Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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L'angelo in famiglia

182799
Albini Crosta Maddalena 1 occorrenze
  • 1883
  • P. Clerc, Librajo Editore
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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essa arrossa, abbassa lo sguardo... Quello sguardo dapprima sì limpido dove si leggeva il segreto pensiero, quello sguardo è ora conturbato, inquieto, non tollera di essere riguardato... Oh! se taluna, se taluna delle mie care lettrici ha avuto una sì grande debolezza e una sì grande sventura, oh! ch'essa venga al mio seno affinchè io pianga con lei, affinchè io preghi con lei, affinchè io in qualche modo l'ajuti a ringiovanire il suo cuore, a rasserenarlo, a togliere dall'occhio suo quella nube, quel velo che le fa vedere alterati gli oggetti, ed a cancellare dalla sua mente ciò che tanto l'ha sconvolta ed ottenebrata! Oh! mia diletta fanciulla! io non sono come te nell'età della fantasia, delle speranze; pure nemmeno di tanto l'ho varcata ch'io non sappia investirmi dei tuoi sentimenti, per dividerli e compatirli. Ma gli è pel tuo bene ch'io ti parlo; io ho ricevuto da autorevole voce il mandato di parlarti, quindi io secondo non tanto i moti del cuore che potentemente si fanno sentire, quanto seguo la voce di Dio, di quel Dio che ha detto ai suoi ministri: Chi ascolta voi, ascolta me. S'io mi trovo in un'allegra brigata, e fra cento gaudenti vedo uno che piange, sospira o addolora, è ben naturale, io debbo lasciare, e lascio infatti i più, per avvicinarmi a quell'uno che soffre, e trovando chi partecipa al suo dolore pare ch'egli si riconforti, si sollevi, si rianimi. Se poi egli avesse una spina in un piede ed io gliela potessi levare, sarei io meno umana e caritatevole degli stessi bruti; e non m'affretterei a liberare il poveretto dalla causa del suo male? Orbene, se tu l'hai questa spina, vieni affinchè io te la levi; vieni, io ti condurrò vicino al Tabernacolo, affinchè tu chieda ed ottenga la forza di recarti al tribunale di Penitenza ad esporre con tutta sincerità le tue ferite, senza punto nasconderne la benchè menoma, chè sarebbe una debolezza vergognosa, ed una vergogna colpevole. Dopochè al tribunale di Penitenza saranno medicate le tue ferite, e le avrà sanate il balsamo della carità stessa di Dio, e sull'anima tua sarà scesa quella parola onnipotente: va, ti sono rimessi i tuoi peccati; guardati di mai più peccare: io ringrazierò con te il Signore del perdono che ti ha accordato, verrò con te alla mensa Eucaristica, e gustando teco le gioje celesti che da essa emanano, avrò la gioja indicibile di ritornare il sorriso al tuo labbro, la calma al tuo cuore. Oh! quanto sei bella, vergine del Signore, quanto sei bella, ora che hai stretto un patto di tenera alleanza col tuo Gesù! Ma, per pietà, non 28 lo infrangere questo patto; ti potrebbe essere fatale, ti potrebbe mancare il tempo di pentirti, di correggerti; Iddio te l'ha fatta una volta la sua grazia, vorrà fartela ancora? Ma a che pensare a minacce, quando il tuo cuore è buono, perchè riverbera un raggio della bontà stessa dell'Onnipotente? No, piuttosto facciamo insieme le nostre proteste, proponiamo il nostro piano di vita, affinchè non avvenga più mai che il tuo orecchio sia turbato da parole meno castigate, nè ti siano proposte azioni che ti vergogneresti di fare in presenza della tua mamma. La mamma non ti vede sempre, ma l'Angelo tuo sta ognora al tuo fianco; egli ti vede sempre, sempre, e quando tu non segui i suoi dettami, quando patteggi col peccato, quando pecchi, allora egli si copre gli occhi colle ali, se ne fugge da te lontano, e poveretta, tu rimani sola, senz'ajuto, senza difesa! Ma tu che mi leggi e mi ascolti, o sei candida colomba cui non adombra nessuna macchia terrena, ed io ti esorto a umiliarti innanzi a Dio, riconoscendo da lui solo il bene che ti viene, pregandolo a preservarti mai sempre dal male; o sei colomba incauta che poggiato il piede su quello che ti pareva un monte di delizie ed era un immondo carcame, e n'hai avute macchiate o tarpate le ali, onde è ritardato od anche reso penoso ed impossibile il tuo volo; recati al Santuario. Al Santuario c'è l'acqua che lava, c'è la forza che rinfranca, e le tue ali riprenderanno il loro vigore, la loro bianchezza, e sicure e leggiere potranno librarsi nell'aria, e farti vivere pura e beata fino al dì in cui ti sarà dato spiccare il tuo volo a quell' eterna Gerusalemme, dove non ci sarà più pericolo di macchiare l'anima propria. Se la persona che minaccia la tua quiete e la tua purezza, è di basso stato, od alto locata, se è dotta o idiota, incredula o credente, geniale o no, sfuggila; dichiarale apertamente senza ambagi che non puoi assolutamente acquistare quelle cognizioni; paventa di te e di essa, e prega la Beata Vergine che te ne liberi sempre. La Beata Vergine t'insegnerà non solo a sfuggire quelli che ti si fanno conoscere violatori della bella virtù; ma altresì a guardarti dalla soverchia dimestichezza colle persone dell'altro sesso, fossero pure cugini, fratelli, amici, giovani o vecchi. Una volta, nelle Missioni date alle Signore dai Padri Oblati, mi ha fatto gran senso questa massima:giuochi di mano, giuochi da villano, giuochi da non cristiano, perchè davvero anch'io molte volte aveva creduto non ci fosse verun male fra persone parenti ed intime; ma questa massima mi ha fatto capire essere un'increanza e una sconvenienza quel tenersi abbracciati, quel carezzarsi e che so io. L'affetto ha ben altri modi per esistere e per dimostrarsi, e tutto quanto ha dello svenevole e del caricato è colpevole o pericoloso. La Beata Vergine, se l'ascolterai, ti dirà ben altre cose in un proposito sì importante, e nè ai domestici, nè ai fratelli, e neppure alle amiche ed alle sorelle permetterai una soverchia confidenza; questa, te l'ho già detto jeri, mi pare, farebbe perdere quella riverenza, quel rispetto che ti saranno sempre prodigati se affabile, e contegnosa custodirai pura l'anima tua, la tua mente, ed illeso il tuo corpo da ogni alito terreno. La parola che ti ho detto all'orecchio è stata un po' lunga; ma non la posso finire senza ripeterti per la centesima volta che non l'ho detta perchè io diffidi di te, ma solo perchè amo e voglio, coll'ajuto di Dio, preservarti dal cadere in peccato, tanto per colpa quanto per ignoranza. Giacchè t'ho parlato all'orecchio, e le mie labbra sono sì vicine alle tue, lascia che vi imprima un bacio come simbolo ed espressione del bene che ti voglio e ti prego dal Signore.

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Galateo della borghesia

201788
Emilia Nevers 1 occorrenze
  • 1883
  • Torino
  • presso l'Ufficio del Giornale delle donne
  • paraletteratura-galateo
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Per uomini, il lutto pesante consta di vestiti neri, alta fascia di velo nero sul cappello, cravatta di battista bianca; per mezzo lutto si abbassa la fascia del cappello e si mettono gilè bianchi e guanti grigi. I militari, pei lutti di famiglia, mettono una fascia di velo nero al braccio, poi lutti patrii un velo alla spada. Chi è in lutto fa listar di nero la propria carta da lettera, nonchè i biglietti di visita. Non assiste nè a matrimoni nè a funerali. Pei divertimenti la regola è di rinunziare, durante il primo periodo del lutto, a teatri, balli, concerti, pranzi e veglie, e nel secondo soltanto ai balli. Per esaurir affatto questo triste argomento, dirò che gli annunzi vanno fatti con la massima semplicità, sebbene sia lecito che ne trasparisca il dolore della famiglia. Così pure nei cenni necrologici bisogna evitare lo stile ridondante, ampolloso, le lungaggini, le esclamazioni: bisogna essere sobrii più che possibile. È sempre cortese in chi sa tener la penna, onorare di una parola, d'un ricordo le persone amiche che muoiono, e quell'attenzione torna specialmente grata alla famiglia, come pure i discorsi pronunziati al cimitero. L'enfasi va evitata del pari nel discorso..... e perfino nell'epitaffio. Nulla è più funebremente ridicolo che certi panegirici che si leggono sul marmo. La morte, nella sua austerità grandiosa, richiede stile semplice e severo. Certe pompose liste d'epiteti, che sono uno sfogo di vanità e nulla più, ci lasciano freddi, mentre siamo invitati al pianto da poche parole che dipingano con verità l'affanno dei derelitti, la morte precoce d'una fanciulla, una di quelle disgrazie, insomma, che colpiscono tutta una famiglia di dolore inconsolabile. Chi lo può, si faccia comporre l'epitaffio da un uomo di lettere o lo componga da sè con l'inspirazione del cuore; non prenda, dal primo marmorino venuto, delle formole trite e ritrite, come prende il marmo del monumento. E sulle tombe, per semplici che siano, non manchi mai un fiore, viola o mortella, che dica come l'affetto duri nei superstiti e la memoria del perduto sia sempre onorata. Un fiore rugiadoso sarà più elegante che le ghirlande di perle o le corone di fiori artificiali. Così, perfino nell'ultima sua dimora la persona per bene può manifestare le sue tendenze. Chateaubriand venne molto censurato per aver voluto che gli fosse cimitero la roccia di St-Malò, mentre tutti apprezzano gli uomini che raccomandano la semplicità pel loro funerale. Si trova ora molto spesso nei testamenti la raccomandazione di non portar lutto e di non astenersi dal frequentare la società. È una delicatezza da parte del testatore che non vuole, nemmeno in morte, arrecar noia ad altrui. Chi riceve un legato deve, come e più di chi riceve un dono, mostrarsene soddisfatto, ed è cosa assolutamente gretta e biasimevole il lagnarsi se un'eredità non corrisponde ai nostri desideri. La maldicenza deve rispettare chi non è più. È cosa codarda aggredire colui che non può più difendersi - cosa crudele serbar rancore oltre la tomba. Chi ha trasgredito le leggi del bene è già punito dal non lasciare « quell'eredità d'affetto » che è la « gioia dell'urna ». Gli si conceda almeno il silenzio della pietà.

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