Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbandono

Numero di risultati: 8 in 1 pagine

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Racconti 2

662723
Capuana, Luigi 4 occorrenze
  • 1894
  • Salerno Editrice
  • prosa letteraria
  • UNIFI
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Insomma, mi era sembrato ch'ella mancasse di tenerezza, di abbandono, e che il suo spirito fosse piú superficiale, piú fanciullesco ch'ella non avesse mai lasciato trasparire in un anno di fidanzamento e di quasi quotidiana intimità. In certi momenti, sorprendevo in fondo al mio cuore un sordo e allora inesplicabile rancor e contro di lei; e me ne indignavo come di un'ingiustizia verso la bella creatura di diciotto anni che io pretendevo diversa da quella che il sesso e l'età dovevano farla. Non ero io assai piú fanciullo e piú leggero di lei, sentendo una specie di gelosia del mare che la invasava con la sua immensità? Non ero ridicolo? - Sí, ridicolo - specialmente in quegli ultimi giorni, nell'accompagnarla alla Marina con aria annoiata, musona e nel compiacermi di punzecchiarla, di canzonarla, di non nasconderle che la sua insaziabilità cominciava a sembrarmi indegna di lei? - Avevo paura, per te! - Queste parole intanto erano state un'improvvisa rivelazione, soprattutto per l'accento con cui ella le aveva dette e per l'affettuosissimo sguardo con cui le aveva accompagnate. Le presi il braccio, e poco dopo eravamo alla Marina in cerca di una barca e di un barcaiuolo che ci portasse a Ognina, come Paolina aveva progettato. A farlo apposta, quella mattina non trovavamo barche né barcaiuoli disponibili, forse perché giornata di domenica, forse perché il bel tempo aveva suggerito a parecchi altri la stessa idea, forse perché la piú parte dei marinai erano usciti per la pesca. - Pare impossibile! Proprio oggi! - esclamò Paolina. All'ultimo un vecchietto, dopo di essersi consultato con due altri vecchi che fumavano tranquillamente in un canto e non si erano neppur degnati di rispondere alla nostra richiesta, venne ad offrirci l'opera sua. - Basterete a remare voi solo? - gli dissi. - Montino! - E il gesto e la voce del vecchio rivelarono l'orgoglio offeso da quel dubbio da me espresso. Il mare non poteva essere piú tranquillo. La barca scivolava su la superficie con leggere scossettine. E la riva sfilava di fianco a noi a poca distanza, elevandosi sempre piú con nere rocce di lava che già nascondevano la campagna. Grotte si aprivano qua e là; stormi di palombi selvatici sbucavano da esse, di tratto in tratto, involandosi verso terra, mentre gli alcioni ci accompagnavano sfiorando l'acqua con ali spiegate che non producevano nessun lieve fruscio. Paolina era in estasi, ed io dovevo impedirle di chinarsi ogni volta ch'ella tentava di afferrare qualcuna delle meduse erranti a fior d'acqua, opaline, iridate, simili a funghi cristallini portati via dalla corrente. Mi maravigliavo ch'ella non sentisse nessun sintomo di mal di mare. - Sei contenta di questa gita? - Che delizia! - Ecco Ognina - disse il barcaiolo. Eravamo appena a metà della nostra colazione, quando il vecchio, che era andato a trovare un suo conoscente, si presentava annunziandoci: - Bisogna partire subito. Si è levato un po' di vento, il mare si guasta -. Infatti pareva che avesse dei brividi; si increspava, si sollevava con frequenti crestine spumanti. - Facciamo presto - insisteva il vecchio. - Ci sarà pericolo? - domandò Paolina. - No, padrona mia; ma è meglio far presto. Col mare non si sa mai ... - Partimmo un po' sballottati. Paolina mi guardava negli occhi quasi per scrutarmi, e poi guardava il barcaiuolo, che faceva forza coi remi per resistere agli urti crescenti delle ondate. Io cominciavo a impensierirmi per lei. Questa volta certamente il mal di mare l'avrebbe fatta soffrire. La barca balzava, si avvallava, si rialzava. Spruzzi di spuma arrivavano agli orli di essa. Tutt'a un colpo il mare diventò piú agitato. Il barcaiuolo stentava a farci procedere; ansimava, sudava, guardava attorno, lontano, e scoteva la testa. Certi scogli a fior d'acqua, che io avevo notati nell'andare, non si scorgevano piú, sommersi sotto le ondate che si succedevano fitte, accavallandosi, spumeggiando. - Ah, Madonna Santa! ... Ah, sant'Agata benedetta! - brontolava il barcaiuolo. Non era incoraggiante; ma io mi sforzavo di sorridere a Paolina, e di farle animo con gli sguardi. - Sangue di ... ! Corpo di ... ! - bestemmiava sotto voce il barcaiolo, come piú il mare si faceva cattivo. - Hai paura? - domandai a Paolina. - No. - Tienti forte al panchetto. - Sta' tranquillo, non occorre. - Sant'Agata benedetta! ... Madonna delle Grazie! - tornava a brontolare il vecchio, che sosteneva male le spinte delle onde e non riusciva piú a filar diritto. - Badate! - urlai. Al mio grido egli fece uno sforzo, accompagnato da due o tre energiche bestemmie, e cosí lo scoglio in cui stavamo per investire fu, fortunatamente, evitato. Io lo avevo scorto mentre le ondate, rovesciandosi dall'altra parte, lo avevan lasciato per un istante scoperto. Era uno di quelli a fior d'acqua, pericolosissimo. - Che cosa è stato? - domandò Paolina. - Niente. Appoggiate piú a sinistra - soggiunsi, rivolto al barcaiuolo. - Sarebbe peggio - rispose. - Aah! Aah! Aah! E aiutava con la voce lo sforzo di tutta la persona. Allora fui stupito di veder Paolina calma, sorridente, e di udirla, prima, canticchiare a mezza voce, poi cantare a voce spiegata, quasi gli sbalzi della barca fossero cosa aggradevole. Ora non ricordo piú che cosa ella cantasse, ma ho ancora nell'animo l'impressione di quella voce limpida, ferma, che gettava in mezzo al rumore delle onde agitate una dolce melodia del Bellini, o forse piuttosto del Verdi ... Io dovevo farmi violenza per non farle capire che cominciavo a temere qualche pericolo con quel barcaiolo vecchio, mezzo sfinito, che alternava con maggior frequenza invocazioni alla Madonna e a sant'Agata e brutali bestemmie. Eravamo lontani mezzo chilometro dalla punta del molo; e Paolina, terminata una melodia, aveva impreso a cantarne un'altra piú allegra, piú squillante, senza mostrar di curarsi della crescente violenza del mare. La punta del molo era affollata di gente che pareva seguisse ansiosa con gli occhi la nostra barca lottante contro le onde. - Vira, vira piú al largo! - udii gridare. - Forza! Coraggio! E quando fummo vicini, un marinaio ci gittò una fune che il vecchio afferrò. Saltato il primo su la banchina, si buttava ginocchioni, scoppiando in lagrime, e toccava con la fronte il terreno, ringraziando la Madonna e sant'Agata dell'averlo salvato! Paolina, appena posto piede a terra, impallidiva improvvisamente e mi si sveniva tra le braccia. - Hai potuto far questo? Tu! - Mi pareva incredibile. Ella aveva compreso assai meglio di me il pericolo in cui ci eravamo trovati; e intanto, per non farmi perdere coraggio col mostrarsi atterrita, si era messa a cantare, stando ferma al suo posto. - Mi sentivo morire dallo spavento di annegare! Come abbia avuto quella forza non lo so neppur io ... Ti volevo tanto bene in quel punto! - E dopo, ora? - dissi abbracciandola e coprendola di baci. Fece soltanto un gesto, un rapido indimenticabile gesto.

Neppure una cagna si lascia in abbandono a questa maniera! - Zitta!! - Ma Dio ve ne chiederà conto nell'altra vita! Per questo ora Dio non vi aiuta! - Zitta!!! - La mula morrà; il Signore è giusto! Ma voi meritereste anche peggio! - Don Michele fece le viste di non sentirla, e col capo della fune strofinava la fronte della mula che teneva giú la testa e pareva volesse baciare la terra. Quando la gna' Rosa, una vicina, venne a dirgli: - C'è il dottore - Don Michele diventò una bestia; e cominciò a a rovesciar giú dal cielo angioli, santi, serafini, e Gesú e la Madonna ... - Anima dannata! - La gna Rosa scappò via, facendosi il segno della santa croce: - È proprio miracolo, se la casa non subissa dalle fondamenta! - Don Michele trovò don Antonio che aveva già scritto qualcosa su d'un pezzettino di carta. - Ma è la prima mattina ch'ella resta a letto! - E non sapeva capacitarsi che sua moglie stesse cosí male da doverle far somministrare, subito subito, i sacramenti della chiesa. Quando giunse il prete che portava il Santissimo e l'estrema unzione, don Michele andò a mettersi in ginocchio a piè del letto, coi gomiti appoggiati sul piano della sedia e il capo fra le mani. - Non c'è figliuoli, e la roba torna alla parentela - dicevano tra loro le comari del vicinato, mentre il sacerdote ungeva con l'olio santo gli occhi e le labbra dell'ammalata. Don Michele, che appunto pensava a questo, mandava fuori sospironi. - Fa come il coccodrillo, che prima ammazza l'uomo e poi lo piange! - E tutti dicevano: - Ha fatto penare dodici anni quella santa creatura. Finalmente, se la leva di torno! - La povera donna era stesa sul letto, col capo affondato nei guanciali, gli occhi infossati, il naso filigginoso e un affanno che la faceva smaniare. Appena il viatico andò via, ella fe' cenno al marito e, con voce mezza spenta, gli disse all'orecchio - Siete contento ora? Dio vi guardi e mantenga! - Don Michele scoppiò in pianto: - Perché mi dite cosí? Non vi ho voluto sempre bene? Ora rimango in mezzo a una strada; devo rendere la dote. E se muore anche la mula, è meglio impiccarmi! Ci ho già pensato. Faccio un nodo scorsoio alla fune della cavezza e attacco l'altro capo a una trave del tetto. - Scellerato! Ne sareste capace! - La poveretta lo rimproverava dolcemente, guardandolo con occhi compassionevoli, pieni di pietà e di perdono. Ma colui continuava, e le lagrime gli lavavano la faccia: - Sí, sí! Se accade la disgrazia, com'è vero che c'è Dio, subito m'impicco! ... Ma la bella Madre dei malati farà il miracolo! ... Se no, prima che i vostri parenti vengano a spogliarmi la casa per riprendere la dote, un nodo scorsoio alla fune della cavezza ... Cosí rimarranno piú contenti! - E vi dannerete, scellerato? - ella disse con un fil di voce, alzando a stento una mano. Don Michele pareva volesse sbattere la testa ai muri dalla desolazione. Allora donna Carmela, vista Prèsia che, sudicia e scarmigliata, si asciugava gli occhi col grembiule, la chiamò e le disse una parola che dovette replicare perché Prèsia mostrò di aver capito male. Piú tardi, anche il notaio e i quattro testimoni credettero, sulle prime, aver capito male, sentendo dalla sua stessa bocca ch'ella voleva lasciare la propria roba al marito, con l'obbligo di quattro messe nei quattro venerdí di marzo e una il giorno dei morti, tutti gli anni, finché campava. Mentre il notaio scriveva il testamento, don Michele, che diceva di non poter reggere a tanto strazio, era andato giú in istalla; e accarezzava la mula, e le lavava le froge con acqua di nepitella. - Se non ci badassi io, questa povera bestia morrebbe di stenti; chi se ne cura? Povera bestia! Lo sai che ora la padrona non scenderà piú a portarti con le sue mani la misurina dell'orzo? La mula, per l'acqua di nepitella che le entrava nelle narici, scuoteva la testa e pareva rispondesse che piú non le importava di nessuno e di niente. Don Michele, quando non stava in istalla, sedeva da piè del letto, con le braccia in croce e la testa bassa, tutto compunto; e sua moglie non migliorava né peggiorava, sempre con quell'affanno che la faceva smaniare. - Se la bella Madre dei malati non vuol farle il miracolo, perché la lascia qui, a penare, questa santa creatura? È uno strazio! Dovrebbe portarsela in paradiso. - Già! Ora che la signora ha fatto testamento, la Madonna dovrebbe portarsela in paradiso -. E Prèsia andò a rifugiarsi in cucina; certe cose non poteva stare a sentirle; ribolliva tutta dentro, e si mordeva la lingua che non sapeva piú tenere in freno. Il dottore faceva due visite al giorno; non dava però nessuna speranza né di meglio, né di peggio. Non cosí lo zi' Decu, che una mattina disse chiaro e tondo che la mula non sarebbe arrivata fino a sera: - Mandatela a buttare ai cani dietro il Castello; e fatela andare là coi propri piedi, invece di pagare due manovali per trascinarvela. - Don Michele non se ne dava pace: - Quarant'onze di mula! ... Ah, in casa mia c'è la maledizione di Dio! Voglio farla ribenedire da cima a fondo! Costei, che ha fatto testamento e ha avuto tutti i sacramenti della chiesa, costei campa! E la mula che pareva dovesse guarire, se la mangeranno i cani dietro il Castello! Ah, c'è qualcuno lassú che l'ha con me a dirittura! - Mineo, 20@ 20 gennaio 1882@. 1882.

I PESCATORI DI BALENE

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Salgari, Emilio 4 occorrenze

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