scegliere Gentile per questa missione: accade infatti che, come forse sapete, io stia in pieno lavoro alla Scuola Grande: e ad un punto tale che, interrotto o affidato ai soli aiuti, il danno sarebbe irreparabile, e la spesa rovinata. Un viaggio come quello che proponete, poi, richiede forza e buona salute: e io, benché qualche anno più giovane di mio fratello, sono di natura piú fragile e malsana. Vado soffrendo da mesi un perfido male ai piedi, che mi costringe a dipingere seduto, e non mi permette di sopportare altri viaggi che quello da casa mia a San Marco... Gentile ha tempra robusta, adatta ai viaggi, e per di piú ha da pochi giorni dato l'ultima pennellata al Salone del Maggior Consiglio, proprio oltre quella parete. Egli è dunque libero da impegni presenti, e nessun contratto lo lega per i prossimi mesi. Infine, rivelo che in un periodo della giovinezza in cui io ero affidato a una balia a Treviso, a causa della mia debole salute, Gentile ebbe una balia turca qui a Venezia, che gli raccontava storie dell'Oriente e gli insegnò la misteriosa lingua di Costantinopoli. E Gentile cosí bene l'apprese, che sempre era lui ad accompagnare nostro padre Jacopo alle fiere di piazza, dove i mercanti del Levante vendono terre colorate e i preziosi pennelli damasceni. Vedete dunque, Signore e Venerabili, come sembra che la stessa mano di Dio si sia mossa a indicare quale di noi due possa, se vorrà, prendere la via. E Giovanni, sbirciando questa volta Gentile con un sorriso truffaldino, abbassò la faccia come colui che umilmente s'apparta. Gentile sorrise. Il Doge, guardandolo, lo incoraggiò a parlare. — Signore illustre, e Anziani venerabili, — disse il pittore, — nonostante quello che mio fratello ha detto, pur accettando come sacra e benedetta la differenza delle nostre pitture, io sono nell'animo convinto che egli sia miglior pittore di me. Tuttavia, quello che lui dice sul corso dei nostri lavori, sul suo malanno, e sulla mia conoscenza della lingua turca, è la verità. Inoltre, io non nego che un viaggio nelle terre d'Oriente molto mi piacerebbe, giacché ricordo le storie che non solo la balia turca, ma nostro padre ci raccontava: storie di cavalieri e cavalli straordinari, di leoni e deserti, stupende magie e musiche, damigelle incantate. Io e Giovanni lo ascoltavamo in silenzio, seduti ai suoi piedi, con la schiena contro il muro del campiello ancora caldo di sole: e l'odore salato del canale diventava per noi il profumo dei porti d'Oriente. Alla fine, ricordi, Giovanni? nostro padre diceva: «E domani, pesciolini, ve ne conterò una nuova! » Giovanni Bellini, che durante il racconto di Gentile aveva mutato la sua espressione allegramente cospirativa in una di intensa e commossa memoria, alzò verso il Doge gli occhi rossi di pianto. — Miei cari, miei cari, — disse il Signore, sporgendosi in avanti sullo scranno, dopo una pausa rispettosa, — mi sembra che quello che occorreva sia ottenuto. Giovanni non può, e non vuole. Gentile vuole e può. A voi va bene, a noi va bene: anche all'illustre Maometto piacerà.

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La freccia d'argento

212020
Reding, Josef 1 occorrenze
  • 1956
  • Fabbri Editori
  • Milano
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Be', potrebbe almeno abbassare un po' il volume del suo altoparlante! Andiamo a vedere che cosa succede. Benissimo! La porta è aperta. Ecco, la nostra macchina è già avviata. Primo quadro: lo studio dell'avvocato Ramthor. Personaggi: l'avvocato, sua moglie, la loro figlioletta Carin e il giardiniere Waldemar. Tutti tacciono, perché parla lui, il dottor Ramthor. Sentiamo un po' che cosa dice. Innestiamo quindi anche la registrazione sonora. -... Ve lo dico e ripeto per la quarta volta. Con le mie stesse mani ho preso questo libro, La struttura psicopàtica del cleptòmane recidivo, e l'ho rimesso nello scaffale, esattamente al posto dove si trovava prima. Patapumfete... il libro è caduto all'indietro! Notate bene: all'indietro! Non sarebbe caduto all'indietro, se ci fosse stata ancora la parete posteriore! Una parete di compensato dello spessore di tre millimetri, lunga tre metri ed alta due. E dov'è andata a finire questa parete? Vo...glio an...da...re a fon...do del...la que...stio...ne! La voce del signor avvocato diventa stridula e fa una stecca. Qui tira aria di tempesta! È meglio che lasciamo lo studio e la casa e ce ne andiamo altrove a caccia di novità. Non è necessario però andar troppo lontano: dal solaio del gran casamento di piazza Wieland giungono degli strilli al nostro orecchio, come dianzi da casa Ramthor. Questa volta però è un coro a più voci. Salire inosservati in solaio è per noi una bazzecola, ché siamo agili come scoiattoli. Ancora una volta mettiamo in azione la nostra macchina da presa. Un solaio ingombro di vecchie lettiere arrugginite, un grammofono antidiluviano a tromba, cataste di vasi da fiori, vecchi mastelli da marmellata, paralumi... e una carrozzina da bambini di dimensioni eccezionali. Torno torno, in un gruppo pittoresco, sono radunati il facchino Kroppke, il macchinista delle ferrovie Spandig e alcune donne. Attenzione! Anche il sonoro è in azione. - Ma certo, Spandig, lei può prendere senz'altro la carrozzina dei gemelli. Tanto a me non serve più. I miei due ragazzi hanno ormai tredici anni. - Era il facchino Kroppke che parlava, con la sua voce di basso profondo. - Ih, ih, ih! Ma guarda! Tredici anni! Proprio l'età ingrata! - Naturalmente quella era una delle donne. - Grazie infinite, Kroppke! Due eredi in una volta sola non me li aspettavo davvero, e alla nostra vecchia carrozzina non so come avrei potuto attaccare un rimorchio. Questa è robustissima e durerà chissà per quante generazioni ancora? È a prova di bomba! - Chi parlava era il macchinista Spandig. - Oh, giusto? Il suo Klaus, quello scavezzacollo, ce la fa senz'altro a metterla in pezzi! Quello fracassa tutto! - Naturalmente era ancora una delle donne. - Be', io allora me la prendo e vado! - E questo era Spandig. - Ma non ci sono le ruote! - Era Spandig di nuovo. - Guarda, guarda, che stranezza! Mancano le ruote! - Questo era il coro delle donne al completo. - Perdindirindina! Dove sono andate a finire le ruote?! - Era il facchino Kroppke che urlava, ed era fuori di sé. ... Anche qui l'aria si fa incandescente, e perciò ci affrettiamo ad andare qualche isolato più in là. Ci rechiamo a far visita a un signore che dovrebbe essere la calma in persona: il cappellano Holk. Egli è il direttore spirituale dei ragazzi della tribù di San Michele e basta guardarlo per capire che deve tener testa a dieci dozzine di ragazzi, perché nella sua chioma bionda ci sono all'incirca dieci dozzine di capelli bianchi: un capello bianco per ogni ragazzo. Per il cappellano Holk tutti si butterebbero nel fuoco, e altrettanto farebbe lui per i suoi monelli. Però in questo momento il cappellano non si butta nel fuoco, ma cerca i suoi occhialoni da motociclista, perché fra pochi minuti deve andare in periferia, da un malato grave. Ma il reverendo non riesce a trovare i suoi occhiali. Cerca, cerca! Cerca sotto il breviario, dietro il telefono, dietro la Santa Cecilia (la statua, s'intende), dietro l'armonio e dietro lo scaffale dei libri... Non ci sono? Il cappellano comincia a perdere le staffe. Tu però non ti stupisci, perché sai fin dall'inizio del capitolo che, per lo più, i cittadini di C. sono fuori dei gangheri. Anche senza gli occhialoni, il cappellano Holk schiaccia l'avviamento e inforca la sua motocicletta.

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Al tempo dei tempi

219283
Emma Perodi 1 occorrenze
  • 1988
  • Salani
  • Firenze
  • paraletteratura-ragazzi
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A un tratto s'accorse che il cavaliere col serpente sull'elmo non le levava gli occhi da dosso, anzi, quando anche non voleva, era costretta da quello sguardo ad accostarsi a lui e ad abbassare gli occhi. Un po' per la minaccia del padre e il timore d'essere rinchiusa per tutta la vita nella torre, un po' per quello sguardo affascinante che pareva le comandasse: «Devi scegliere me! Devi scegliere me!» Mariuccia lo scelse davvero, e terminato il banchetto andò dal padre. - Li hai guardati bene, hai scelto? - le chiese il Principe. - Sì, signor padre, ho scelto il cavaliere col serpente sull'elmo. - Il padre storse la bocca. - Fra tanti principi, baroni e conti, che tutti conoscono e hanno feudi a bizzeffe, sei proprio andata a scegliere quello che non si sa chi sia, nè di dove venga! - Eppure è il solo che sposerò fra tutti. - Il Principe aveva promesso di contentarla, e quella sera stessa dichiarò a tutti i pretendenti che il prescelto era il cavaliere col serpente sull'elmo. Questi si fece avanti, chinò un ginocchio in terra e disse al Principe che era altamente onorato della scelta della Principessina e lo pregava di farla chiamare per scambiar subito con lei promessa di matrimonio e offrirle i doni che aveva recati. Il Principe, naturalmente fece chiamare la figlia, che comparve magnificamente vestita, ma quando si vide davanti lo sposo, tremò tutta, perchè le parve che la guardasse più come un serpe che come un cristiano. Ma aveva promesso e si lasciò complimentare da lui e offrire monili bellissimi di zaffiri e smeraldi, di carbonchi e diamanti; ma appena il cavaliere se ne fu andato, Mariuccia incominciò a piangere dicendo: - Povera me, che scelta ho fatta! Povera me, che scelta ho fatta! Quello m'inghiottirà in un boccone come inghiottisce i polli; quello non è un cristiano, ma un animale! - Mentre piangeva così, si rammentò del cavallino sauro al quale tutti i giorni portava una bella razione di biada e che in quel giorno aveva trascurato. Scese nella scuderia, prese l'orzo e glielo porse. Ma il cavallino contrariamente al solito lo rifiutò. - Che hai, cavallino bello? - gli chiese la ragazza, prendendogli il muso fra le mani - hai sete? - E gli porse da bere. Ma il cavallino rifiutò la limpida acqua che Mariuccia gli offriva, come aveva rifiutato l'orzo. Allora ella gli alzò la testa per guardarlo bene e s'accorse che il cavallino piangeva. - Ma che hai che piangi - Piango per te, - rispose il cavallino sauro. - Piango perchè hai scelto per isposo chi non dovevi scegliere. - E perchè non lo dovevo scegliere? - Perchè il cavaliere al quale hai dato promessa è un certo tale che per sette anni è uomo e per sette anni è serpente. - Ah, povera me! - esclamò Mariuccia. - Per questo inghiottisce i polli interi e ha negli occhi quello sguardo di serpe! - Sicuro, e io piango perchè ti voglio bene e non posso vederti infelice. - Liberami da lui, cavallino bello, e ti farò una mangiatoia tutta d'argento e ti terrò come terrei l'amica più cara. - Il cavallino sospirò e rispose: - Ora non posso liberarti. Bisogna che stanotte io parli col Mago della grotta. Vieni qui domattina e forse ti potrò aiutare. - Com'era disperata Mariuccia! E dire che quella sera doveva assistere a un gran ricevimento e presentare a tutti il cavaliere come sposo! Invece di farsi

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