Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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MEMORIE DEL PRESBITERIO SCENE DI PROVINCIA

679338
Praga, Emilio 1 occorrenze
  • 1881
  • F. CASANOVA. LIBRAIO - EDITORE
  • prosa letteraria
  • UNIFI
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E abbassandosi all'orecchio del fabbriciere anziano di S. Gaudenzio; - Soltanto in donne!!! ... lo so io ... - Uh! cattivo soggetto! E una risatina tra carne e pelle piena di libidine senile e di riserva bigotta. Ma la piccola porta dai vetri pieni di gemme di pioggia, che vi serpeggiavano or rapide or lente in tutte le direzioni, cigolò sui cardini, e l'apparire di un personaggio dall'incesso lento e maestoso fece restar lì di botto tutte quelle labbra cicaleggianti, ronzanti e roboanti. Il piccolo cancelliere si alzò, fece un arco della schiena, afferrò una sedia, l'alzò di peso, l'offerse; il fabbriciere spalancò una enorme scatola, schiuse un sorriso cretino, si ripulì le labbra colla lingua e mormorò un «posso?» dolce come una ciliegia bucherata dai passeri; il bell'Ernesto se ne ritornò al bigliardo, con aria dispettosa. Provatevi a interrompere un agricoltore che parla di un prato di marcita, o un veterano che descrive un campo di battaglia! Il nuovo arrivato, nientemeno che la prima autorità della provincia, il rappresentante del governo, il signor «Intendente» come dicevasi a que' tempi in Piemonte, chiuse con calma e dignità l'ampio ombrello scarlatto dal manico d'ottone, e passando coll'indifferenza di un nume fra gli astanti, andò a consegnarlo alla padrona perchè lo facesse asciugare; poi, sempre con quel tal passo, tornò indietro, sedette, non prima di aver ben divise l'una dall'altra le falde del lungo soprabito, cavò il fazzoletto, si soffiò il naso, vi raddrizzò sopra gli occhiali, e, finalmente, con una voce da basso sfiatato: - Servo di loro signori, disse, guardandosi intorno senza girar il capo, tempaccio da lupi, eh! tempaccio da lupi. E il maestro di scuola, il quale doveva essere un uomo maligno, e che, solo fra tutti, non aveva mutato contegno all'arrivo del signor Intendente, pensava più che non mormorasse facendo mostra di gettar gli occhi su un vecchio giornale: « ... Graviter commotus, et alto Prospiciens, summa placidum caput extulit nuda». Grandi erano il rispetto e la deferenza che creavano intorno al signor Intendente l'alta sua carica e il suo burbero carattere; ma, quel giorno, l'emozione degli animi era tanta che deferenza e rispetto furono posti in un canto per dar luogo ad una salva di interrogazioni che si successero fitte e insistenti come una gragnuola di maggio. Lungi dall'indispettirsi per la insolita mancanza ai riguardi dovutigli, il degno magistrato, senza dar risposta a nessuno, appoggiate ambo le mani al tavolo, gongolava, e incrociate le dita, faceva girar chetamente l'uno intorno all'altro i due pollici; ciò che è un segno non dubbio di benessere e di soddisfazione. Cessata finalmente la tempesta, fu un silenzio profondo, religioso, solenne. Uno andò a chiudere per bene gli usci perchè nessuno stridor di molla o di cardini venisse a sturbar la voce invocata; dietro il banco si cessò di ripulir chicchere e cucchiaini, e la padrona, raggomitolato il grembiale e assicuratolo alla cintura per di dietro, venne a collocarsi nell'uditorio, a rispettosa distanza, s'intende. S'udiva il passo delle mosche che gremivano il soffitto. Il signor Intendente si soffiò un'altra volta il naso, si racconciò un'altra volta le falde dell'abito, un'altra volta diè un piccolo colpo magico agli occhiali, e, come se parlasse dall'alto della bigoncia, così prese a dire: - Fin dalle prime trattative intavolate fra il signor De Emma, da oggi nostro novello concittadino, e l'israelita Zaccaria, desse furono note a questa Regia Intendenza. Non che i due contrattanti, o solo uno dei due ne avesse resa cognita l'autorità; a ciò nessuna legge obbligavali. Tale comunicazione sarebbe stata atto di pura cortesia; ma tale comunicazione all'autorità non fu fatta. Tuttavia, o signori, benchè le finestre del regio palazzo ov'essa ha sua sede, appaiano chiuse la più parte del giorno, e benchè qui il nostro caro cancelliere si vegga passar tante ore seduto al tavolino del tresette (e i due auguri sorrisero, l'uno maliziosamente, l'altro con un sorriso vago e melenso), tuttavia, dico, essa, l'autorità, non cessa un minuto mai di aver occhi per vedere, orecchie per udire, non cessa un istante di vegliare au salut de l'empire come diceva mio padre di buona memoria, cantarellando vicino al fuoco. Scrissi quindi, privatamente, prima, ad alcune influentissime persone di Milano, - persone alto locate, assai alto locate, che mi onorano di loro stima e amicizia, per aver informazioni sul conto del signor D'Emma e famiglia. Non posso attribuire il loro ostinato silenzio alle mie replicatissime lettere, a una dimenticanza a un oblio, che offenderebbero, oltre che la mia persona, anche le vostre, o signori, di cui sono, e me ne onoro, il rappresentante .... benchè indegno .... come dice il parroco quando si dà il nome di pastore. Un mormorio che voleva significare: «le pare, degnissimo! ma so ben che scherza ecc. ecc.» salì alle nari dell'Intendente, più soave della presa di tabacco che gli tenne dietro. Il magistrato continuò: - Difficilissima posizione, o signori, è la mia. Alte questioni di giurisprudenza ci sorgono intorno ad ogni piè sospinto nella intricata selva della amministrazione. Dove finisce il diritto privato, dove l'ingerenza del pubblico diritto incomincia? Come uomo, come figlio di questo fortunato comune che il governo di Sua Maestà Sabauda mi assegnava come una seconda patria, e tale è per me, voi lo sapete, - io poneva a me stesso questa domanda: noi siamo davanti ad un fatto nuovo, stranissimo, oscuro, il quale presenta, sotto ogni lato considerar lo si voglia, adito al sospetto, al dubbio, alle incertezze, alle diffidenze. E che, o signori! Una delle più ampie e considerevoli case della nostra città, è cercata, contrattata, venduta, nell'ombra, nel mistero, come se in quella ricerca, in quel contratto, in quell'affare si nascondesse un delitto. Il venditore interrogato, non risponde, si eclissa, diventa invisibile. L'acquisitore è assente e direi quasi d'ignota dimora. Si sa finalmente che giungerà da Milano; più tardi, che si chiama il signor Abbondio de Emma. La vecchia casa del Giudeo viene in fretta ed in furia riattata: eccoci invasi da una turba di operai d'ogni mestiere e condizione; arrivano carri pieni di suppellettili; l'oro e i marmi scintillano di sotto alle imbottiture indiscrete e alle coperte che svolazzano al vento. Tutto ciò, - una montagna di roba, - entra, si ammassa là dentro; la porta si chiude; e così ermeticamente che un gatto non potrebbe trovar un buco per cui dare un'occhiata ... - Signori, ho letto, nei tempi in cui avevo tempo da perdere, le mille e una notti, un libro pieno delle cose più stravaganti di questo mondo e dell'altro. Ebbene, assistendo a questo spettacolo, quel libro mi tornò in mente. L'impressione che questo complesso di cose fece sull'animo mio, d'uomo e di cittadino, fu l'impressione che voi tutti provaste, o signori. Me lo dicevano, fin dal primo giorno, i vostri sguardi scrutatori, le vostre sommesse parole; le timide inchieste delle vostre spose e delle vostre fanciulle me lo dicevano. Questa nostra pacifica famiglia, così calma nella sua modestia, così modesta nella sua calma, somigliava ad un nido su cui passi d'improvviso l'ombra di qualche augello solitario e lontano. A questa immagine poetica e peregrina, il facondo oratore si arrestò, e parve accorgersi che era da un pezzo che si logorava i polmoni, giacchè, voltasi alla padrona che lo guardava tutta attonita, coll'ammirazione beata di chi non capisce ciò che ascolta, le ordinò con aria di paterna protezione: - Madama ... una mezz'acqua d'agro: mah! ... mi raccomando. Fu servito, bavette un sorsellino, si soffiò il naso, ecc. ecc., e riprese: - È colomba o avoltoio cotesto signor De Emma? Ci porterà la benedizione o la rapina? Ecco il pensiero che mi assediava e pesava, lo so, sulla città intera. Ma, ripeto: dove finisce il diritto privato, dove comincia l'ingerenza del pubblico diritto? Oh! se si fosse sconnessa una sola pietra del selciato di publico dominio davanti alla casa Zaccaria, se vi avessero ammonticchiati sol quattro mattoni che disturbassero più o meno la circolazione, oh! siatene certi signori, che in tal caso avrei scritto immediatamente ex ufficio, e tutto sarebbe venuto alla luce. Ma nulla di tutto ciò; non uno spruzzo di calce, non un granello di sabbia su cui poter movere il più modesto lamento. Ecco perchè non scrissi, dapprima che in forma affatto privata e confidenziale. Confido, o signori, che voi apprezzerete questo mio prudente procedimento. - Però ... tuttavia ... osarono interrompere alcuni sommessamente. il signor Intendente alzò allora il capo, a guisa del gallo che sta per cantare; - e fu con tono di superna commiserazione per quegli ingenui interruttori che ripigliò: - Tuttavia, però, se .... ma .... davvero che, con tutto il rispetto dovuto, miei cari signori, mi fanno da ridere. Mi ascoltino, e s'accorgeranno che l'autorità sa e può fare il suo dovere. Irritato dal silenzio dei miei amici di Milano, e come il mistero in quistione cresceva ogni giorno e assumeva ogni giorno più allarmanti proporzioni ... ... - Tuttavia, però .... dicevano loro signori? Ebbene io presi una eroica decisione: riferii il tutto nei suoi minuti particolari all'illustre mio collega, che è a capo della regia Intendenza centrale di Novara, chiedendo per mia regola e per tranquillità dei miei amministrati, ampie, formali, categoriche informazioni. - E ....? E ....? Si udì da tutte le parti. - E le informazioni mi sono giunte categoriche, ampie, formali! Viaggiando in ferrovia, voi avete provato senza dubbio insieme ai vostri compagni di viaggio quel senso di sollievo che vi allarga il petto, avete mormorato o pensato quell'ah! della liberazione che sale involontariamente alle labbra, quando dopo essere stati sepolti dei minuti che sembrano eterni nella oscurità fuliginosa di una galleria, il convoglio sbuca finalmente a riveder la luce del sole. Così respirarono tutti gli avventori del piccolo caffè, alle ultime parole dell'Intendente, mentre un pallido raggio di sole si faceva strada attraverso alla pioggia diminuente, come se anche la natura sentisse il bisogno di tirar il fiato dopo quella interminabile filastrocca. Per giustificare ancor meglio quella febbrile curiosità, mi basterà dire (avrei veramente dovuto dirlo prima) che quel mattino stesso quattro carrozze da posta portanti il misterioso signor De Emma, la sua famiglia e uno stuolo numeroso di servidorame erano trionfalmente entrate per la via principale, facendo traballar le imposte delle case e più ancora la fantasia dei loro abitanti. Momento solenne! Il piccolo cancelliere allungava il collo, si palpava le braccia, spirava tenerezza e beatitudine da tutti i pori, dileguava come un sorbetto; il fabbriciero cacciava fuori dell'orbita due occhi vischiosi che somigliavano due pallottole di amatista, e non s'accorgeva d'aver in mano la scatola da cinque minuti e che metà del tabacco era andato ad asciugare i liquidi di cui era costellato il pavimento. Anche il maestro che aveva appena mostrato di prestar attenzione al bello stile del magistrato, si era degnato di avvicinare la sedia, e, guardando al soffitto per non aver l'aria di un gonzo metteva negli orecchi tutto l'acume di cui privava le pupille. La partita al bigliardo si era interrotta; il bell'Ernesto, colla stecca fra le gambe e un mozzicone di sigaro spento in un angolo della bocca si era abbassato al livello della attenzione di quei provinciali; la padrona del negozio si asciugava il sudore ... Il signor Intendente gongolava, gongolava ....

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