Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbassando

Numero di risultati: 2 in 1 pagine

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La fatica

169095
Mosso, Angelo 1 occorrenze
  • 1892
  • Fratelli Treves, Editori
  • Milano
  • Paraletteratura - Divulgazione
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Ed è un incanto vedere come tubano, come si girano intorno, abbassando e strisciando le ali, allargando la coda, e come si baciano. Appena incominciano le cure della famiglia, il maschio cova lui pure le ova, dalle dieci del mattino fino alle quattro pomeridiane: e la femmina nella rimanente parte del giorno. Dopo anni ed anni si ritrova ancora la stessa coppia nel medesimo nido. De'miei, sono quaranta o cinquanta famiglie in una stanza; ciascuna ha il suo numero e la sua casella negli scaffali intorno alle pareti; non c'è pericolo che abbandonino e scambino mai la loro casa, tanto è grande e indissolubile l'affetto del primo amore. Le femmine od i maschi staccati dal loro nido, dalle uova, o dai loro piccini, sentono più prepotente il bisogno di ritornare colla loro famiglia. È incredibile ciò che sopportano di fatica e di stenti per ritrovare la casa, quando sono portati lontano. Se smarriscono la via non hanno più pace: non vi è tempesta o burrasca che li trattenga. Si direbbe che solo acciecati, che non conoscono più pericoli, che non pensano più alla loro vita, che sono impazziti d'amore. Essi volano sul mare, attraversano le nubi, sfidano i fulmini, passano di città in città, indeboliti, estenuati, affranti, cercando la loro soffitta, vagando sui tetti, posandosi sulle torri a prender fiato, cercando spauriti nei campi qualche granello di cibo, finchè dopo l'affanno di giorni e di settimane, passate errando nella foga della ricerca, arrivano ansanti alla loro casa e si fermano sui tetti vicini, di fronte alla loro finestra e cadono guardandola, come se mancassero loro le forze, e soccombessero per la fatica e gli stenti.

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Sull'Oceano

171184
De Amicis, Edmondo 1 occorrenze
  • 1890
  • Fratelli Treves, Editori
  • Milano
  • Paraletteratura - Divulgazione
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Me ne diede l'annunzio la mattina presto il solito cameriere, abbassando gli occhi: poichè aveva fra l'altre anche questa civetteria, d'abbassare gli occhi, mentre parlava, come per non lasciarsi leggere nell'anima la gioia del suo ultimo trionfo amoroso. Il tropico del Cancro! Era l'annunzio sgradito di quasi tremila miglia di zona torrida che s'avevano a percorrere prima di risentire la carezza fresca degli alisei dell'altro emisfero, e al solo pensarvi mi pareva di sentirmi filare due gocciole tepide giri dalle tempie. Misi il viso al finestrino: una maraviglia! L'oceano placidissimo, tutto argento e rosa, coperto d'un velo diafano di vapori a cui il sole nascente dava l'aspetto d'un leggerissimo polverìo luminoso, e a poche miglia lontano, in mezzo a quella bellezza immensa e virginea dell'acqua e dell'aria, un bastimento grande, che pareva immobile, con tutte le vele aperte e candide, come un gigantesco cigno dall'ali tese, che ci guardasse. Apro, e mi vien nella fronte e nel petto un soffio delizioso d'aria marina, che mi ricorre per le vene, e mi riscote tutto, come l'alito d'un mondo ringiovanito. Il bastimento era un veliere svedese che veniva probabilmente dal Capo di Buona Speranza, il primo che incontravamo dopo Gibilterra. Per pochi minuti mi biancheggiò agli occhi nella chiarezza di quell'aurora incantevole, simpatico come il saluto d'un amico: poi si nascose; e allora l'oceano mi parve più solitario e più silenzioso di prima; ma benigno sempre, come non l'avevo visto ancora, e d'una bellezza gentile, che faceva immaginare all'orizzonte le rive d'un giardino infinito. Era una di quelle mattine in cui i passeggieri si vanno incontro sul cassero col viso ridente e con le mani tese, come se il primo sofflo d'aria avesse portato a ciascun di loro una buona notizia. Ma quel bel tempo a capo di poche ore s'intorbidò, il cielo si coperse di nuvole, e l'aria divenne greve e calda, come se avessimo fatto un salto dalla primavera nell'estate. Eravamo entrati in quella grande massa di vapori, antico terrore dei naviganti, che il caldo dell'equatore solleva dall'oceano e ammonta su tutta la zona intertropicale: e che le creature fortunate di Giulio Verne, quando viaggiano per il cielo, vedono come una fascia oscura tesa attorno al nostro pianeta, simile alle strisce della faccia di Giove. Il bel mare della mattina era stato l'ultimo sorriso della zona temperata, blandita dall'ultimo soffio degli alisei. Ora navigavamo nella regione della nebbia, degli acquazzoni e dell'uggia. E se ne mostrarono subito gli effetti nelle terze classi. L'agente mi venue a cercare nel salone. - Venga a vedere, - mi disse, - le baruffe chiozzotte. Lo spettacolo comincia.

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