Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbandono

Numero di risultati: 2 in 1 pagine

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Passa l'amore. Novelle

241652
Luigi Capuana 2 occorrenze
  • 1908
  • Fratelli Treves editori
  • Milano
  • verismo
  • UNICT
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Intanto vi abbandono tutti alla maledizione di Dio!.... Giacchè io credo in Dio più di voi, signora baronessa che vi confessate due volte al mese e date questo bell'esempio ai figli vostri! Figli?... Figlie?... Io non ho più nessuno!... Nè moglie!... Nessuno!... Esco di qui coi soli vestiti che ho indosso.... Non voglio altro!... E il giorno che mi porteranno la notizia: - Il vostro palazzo è crollato; Dio Io ha scosso dalle fondamenta e vi ha seppellito tutti - quel giorno farò cantare un Te Deum!... Non metterò il lutto!... - Barone, per carità! - tornò a supplicare la baronessa. - Voscenza scusi; non si ragiona in tal modo!... Feliciano aveva pronunciato queste parole con tono dimesso ma così ironico, che il barone fece atto di slanciarglisi contro per schiaffeggiarlo come un ragazzo. Mariangela dètte uno strillo, la baronessa si mise a gridare, quasi la minacciata fosse lei; Rosaria si piantò davanti al fratello per fargli scudo col corpo, alzando la bruna testa dai lineamenti duri, aggrottando le sopracciglia, stringendo le labbra carnose. E fu il segnale della gran rivolta! Parlavano, strillavano, urlavano assieme, aggirandosi per la stanza, senza sapere quel che volessero, nè quel che facessero, mentre il barone in mezzo a loro continuava a ripetere frasi scomposte, con le braccia in alto, sventolando il foglio della citazione come segnale di minaccia e di gastigo; e la baronessa in piedi su la predella del seggiolone di noce, piangente, sperduta, urlava: - Barone! Figli miei!... Figli miei! Tutta la pazzia dei Zingàli parve si fosse scatenata improvvisamente, rompendo la lunga compressione, sconvolgendo quei cervelli squarciando quelle gole con orride grida, agitando quei corpi in una terribile convulsione di atteggiamenti, di mosse, di gesti furibondi, che avrebbero fatto scappare le persone fermatesi nella via ad ascoltare maravigliate, se fossero salite su, spinte dalla curiosità o dal desiderio di dar soccorso, giacchè si capiva che lassù accadeva qualcosa d'insolito e di triste. Poco dopo, le grida cessarono, la gente si disperse; e gli scarsi rimasti videro uscire il barone don Pietro-Paolo, vestito di nero, con l'abito abbottonato e un gran mazzo di carte sotto braccio. Nessuno osò domandargli che cosa era stato. Si scoprirono rispettosamente, e il barone rispose al saluto con la consueta sua affabilità.

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Ma, appena varcato il portone, la scala mal tenuta cominciava a dare un'idea dello stato di abbandono dell'edifizio caduto in mano di parecchi creditori del duca. Non avendo potuto mettersi d'accordo per spartirselo, essi vi tenevano un amministratore unicamente per esigere i fitti dei piani, senza mai farvi le più necessarie riparazioni. A una parete esterna del bugigattolo del portone stava affissato, da anni, il cartello con la scritta: Da vendere, in grosse lettere perchè desse nell'occhio anche dei passanti. Il portiere però, che sonnecchiava colà tutta la giornata, aggobbito sur una seggiolaccia, non aveva mai visto entrare qualcuno che mostrasse curiosità di visitare il palazzo con l'intenzione di comprarlo. E così esso prendeva sempre più l'aspetto di un edificio pieno di malinconia, dove potevano rifugiarsi soltanto persone disgraziate che volevano nascondere in quegli stanzoni, sformati da tramezzi e da accoltellati, la loro modesta esistenza. Il primo piano, diviso in tre appartamenti, era occupato da un sarto scarso di clienti, e dalle famiglie di un barbiere e di un cappellaio che avevano le botteghe ai due lati del portone. Il Salone egiziano dell'uno non giustificava affatto il pomposo titolo della tabella e la dozzina di cappelli a cencio, lavati, smacchiati e messi ad asciugare al sole nelle forme, indicava a che cosa si riduceva il mestiere dell'altro. Al piano nobile, la pensione Garacci, senza tabella, senza nessun altro segno che la indicasse, teneva spalancata notte e giorno la porta dell'anticamera, per comodo dei pensionati, la maggior parte impiegati, professori, pretori, giudici di tribunale e anche Commessi viaggiatori. I tre usci, uno di faccia e due ai lati, avrebbero dovuto restare sempre chiusi in ossequio della scritta incollata accanto al cordoncino del campanello e che raccomandava quella precauzione ai pensionanti sbadati. Dovevano essercene parecchi di questi sbadati, perchè ogni volta che io andavo a trovare il mio vecchio professore di filosofia teoretica nel buco, com'egli filosoficamente lo chiamava, dove la signora Garacci lo aveva relegato, in fondo a un corridoio buio, stretto ingombro di bauli e di arnesi smessi, trovavo l'uscio socchiuso, e spesso potevo inoltrarmi fino in fondo senza incontrare la sudicia donna di servizio che avrebbe dovuto fare la pulizia della camera.

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