Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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CAINO E ABELE

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Perodi, Emma 1 occorrenze

Dal giorno di Castelvetrano, egli non le aveva più parlato, ma nei porgerle un libro, nel passarle a tavola un piatto, trovava il mezzo di stringerle la mano in modo significativo; e quando non poteva far altro, la fissava con uno sguardo così pieno di tenace desiderio; che ella doveva abbassagli occhi e impallidire. Come avrebbe ella potuto evitare sempre la persecuzione di Franco? Roberto, coll'avvicinarsi della vendemmia, sarebbe partito certo; già egli parlava di una nuova gita a Roma, e come avrebbe ella, sola, potuto destreggiarsi in maniera da non ascoltare le parole del duca? 11 suo cuore innamorato si rifugiava in Roberto, come nel suo solo aiuto, nella sua unica protezione: ma poteva ella far scoppiare fra i due fratelli una scissura profonda? Non avrebbe potuto piuttosto allontanarsi lei? A questo pensiero la vinceva un indicibile sgomento. Dove poteva andare? Come avrebbe potuto vivere lontana da Roberto; come avrebbe avuto il coraggio di abbandonarlo? No, non poteva, non poteva! Roberto viveva, per lei, 0166 lei lontana egli sarebbe stato un corpo senz' anima, un infelice. Non poteva! Aveva veduto tante donne clie si barcamenavano abilmente fra due amori e lei stessa aveva descritto in Vincitori e Vinti una donna onesta, secondo il significato che da il mondo a questa parola, che teneva a bada un alto funzionario dal quale dipendeva l'avvenire del marito, senza concedergli nulla; nulla. Ah! ma io non sarò mai così! - esclamava in un impeto di ribellione. - La mia onestà è ben altra cosa; non ammette finzioni; non ammette inganni e il mio amore e così grande che si appanna come un cristallo al soffio di ogui altra passione. No, io non posso. Ma intanto che Velleda viveva in continue agitazioni e in continui sospetti, Franco si faceva ogni giorno più insistette e più ardito, rispettosissimo verso di lei in presenza di Roberto, la trattava brutalmente appena erano soli. Una mattina Velleda nuotava al largo. Il mare era calmissimo ed ella, mentre Maria vestivasi nella cabina, aveva provato il desiderio di spingersi fuori, sola. Velleda aveva di questi ardimenti ed era lieta quando provava le sue forze. Soltanto l'estate prima aveva imparato a reggersi sull'acqua, ma presto era divenuta espertissima e ora sdegnava di essere accompagnata e andava sempre avanti sicura, senza temere per il ritorno. In mare c'era una barchetta immobile; ma ella non se ne dette pensiero, perché riconobbe una barca dello stabilimento e suppose che dentro vi fosse un pescatore. L'aveva di già oltrepassata, quando udì un tonfo nell' acqua e un momento dopo si sentì mettere una mano sulla spalla. Velleda aveva un largo cappello di paglia che le impediva di veder dietro a sé, ma esperta come era nel nuoto, fece un lancio sull'acqua e rivoltandosi scorse Franco che rideva malignamente. Ritorni alla sua barca, - gli disse in tono imperioso, 0167 Sarei pazzo, Velleda, se le ubbidissi. Qui deve ascoltarmi e mi ascolterà. Ella tremava, e sentivasi mancare le forze, ma aveva ripreso a nuotare presto, a freccia, in direzione della riva per accrescere la distanza che li separava. Franco rideva sempre e le si era accostato con poche bracciate. Vede che non può sfuggirmi? - le disse ponendosi a fianco di lei. - È stanca? appoggi una mano sulla mia spalla. Ella non rispose e fece nuovi sforzi per allontanarsi ma le braccia le si erano fatte pesanti e le gambe erano come troncate. Velleda, - disse il duca afferrandola per la cintura del costume, - perché non ha nessuna pietà di me, perché non vuoi concedermi nulla? Io sono divorato dalla passione, io non posso più vivere così accanto a lei. Nessuno sospetta nulla, nessuno ci osserva mai: mi consoli, Velleda? Ella non poteva più rispondere, il suo corpo aveva acquistato la pesantezza del piombo, le gambe istintivamente cercavano il fondo del mare, l'acqua le saliva fino alla bocca. A un tratto affondò e sarebbe scomparsa se Franco non le avesse messo una mano sotto l'ascella, e allora, vedendola incapace di difendersi, l'attrasse a sé, le staccò il cappello lanciandolo lontano, e la baciò sulla nuca con rabbia amorosa. Al contatto di quelle labbra, Velleda si scosse e fatto uno sforzo supremo, gli dette una spinta e riprese a nuotare; aiutandosi con la testa, con le spalle, con tutto il corpo. Pochi istanti dopo si abbandonava sfinita sopra uno scoglio a fior d'acqua e scoppiava in pianto. Tutta l'acqua del mare non può lavarmi da questa profanazione, - ripeteva sconsolata. E allora ebbe come una visione dell'avvenire sentendo che la sua pace, la sua lieta esistenza, il suo amore; tutto sarebbe stato distrutto da Franco. 0168 Sarà il mio carnefice - mormorò. Il duca non aveva osato inseguirla, ma risalito nella barca si era accostato allo scoglio e la guardava così bellina e sottile, con il vestito di lana aderente al corpicino elegante, con le braccia nude, abbandonate lungo la persona, con i piedini rossi baciati dalle onde lievi, con quella pelle delicata. Egli la divorava con gli occhi e nel passarle a poca distanza s'alzò sulla barca e le disse in atto di sfida: - A un'altra volta! Velleda, più morta che viva, tornò nella cabina e cadde sopra una panca, tremante, pallida o sconvolta. Hai la febbre Leda? - le diceva Maria. No, mi sono stancata troppo, ma non è nulla, non ti spaventare. Costanza, che era intenta ora a strizzare i costumi del bagno, teneva gli occhi bassi; aveva veduto tutto, ma non aprì bocca. Ogni dolore di Velleda era una gioia per lei. Più tardi quando il duca e Velleda s'incontrarono a colazione, sotto lo sguardo dolce di Roberto, Franco ebbe il coraggio di domandare alla signora se si sentiva male perché la vedeva pallida e abbattuta, Leda s'è sentita male nel bagno, - rispose Maria, - è uscita tutta tremante, pareva che avesse la febbre. Ho commesso un'imprudenza nuotando troppo, disse la signora per rassicurare Roberto, che la guardava ansioso. - Non farò più bagni. L'agitazione di Velleda continuò per un pezzo. Dopo pranzo non ebbe la forza di fare la solita gita sul " Selino " e passò alcune ore seduta nell'acropoli deserta di lavoratori, con un libro in mano, senza leggere. I più strani pensieri le correvano alla mente; pensieri baldi di resistenze violente, di acerbe lotte; pensieri di fuga. di sparizione senza lasciare traccia di sé: ma tutti cadevano allorché il cuore le ricordava che non era sola, 0169 che non aveva il diritto di abbandonare un uomo buono, del quale aveva accettato l'affetto. Mentre stava così perplessa invocando un'idea cui attaccarsi, un'idea che la salvasse in mezzo a tanto sconforto, udì dei passi dietro a sé e si alzò spaventata. Siala vista del Lo Carmine la calmò. Come mai è divenuta così nervosa che si spaventa a ogni rumore? - le domandò. L'estate mi ha spossata, - rispose Velleda, - uia non è nulla e l'autunno mi renderà vigore. Volevo giusto parlarle, - disse il Lo Carmine, ma è sempre accompagnata e non bramo che le mie parole giano udite da altri. C'è forse qualche pericolo? - domandò ansiosamente. No, si calmi, ha i nervi agitati; anzi ... ! Sono stato a Trapani in questi giorni, e come ella sa, per tutto si prepara la lotta elettorale, benché il decreto di scioglimento della Camera non sia anche firmato. Ebbene, molti amici miei, persone anche influenti, vorrebbero che nella lista dei deputati moderati della provincia figurasse il nome del signor Roberto e mi hanno detto d'interrogarlo se si lascerebbe portare. Che cosa crede lei? Queste poche parole erano bastate a dare un altro avviamento ai pensieri di Velleda. Ritornata a un tratto padrona di sé, esaminava la situazione con calma. Naturalmente, il collegio che gli si offre sarebbe. Castelvetrano? - domandò ella Appunto. Non so se accetterà, ma sono quasi sicura che riu scirebbe se si portasse. Veda, l'avvocato Orlando, ministeriale, riuniva fin ora molti voti, perché vi era lo scrutinio segreto e per lui votavano in altre circoscrizioni della provincia. Ritornati al collegio uninominale, egli avrebbe pochi voti, perché non ha, base a Castelvetrano, dove il partito di sinistra è in minoranza. Sono 0170 tutti moderati o socialisti. I primi voteranno certo per il signor Roberto; i secondi, a meno che non portino un candidato proprio, che non riuscirebbe, darebbero i loro voti a un candidato d'opposizione piuttosto che a un ministeriale. In tutti i casi ci sarebbe dispersione di voti e per conseguenza ballottaggio, ma il risultato finale -sarebbe reiezione del signor Roberto. Questi stessi calcoli sono stati fatti dai miei amici di Trapani, ma ora si tratta di sapere se il signor Roberto accetterà. Vorrebbe ella interrogarlo, per evitarmi un rifiuto, o nel caso affermativo, preparare il terreno alla mia proposta? - Volentieri, - rispose Velleda, tutta infervorata da quell'idea. - Se posso, lo interrogo stasera e domani le darò una risposta per lettera. Allora il Lo Carmine si diede a esporre a Velleda il bene che Roberto avrebbe potuto fare a quel paese così abbandonato dal Governo. Prima di tutto bonificarlo, riprendendo dopo tanti secoli i lavori intrapresi da Empedocle; poi creare una colonia agricola nei terreni strappati alla palude e alla malaria, in terzo luogo ottenere del bilancio dell'istruzione pubblica maggiori fondi per gli scavi. Qui la volevo! - esclamò Velleda. - Dica la verità: ella desidera che un uomo colto, un archeologo, conoscitore di questi luoghi vada alla Camera, per ottenere che Selinunte esca dalla terra che la copre, perché lei possa frugare questa spiaggia in tutti i versi. Sarebbe forse un desiderio colpevole? - domandò il Lo Carmine, balbettando più del consueto. No davvero. Anzi è un'ambizione molto modesta ; le mie sono più vaste, più grandi. Lo scienziato non le domandò a che miravano quelle ambizioni; lo indovinava ed era sicuro che Roberto avrebbe accettato il mandato per compiacerla. Noi vi sorprendiamo! - esclamò Roberto mostrando 0171 la testa di dietro un muro basso. - Ah! ho capito! aggiunse rivolgendosi a Velleda scherzando. - Non è voluta venir con noi perché aveva un appuntamento col Lo Carmine! Il viso di lui mi dice che qui si tratta di un complotto. Sì, - rispose Velleda, - noi si cospira contro l'onorevole Orlando, il quale sarà in questo momento nella suo villetta, senza sospettare che dinanzi al mare due persone attentano alla sua felicità. Franco, che era sopraggiunte insieme con Maria, non capiva nulla; Roberto credere che si trattasse del processo, perché l'avvocato Orlando era appunto il difensore d'Alessio e disse : Io non devo saper nulla di questo complotto? Per ora no; più tardi forse. È curioso? - gli domandò ridendo Velleda. - Un poco. Tutti insieme si diressero verso casa. Roberto aveva pregato il Lo Carmine di pranzare con loro, così che quella sera il pranzo fu più animato. Velleda però era taciturna. Era bastato un sorriso di trionfo di Franco per agghiacciarle il sangue. Evitava d'incontrare lo sguardo freddo, sarcastico del duca, ma bastava la voce di lui per ferirla e barbaramente ripeteva a sé stessa, per risentire la vergogna dell'insulto : Mi ha baciata! Mi ha baciata! Era già notte alta, una notte quieta e serena, quando Velleda si alzò da tavola. Ella offrí il caffè agli ospiti e a Roberto e poi per non parlare con Franco, condusse Maria a letto. Le altre sere lasciava per solito a Costanza quella cura, ma quella sera volle spogliare da sé la bambina. Che cosa hai fatto oggi? - le domandò. Niente; mi sono divertita con lo zio Franco. Figurati; fingeva che io fossi grande e mi trattava come 0172 una signora. Mi diceva che ero bella, che avevo gli occhi come un'orientale, la pelle morbida e tante altre schiocchezze. E tu gli credevi? No! Che me ne importa di esser bella ora? Quando sarò grande, allora sarò duchessa. - Ma che duchessa! Egli non può trasmettere il suo titolo altro che ai proprj figli. - T'inganni, Leda: tu sai tutto, ma queste cose le sa meglio Franco di te. Il duca non lasciò a lui il suo titolo? - Perché era un maschio. Le femmine non ereditano titoli; esse portano il nome del padre e poi quello del marito; e se tu mi vuoi bene, Maria, la prima volta che lo zio ti parla di queste sciocchezze devi rispondergli che tu non hai bisogno di titoli, perché ti basta il nome onorato del babbo. Me lo prometti, Maria? S'era inginocchiata accanto al letto della bimba e la guardava con tale intensità d'affetto, che ella, attratta da quello sguardo, le buttò le braccia al collo, dicendole : Farò quello che tu vuoi; Leda, perché ti voglio tanto bene! Ora; dormi, cara, - disse, e chiamata Costanza ricornò in sala. Il Lo Carmine, già s'era alzato per andarsene. Bravo, - gli disse in modo da essere udita da Franco - Lei sa che devo parlare al signor Roberto. Gli parli subito e farà bene, - rispose l'altro. Il duca rimase un momento perplesso, ma poi si rassicurò pensando che del fatto della mattina non avrebbe letto niente a suo fratello, che si sarebbe fatta piuttosto ammazzare. Per via voleva confessare il Lo Carmine e per questo gli usò la cortesia di ricondurlo fino alla Casa dei Viaggiatori, ma il Lo Carmine non si fece confessare. Era 0173 uomo di poche parole ed aveva quella serietà di carattere che è uno dei tanti pregi dei siciliani; eppoi il duca non gl'ispirava nessuna simpatia. Franco rimase per alcun tempo a passeggiare sulla spiaggia, guardando la villa illuminata e specialmente la sala, nella quale scorgeva Velleda seduta vicino alla vetrata aperta. Non vedeva Roberto, ma ne indovinava la presenza, osservando che Velleda parlava animatamente come se cercasse di convincerlo di un fatto. Gli rivela tutto, lo aizza contro di me! - diceva perplesso e ansioso. - Perfida! Ma un momento dopo, vedendo Velleda che cessava di parlare e appoggiando la testa alla spalliera della poltrona sorrideva ascoltando tranquillamente ciò che rispondevate l'altro, si calmò. Non è di me che parla: c'è un altro mistero; una cosa che la fa felice. Se avesse narrato di me, avrebbe pianto, sarebbe andata in collera; invece ha una espressione severa sul volto; non ha astio! La conversazione fra Velleda e Roberto durava lungamente e Franco non sapeva scendere dal monticello di sabbia dal quale il suo occhio si spingeva dentro la sala. A un tratto vide Roberto alzarsi, accostarsi a lei, ma invece di curvarsi a baciarla, sollevò la mano che Velleda posava sul bracciale del seggiolone e se la portò alle labbra. Un momento dopo Roberto era in giardino, e chiudeva il cancello; dall'alto della terrazza Velleda gli gridava : Buona notte, mio buon signore! - e rientrava in sala per scomparire. Velleda aveva vinto le esitazioni di Roberto perché gli aveva detto: Io, che ho rasentato la gloria, non ho più ambizioni per me; tutte le mie ambizioni sono riposte in lei. Accetti e sarà eletto. Col suo ingegno, con la sua attività, con le larghe vedute e specialmente col suo cuore, 0174 che ha tutte le virtù più elette e si commuove a tutti i dolori, capisce tutti i bisogni dell'età moderna; potrà fare tanto bene. Lei, che è un solitario, un carattere integro e assolutamente puro, portando fra tanti utilitarj la sua rettitudine di giudizio e la sua coscienza retta, farà, dei proseliti. Non è possibile che non si manifesti una reazione; che un bisogno di probità e di onoratezza non si faccia strada nelle masse; e lei sarà l'apostolo di queste due virtù, il rigeneratore. Accetti! Ma saremo spesso divisi! - aveva osservai Roberto. È vero, - aveva risposto Velleda, - ma quello divisioni ci faranno meglio sentire l'affetto che ci lega. Accetti e mi farà felice! Roberto s'era lasciato convincere ed era stato in quel momento che Velleda aveva appoggiato la testa alla spalliera della poltrona, e, sicura della vittoria, aveva tracciato a Roberto tutto quello che poteva far di utile, specialmente nel campo della legislazione sociale, proponendo leggi per migliorare la condizione degli operai, per assicurare le famiglie in caso d'infortunio, per far cessare quell'odio di classe; che si accentua ogni giorno più contro la borghesia, la trionfatrice crudele del 1793. Sì Vellcda, io farò tutto quello che vuole, io mi lascerò guidare da lei, - aveva risposto Roberto e le aveva baciato la mano. Franco aveva assistito a quella scena, avevo udito Velleda dar la buona notte a Roberto, eppure non credeva alla purezza del loro affetto, e la sua fantasia eccitata glieli rappresentava ora stretti in un ardente abbraccio, ora dolcemente stanchi dopo lunghe ore d' amore, ma mai mai egli voleva ammettere che amandosi così profondamente, essi si fossero imposti un sacrifizio sovrumano. Anche quella sera Franco tornò stanco e irritato nel suo quartiere e penò molto prima di addormentarsi. 0175 Perché il Signorini non gli rispondeva? Ah! se avesse potuto scoprire una macchia sul passato di Velleda, l'avrebbe avuta in suo potere! Come sarebbe stato felice allora di sapere umiliata quella superba, di poterla piegare alle sue voglie, di vedersela dinanzi supplichevole, offrendo il suo amore in cambio del silenzio. La solita idea fissa lo torturava. Ora anche l'invidia per Roberto era meno viva; non lo invidiava più per la fortuna negli affari, per la stima di cui godeva, per quella superiorità che tutti gli riconoscevamo su di lui e neppure per i benefizj che Roberto gli aveva fatti ; lo invidiava soltanto per essersi fatto amare da Velleda. Questa invece non pensava a lui. Il passo che stava per dare Roberto dietro suo consiglio, le pareva così grave che ne esaminava con mente calma tutti i vantaggi e gli svantaggi, e in certi momenti si pentiva del consiglio, ma subito dopo ripensava alla nobile opera che egli avrebbe potuto compiere e ricacciava nel fondo dell'anima i dubbj. Fu in uno di questi momenti di fiducia che scrisse al Lo Carmine di comunicar pure ai suoi amici che Roberto accettava. Ella posò la lettera senza chiuderla sulla scrivania, per vederla appena desta e modificarla nel caso che il sonno le avesse dato un altro consiglio. Sia il sonno l'avvalorò, invece, nel suo proposito e la lettera fu recapitata la mattina presto al suo indirizzo.

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