Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbandoni

Numero di risultati: 3 in 1 pagine

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Il codice della cortesia italiana

184493
Giuseppe Bortone 1 occorrenze
  • 1947
  • Società Editrice Internazionale
  • Torino
  • verismo
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Premessa questa raccomandazione - e dopo aver ricordato che la tenuta sarà quella richiesta dall'invito stesso, o dall'ambiente, dall'ora, dalla circostanza - ecco alcune buone norme da tenersi presenti: Chi non sa o non vuol ballare è meglio non intervenga; le signorine non portano i guanti; mentre gli uomini non li levano mai, durante il ballo: i guanti debbono essere candidi; nei balli pubblici non si invita a ballare una signorina a cui non si sia stati presentati: essa può, garbatamente rifiutarsi; si eviterà di dimenticare un invito fatto o ricevuto sebbene il grazioso libriccino, in cui si soleva prenderne nota, sia abolito; se non si sa ballar bene, è meglio risparmiare una brutta figura a una signora o a una signorina; per invitare a ballare, basta fare un inchino: se la signorina è con persone di famiglia, si chiede a queste il permesso; se è con altri a una tavola, si fa un inchino a tutti; se la signora è col marito, si chiede l'autorizzazione a lui; si eviteranno le coppie fisse; è prudente non fare anche due soli balli consecutivi con la stessa persona; grottesche le coppie fisse di coniugi; e un po' anche quelle di fidanzati; durante il ballo, non è scorretto parlare; ma si deve farlo con assoluta serietà; si devono evitare gli eccessi di allegria, gli atteggiamenti e gli abbandoni molli, le preziosità di movenze: badare piú che è possibile alla disciplina e alla compostezza del corpo, anche perché si è sotto gli sguardi indagatori di tutti; non si batte il tempo della musica, né la si rifà sottovoce; non è corretto invitar a ballare mentre si fuma; è scorrettissimo fumare mentre si balla; non si stringe troppo la compagna di ballo; è un po' prezioso, ma delicato, che i ballerini tengano la mano con la palma in fuori; comunque, la si tiene con le dita chiuse, non aperte a ventaglio; le signorine non s'incipriano durante il ballo, né si ravviano i capelli; la signorina appoggia la propria mano sul braccio non sulla spalla del compagno di ballo; una signora, una signorina possono andare sole al rinfresco; sole o accompagnate, non vi si indugeranno troppo; né abuseranno di liquori o di spumante; e accetteranno, se il rinfresco è a pagamento, che ve le accompagni soltanto un parente o un amico intimo; un ballerino accompagnerà al rinfresco una signora sconosciuta, soltanto nel caso che questa ne lo preghi; le signorine evitino di appartarsi con i ballerini sulle terrazze o nei vani delle finestre; una signora o signorina non permetterà la piú piccola indelicatezza; rifiuterà cortesemente un secondo ballo quando non è piaciuto il contegno del ballerino nel primo; non usa piú accompagnare la signorina al posto dove la si è andata ad invitare; è bello però farlo, inchinandosi anche ai familiari, ma non accompagnandovela al braccio; una signorina può presentare alle sue amiche quelli che hanno già ballato con lei. Come, poi, non è opportuno censurare il modo di danzare del ballerino, cosí non è opportuno perdersi in ammirazione di fronte alla sua arte « danzerina ». Le cosí dette « mattinate danzanti » durano dalle quattro alle otto. Le signorine ballano senza cappello: le madri lo tengono. È bene, nei balli di sera, non essere le ultime a lasciare la sala. Non posso dispensarmi, chiudendo questo argomento, dal raccomandare un po' di prudenza nei discorsi di alcune madri che accompagnano le figlie al ballo: « Che t'ha detto? ». « Gli hai fatto buona impressione ». « Questo sí che sarebbe un bel partito per te! ». « Cerca d'incoraggiarlo a dichiararsi! ». Comprendo la loro ansia e le loro preoccupazioni, specialmente se sono avanti negli anni e le note della serenata tardano a farsi udire; ma se sapessero quale turbamento questi discorsi possono determinare nell'animo delle figliuole!

Pagina 200

Il marito dell'amica

245205
Neera 1 occorrenze
  • 1885
  • Giuseppe Galli, Libraio-Editore
  • Milano
  • Verismo
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. - Mi abbandoni anche tu?... - No... Completò con un gesto affettuoso le parole che le uscivano a stento. Quella scena terminava di abbatterla; era scossa fin nel midollo delle ossa. - Mi comprendi, nevvero? Dimmi che non mi credi poi tanta perversa... e che sono sempre la tua Sofia, la tua pazzerella, eh?... Abbracciami, tanto che me ne possa tornare consolata... Dammi un bacio. Le si avvinghiò com'edera, cercando le sue labbra. Maria, pur prestandosi all'amplesso, deviò leggermente il capo, così chè il bacio sonoro dell'amica, le sfiorò appena la guancia.

Pagina 188

L'indomani

246093
Neera 1 occorrenze
  • 1889
  • Libreria editrice Galli
  • Milano
  • Verismo
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Il cuore di Marta si gonfiava, pieno di tenerezza, con un bisogno di espandersi, di abbracciare, col segreto desiderio di quelle ferite per cui l'animo trabocca e dilaga in passione, deliri, abbandoni, singhiozzi, tutta la forza rinchiusa, l'intima essenza del sentimento femminile. Assetata d'amore ella disse a se stessa, stringendosi nel mantello per sentire la carezza del proprio calore. «Egli mi ama, ne sono sicura. Perchè mi avrebbe presa? Mi ama sopra tutte le donne; è mio, tutto mio!» E, sollevata, sorrise a suo marito. Alberto, che per parte sua non pensava a nulla, fu molto soddisfatto nel vedere che la sua sposina aveva un buon temperamento; questo lo persuase sempre più di aver avuto la mano felice nella scelta. La cavalla intanto, sentendo prossima la stalla, prese un trotterello giulivo. Già si vedevano da lungi i tetti del paese dominati dal campanile, e, man mano che la carrozza progrediva, qualche cascinale sparso, qualche cane che abbaiava, una fanciulla che conduceva le oche. - Sono le oche di Gavazzini - disse Gerolamo, indirizzando la sua osservazione alla signora. - Chi è Gavazzini? - È il più ricco proprietario del paese - rispose Alberto. - Tuo amico? - Non dei più intimi, ma qui si è tutti amici. Del resto egli fa vita ritirata, e sua moglie non si vede mai. Oh! un romanzo! Lei era una istitutrice, fuggirono insieme, andarono in cima di un monte a passare la luna di miele, scrissero i loro amori sulle corteccia degli alberi. Figurati, una volta si punsero apposta un dito per bere il sangue l'uno dell'altro.... quando ti dico romanzi! Marta si interessava, avrebbe voluto chiedere di più, ma la faccia di Gerolamo, che sembrava quella di un filosofo stoico in mezzo alle follie del mondo, le dava un po' di soggezione. Incominciarono le prime case allineate, coi portoni aperti, da cui si intravedevano cortili verdeggianti, gruppi di vasi, lunghi anditi freschi, riparati da tendoni a righe; una gonnella svolazzava tra due usci, un visetto curioso spuntava da una finestra, i gatti scodinzolavano sulle sedie di paglia, sbadigliando, socchiudendo gli occhi. Più innanzi, nel centro del paese, si aprivano le poche botteghe; il fornaio, il pizzicagnolo, il mercante, il tabaccaio, il calzolaio, il barbiere. - Ecco la farmacia - disse Alberto. Marta guardò. Non c'era nessuno sulla soglia; una cortina verde, strofinata e attorcigliata come una fune, lasciava scorgere nell'interno un pezzo di scansia coi barattoli di terraglia bianca e azzurra. - Ha moglie il farmacista? - È vedovo; ma la riprenderà. Che cosa deve fare? - Sicuro - disse Marta, ripetendo macchinalmente tra sè: che cosa deve fare! - Guarda la casa di Merelli; sul canto di piazza, dipinta in giallo; l'hai vista? - No, non l'ho vista. - C'era la serva davanti alla porta. - No, non l'ho vista. Ha moglie Merelli? - Sì, ha moglie. - E la casa di.... di quel signore.... quello che ha bevuto il sangue.... - Gavazzini? Ah! non è qui; è fuori di paese, isolata; più isolata ancora della nostra. - La nostra è l'ultima, nevvero? È forse questa? La cavalla rallentò, Gerolamo fece una voltata dà cocchiere esperto, e, passando da un cancello spalancato, fermò di botto nel bel mezzo di un cortile vellutato d'erba minuta, con alte muraglie imbrunite dal tempo, su cui si sbizzarriva a rabeschi una lussureggiante glicina, carica di fiori. L'aspetto generale del fabbricato e del cortile era quello di una vecchia casa borghese, comoda, dove un seguito di generazioni agiate e tranquille si erano succedute senza scosse, senza cambiamenti. Appollonia corse fuori, tutta traballante nella sua rotondità di pan buffetto, con la facciona lucida raggiante di semplicità, la bocca aperta, le mani sporche di farina. Marta, nel guardarla, non potè a meno di sorridere, e balzando lesta dalla carrozza gridò: - Buon giorno, Appollonia. Furono le prime parole che la nuova padrona pronunciò entrando ne' suoi domini. Gerolamo ammiccò segretamente Appollonia, con uno stringimento di palpebre che voleva dire: Va bene, va bene! E la grossa serva, sgangherando la bocca fino alle orecchie, mostrò di aver inteso il senso di questa affermazione. Marta non doveva dimenticare più quel momento del suo arrivo, in un ridente giorno di aprile; i grappoli lilla che fiorivano sui muri, l'erba del cortile, una pace, una serenità diffusa nell'aria, un benessere sicuro che sembrava uscire dalle muraglie della vecchia casa; perfino il volto bonario di Appollonia e il nitrito della cavalla che scuoteva il muso fine sotto le carezze di Gerolamo. Alberto, senza aspettare ch'ella si levasse il cappello, passò il braccio sotto il braccio di sua moglie e la condusse subito a visitare la casa. Niente di ricercato nè di pomposo. Una grande comodità in tutto, nella disposizione delle camere, nei mobili, negli ampi seggioloni, nei divani sparsi con abbondanza; una certa ricchezza tradizionale ma tranquilla; buoni quadri, stipi intarsiati, biancheria accuratissima, delle vecchie maioliche di famiglie. - Queste sedie le ha ricamate mia madre - disse Alberto. Erano otto sedie di legno chiaro con profili dorati, coperte da ricami a mezzo punto, bellissimi, tutti l'uno differente dall'altro. Marta le ammirò religiosamente, commossa. - Questo è il mio ritratto di quando ero bambino. Marta vi si precipitò sopra, coprendolo di baci e di esclamazioni, portandolo sotto alla finestra per esaminarlo meglio. - Come è bellino! Care queste spalluccie nude! E che occhietti! E le manine, Dio, che manine... ma avevi le mani così piccole allora? - Caspita, i bambini!... Risero entrambi, stringendosi il braccio, felici. Salirono così lo scalone che conduceva al piano superiore. - Ma è tutto bello qui, sai? - Sì, non c'è male. È comodo. Entrarono nella camera da letto. Tre finestroni la illuminavano, facendo penetrare i raggi del sole attraverso un ricco cortinaggio di stoffa a fiori sopra un fondo cilestrino. Della medesima stoffa era il parato del letto, altissimo, ampio, per metà ricoperto di un piumino di seta celeste, sull'orlo del quale ricadeva, accuratamente stirata, la trina del lenzuolo. Sulla pettiniera un'altra trina, nel festone della quale serpeggiava un nastro celeste, faceva da sopporto a un servizio di cristallo, lucentissimo. Sugli specchi, sulle cornici non si scorgeva un atomo di polvere. - È stata l'Appollonia a preparare queste belle cose? - Lei, certamente. Vi avrà impiegato tutto il tempo che ci volle a noi per percorrere l'Italia; ma infine, ognuno fa quello che può. Marta, levandosi il cappello e la spolverina, sedette sul divano che era ai piedi del letto, sentendosi finalmente in casa propria. - Oh come si sta bene qui! Tese le mani a suo marito, invitandolo a sedersi anche lui sul divano. Ora non dubitava più di essere la signora Oriani. La sua felicità doveva incominciare da quel momento; prima era stata una corsa vertiginosa, contraria all'amore. L'amore ha bisogno di un nido. Marta sollevò gli occhi, girandoli torno torno come per prendere possesso d'ogni cosa; e quando ebbe ben riguardata la camera, il letto, le cortine a fiori, fissò Alberto con un'estasi tale di riconoscenza, di tenerezza timida e ardente, che egli, un po' sorpreso, la baciò, non sapendo che dire. Ella trasalì tutta, colla speranza di una rivelazione. - O mio Alberto, mi amerai sempre, sempre? - Che domanda! - Dillo! - Ne dubiti dunque! - Dillo... - ripetè Marta, stringendosi, avviticchiandosi a lui tutta tremante, con la bocca socchiusa. Un'ondata di sangue colorì la fronte di Alberto, che rispose per la durata di un attimo alla stretta di sua moglie. Poi si sciolse, dolcemente, ravviandosi i capelli. - Andiamo - disse - non facciamo ragazzate.

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