Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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I PREDONI DEL SAHARA

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Salgari, Emilio 1 occorrenze

I loro compagni però, quantunque sorpresi dalla rapidità di quell'assalto assolutamente inaspettato da parte di quei fanatici, che un istante prima reclamavano la testa del prigioniero, abbassano i moschetti e stringono le file. Una terribile scarica rimbomba e getta al suolo parecchi assalitori colla testa fracassata. Quella resistenza sconcerta per un momento i predoni, ma gli arabi accorrono da tutte le parti, facendo fuoco colle pistole, mentre i negri si rovesciano sulla folla spargendo un panico enorme. Mori, fellata, rivieraschi del Niger, carovanieri, spaventati da quegli spari e udendo in aria sibilare i proiettili, si precipitano confusamente verso gli sbocchi della piazza urlando, urtandosi, atterrandosi e calpestandosi. La paura ha invaso tutti. Gli arabi ed i Tuareg si sono intanto scagliati addosso alla scorta e sopra i kissuri che guardano il palco. Il marchese e Ben, in prima fila, bruciano le cartucce delle loro rivoltelle, poi caricano cogli jatagan, spalleggiati da Esther la quale fa fuoco colla sua piccola carabina americana, e dal capo arabo che tira colpi di scimitarra all'impazzata. Rocco, comprendendo che si cerca di salvarlo, non è rimasto inattivo. Con uno sforzo supremo spezza i legami, afferra pei piedi un kissuro che gli è seduto dinanzi, lo solleva come fosse un fanciullo e con un terribile molinello abbatte intorno a sé gli uomini che lo circondano. Il vigore muscolare dell'isolano produce un effetto disastroso sui guerrieri del sultano. Vedendosi assaliti anche alle spalle da quell'uomo che sviluppa una forza così prodigiosa e che maneggia un uomo come se fosse un semplice bastone, cominciano a sbandarsi. "Avanti!" grida il marchese. "Rocco è nostro." Vedendosi dinanzi il capo della scorta, con un colpo di jatagan lo rovescia al suolo moribondo, poi respingendo gli altri balza verso Rocco. "Vieni!" grida. Il gigante lascia cadere il kissuro, raccoglie un moschetto, lo afferra per la canna e con pochi colpi si fa largo. "Date il passo!" grida l'arabo. Le file dei Tuareg e degli arabi si aprono il marchese, Ben, Rocco ed Esther, preceduti dal capo, attraversano correndo la piazza e fuggono, mentre la battaglia continua più aspra che mai, ma colla peggio per le guardie del sultano. Le vie erano ingombre di fuggiaschi; nessuno quindi aveva fatto attenzione ai cinque. D'altronde il marchese aveva gettato sulle spalle di Rocco il suo caic e Ben gli aveva dato il suo turbante onde non potessero riconoscerlo. Attraversarono sempre correndo quattro o cinque vie, seguendo i fuggiaschi, e giunsero ai bastioni meridionali della città. In lontananza si udivano ancora le urla dei combattenti, i colpi di fucile, e verso la kasbah tuonava il cannone. "Ecco i mehari," disse l'arabo. "Presto, salite e fuggite senza perdere un solo istante." "E voi?" chiese il marchese. "Vado a radunare i miei uomini." "Grazie, amico." "Che Allah vi guardi," rispose l'arabo. "Io ho mantenuto la mia promessa." Strinse le mani a Esther, al marchese, a Ben ed a Rocco, poi si allontanò di corsa. "In sella!" gridò il marchese. "Il Niger sta laggiù." I due schiavi di Samuele avevano condotto i mehari, quattro splendidi animali che dovevano correre come il vento. "In meno di un'ora noi saremo a Kabra," disse Ben, regalando una manata di talleri ai due negri. "Ci siamo tutti?" "Tutti," rispose il marchese. "Presto, signore," disse uno dei due schiavi. "Vedo una nuvola di polvere levarsi verso la porta d'oriente. Vi sono dei cavalieri laggiù! ... " I quattro mehari si slanciarono a corsa sfrenata in direzione del Niger, le cui acque, percosse dai raggi perpendicolari del sole, scintillavano all'orizzonte come oro fuso.

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