Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbandono

Numero di risultati: 20 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Contessa Lara (Evelina Cattermole)

220183
Storie d'amore e di dolore 3 occorrenze
  • 1893
  • Casa editrice Galli
  • Milano
  • Paraletteratura - Romanzi
  • UNICT
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Pagina 239

Mitchell, Margaret

221992
Via col vento 11 occorrenze
  • 1939
  • A. Mondadori
  • Milano
  • Paraletteratura - Romanzi
  • UNICT
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Tremante, atterrita, ella si afferrò al suo braccio con un subitaneo senso di abbandono. - Entri anche tu, Rhett? - No. - E risalí in carrozza. Ella salí in fretta i gradini, attraversò il porticato, spalancò la porta. Nella luce giallastra della lampada erano Ashley, zia Pitty e Lydia. Rossella pensò: «Che fa qui, Lydia? Melania le aveva proibito di rimettere piede in casa». I tre si alzarono vedendola; zia Pitty si morse le labbra per impedire che tremassero; Lydia la fissò addolorata e senza odio. Ashley sembrava inebetito come un sonnambulo e avvicinandosi a lei mettendole una mano sul braccio, parlò anche come un sonnambulo. - Ha chiesto di voi - disse. - Posso vederla adesso? - Si volse verso l'uscio chiuso della stanza di Melania. - No. C'è il dottore. Sono contento che siate venuta, Rossella. - Sono venuta il piú presto possibile. - Si tolse il cappello e il mantello. - Il treno... Ma è proprio...? Ditemi, Ashley: sta meglio, non è vero? Parlate! Non mi guardate cosí? È proprio... - Ha chiesto di voi - ripeté Ashley e la fissò. Nei suoi occhi ella lesse la risposta alla sua domanda. Per un attimo il suo cuore cessò di battere; quindi uno spavento piú forte dell'angoscia, piú forte del dolore, lo rianimò. «Non può essere vero» pensò con impeto, cercando di scacciare il pensiero atroce. «I dottori sbagliano. Non voglio crederlo. Non posso. Se lo credo mi metto a urlare. Devo pensare a un'altra cosa.» - Non lo credo! - gridò con veemenza guardando i tre visi che avevano i tratti tirati, come per sfidarli a contraddirla. - E perché Melania non me l'ha detto? Non sarei andata a Marietta se lo avessi saputo! Gli occhi di Ashley si svegliarono e furono pieni di tormento. - Non lo aveva voluto dire a nessuno, Rossella, e specialmente a voi. Temeva che se lo aveste saputo l'avreste sgridata. Voleva aspettare tre mesi... per essere sicura e certa che tutto andava bene; e allora ridere e dire a tutti quanti che i dottori avevano avuto torto. Ed era tanto felice. Sapete come è sempre stata amante dei bambini... e come desiderava una bimba. E tutto è andato bene fino... Senza nessuna ragione... La porta della stanza di Melania si aperse e il dottor Meade ne uscí, richiudendo l'uscio. Rimase per un attimo con la barba grigia piegata sul petto; quindi guardò i. quattro allibiti. Il suo sguardo cadde per ultimo su Rossella. Le si avvicinò ed ella vide che nei suoi occhi, oltre al dolore, era antipatia e disprezzo che le riempirono il cuore di rimorso. - Finalmente siete venuta - disse il dottore. Prima che ella rispondesse, Ashley si era avviato verso l'uscio chiuso. - Voi no, adesso - disse il dottore. - Vuole parlare con Rossella. - Dottore - fece Lydia mettendogli una mano sulla manica. Benché la sua voce fosse senza tono, era piú supplichevole che se avesse gridato. - Lasciatemela vedere un momento. Sono qui da stamattina aspettando, ma lei... Lasciatemela vedere un momento. Voglio dirle... debbo dirle... che ho avuto torto... per una certa cosa. Non guardò Ashley né Rossella; ma il dottor Meade lasciò cadere su quest'ultima un'occhiata glaciale. - Vedrò, miss Lydia - disse brevemente. - Ma solo se mi date la vostra parola di non affaticarla dicendole questo. Ella sa che avevate torto; e le vostre scuse non potranno che turbarla. Pitty cominciò timidamente: - Vi prego, dottore... - Miss Pitty, sapete benissimo che non fareste altro che gridare e svenire. Pitty si raddrizzò e ricambiò il dottore la sua occhiata. Aveva gli occhi asciutti e in ogni sua linea era una fiera dignità. - Bene, cara, vedremo piú tardi - disse il dottore rabbonito. - Venite, Rossella. Attraversarono il vestibolo in punta di piedi; dinanzi alla porta il dottore posò duramente una mano sulla spalla di Rossella. - Sentite, miss - sussurrò brevemente: - niente isterismi e niente confessioni al letto di morte da parte vostra; o, giuraddio, vi torco il collo! È inutile che mi guardiate con quell'aria innocente. Sapete quello che voglio dire. Miss Melly deve morire tranquilla; e voi non dovete alleggerire la vostra coscienza dicendole qualche cosa di Ashley. Non ho mai fatto male a una donna; ma se dite qualche cosa... ve la farò pagare. Aperse l'uscio prima che ella potesse rispondere, la spinse nella stanza e richiuse. La stanza, modestamente arredata con mobili di noce, era nella semioscurità; un giornale era stato messo dinanzi alla lampada come schermo. Sembrava la camera di una scolaretta, col suo lettino stretto a spalliera bassa, le tendine abbassate, i tappeti chiari; cosí diversa dalla sontuosità della camera da letto di Rossella coi suoi mobili intagliati, le tende di broccato rosso, i tappeti di velluto. Melania era a letto: sotto le coperte la sua figura era minuta e sottile come quella di una bimba. Due trecce nere le ricadevano ai lati del volto; sotto agli occhi chiusi si disegnavano due profondi cerchi violacei. Vedendola, Rossella rimase come radicata a terra, appoggiata allo stipite. Malgrado la semioscurità, vedeva che il volto di Melania aveva un color di cera giallognola, come se non avesse piú sangue; e il naso era stranamente assottigliato. Fino a quel momento Rossella aveva sperato che il dottor Meade fosse in errore. Ma ora sapeva. Aveva visto in ospedale troppi visi che avevano quell'espressione; e sapeva che cosa presagiva. Melania era moribonda; ma per un momento il cervello di Rossella rifiutò di arrendersi. Non poteva morire. Era impossibile che morisse. Dio non lo permetterebbe perché lei, Rossella, ne aveva troppo bisogno. Non se ne era mai resa conto prima. Ma ora la verità sorgeva dai piú ascosi recessi della sua anima. Ella aveva sempre fatto assegnamento su Melania come su stessa, senza saperlo. Ora Melania moriva e Rossella sapeva che non avrebbe potuto fare a meno di lei che era stata la sua spada e la sua difesa, la sua forza e il suo conforto. Attraversò la stanza in punta di piedi, col cuore stretto dal panico. «Non posso lasciarla morire!» pensò; e piombò accanto al letto in un gran fruscío di vesti. Afferrò la manina che giaceva sulla coperta e fu nuovamente atterrita sentendola cosí fredda. - Sono io, Melly - disse. Gli occhi di Melania si apersero un poco; poi, come se fosse stata soddisfatta nel vedere che era veramente Rossella, si richiusero. Dopo una pausa la moribonda trasse un respiro e mormorò: - Mi prometti? - Oh, tutto quello che vuoi! - Beau... ti occuperai di lui? Rossella poté soltanto annuire, sentendosi soffocare, e strinse lievemente la mano che era nella sua, per assentire. - Te lo do. - Vi fu un debole tentativo di sorriso. - Te lo diedi già una volta, prima... ricordi? prima che nascesse. Se si ricordava? Come poteva dimenticare quel periodo? Risentí precisamente come se fosse allora il calore soffocante del pomeriggio di settembre; ricordò la paura degli yankees, udí Io scalpiccío delle truppe in ritirata, riudí la voce di Melania che la pregava di tenere con sé il bambino se lei fosse morta... ricordò anche che quel giorno aveva odiato Melania e sperato che morisse. «L'ho uccisa io» pensò con angoscia superstiziosa. «Ho desiderato cosí spesso la sua morte; e Dio mi ha ascoltata e mi punisce. » - Non parlare cosí, Melly! Sai che supererai anche questo... - No. Prometti. Rossella deglutí. - Certo che prometto. Lo tratterò come se fosse mio figlio. - Collegio? - La voce di Melania era debolissima. - Certo! Università di Harvard, Europa e tutto ciò che sarà necessario... un pony... lezioni di musica... Oh Melly, ti supplico! Tenta di guarire! Il silenzio ricadde; sul volto di Melania apparvero i segni di una lotta per raccogliere la forza di parlare ancora. - Ashley... - disse. - Tu e Ashley... - E la voce tacque nuovamente. Il cuore di Rossella si fermò e le pesò come un masso di granito. Melania sapeva. Rossella lasciò cadere il capo sulla coperta e un singhiozzo che non volle uscire la strinse alla gola come una morsa di ferro. Melania sapeva. E Rossella non provava piú vergogna, piú nulla se non un selvaggio rimorso di avere per tanti anni offeso quella soave creatura. Melania aveva sempre saputo... eppure era rimasta sua amica. Oh, poter rivivere quegli anni! Non poserebbe mai piú i suoi occhi su quelli di Ashley... - O Dio - pregò rapidamente - ti supplico, falla vivere! Sarò buona con lei. Non parlerò piú con Ashley finché vivo, se la fai guarire! - Ashley... - riprese Melania debolmente; e le sue dita cercarono di toccare il capo chino di Rossella. Il pollice e l'indice riuscirono ad afferrare una ciocca di capelli, con la stessa forza che avrebbe avuto un bambino. Rossella comprese il desiderio della morente: che ella levasse il capo. Ma come incontrare lo sguardo di Melania e leggervi la conoscenza del suo tradimento? - Ashley... - mormorò nuovamente Melania. Rossella sentí che sarebbe assai meno tremendo per lei guardare in faccia Iddio, nel giorno del Giudizio Universale, e leggere la sentenza nei Suoi occhi. La sua anima si contorse, ma ella alzò il capo. Vide gli stessi occhi neri pieni di dolcezza, infossati e resi opachi dalla morte imminente; la stessa bocca affettuosa che tentava faticosamente di trarre il respiro. In essi non era alcun rimprovero, alcuna accusa... solo l'ansia di non avere abbastanza forza per parlare. Per un attimo Rossella fu cosí stupita che non provò neanche sollievo. Poi un fiotto di calda riconoscenza verso Dio la inondò; e per la prima volta dalla sua infanzia ella levò al Cielo una preghiera priva di egoismo. «Ti ringrazio, Dio mio. So che non ne sono degna; ma Ti ringrazio perché non glielo hai fatto sapere.» - Che vuoi dire di Ashley, Melly? - Ti... occuperai di lui? - Certo. - Si raffredda... cosí facilmente. Vi fu una pausa. - Occupati... dei suoi affari... capisci? - Capisco. Me ne occuperò. Fece un altro sforzo. - Ashley non è... un uomo pratico. Solo la morte poteva far riconoscere questo a Melania. - Occupati di lui, Rossella... ma... che non se ne accorga. - Sorveglierò lui e i suoi affari, senza che se ne accorga. Fingerò di dargli dei suggerimenti. Melania cercò di sorridere; i suoi occhi ebbero un'espressione di trionfo nell'incontrare quelli di Rossella. Il loro sguardo suggellò il contratto: la protezione di Ashley Wilkes contro un mondo troppo aspro per lui, passava da una donna a un'altra, e l'orgoglio maschile di Ashley non sarebbe mai stato umiliato dalla conoscenza di questo patto. Dopo la promessa di Rossella i lineamenti di Melania si distesero e sul suo volto apparve un'espressione di pace. - Sei cosí intelligente... e coraggiosa... e sei sempre stata cosí buona con me... A queste parole il singhiozzo liberò la gola di Rossella, la quale si chiuse la bocca con una mano. Aveva l'impulso di urlare come una bambina e di prorompere: «Non sono stata buona con te! Ti ho fatto torto! Non ho mai fatto nulla per te, ma solo per Ashley!» Si alzò in piedi bruscamente mordendosi un dito per riacquistare il dominio di sé. Le tornarono alla mente ancora una volta le parole di Rhett. «Ti vuol bene. Questa sarà la tua croce.» La croce era adesso piú pesante. Non bastava aver cercato in ogni modo di toglierle Ashley! Melania, che aveva avuto per tutta la vita una fiducia cieca in lei, le conservava lo stesso affetto e la stessa fiducia anche nella morte. No, non poteva parlare. Non poteva neanche dirle nuovamente: «Fai uno sforzo per vivere». Doveva lasciarla andare cosí, senza sforzi, senza pena, senza lacrime. L'uscio si aperse piano; il dottor Meade apparve sulla soglia facendole un cenno imperioso. Rossella si curvò sul letto, ricacciando indietro le lagrime e prendendo una mano di Melania se la posò contro la guancia. - Buona notte - le disse; e la sua voce fu piú ferma di quanto credeva. - Prometti... - e il sussurro fu ancor piú lieve questa volta. - Tutto, cara. - II capitano Butler... sii buona con lui. Ti... ti ama tanto. «Rhett?» pensò Rossella stupita; ma le parole rimasero senza significato per lei. - Sí, cara - rispose automaticamente; e dopo aver baciato leggermente la mano, la posò di nuovo sul letto. - Dite alle signore di venire subito - le mormorò il dottore mentre ella gli passava davanti. Con gli occhi annebbiati, Rossella vide Lydia e Pitty seguire il dottore, tenendo con le due mani le gonne accostate ai fianchi per impedire che frusciassero. L'uscio si chiuse dietro a lei e la casa fu silenziosa. Ashley non si vedeva. Rossella appoggiò il capo alla parete, come una bimba cattiva posta in un angolo, e premette una mano sulla gola che le doleva. Dietro quella porta Melania se ne stava andando e con lei se ne andava la forza che l'aveva inconsciamente sorretta per tanti anni. Perché, perché non aveva mai compreso quanto amasse Melania, quanto bisogno avesse di lei? Ma chi avrebbe mai pensato a quella piccola donna come a una torre di sostegno? Melania cosí timida dinanzi agli estranei, Melania che non osava dire ad alta voce la propria opinione, che temeva la disapprovazione delle vecchie signore, Melania che non aveva il coraggio di fare «sciò» a una gallina?! Eppure... Il pensiero di Rossella tornò attraverso gli anni a quel caldo meriggio a Tara, quando una nuvoletta di fumo grigio si levava da un corpo vestito di azzurro e Melania era al sommo della scala con la sciabola di Carlo fra le mani. Ricordò di aver pensato in quel momento: «Che sciocca! Non ha neanche la forza di alzare una spada!» Ma sapeva che se fosse stato necessario, Melania avrebbe sceso quella scala di corsa e avrebbe ucciso lo yankee... o ne sarebbe stata uccisa. Sí, Melania, con la spada in mano, era stata pronta a combattere per lei. Ed ora, guardandosi tristemente indietro, Rossella comprendeva che Melania era sempre stata al suo fianco con una spada in mano, discreta come un'ombra, amandola e lottando per lei con appassionata fedeltà, combattendo contro yankees, fuoco, povertà, opinione pubblica e perfino contro gli amati parenti. Rossella sentí il proprio coraggio e la propria fiducia in se stessa abbandonarla, quando si rese conto che la spada che aveva fiammeggiato fra lei e il mondo era rinchiusa per sempre nella sua guaina. «Melly è la sola amica che ho mai avuto» pensò tristemente «la sola donna, eccetto la mamma, che mi abbia mai voluto veramente bene. Anche lei è come la mamma. Tutti quelli che la conoscevano si afferravano alle sue gonne.» E ad un tratto ebbe l'impressione che dietro quell'uscio chiuso giacesse Elena che lasciava il mondo una seconda volta. Le parve di essere nuovamente a Tara, dinanzi al mondo, nella desolazione di sapere che non poteva fronteggiare la vita senza la terribile forza di chi era dolce, gentile, tenero di cuore.

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Un senso di solitudine, di abbandono che la fece raccapricciare. Quei forzati erano lontani da tutto e da tutti, e cosí completamente alla mercé di Johnnie Gallegher, che se egli li avesse frustati o comunque mal trattati, probabilmente lei non lo avrebbe mai saputo. E coloro non oserebbero lagnarsi con lei, per timore di peggiori punizioni dopo la sua partenza. - Sono sparuti. Date loro abbastanza da mangiare? Eppure Dio sa che per il loro vitto spendo tanto che potrebbero essere grassi come porcelli. Soltanto la farina e la carne di maiale sono costate trenta dollari il mese scorso. Che cosa date loro per cena stasera? Si avvicinò alla baracca e guardò dentro. Una grassa mulatta, che era curva su un vecchio fornello arrugginito, si volse abbozzando un saluto e continuò a mescolare in una casseruola dove cuocevano dei fagioli. Rossella sapeva che Johnnie Gallegher viveva con quella donna; ma ritenne che fosse meglio fingere di ignorarlo. Vide che eccettuato i fagioli e un pane di granturco non vi erano altri preparativi per la cena. - Non fate altro per questi uomini? - No, signora. - C'è della carne a cuocere insieme a quei fagioli? - No, signora. - Non c'è lardo? Ma i fagioli non valgono nulla senza lardo. Non nutrono abbastanza. Perché non c'è lardo? - Mist' Johnnie dice che è inutile. - Dovete mettercelo. Dove tenete le provviste? La negra volse gli occhi spaventati verso un piccolo armadio a muro che serviva da dispensa e che Rossella spalancò. Vi era a terra un bariletto aperto di farina di granturco, un sacchetto di farina di frumento, una libbra di caffè, un poco di zucchero, un barattolo di sorgo e due prosciutti. Uno di questi, posato sulla scansia, era stato cotto da poco e ne erano state tagliate un paio di fettine. Rossella si voltò verso Johnnie come una furia e incontrò il suo sguardo incollerito. - Dove sono i cinque sacchi di farina di frumento che vi ho mandato la settimana scorsa? E il sacco di zucchero e quello di caffè? Ho mandato cinque prosciutti e dieci libbre di lardo e non so quanti sacchi di ignami e di patate... Dove sono? Non potete averle consumate in una settimana, anche dando agli uomini cinque pasti al giorno. Avete venduto tutto, ladro che siete! Venduto i miei viveri e vi siete messo in tasca il denaro; e a questi uomini date fagioli e pane di granturco! Sfido che sono cosí magri! Levatevi di lí. Gli passò davanti impetuosamente e andò alla porta. - Ehi, voi lí in fondo! Sí, voi...! Venite qui! L'uomo si alzò e andò goffamente verso di lei, facendo tintinnare le catene; ella vide che i suoi malleoli nudi erano rossi e irritati per lo strofinare del ferro. - Quando avete avuto del prosciutto l'ultima volta? L'uomo guardò a terra. - Parlate! L'uomo continuò a tacere, avvilito. Finalmente alzò gli occhi, guardò Rossella implorando e li riabbassò. - Paura di parlare, eh? Bene, andate in dispensa e prendete quel prosciutto sulla scansia. Rebecca, dàgli il tuo coltello. Voi, portate il prosciutto a quegli uomini e dividetelo con loro. E tu, Rebecca, prepara delle focacce e del caffè per costoro. E dàgli del sorgo in abbondanza. Subito, cosí vedo mentre glielo dai. - Questo essere caffè privato e farina di mist' Johnnie - azzardò Rebecca sgomentata. - Di mister Johnnie, proprio?! Suppongo che anche il prosciutto sia suo. Fai quello che ti dico. Sbrigati. Johnnie Gallegher, venite con me fino al carrozzino. Attraversò lo spiazzo in disordine e si arrampicò nel veicolo, osservando con cupa soddisfazione che gli uomini strappavano il prosciutto a brandelli che ficcavano voracemente in bocca. Sembrava che temessero che qualcuno potesse da un momento all'altro rapir loro quel cibo. - Siete un vero furfante! - gridò furibonda a Johnnie che era accanto alla ruota, col cappello ricacciato indietro sulla fronte aggrottata. - E mi consegnerete il prezzo dei miei viveri. Per l'avvenire vi porterò le provviste giorno per giorno invece di mandarvi il necessario per un mese. Cosí non potrete truffarmi. - Per l'avvenire io non ci sarò. - Vi licenziate?! Ebbe l'impulso di gridare: «Tanto meglio!» ma la fredda mano della prudenza la trattenne. Che farebbe, se Johnnie se ne andasse? Con lui, era stato prodotto il doppio di legname di quanto se ne produceva sotto la gestione di Ugo. E proprio adesso ella aveva ricevuto una grande ordinazione, la piú grossa che avesse mai avuta; ed era urgente. Se Johnnie se ne andava, chi provvederebbe alla gestione dello stabilimento? - Sí, mi licenzio. Voi mi avete dato qui pieni poteri, e mi avete detto che da me non volevate altro se non la maggior quantità possibile di legname. Non mi avete detto allora che sistemi dovevo usare; e non intendo che veniate a dirmelo adesso. Non potete lagnarvi che io non abbia rispettato il contratto. Come ottengo il risultato, è cosa che non vi riguarda. Vi ho fatto guadagnare del denaro e ho ben guadagnato il mio salario... e quello che ho potuto arrangiare in piú. E adesso voi venite qui a immischiarvi, a rivolgere delle domande agli uomini, a distruggere la mia autorità. Come volete che, dopo questo, io possa conservare la disciplina? Che vi importa se occasionalmente qualcuno riceve un colpo di frusta? Sono degli indolenti che meritano anche di peggio. E se anche non sono rimpinzati?... Non meritano di meglio. O vi occupate degli affari vostri e lasciate che io mi occupi dei miei, o me ne vado stasera stessa. Il suo viso duro era piú spietato che mai; e Rossella si sentí incerta sul da farsi. «Che farò, se se ne va stasera? Non posso rimanere tutta la notte a guardia dei galeotti!» Evidentemente il suo volto rivelò il suo pensiero, perché l'espressione di Johnnie mutò alquanto e i suoi occhi sembravano meno crudeli. Anche la sua voce suonò meno aspra. - Si fa tardi, signora Kennedy; è meglio che andiate a casa. Non ci guasteremo per una piccola cosa come questa; vi pare? Potete trattenere dieci dollari sul mio stipendio del mese prossimo e siamo pari. Gli sguardi di Rossella andarono involontariamente al miserabile gruppo che stava divorando il prosciutto; poi pensò al malato. Avrebbe dovuto liberarsi di Johnnie Gallegher che era un ladro e un aguzzino. Chi sa che cosa faceva a quei disgraziati quando lei non c'era... Ma, d'altra parte era abile; e lei aveva bisogno di un uomo che sapesse il fatto suo. Inutile: ora non poteva mandarlo via. Soltanto, in avvenire sorveglierebbe che i forzati avessero le giuste razioni di vitto. - Vi tratterrò venti dollari - disse brevemente - e tornerò a discutere su questa faccenda di mattina. Raccolse le redini. Ma sapeva che non se ne sarebbe piú parlato. Era un affar finito; e anche Johnnie lo sapeva. Mentre percorreva il viottolo verso la strada di Decatur, la sua coscienza e il suo desiderio di guadagno combatterono un'aspra battaglia. Non vi era scopo ad esporre delle vite umane alla brutalità di quel piccolo uomo. Se uno di quei disgraziati moriva, ella sarebbe colpevole quanto lui, perché lo aveva lasciato a quel posto conoscendo i suoi mali trattamenti. Ma d'altra parte... d'altra parte, quegli uomini avevano il torto di essere dei forzati. Se avevano commesso dei delitti ed erano stati arrestati, meritavano ciò che loro capitava. Ciò in parte sollevò la sua coscienza; ma mentre percorreva la strada, i visi smunti dei forzati le tornarono dinanzi agli occhi. - Oh, vi penserò dopo! - si disse; e ricacciando il pensiero nel fondo piú recondito della sua mente, richiuse la porta del ripostiglio in cui nascondeva le immagini piú segrete.

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E ad un tratto ella provò un brivido che non aveva mai conosciuto: gioia, terrore, follia, eccitazione, abbandono a braccia che erano troppo forti, labbra troppo cocenti, fato troppo rapido. Per la prima volta in vita sua aveva trovato qualcuno piú forte di lei, qualcuno che non poteva tiranneggiare né spezzare, qualcuno che la tiranneggiava e la spezzava. E le morbide braccia di lei si strinsero intorno al collo maschile e le sue labbra tremarono sotto quelle di lui mentre essi salivano ancora nell'oscurità, un'oscurità dolce e vorticosa che li avvolgeva completamente.

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Pagina 986

Il romanzo della bambola

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Contessa Lara 1 occorrenze
  • 1896
  • Ulrico Hoepli editore libraio
  • Milano
  • paraletteratura - romanzi
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E rimase lì, in un completo abbandono di sè stessa, come morta anche lei, per giorni, settimane, mesi, anni, chi sa?

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Caracciolo De' Principi di Fiorino, Enrichetta

222230
Misteri del chiostro napoletano 5 occorrenze
  • 1864
  • G. Barbèra
  • Firenze
  • Paraletteratura - Romanzi
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Pagina 103

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Se non che, nel mezzo di tanto abbandono, una consolazione sublime rattemprò le mie pene: l'elevazione dello spirito a quel Dio della carità, che volle nascere, vivere e morire, non già per i muti orrori del deserto, per l'inanimata solitudine, ma sibbene per la salute dell'umanità, in civile e vasto consorzio tenuta da una sola ed indivisibile legge di connessione. Una sera di febbraio mi trovai sola sul terrazzo. I raggi del sole morente non isplendevano più che sulla cima del Vesuvio e sulle vette di Castellammare, le cui nevi ripercuotevano un chiarore, che respingeva il progresso dell'oscurità. Regnava, intorno un insolito silenzio; lo schiamazzo del carnevale aveva attirate le genti ne' centri più frequentati della città, per modo che il quartiere di San Lorenzo, ove ergesi il monastero, restava del tutto spopolato. Non giungeva, all'udito mio che l'eco spirante delle popolari esultanze, siccome fragore di mare lontano. Una commozione novella m'invase: all'aria libera sotto l'immensa vôlta del firmamento mi sentii sola, è vero, come prima, ma non isolata. La voce del Signore m'appellava alla contemplazione della sua misericordia. Piegai il ginocchio a terra, giunsi le mani, sollevai al cielo le pupille bagnate di pianto, ed invocai l'aiuto dell'Onnipossente. "E che son io?" esclamai, rialzatami poscia e tergendo le lagrime; "che sono i miei patimenti in confronto a quelli della nazione cui appartengo? Se sotto il doppio giogo della temporale e della spirituale tirannide langue l'Italia intera, pretenderei io, atomo incalcolabile, io sola fra tanti milioni di oppressi, consumar la vita nei contenti e nella prosperità?"

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