Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbassando

Numero di risultati: 3 in 1 pagine

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Documenti umani

244421
Federico De Roberto 2 occorrenze
  • 1889
  • Fratelli Treves Editore
  • Milano
  • verismo
  • UNICT
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Come restava lì, impalato, dietro le spalle del Natali, questi cominciò a soffiare, e abbassando pennelli e tavolozza: - Se non ti levi di lì - esclamò - non potrò fare più nulla. - Sarebbe un peccato. E, scostatosi, l'Albani si guardò attorno, in cerca di una sedia. L'impresa non era agevole. Un'artistica confusione regnava nello studio, e i drappi dai colori smaglianti, i costumi antichi, i libri dalle ricche legature, gli album di fotografie, le scatole dei colori si ammonticchiavano sopra le quattro o cinque sedie spaiate e di vecchio modello che parevano perdute nella vastità dello stanzone. Solo un teschio mancante delle mascelle troneggiava sopra uno sgabello di legno scolpito, accanto alla mensola rococo. L' Albani si diresse da quella parte, prese il teschio per le occhiaie e si mise a sedere. Allora, il silenzio si fece profondo. Nascosto in fondo a un aranceto, invisibile dalla stradicciuola per la quale i carri non potevano passare, lo studio del Natali era un vero romitaggio. - Ci siamo! - esclamò finalmente il pittore, dopo una mezz'ora di lavoro silenzioso, e buttati da canto tavolozza e pennelli, levatosi in piedi e indietreggiando di qualche passo con una mano sugli occhi a guisa di visiera, si mise ad esaminare l'opera propria. Luigi Albani lasciò anche lui di misurare in tutti i sensi iI cranio che teneva ancora sulle ginocchia, lo posò sulla mensola, vi adattò sopra il suo cappello e si fece incontro all'amico. - Dunque, ti piace davvero? - chiese il pittore. - È un imbratto. Il Natali lo guardò un istante. Poi, scrollando le spalle: Ah, sì; hai ragione! Dimenticavo di parlare col maestro Albani. - Cioè, col critico più acuto dell'ex-regno delle Due Sicilie, - rispose l'altro, senza scomporsi. E avvicinatosi al quadro, accompagnando le proprie parole con gesti sobrii e compassati, riprese: - Prima di tutto, questa lava è di cioccolata; come réclame nelle scatole del Suchard sarebbe impagabile. Poi, il cielo è oleogratico e le nuvole sono di bambagia. Toccale, e vedrai che sfilaccicano. Ora, bisognerebbe parlare del soggetto.... - Eh! parliamone pure! - esclamò il pittore sorridendo. E accesa una sigaretta, sedette incrociando una gamba sull'altra e guardando curiosamente l'Albani. - II soggetto, a tuo vedere, dovrebbe essere pieno di filosofia; il fiore nel deserto, l'antitesi eterna della natura che sorride mentre tende le sue insidie, o che insidia mentre sfoggia i suoi sorrisi - a piacere. Sta bene. Solamente, per maggiore intelligenza, ti consiglierei di imitare quel pittore polacco che, esponendo un quadro rappresentante L'ultima composizione di Mozart, faceva eseguire, da suonatori nascosti dietro la tela, la Marcia funebre del maestro. Se vuoi, potrei declamare io stesso i versi del Leopardi. E, passando dall'altro lato del cavalletto, il maestro Albani cominciò:

Poi, abbassando lentamente le palpebre, con voce fievolissima, rispose: - Una volta.... fui molto amata.... - Ah! - Andrea! Perchè non mi guardi?... Che cosa ti ho detto?... Ti ho fatto male? Oh, non sei stato tu che l'hai voluto?... Andrea, io non ti conoscevo, allora!... Ne è passato del tempo!... Io sono vecchia; il torto è tuo, di esserti innamorato di una vecchia!... Ma ridi, parla, guardami una buona volta, in nome di Dio!... Egli restò a guardarla a lungo, muto, immobile. La baronessa non poteva sostenere la fissazione di quello sguardo. Due volte, tre volte, ella aveva fatto battere le palpebre sugli occhi stanchi, ma tutte le potenze dell'uomo parevano concentrate nella facoltà visiva. Poi, lentamente, egli avvicinò le labbra alla fronte di lei, vi depose un bacio lievissimo; e, chiudendole la bocca con la mano per impedire che ella nulla dicesse, uscì. Quella bocca era stata baciata! Quella fronte era stata baciata! Quelle mani erano state baciate! Quegli occhi avevano visto altri uomini in ginocchio dinanzi a quelle forme adorate! Dietro quella fronte, dei ricordi d'amore - di altri amori! - si svolgevano nell'istante preciso ch'egli metteva tutta l'anima nel parlarle dell'amore di lui! Quelle orecchie avevano sentite altre parole d'amore! Quelle labbra ne avevano pronunziate delle altre!... Ah! non era vero ch'ella fosse nata soltanto il giorno che era stata sua! Il passato esisteva, e fatale, irreparabile! Ah! ella aveva bene indovinato, prevedendo ch'egli sarebbe stato geloso del suo passato! Geloso egli lo era, e tanto più tormentosamente, quanto più inafferrabile era l'oggetto della sua gelosia. Disputarla ad un rivale presente, dare tutto il proprio sangue per conquistarla: che cosa sarebbe mai stato di fronte alla tortura del saperla stata già di altri, di non poterle cancellare dalla memoria il ricordo di altri? Egli non era più solo nel suo pensiero! Chi erano, quanti erano questi altri? Impossibile ancora saperlo; più presto egli si sarebbe fatta strappare la lingua, che chiederlo a qualcuno, che chiederlo a lei. Come infliggere alla donna idolatrata il tormento di rievocare una storia di pianto? Come sopportarne lui stesso il racconto? E perchè?... Noti od ignoti, i fantasmi inafferrabili di quegli uomini vagavano ancora intorno a lei; per le stanze, nel santuario suo, egli sentiva che la chiamavano: Costanza - come lui! che le parlavano di tu, come lui! Egli li vedeva, in attitudini familiari, avvicinarsi a lei! abbracciarla! baciarla!... Egli aveva paura di sedere dove quegli altri si erano seduti, di muoversi come gli altri si erano mossi, di parlare come avevano parlato. Con la sua sola presenza, egli contribuiva a ridestare più chiari, più netti, i ricordi di lei! E tra i ricordi del passato e le impressioni del presente un paragone doveva necessariamente determinarsi! L'amor suo infinito veniva dunque misurato, in ogni parola, in ogni gesto, in ogni bacio!... Dal posto dove se ne stava abbandonata, la baronessa lo attirava a sè; ma tutte le volte uno sforzo formidabile su sè stesso poteva soltanto deciderlo ad avvicinarsi a lei. Quando egli le si avvicinava, i fantasmi si frapponevano, glie la disputavano, lo afferravano con la loro gelida mano, facevano morire il suo bacio, scioglievano le sue braccia allacciate intorno alla vita di lei. E come più cresceva lo strazio dell'uomo dinanzi alla propria impotenza contro quella persecuzione, più lamentosa si faceva la voce della donna: - Andrea, tu non mi ami più!

Pagina 40

L'indomani

246319
Neera 1 occorrenze
  • 1889
  • Libreria editrice Galli
  • Milano
  • Verismo
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. - Senti - disse la signora Oldofredi prendendole le mani e abbassando la voce in ragione inversa dall'emozione crescente - facciamo un'altra supposizione. Mettiamo una donna, una giovane donna libera di sè, e mettiamo pure che ella incontri sulla sua via l'amore. - Dunque c'è. - Ma Dio! - gemette la signora Oldofredi con tutta l'anima negli occhi - c'è il desiderio, il sogno, l'illusione! C'è l'istante del delirio, c'è la febbre che fa dimenticare tutto, lo spasimo per cui il piacere rasenta il freddo della morte; ma poichè tutto ciò passa, poichè non resta nulla dei più sinceri trasporti, poichè gli amanti finiscono col diventare stranieri l'uno all'altro e incontrarsi senza che più nulla trasalisca del loro cuore nè dei loro sensi, bisogna rinnegare l'amore, bisogna dire l'amore non esiste! Credi a me... credi, credi. Colle mani strette nelle mani si guardarono in fondo all'anima, misurando le loro disperazioni; la madre violentata per non poter dire di più, la figlia temendo di indovinare troppo. - Allora - fece Marta, tergendosi la fronte quasi un sudore improvviso l'avesse bagnata - non c'è nulla. In quel momento si arrestò ascoltando. La stessa sensazione che l'aveva fatta trasalire il giorno prima nella casuccia dei due contadini, si rinnovava. Sentiva le sue viscere commoversi sotto un impulso di persona viva, colla strana rivelazione di un altro essere in se stessa. Sembrava una piccola mano che battesse contro il suo seno, una piccola mano che voleva dire: Aprimi, io sono l'amore e la verità. - Gli uomini - continuò la signora Oldofredi, presa nella foga vertiginosa delle proprie' parole - conoscono presto l'amore, lo valutano per quello che è e passano oltre, attratti dalla ambizione, dagli affari, della vita pubblica. Ma anche noi non possiamo vivere nella continua illusione dell'amore; per questo abbiamo la religione e la maternità. E ancora l'amore, ma l'amore che si trasforma; l'ideale risale al cielo, mentre la parte materiale di noi si anima e vive della nostra stessa carne... Marta non udiva, delle parole di sua madre, che il bisbiglio. Colle mani raccolte sul grembo, le palpebre socchiuse, il corpo abbandonato nei guanciali, aveva l'apparenza della più gran calma, ma un brivido la scuoteva internamente, un brivido e una puntura. Vedeva ancora quell'amplesso, quel bacio... come dubitarne, se tutto il suo essere ne era stato scosso, se all'improvvisa rivelazione aveva compreso, lei già donna, il mistero della virginità, quel mistero che è il segreto di Dio e che l'amore solo comunica agli uomini? Lievi lagrime brucianti sfuggivano dalle sue palpebre. - Marta! Marta! - Chiamava la mamma, curva su di lei, divinatrice amorosa della lotta che si combatteva nel di lei cuore. Marta, senza parlare, ripeteva fra sè: Sarà il raggio che sfolgora e muore, sarà l'illusione che passa, sarà il sogno, il delirio di un istante; pure esiste. Raggio che non scalda tutti i cuori, sogno che non rallegra tutte le notti... Ma intanto la piccola mano ripeteva con insistenza: Apri, io sono l'amore e la verità. E Marta rivedeva, in una specie di visione magnetica, la bella campagna estiva, gli alberi frondosi ramificanti sopra lo sfondo azzurro e un meschino insetto che tendeva i suoi fili d'argento. Spezzato un filo gettava l'altro, e un altro ancora e ancora, sempre avanti, la tela prendeva proporzioni gigantesche, i fili abbracciavano tutto il creato, salivano ad altezze vertiginose, toccavano il cielo. Era la vasta tela della vita umana, il lavoro ogni giorno rinnovato di chi soffre e combatte; il lavoro temerario che poggia nel vuoto guardando arditamente la luce; lo sforzo immane di milioni di esseri, intelligenze torturate, cuori spasimanti, schiavi in pena, tutti sorgenti dalle loro catene, tutti lanciando il loro filo d'argento al misterioso Ignoto. E i fili si spezzano, e la tela si strappa e la felicità dondola sempre sospesa all'impalpabile bava di un aracnide. Che importa? Tutto muore, tutto nasce, tutto cambia, tutto si rinnova, le tombe scoperchiate servono di culla, i cuori insanguinati e piangenti danno nuovo sangue e nuove lagrime alla vita. Avanti, coraggio! FINE.

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