Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbarbagliare

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Scultura e pittura d'oggi. Ricerche

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Boito, Camillo 1 occorrenze
  • 1877
  • Fratelli Bocca
  • Roma-Torino- Firenze
  • critica d'arte
  • UNIFI
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Anzi, così senz’altri pregii intorno, in quelle mezze tenebre di virtù artistiche, la parte che è dipinta con abilità veramente sovrana getta un gran lume, e pare un sole, e abbarbaglia; e si sono lasciati abbarbagliare niente meno che l’Hayez, il venerando, e il vecchio Sangiorgio, e un rispettabile scrittore di storia d’arte, e due giovani artisti di bella mente e di bel nome; ma non s’è lasciato abbarbagliare il pittore Mancini, uno dei Milanesi di più libero, agile, sentimentale, colto spirito, e ha voluto che il suo giudizio contrario all’Esopo e favorevole al Salvator Rosa apparisse nel Rapporto de’ sei giurati. È stata una viva lotta d’uomini tutti sinceri, nella quale il raziocinio ha dato luogo al senso, l’intelletto alla fantasia, poichè nell’arte accade come nei fiori, che all’uno piace l’olezzo del garofano, all’altro l’olezzo del gelsomino.

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STORIE ALLEGRE

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Collodi, Carlo 1 occorrenze

"C'è di nuovo", rispose Pipì, "che questo sole sfacciato mi dà una gran noia e mi fa abbarbagliare gli occhi. Non potrebbe, di grazia, prestarmi un ombrellino di tela da pararmi il sole?" "Volentieri." Alfredo chiamò il cameriere: e il cameriere portò subito un grazioso parasole, dipinto con grandi fogliami di bellissimi colori azzurri e verdi. Pipì prese l'ombrellino, l'aprì, e cominciò a girare intorno alla stanza, dando continuamente delle lunghissime occhiate al canestro delle nespole giapponesi. "Amico mio", disse allora Alfredo, "se indugi un altro poco, farai notte senza avvedertene, e ti toccherà a viaggiare al buio." "Io di giorno non so camminare", rispose Pipì. "O non sarebbe meglio che partissi questa sera dopo cena?" "Padronissimo di fare come credi meglio." E nel dir così, Alfredo lasciò balenare in pelle in pelle un risolino canzonatorio, che pareva volesse dire:" Caro il mi' ghiottone! Ho bell'e capito qual è il tuo debole: lascia fare a me, che ti domerò io!". Quando fu l'ora della cena, Pipì, senza nemmeno aspettare di essere invitato, andò a sedersi alla tavola dov'era seduto Alfredo: ma questi pigliando un tono di voce serio e padronale, gli disse: "Che cosa fate costì?" "Vengo a cena anch'io." "Le persone che vengono alla mia tavola, le voglio veder vestite decentemente. Andate subito a mettervi la giubba." "Io ... con la giubba ... non so mangiare. La giubba non me la metto." "Allora ritiratevi là, in fondo alla sala, e contentatevi di assistere alla mia cena." Quando Pipì si accorse che Alfredo diceva sul serio, si dette a piangere e a strillare: e piangendo e strillando scappò dalla stanza: ma dopo poco tornò. Quando rientrò nella stanza, aveva la sua giubbettina infilata e tutta abbottonata, come un piccolo milorde. "Così va bene", disse Alfredo. "Mettetevi ora a sedere, e buon appetito!" Il canestro delle nespole fu portato in tavola. Inutile starvi a dire che, dopo un quarto d'ora, il canestro era vuoto, e lo scimmiottino era pieno, da non poterne più. "Ora poi me ne vado davvero", disse alzandosi da tavola con grandissima fretta. Ma nel mentre che stava armeggiando per levarsi di dosso la giubbettina, il cameriere si presentò in sala con un magnifico vassoio di melagrane. "Che odorino!", gridò Pipì, annusando e lasciando gli occhi sul vassoio delle frutta. "O quelle melagrane per chi sono?" "Erano per la tua colazione di domani. Ma ormai tu parti, e le mangerò io." "Io ... partirei volentieri, ma di notte non so camminare. O non sarebbe meglio che partissi domattina, dopo fatto colazione?" "La tua camerina è già preparata. Buona notte." La mattina dopo, all'ora di colazione, lo scimmiottino si presentò puntualmente vestito con la giubba di panno nero: ma il signor Alfredo, dopo averlo squadrato da capo ai piedi, gli disse con accento vivace e risentito: "Chi vi ha insegnato a presentarvi alla tavola di un gentiluomo, senza scarpe ai piedi e senza fazzoletto al collo? Andate subito a mettervi le scarpe e la cravatta." Pipì, confuso e mortificato, cominciò a grattarsi la testa e il naso, e piagnucolando disse: "Ih ... ih ... ih ... le scarpe mi fanno male ... e il fazzoletto mi serra la gola. Piuttosto voglio andar via subito ... voglio tornarmene a casa mia." "Levatevi dunque dalla mia presenza." Pipì si avviò mogio mogio verso la porta della sala: ma prima di uscire, si voltò per dare un'ultima occhiata al vassoio delle melagrane. Poi se ne andò. "Questa volta è partito davvero", disse Alfredo tutto afflitto. "E me ne dispiace. Gli volevo bene a quello scimmiottino. Che cosa dirà la mia buona fata, quando saprà che l'ho scacciato? Eppure, era lei che me l'aveva fatto capitare fin qui, proprio in casa, consigliandomi a prenderlo per mio segretario e per mio compagno di viaggio! ... Ma oramai quel che è fatto, è fatto, e ci vuol pazienza." Mentre Alfredo parlava in questo modo fra sé e sé, gli parve che fosse bussato alla porta della sala e nel tempo stesso si udì una vocina di fuori che disse: "Signor Alfredo, che mi ha chiamato?" "Chi è?", gridò il giovinetto rizzandosi in piedi. "Sono io." La porta si aprì e comparve lo scimmiottino. Aveva in piedi le sue scarpettine scollate e portava la testa ritta e impalata, perché il fazzoletto da collo, moltissimo inamidato, gli segava terribilmente la gola. A quella vista inaspettata, è impossibile immaginarsi l'allegrezza di Alfredo. Andò incontro a Pipì, lo abbracciò, lo baciò, gli fece un mondo di carezze, come si farebbero a un carissimo amico, dopo vent'anni di lontananza. Giurarono di non lasciarsi mai più e di fare insieme questo gran viaggio intorno alla terra. Il bastimento sul quale dovevano imbarcarsi, era aspettato di giorno in giorno. Finalmente il bastimento arrivò. La sera della partenza, Alfredo e Pipì pranzarono insieme, come erano soliti di fare. E durante il pranzo parlarono di mille cose, dissero un visibilio di barzellette, e risero e stettero allegrissimi come due ragazzi alla vigilia delle vacanze autunnali. Alzatisi da tavola, Alfredo disse guardando l'orologio: "Il bastimento parte a mezzanotte. Dunque abbiamo appena un'ora di tempo per dare un'occhiata ai bauli e per vestirci tutti e due in abito da viaggio". In cinque minuti io son pronto, disse Pipì, e ballando e saltando entrò nella sua camerina. E quando fu lì, cominciò subito a levarsi la giubbettina di panno nero per infilare una piccola giacca di tela bianca; invece delle scarpine calzò un paio di stivaletti a doppio suolo, e invece del solito cappello si ficcò in testa un elegante berrettino di seta celeste. Poi andò a guardarsi allo specchio: ma nel mentre che se ne stava tutto contento, pavoneggiandosi e facendo con la bocca e con gli occhi mille versacci grotteschi, sentì un piccolo rumore, come se qualcuno di fuori si arrampicasse per salire fino alla sua finestra di camera. Da principio ebbe una gran paura: ma, fattosi coraggio, aprì la finestra e vide ... vide due zampe che lo abbracciarono stretto intorno al collo e intese una voce soffocata dalla consolazione e dalla gioia, che mugolava teneramente. "Oh mio povero Pipì! ... Finalmente ti ho ritrovato."

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