Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbandono

Numero di risultati: 10 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Ricordi d'un viaggio in Sicilia

168900
De Amicis, Edmondo 1 occorrenze
  • 1908
  • Giannotta
  • Catania
  • Paraletteratura - Divulgazione
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

La fatica

169582
Mosso, Angelo 3 occorrenze
  • 1892
  • Fratelli Treves, Editori
  • Milano
  • Paraletteratura - Divulgazione
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

La pallidezza del volto, lo stato di abbandono delle membra, le palpebre socchiuse, la testa inclinata da un lato, e l'atteggiamento del corpo che cade all'innanzi, le mani cascanti e inanimate come quelle di una morta, dimostrano che s'è d'improvviso in lei oscurata la coscienza, e rallentato il battito del cuore mentre essa stava pregando in ginocchio. L'atto di dolore e di sorpresa che hanno le due compagne le quali giungono in tempo a sorreggere la Santa prima che cada, sono di una esattezza meravigliosa nei più minuti particolari del movimento e della emozione. La luce pallida e diffusa che scende dall'alto su quei due gruppi di figure, il candore verginale degli abiti bianchi, la bellezza che spira amore nella faccia di una di quelle monache, l'espressione mistica dell' affetto e dell'estasi nelle forme pure della realtà, producono un effetto così pieno di poesia che non è possibile dimenticarloBaldassare Peruzzi senese disse "che non aveva mai veduto niuno esprimere meglio gli affetti di persone tramortite e svenute nè più simili al vero di quello che aveva saputo fare Giovanni Antonio". (VASARI, Vita di Giovannantonio detto il Sodoma da Vercelli).

Pagina 195

Pagina 206

Ma se in una settimana di vacanza, io mi abbandono alla foga del lavoro per dieci o dodici ore di seguito, dopo tre o quattro giorni devo fermarmi. La sera del terzo o quarto giorno soffro di mal di capo, e mi accorgo nel camminare di una leggera incertezza di movimenti delle gambe, benchè i muscoli si contraggano spediti come al solito. L'appetito mi si conserva buono. Ho caldo alla testa e in varie parti del corpo sento come un leggero formicolio e delle vampe fugaci di caldo e freddo appena riconoscibili. Provo una leggera stanchezza ai lombi. Alla sera, coricandomi, devo aspettare mezz'ora, ed anche un'ora talvolta, prima di addormentarmi, il che per me è moltissimo, e dormo male e mi sveglio sognando. Alla mattina, alzandomi, ho gli occhi rossi e cisposi: mi sento stanco, il riposo della notte non è bastato per rimettermi bene. I muscoli in varie parti del corpo sento un po' indolenziti, la mano si affatica facilmente nello scrivere ed ho sempre una tal quale pesantezza al capo. Chiudo i libri, metto da parte i miei scartafacci, e dopo ventiquattro ore di svago sono guarito.

Pagina 234

Fisiologia del piacere

170052
Mantegazza, Paolo 2 occorrenze
  • 1954
  • Bietti
  • Milano
  • Paraletteratura - Divulgazione
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Pagina 176

I piaceri che si provano nel riposo o nei momenti che precedono il sonno, sono espressi da un massimo languore, da un abbandono del corpo alle leggi fisiche. Se l'uomo è seduto, getta il tronco all'indietro, oppure piega il capo sulla spalla, o lasciandolo cadere sul petto; tiene le mani posate sulle coscie, distende i piedi o li accavalla. L'abbassamento delle palpebre è segno d'immensa stanchezza o di grande voluttà. L'uomo stanco che si corica cerca d'esercitare il minor numero possibile di muscoli, e quindi si getta perfettamente orizzontale, con le gambe e le braccia aperte, facendo una profonda espirazione. La mimica d'un pigro che al mattino sta godendo il passaggio dal sonno alla veglia e dalla veglia al sonno, è abbastanza espressiva per dimostrare che i piaceri che gode sono vari e numerosi. Egli comincia ad aprir gli occhi alla luce, e le immagini degli oggetti che lo circondano, confondendosi cogli ultimi fantasmi della notte, formano mille combinazioni fantasmagoriche; ma le palpebre ricadono lentamente per riaprirsi poco dopo, stando in questo modo ad indicare gli alterni passaggi dal mondo esterno al nulla, dove incerte ombre vagano sole a dinotare la vita latente d'una mente sonnacchiosa. Ma il respiro si fa più frequente e il sangue, scorrendo più caldo e più celere per tutti i tessuti, a poco a poco ridesta a vita la mente; e il beato mortale si agita lentamente, stira le membra ed effonde in un lungo sbadiglio la pienezza di voluttà che lo innonda. La mimica di un piacere che nasce dal movimento è affatto diversa da quella del riposo. La faccia è animata, e gli occhi brillano. Il riso, i gridi, i moti estesi delle membra sono altrettante espressioni di questi piaceri, che non si godono completamente che dopo il riposo; come questo non si gode in tutta la sua pienezza che dopo una lunga fatica. I piaceri negativi, che provengono dalla cessazione dei dolori, possono avere una fisonomia molto significativa, tanto più viva quanto più forte era il dolore. I lunghi e ripetuti sospiri, il riso, il canto, i gridi di gioia, la calma e il languore della fisonomia, sono altrettanti elementi, che si combinano fra loro in diverso modo, sì da dare alla fisonomia una mobilità tale da variarla secondo un'infinità di circostanze. Il piacere complesso che si gusta dopo un lento pasto può avere una mimica molto espressiva. Chi lo prova, sta seduto ed atteggiato ad un calmo riposo. La sua fisonomia è turgida e rossa, la bocca è semiaperta, e gli angoli, ritraendosi alquanto simulano il principio di un sorriso, e allargano le gote, gli occhi sono lucenti e, movendosi lentamente in un ristretto orizzonte, vedono senza guardare. Le mani sono per lo più incrociate sul ventre, quasi a sentire i voluttuosi fremiti del cibo che va elaborandosi in chimo. L'espressione generale è quella insomma di una sovrana beatitudine. L'esercizio di questi diversi piaceri influisce a perfezionare il senso tattile in generale, che giunge a modificare l'intero organismo e lo predispone a godere di tutti gli altri piaceri.

Pagina 24

Sull'Oceano

170951
De Amicis, Edmondo 4 occorrenze
  • 1890
  • Fratelli Treves, Editori
  • Milano
  • Paraletteratura - Divulgazione
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Pagina 12

Il vecchio le prese la mano, gliela baciò due o tre volte, versando due grosse lagrime, e l'accompagnò con lo sguardo fino all'uscio: poi lasciò ricadere il capo sul cuscino con un atto di profondo abbandono, come se non dovesse rialzarlo mai più. La ragazza risalì con la zia sopra coperta, e s'avvicinò alla sua famiglia di contadini, rincantucciata nel posto solito, fra la stia dei tacchini e la botte, come una nidiata d'uccelli. Ma avevan già dato a quel guscio di noce una cert'aria di casa, appendendo alla botte uno specchietto rotondo, e tendendo in alto un asciugamani che li riparava dal sole. La testa d'uno dei gemelli, seduto sul tavolato, serviva d'appoggiatoio alle mani del contadino, e la zucca dell'altro stava curva sotto un resto di pettine fitto, maneggiato dalla mamma, più rotondeggiante che mai; mentre la ragazzina lavava un fazzoletto dentro a un tegamino, posto sopra una valigia scorticata, che faceva da tavolo da lavoro. All'avvicinarsi della signorina, il padre s'alzò, levandosi la pipa di bocca, e tutte e sei le facce sorrisero. Intesi qualche parola, passando. - Sempre ben? - Come Dio vol, - rispose il contadino. - Ma la ga paura che ghe suçeda prima de arivar. E allora la donna, col viso inquieto: - Credela ela, paronçina, che i ghe farà pagar anca a lù el quarto de posto? La domanda doveva essere molto comica perchè per la prima volta vidi la ragazza sorridere. Ma fu come un lampo. Fece cenno di no col capo, - che non credeva, - e si levò di tasca un fazzoletto da collo di lana rossa, che mise in mano alla bimba, dicendo: - Ciapa, vissare, ti to io metterà sto inverno.... quando mi....

Pagina 161

Pagina 260

V'era una sola donna lassù, una vecchia, seduta sopra una bitta, accanto a suo marito, pure vecchio; tutti e due con le braccia incrociate sulle ginocchia, e la fronte chinata sulle braccia, in modo che non si vedevano i visi, ma solo i capelli grigi e radi, e i due colli rugosi, che mostravan passata la settantina, allungati in un atteggiamento di abbandono e di stanchezza mortale. Che andavano a fare in America? A raggiunger dei figliuoli, forse. Nulla avevo ancor visto a bordo di più compassionevole di quelle due vecchiaie disfatte, e quasi già, afferrate dalla morte, che emigravano alla terra della lotta e dell'avvenire. Mi chinai a guardarli: dormivano. A pochi passi da loro, ritto contro il parapetto, incappucciato e solitario, c'era il frate che andava alla Terra del Fuoco; una faccia di cera, con due occhi vuoti, impassibile.

Pagina 90

Cerca

Modifica ricerca